Sommario – 1. Profili introduttivi. – 2. Un presunzione legale di interesse al ricorso? – 3. Gli effetti dell’art. 120, comma 2-bis c.p.a. sull’attuale contenzioso amministrativo in materia di contratti pubblici. – 4. Le conseguenze sulla procedura di gara. – 5. Conclusioni.

1. Profili introduttivi.

L’avvento del nuovo Codice Appalti ha apportato diverse novità nello scenario della contrattualistica pubblica, non solo di carattere sostanziale, ma anche processuale, incidendo notevolmente sulle dinamiche del contenzioso e dei ricorsi giurisdizionali.

In particolare, in ordine a tale aspetto, assume un rilievo peculiare l’art. 204, lett. b) del d.lgs. 50 del 2016, con il quale il Legislatore delegato ha modificato in maniera significativa l’art. 120 del Codice del processo amministrativo (d.lgs. 104 del 2010), aggiungendo il comma 2-bis.

La norma succitata sancisce che “il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell’articolo 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici adottato in attuazione della legge 28 gennaio 2016, n. 11. L’omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale”.

Tale previsione, se non appare così “rivoluzionaria” rispetto al provvedimento di esclusione, lo è certamente per il provvedimento di ammissione alla gara, al punto di sollevare alcuni interrogativi rispetto a concetti tradizionali del diritto amministrativo processuale, primo fra tutti la delimitazione dei confini dell’interesse al ricorso.

È interessante, altresì, sottolineare che l’obbligo di immediata impugnazione dell’ammissione alla gara si pone in deroga alla regola, anch’essa espressa al sopra richiamato comma 2-bis, ultimo periodo, di inammissibilità dell’impugnazione della proposta di aggiudicazione e degli altri atti endoprocedimentali privi di immediata lesività, proprio in ragione della carenza dell’interesse al ricorso.

Peraltro, non sono da trascurare le incidenze strettamente pratiche che il nuovo comma 2-bis è destinato a comportare sul piano applicativo, non scevro da taluni aspetti problematici, che di seguito si intende illustrare.

2. Una presunzione legale di interesse al ricorso?

La ratio dell’obbligo di immediata impugnazione del provvedimento che determina le esclusioni e le ammissioni alla procedura di affidamento per motivi relativi ai requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali è di agevole individuazione.

Invero, come osservato dal Consiglio di Stato con il parere n. 855 del 1 aprile 2016 [1], appare evidente la finalità deflattiva del contezioso e di definizione veloce delle liti, rafforzata dalla contestuale introduzione del rito “super accelerato”, di cui al comma 6-bis dell’art. 120 c.p.a..

In sostanza, si persegue l’obiettivo di risolvere in limine alcune situazioni concernenti la validità dell’ammissione e dell’esclusione dei candidati, onde evitare che tali questioni possano essere fatte valere all’esito della procedura ad evidenza pubblica, rischiando di compromettere tutte le operazioni di gara una volta che questa si sia stata conclusa.

D’altro canto, però, il Consiglio di Stato, con il parere sopra citato, ha sin da subito manifestato la necessità che la previsione di immediata impugnazione di esclusioni ed ammissioni sia accompagnata da cautele che garantiscano il pieno rispetto del valore costituzionale e sovranazionale della tutela giurisdizionale.

Come anticipato, il neo comma 2-bis dell’art. 120 del Codice del processo amministrativo costituisce una norma avente una portata innovativa che si coglie non tanto per ciò che concerne il provvedimento di esclusione, quanto piuttosto per quello di ammissione.

Infatti, anche prima dell’introduzione della norma in esame, il provvedimento di esclusione, determinando l’arresto del procedimento per l’impresa esclusa, doveva essere immediatamente impugnato; in mancanza, l’operatore economico estromesso dalla gara non avrebbe potuto successivamente gravare l’aggiudicazione, per difetto di legittimazione ad agire.

La vera novità riguarda, invece, l’obbligo di immediata impugnazione del provvedimento di ammissione.

Si tratta di una previsione che non trova precedenti, se non nel procedimento elettorale ex art. 129 c.p.a., laddove il Legislatore consente di impugnare, oltre all’esclusione, anche l’ammissione di altre liste, ma soltanto nel caso peculiare in cui una lista presenti nomi o simboli che determinano un problema di confondibilità, e quindi una immediata lesività.

