Consiglio di Stato, sez. III, 10 gennaio 2017, n. 39

1. In tema di appalti pubblici, le amministrazioni aggiudicatrici, al fine di verificare la rispondenza delle varie offerte ai canoni costituzionali di imparzialità e buon andamento, devono procedere a un accertamento progressivo dal seguente sviluppo istruttorio: a) la sussistenza di situazioni di controllo e collegamento ai sensi dell’art. 2359 c.c.; b) ove tale indagine abbia dato esito negativo, occorre procedere alla verifica ulteriore “sulla base di univoci elementi” se le offerte dei partecipanti alla gara siano “imputabili ad un unico centro decisionale”; c) quest'ultima verifica avrà a sua volta un duplice oggetto anch’esso di carattere progressivo: in primo luogo, occorre verificare preventivamente e ab externo cioè sulla base di elementi strutturali o funzionali ricavati dagli assetti societari e personali delle varie società partecipanti, se esista in base a elementi univoci anche di natura presuntiva un unico centro decisionale della presentazione e del contenuto di più offerte; d) ove non si raggiunga tale convinzione, occorre procedere a una verifica ulteriore, che si risolva in un attento esame del contenuto delle offerte, dal quale si possa evincere l’esistenza dell'unicità soggettiva sostanziale al di là di formali distinzioni della provenienza delle offerte (1).

(1) Conforme Corte di Giustizia, sez. IV, 19 marzo 2009, n. C-358/07; Consiglio di Stato, sez. VI, 8 giugno 2010 n. 3637, che richiama due precedenti pronunce della medesima sezione, 25 gennaio 2010 n. 247 e 16 febbraio 2010 n. 1120; Tar Lazio, Roma, sez. III, 4 novembre 2010, n. 33167; Consiglio di Stato, sez. VI, 17 febbraio 2012, n. 844; sez. VI, 8 maggio 2012, n. 2657; sez. V, 19 giugno 2012, n. 3559; sez. V, 15 maggio 2013, n. 2631.

 

 

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

 

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 5101 del 2016, proposto da:

Servizi Globali S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Annalisa Lauteri C.F. LTRNLS70H57H501M, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Panama, n. 58;

contro

Comune di Imperia, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Ilaria Deluigi C.F. DLGLRI64D61A052Z, con domicilio eletto presso Giovan Candido Di Gioia in Roma, piazza G. Mazzini, n. 27;

nei confronti di

Bera Entertaiment S.a.s. di Lara Berardinucci & C., Magi S.r.l. non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. LIGURIA – GENOVA, SEZIONE II, n. 517/2016, resa tra le parti, concernente affidamento della gestione in concessione di due spiagge libere attrezzate per stagioni balneari 2016-2020 - ris.danni.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Imperia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2016 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Lauteri e Di Gioia per delega di Deluigi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

 

1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per la Liguria l’odierna appellante invocava: a) l’annullamento del provvedimento del 03/03/2016 recante esclusione della ricorrente dalla procedura di gara per l’affidamento in gestione di due spiagge libere attrezzate per cinque stagioni balneari 2016-2020; del provvedimento n. 0350/2016 avente ad oggetto nomina dei due aggiudicatari; del provvedimento 16/03/2016 di comunicazione dell’aggiudicazione definitiva, degli esiti di gara pubblicati su internet del comune; b) il risarcimento dei danni.

2. Il primo giudice respingeva il ricorso.

3. Avverso la sentenza indicata in epigrafe propone appello l’originaria ricorrente, lamentando che: a) sarebbe errata la sentenza di primo grado che ha dichiarato difetto di interesse in relazione al primo motivo di ricorso, residuando un interesse strumentale alla riedizione della gara; b) non si potrebbe applicare l’art. 38 comma 1 lett-m quater, d.lgs. 163/2006, ed anche ove fosse applicabile sarebbero erronee le conclusioni del TAR, non essendo stata provata l’unicità del centro decisionale; c) sarebbe errata la sentenza laddove non ha ritenuto utilizzabile il soccorso istruttorio; d) fondata sarebbe, oltre alla domanda di annullamento, anche la domanda risarcitoria.