Peraltro, circa il procedimento elettorale tale deroga trova una ragione pregnante anche nella particolarità della stessa procedura, caratterizzata da rigide scadenze, e rispetto alla quale si avverte sensibilmente la necessità di contemperare il principio di effettività della tutela con quello della stabilità del risultato elettorale.

L’obbligo di immediata impugnazione dell’ammissione alla gara, invece, si pone in evidente controtendenza rispetto a consolidati orientamenti giurisprudenziali [2], che ancorano l’interesse all’azione ai requisiti dell’attualità e della concretezza, nel senso che il ricorrente deve aver subito una lesione certa ed effettiva in conseguenza dell’atto amministrativo impugnato; infatti, l’interesse al ricorso si identifica non nell’interesse astratto della giustizia, ma nella possibilità di conseguire un vantaggio per effetto del suo accoglimento.

In altri termini, secondo la dottrina e la giurisprudenza prevalenti, la sussistenza dell’interesse al ricorso ex art. 100 c.p.c. è subordinata alla contemporanea presenza di due fattori: da un lato, il pregiudizio attuale al momento del ricorso e concretamente verificatosi ai danni del ricorrente per effetto del provvedimento di cui si intende ottenere la caducazione; dall’altro lato, l’utilità specifica e diretta (rectius: personale) che il ricorrente si ripropone di ottenere dall’annullamento del provvedimento impugnato.

Pertanto, appare evidente che la novella legislativa di cui all’art. 120, comma 2-bis del Codice del processo amministrativo “sovverte” i tradizionali assunti relativi all’interesse a ricorrere, posto che introduce quale condizione di ammissibilità della futura impugnazione dell’aggiudicazione l’onere di immediata impugnazione dell’ammissione alla gara di tutti i partecipanti alla gara, anche in assenza di una concreta lesione o un’effettiva utilità.

Invero, all’attualità, se un’impresa ritiene che un altro concorrente sia stato illegittimamente ammesso perché non possiede i requisiti di partecipazione, ha l’onere di impugnare il relativo provvedimento entro trenta giorni dalla sua pubblicazione, anche se, prima che la gara si concluda, l’ammissione alla gara ha un’efficacia lesiva meramente eventuale, ovverosia solo se il concorrente illegittimamente ammesso risulterà essere aggiudicatario.

Sembrerebbe, dunque, che il Legislatore abbia introdotto nel sistema amministrativo una sorta di “presunzione legale di interesse”, superando di fatto la consolidata impostazione dottrinale e giurisprudenziale, che, aderendo al modello di giurisdizione soggettiva, considera quale condizione necessaria per accedere alla macchina della giustizia la sussistenza di una lesione attuale e concreta ad un bene della vita.

Per superare gli inevitabili rilievi critici che il novum legislativo solleva, si potrebbe valorizzare il riconoscimento, da parte della stessa giurisprudenza amministrativa, dell’interesse strumentale al ricorso.

Si pensi al caso dell’operatore economico che sia stato escluso da una procedura negoziata ed impugni il provvedimento di aggiudicazione al fine di stimolare la ripetizione delle operazioni di gara; l’interesse al ricorso è fondato sulla chance di ottenere il bene della vita (l’aggiudicazione) attraverso il rinnovo della procedura.

Tuttavia, in tale ipotesi, pur essendo meramente eventuale il conseguimento dell’utilità finale, è pur vero che è possibile configurare un pregiudizio attuale, ovverosia la mancata partecipazione alla gara.

Al contrario, il giudizio incardinato per ottenere l’annullamento dell’ammissione di un concorrente non solo è diretto ad ottenere un vantaggio incerto, ma prescinde anche dall’attualità della lesione.

Infatti, vero è che l’accoglimento del ricorso sull’annullamento di un’ammissione riduce il numero dei concorrenti, però ben potrebbe accadere che l’impresa di cui il ricorrente chiede l’estromissione dalla procedura – perché illegittimamente ammessa – non risulti comunque essere aggiudicataria all’esito delle operazioni di gara, oppure che lo stesso ricorrente non si collochi nella graduatoria finale in una posizione utile per aspirare all’aggiudicazione.

Tuttavia, ad oggi, l’operatore economico è tenuto a contestare da subito l’illegittima ammissione alla gara di un’altra impresa, anche se in una fase iniziale non ha alcun interesse attuale e concreto a farlo, posto che, in mancanza, la possibilità di far valere l’illegittimità derivata dell’aggiudicazione sarebbe del tutto preclusa.