4. Costituitasi in giudizio l’amministrazione comunale eccepisce l’inammissibilità dell’odierno gravame, poiché la sentenza del TAR per la Liguria, n. 516/2016, con la quale è stato respinto il ricorso proposto dalla Società Gestioni Marittime avverso lo stesso atto impugnato nel presente giudizio di prime cure, risulta essere passata in giudicato, sicché la mancata coltivazione dell’appello nel correlato giudizio avrebbe fatto venire meno l’interesse alla decisione del presente. Ed infatti, la citata sentenza n. 516/2016, avrebbe comunque accertato la presenza di un unico centro di interesse tra l’odierna appellante e la Società Gestioni Marittime. Statuizione quest’ultima ormai coperta dal giudicato. In subordine argomenta in ordine all’infondatezza dell’odierno gravame.

5. Nelle successive difese l’appellante oppone alla paventata inammissibilità del proprio appello che lo stesso seguirebbe l’autonomo giudizio instaurato avverso la propria esclusione, nel merito, invece, reitera le proprie argomentazioni. Mentre, dal canto, suo l’amministrazione sottolinea tra l’altro la genericità della richiesta di risarcimento del danno reiterata in appello.

6. Preliminarmente, occorre respingere l’eccezione di inammissibilità spiegata dall’amministrazione appellata. L’odierna appellante, infatti, non aveva l’onere di impugnare la sentenza del TAR per la Liguria, n. 516/2016, poiché la detta pronuncia ha ad oggetto l’esclusione comminata nei confronti della Società Gestioni Marittime. Il giudicato nella vicenda de quo si è, infatti, formato, com’è ovvio in un giudizio di legittimità, sui vizi denunciati con quel ricorso introduttivo in relazione alla posizione giuridica soggettiva fatta valere da quel ricorrente, sicché non rileva la comunanza di alcuni dei fatti oggetto dell’odierno contenzioso. Si tratta di una comunanza, infatti, che avrebbe legittimato una riunione per connessione oggettiva, ma che non impone in capo all’odierno appellante l’impugnazione anche del detto pronunciamento.

7. L’appello è infondato e non può essere accolto.

7.1. Quanto alla prima doglianza, la tesi sposata dal TAR è corretta, dal momento che per avere interesse alla rinnovazione alla gara è necessario poter partecipare alla stessa. Pertanto, se l’esclusione dalla procedura competitiva risulta legittima, allora non permane l’interesse a far valere una posizione strumentale ad una rinnovazione della stessa alla quale l’appellante non potrebbe partecipare, per esserne stato legittimamente escluso.

7.2. Quanto alle residue doglianze che possono essere esaminate congiuntamente, le stesse sono infondate poiché: I) il soccorso istruttorio non può essere utilizzato quale strumento di integrazione dell’offerta, risultando altrimenti lesivo della par condicio tra concorrenti; II) l’applicabilità dell’art. 38 comma 1 lett-m quater, d.lgs. 163/2006, nel caso in esame discende dall’art. 4, comma 2, lett. d): “I concorrenti ai fini della ammissione alla gara, dovranno trovarsi nelle seguenti condizioni…non devono essere incorso in alcuna delle cause di esclusione di cui al Decreto L.vo 163/06 (requisiti soggettivi)…” e dall’art. 9, pag. 9, lett. g) del disciplinare di gara in cui era imposta ai concorrenti la dichiarazione di avere formulato autonomamente la propria offerta; III) la giurisprudenza di questo Consiglio (Cons. St., Sez. V, 19 giugno 2012, n. 3559) ha avuto modo di affermare che In tema di appalti pubblici, le amministrazioni aggiudicatrici, al fine di verificare la rispondenza delle varie offerte ai canoni costituzionali di imparzialità e buon andamento, devono procedere a un progressivo accertamento dal seguente sviluppo istruttorio: a) la sussistenza di situazioni di controllo e collegamento ai sensi dell'art. 2359 Cod. civ.; b) ove tale indagine abbia dato esito negativo, occorre procedere all'ulteriore verifica "sulla base di univoci elementi" se le offerte dei partecipanti alla gara siano "imputabili ad un unico centro decisionale"; c) quest'ultima verifica avrà, a sua volta, un duplice oggetto, anch'esso di carattere progressivo: in primo luogo, occorre verificare preventivamente e ab externo, cioè sulla base di elementi strutturali o funzionali ricavati dagli assetti societari e personali delle varie società partecipanti, se esista, in base ad univoci elementi anche di natura presuntiva, un unico centro decisionale della presentazione e del contenuto di più offerte; d) ove non si raggiunga tale convinzione, occorre procedere ad un'ulteriore verifica, che si risolva in un attento esame del contenuto delle offerte, dal quale possa evincersi l'esistenza dell'unicità soggettiva sostanziale, al di là di formali distinzioni, della provenienza delle offerte. Nel caso in esame il contenuto delle offerte denuncia la presenza di una sostanziale identità delle stesse, che oltre ad avere un’evidenza ontologica, poggia sulla circostanza emersa che le società, le cui offerte sarebbero riconducibili ad un unico centro decisionale, avrebbero utilizzato la stessa società di progetto. Da qui la sufficiente presenza di elementi, che attestando la riconducibilità dei soggetti partecipanti alla procedura ad un unico centro decisionale causano o possono causare la vanificazione dei principi generali in tema di par condicio, segretezza delle offerte e trasparenza della competizione.