Si tratta di questioni tutt’altro che teoriche. Invero, la scelta legislativa di prevedere l’obbligo di immediata impugnazione dell’ammissione, dilatando i confini dell’interesse a ricorrere, potrebbe rivelarsi incompatibile con le garanzie costituzionali di difesa in giudizio e di tutela del privato contro gli atti della Pubblica Amministrazione (artt. 24 e 113 Cost.).

3. Gli effetti dell’art. 120, comma 2-bis c.p.a. sull’attuale contenzioso amministrativo in materia di contratti pubblici.

Nonostante le problematicità sinora illustrate, nell’ottica della concentrazione del contenzioso in limine, lo stesso Consiglio di Stato nel parere al nuovo Codice dei contratti pubblici, ha manifestato la propria adesione a tale impostazione, che mira senza dubbio a salvaguardare la stabilità finale della gara.

Ed infatti, la norma in esame è destinata ad incidere notevolmente sui c.d. ricorsi escludenti, ossia quelli diretti a far valere, con l’impugnazione dell’aggiudicazione, non tanto l’illegittimità per vizi propri del provvedimento, ma la sua illegittimità derivata dal fatto che l’aggiudicazione sia stata disposta a favore di un operatore economico che è stato illegittimamente ammesso.

Fino alla novella legislativa in esame, secondo principi generali del processo, l’interesse a far valere tale profilo di invalidità si concretizzava in capo all’operatore economico non aggiudicatario soltanto al momento dell’aggiudicazione, mentre in capo all’aggiudicatario soltanto nel momento in cui quest’ultimo subiva il ricorso principale da un concorrente illegittimamente ammesso, aprendo la possibilità di proporre ricorso incidentale.

La nuova norma, invece, va a modificare considerevolmente il panorama processuale sinora descritto, posto che la contestazione in ordine all’illegittima ammissione di un operatore economico va fatta entro trenta giorni dal provvedimento che dispone le ammissioni e le esclusioni, precludendo la facoltà di successiva impugnazione dell’aggiudicazione per invalidità derivata, anche con ricorso incidentale.

In quest’ottica, può dirsi in parte risolta anche la problematica, che tuttora coinvolge le Corti nazionali e sovranazionali, relativa al rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale reciprocamente escludenti (si veda la recente sentenza “Puligienica” della Corte di Giustizia [3]).

Si tratta, tuttavia, di una questione che può dirsi solo parzialmente superata dalla novella legislativa, posto che la necessità di contemperare la finalità deflattiva del contenzioso con il diritto di difesa impone di attribuire all’art. 120, comma 2-bis del d.lgs. 104 del 2010 un’interpretazione strettamente letterale.

In altri termini, si ritiene doveroso circoscrivere la portata della norma alle sole ipotesi di illegittimità dell’ammissione per carenza sostanziale dei requisiti di partecipazione, e non anche per i casi in cui l’illegittimità derivi da vizi di natura formale e dichiarativa (quali la intempestività o la non integrità dei plichi che contengono le offerte e la documentazione amministrativa, ovvero l’incompletezza delle dichiarazioni), il cui accertamento attiene anch’esso alla fase preliminare di verifica.

Ciò in quanto, pur essendo condivisibile lo scopo di ridurre il contenzioso sull’aggiudicazione, che, come rilevato anche in sede di parere dal Consigli di Stato, è “nella prassi complicato ed esasperato dai ricorsi incidentali che rimettono in discussione la fase di ammissione”, non si può evitare di fare i conti con il valore primario della pienezza della tutela giurisdizionale.

Ciò detto, ci si chiede se la scelta legislativa di prevedere l’obbligo di immediata impugnazione del provvedimento di ammissione conduca realmente ai risultati aspirati, ovverosia la deflazione del contenzioso.

Infatti, non può trascurarsi che l’ampliamento dei confini dell’interesse a ricorrere, slegato dalla presenza di una lesione immediata ed effettiva, potrebbe al contrario portare ad incrementare i ricorsi, soprattutto nelle gare con numerosi concorrenti.

La pendenza di plurimi contenziosi, a sua volta, potrebbe portare ad un arresto della procedura di gara, in quanto la stazione appaltante sarà presumibilmente indotta ad attendere l’esito dei giudizi, anche al fine di evitare possibili e future condanne risarcitorie.

Si moltiplicano, dunque, i dubbi sull'opportunità della norma in esame che, per come è congeniata, oltre ad esporsi di per sé a diversi rilievi critici, sembra anche inadeguata a realizzare i risulti per i quali è stata introdotta.

4. Le conseguenze sulla procedura di gara.

L’assetto normativo così delineato impone, da un punto di vista strettamente procedimentale, che vengano potenziati taluni profili di tempestività e di trasparenza delle operazioni di gara, al fine di rendere effettivamente possibile l’impugnazione immediata dell’ammissione delle imprese illegittimamente ammesse.

In quest’ottica, l’effettività del diritto di difesa è il principio da utilizzare quale chiave di lettura dell’art. 120, comma 2-bis c.p.a., nel senso che deve valere quale criterio guida cui devono ispirarsi le Pubbliche Amministrazioni nella conduzione della procedura di evidenza pubblica, la quale, ora come mai, deve essere dettagliatamente scandita in tutti i suoi passaggi.

Fino ad oggi, soltanto le esclusioni venivano disposte con provvedimento, stante l’immediata lesività delle stesse.

La riforma, invece, fa riferimento ad un provvedimento unico, anche se sembrerebbe più corretto parlare di unitarietà formale cui corrisponde una pluralità sostanziale, nel senso che il provvedimento, pur essendo formalmente unico, sarebbe nella sostanza plurimo, ovverosia scindibile in tanti provvedimenti quanti sono gli ammessi e gli esclusi dalla procedura di evidenza pubblica.

Venendo alle ricadute sulla procedura di gara, si rende innanzitutto necessario offrire ai partecipanti la possibilità di conoscere in tempi certi e celeri le offerte ammesse alla fase di valutazione successiva, così da consentire loro di impugnare il relativo provvedimento nel termine di trenta giorni decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante.

A tal fine, l’art. 29, comma 1 del nuovo Codice dei contratti pubblici prevede coerentemente che le Amministrazioni debbano pubblicare in via informatica tutti gli atti attinenti alle procedure di affidamento dei contratti pubblici, specificando espressamente che tale obbligo vale anche per il provvedimento che dispone le esclusioni e le ammissioni, da pubblicare entro i successivi due giorni dalla sua adozione.

Peraltro, il Legislatore delegato ha recepito le osservazioni del Consiglio di Stato, che nel parere sopra citato ha evidenziato l’opportunità di garantire agli operatori economici un’effettiva e specifica conoscibilità mediante avviso individuale.

Invero, l’art. 76, comma 3 del d.lgs. 50 del 2016 dispone che, contestualmente alla pubblicazione, sia dato avviso del provvedimento mediante PEC o altro strumento analogo negli altri Stati membri, indicando altresì l’ufficio o il collegamento informatico ad accesso riservato dove sono disponibili i relativi atti.

Tuttavia, si deve ritenere che il termine di impugnazione del provvedimento che dispone le esclusioni e le ammissioni decorre dalla sua pubblicazione solo se, contestualmente, sono state espresse anche le ragioni sulla base delle quali il provvedimento è stato adottato.

Invero, nel parere sullo schema di Decreto, il Consiglio di Stato ha sottolineato che, per giurisprudenza amministrativa consolidata, la “conoscenza” dell’atto, da cui l’art. 120, comma 5 c.p.a. fa sorgere l’onere di impugnativa, è da intendersi nel senso di effettiva presa di coscienza delle ragioni sottese al provvedimento.

Sulle Amministrazioni, dunque, incombe ad oggi anche l’obbligo di motivare il provvedimento di ammissione alla gara; tale circostanza, se si rende necessaria per salvaguardare l’effettività del diritto di difesa, determina però inevitabilmente un prolungamento dei termini del procedimento, con la conseguenza che potrebbe essere frustrate quelle finalità di celerità su cui si fonda tutta la disciplina in esame.

Occorre poi evidenziare un ulteriore profilo di criticità.

Vero è che la Pubblica Amministrazione, nel momento iniziale della procedura, fa un controllo sulla sussistenza dei requisiti di partecipazione e stabilisce quali operatori economici siano ammessi alla fase successiva di esame delle offerte e quali, invece, debbano essere esclusi.