8. L’assenza di vizi di legittimità a carico del provvedimento impugnato non consente di individuare una condotta contra jus e sine jure in capo all’amministrazione, tale da far ritenere sussistenti gli elementi per individuare in capo a quest’ultima una responsabilità extracontrattuale.

9. L’appello deve, quindi, essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna Servizi Globali S.r.l. al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in euro 2.500,00 (duemilacinquecenteo/00), oltre accessori di legge in favore del Comune di Imperia.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Sandro Aureli, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore

Oreste Mario Caputo, Consigliere

 

 

Guida alla lettura

Il Consiglio di Stato nella pronuncia in commento si confronta con il tema degli accertamenti istruttori che le amministrazioni aggiudicatrici devono effettuare al fine di verificare la conformità delle offerte ai canoni costituzionali di buon andamento e di imparzialità e dell’azione amministrativa.

La soluzione prescelta dal Consiglio di Stato ruota intorno all’affermazione di un principio di diritto già sancito in passato dalla giurisprudenza amministrativa.

Invero il Collegio nell’esaminare le doglianze sollevate dall’appellante si limita a richiamare la giurisprudenza, in specie la pronuncia della sezione V, 19 giugno 2012, n. 3559, che più volte ha avuto modo di affermare che il Codice dei contratti pubblici prefigura una serie procedimentale progressiva interamente regolata da norme pubblicistiche preordinate all’individuazione del miglior contraente possibile sia dal punto di vista soggettivo con riferimento ai requisiti soggettivi, alle capacità tecniche, organizzative e finanziarie sia dal punto di vista oggettivo con riguardo all’economicità dell’offerta formulata e quindi al buon uso del denaro pubblico.

Nel rispetto dei principi di legalità, buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa enunciati dall’art. 97 Cost. la predetta serie procedimentale si impernia sui postulati di trasparenza e imparzialità che a loro volta si concretizzano nel principio di par condicio tra tutti i concorrenti, realizzata attraverso la previa predisposizione del bando di gara, e nel principio di concorsualità, segretezza, completezza, serietà, autenticità e compiutezza delle offerte formulate rispetto alle prescrizioni e alle previsioni della lex specialis, nonché nella previa predisposizione da parte dell’amministrazione appaltante dei criteri di valutazione delle offerte.

Le finalità pubblicistiche cui sono preordinati tali principi che possono sintetizzarsi nell’esigenza di individuazione del “giusto” contraente implicano che al loro rispetto non sia vincolata soltanto la Pubblica Amministrazione, bensì anche coloro che intendono partecipare alla gara: su questi ultimi incombe infatti l’obbligo di presentare offerte che al di là del loro profilo tecnico-economico, oggetto della valutazione di merito da parte della stazione appaltante, devono avere le caratteristiche della compiutezza, della completezza, della serietà, dell’indipendenza e della segretezza, le quali soltanto assicurano quel gioco della libera concorrenza e del libero confronto attraverso cui giungere all’individuazione del miglior contraente possibile.