Tuttavia, tale valutazione preliminare non esaurisce il potere della stazione appaltante.

Infatti, il Legislatore delegato, conformemente alla giurisprudenza comunitaria e a quanto espressamente previsto dalla direttiva 24/2014/UE [4], all’art. 80 d.lgs. 50 del 2016 dispone che l’Amministrazione ha il potere/dovere di escludere in qualsiasi momento l’impresa che sia carente dei requisiti.

Si è detto che l’onere di immediata impugnazione riguarda non tanto l’esclusione e l’ammissione in quanto tale, ma il provvedimento che, all’inizio della procedura, li determina; ci si chiede, pertanto, cosa accada nell’eventualità in cui la stazione appaltante riveda successivamente le proprie determinazioni, posto che sussiste tale facoltà fino all’aggiudicazione.

In caso di esclusione, permane l’obbligo di impugnazione, stante l’immediata lesività della stessa. Per l’ammissione, invece, sembrerebbe non porsi il problema, in quanto l’ammissione, se non viene sconfessata, è sempre quella originaria: quindi, se non tempestivamente gravata, diventa inoppugnabile, pur persistendo in capo all’Amministrazione il potere/dovere di rivalutarla in seguito, disponendo l’esclusione.

Pertanto, nonostante la previsione di un’impugnazione “cautelativa” di tutte le esclusioni e le ammissioni, la finalità di risolvere immediatamente tali questioni potrebbe restare comunque inesaudita. 

In aggiunta alle incongruenze appena evidenziate, occorre considerare che la disciplina in esame sembra non tenere in considerazione il favor espresso in sede eurounitaria nei confronti di una concentrazione delle fasi di accertamento della presenza di motivi di esclusione e di valutazione delle offerte.

Ai sensi dell’art. 56, comma 2 della direttiva 24/2014/2014, infatti, nelle procedure aperte, le stazioni appaltanti possono procedere ad esaminare le offerte prima di verificare i requisiti di partecipazione, sempre nel rispetto dei canoni di imparzialità e di trasparenza; la norma prosegue disponendo che la disciplina è vincolante per gli Stati membri, i quali possono escludere o limitare l’uso della procedura di cui al primo comma, ma solo per determinati tipi di appalti o a circostanze specifiche [5].

La ratio di tale previsione è da rinvenire nella volontà del Legislatore europeo di favorire sistemi semplificati e di facile definizione. Al contrario, l’attuale Decreto non ha previsto siffatta possibilità, richiedendo che la fase di esame dei requisiti e quella di valutazione delle offerte siano nettamente distinte, così precludendo in radice che l’impugnazione dell’esclusione e dell’ammissione venga fatta solo all’esito dell’aggiudicazione, come invece accadrebbe se le due fasi esse venissero svolte simultaneamente.

In disparte le difficoltà nell’attuare una puntuale scansione cronologia della procedura di gara – non sempre agevole per le gare più complesse e con numerosi concorrenti – appare che il Legislatore delegato, pur mosso dagli stessi obiettivi di semplificazione di quello europeo, abbia attuato sul piano applicativo scelte in parte differenti agli indirizzi della direttiva, delineando un sistema che – paradossalmente – potrebbe condurre a risultati diametralmente opposti a quelli auspicati.

5. Conclusioni.

Dalla disamina, seppur breve, delle questioni problematiche che solleva il neo art. 120, comma 2-bis c.p.a., sembra che le auspicate finalità di accelerazione e stabilità della gara potranno realizzarsi solo in rari casi, ovverosia nelle procedure con pochi partecipanti e sempre che l’Amministrazione sia in grado di predisporre effettivamente gare a struttura bifasica, attuando una netta distinzione tra la fase in cui si determinano in via definitiva le ammissioni in gara (peraltro motivandole) e quella della valutazione delle offerte.

Pur essendo senz’altro condivisibile l’esigenza di individuare, in un momento preliminare e una volta per tutte, i protagonisti della procedura, si continua a dubitare che il sistema così delineato possa effettivamente realizzare la certezza giuridica sulla platea di partecipanti che ispira l’intera disciplina.

Resta ferma la necessità di adottare specifiche “cautele” affinché la semplificazione e l’accelerazione non si traduca in un irrazionale sacrificio dei principi di pienezza ed effettività della tutela, con evidenti ricadute in termini di incostituzionalità e anti-comunitarietà della novella legislativa [6].