Tutto ciò comporta che le amministrazioni aggiudicatrici al fine di verificare la rispondenza delle varie offerte ai canoni costituzionali di imparzialità e buon andamento di cui sono espressione i molteplici profili di buon governo testè considerati dovranno procedere a un progressivo accertamento caratterizzato dal seguente sviluppo istruttorio: a) la sussistenza di situazioni di controllo e collegamento ex art. 2359 c.c.; b) ove tale indagine abbia dato esito negativo, dovrà procedersi all’ulteriore verifica “sulla base di univoci elementise le offerte dei partecipanti alla gara siano imputabili ad un unico centro decisionale”; c) quest’ultima verifica avrà, a sua volta, un duplice oggetto, anch’esso di carattere progressivo: in primo luogo, dovrà verificarsi preventivamente e ab externo cioè sulla base di elementi strutturali o funzionali ricavati dagli assetti societari e personali delle varie società partecipanti, se esista in base ad univoci elementi anche di natura presuntiva un unico centro decisionale della presentazione e del contenuto di più offerte; d) ove non si raggiunga tale convinzione, dovrà procedersi a un’ulteriore verifica, che si risolva in un attento esame del contenuto delle offerte, dal quale possa evincersi l’esistenza dell’unicità soggettiva sostanziale, al di là di formali distinzioni, della provenienza delle offerte.

Al fine di comprendere il principio di diritto enunciato dal Consiglio di Stato giova ricostruire brevemente il quadro normativo di riferimento dando atto delle modifiche nazionali e comunitarie che hanno determinato una profonda evoluzione giurisprudenziale.

Come noto, in origine la disciplina applicabile in tema di partecipazione alle gare d’appalto di imprese legate tra loro si rinveniva nell’art. 10, comma 1 bis, della Legge Merloni (legge 11 febbraio 1994, n. 109, così come modificata dalla successiva legge 18 novembre 1998, n. 415) che al fine di garantire una piena e corretta concorrenza e di evitare l’insorgere di accordi collusivi tra le imprese limitava l’accesso ai concorrenti che versavano nella situazione di controllo di cui all’art. 2359 c.c..

Il successivo decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 recante il Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE da un lato ricalcava la precedente statuizione vietando la partecipazione alla medesima gara dei concorrenti in situazioni di controllo di cui alla richiamata disposizione codicistica, dall’altro introduceva un’ipotesi ulteriore di esclusione con riferimento ai concorrenti le cui offerte risultavano imputabili a un unico centro decisionale, sancendo una presunzione assoluta di reciproca influenza. Il Codice ha infatti recepito l’orientamento consolidato della giurisprudenza in relazione al collegamento sostanziale prevedendolo inizialmente come causa di esclusione che si aggiunge al collegamento formale di cui all’art. 2359 c.c. quando vi sia la prova “sulla base di univoci elementi” che due o più offerte siano riconducibili a un unico centro decisionale (art. 34, comma 2 del d.lgs. n. 163 del 2006, versione originaria).

L’art. 34, comma 2 nel disporre il divieto di collegamento sostanziale tra imprese concorrenti a una stessa gara pubblica è governato dall’obiettivo della garanzia del rispetto dei principi fondamentali della par condicio e della segretezza delle offerte posti a presidio della regolarità della procedura concorsuale nell’interesse sia della Pubblica Amministrazione sia dei partecipanti. Il che postula necessariamente che fra i concorrenti a una gara pubblica non sussista una relazione idonea a consentire il flusso formativo delle offerte e informativo in merito alla fissazione dell’offerta stessa ovvero agli elementi valutativi a essa sottostanti. Pertanto, in presenza di indizi sintomatici purchè complessivamente significativi, il rischio di un’intesa preventiva può ragionevolmente tradursi in una legittima presunzione che le offerte dei diversi concorrenti siano riconducibili al medesimo centro decisionale con conseguente obbligo per la commissione di escludere dalla gara le imprese nei cui confronti sia stata accertata la presenza di “sintomi” rivelatori di un collegamento sostanziale.

Successivamente, la Corte di Giustizia Europea con la sentenza della sezione IV, 19 maggio 2009 in Causa C-538/07 pronunciandosi sul decreto legislativo n. 157 del 1995 ha ritenuto incompatibile con il diritto comunitario e segnatamente con la direttiva 92/50/CEE la disciplina nazionale che vieta in assoluto la partecipazione alla medesima gara di appalto di imprese che sono tra loro in una situazione di collegamento.

La Corte è pervenuta a tale conclusione muovendo dalla premessa secondo cui il diritto comunitario osta al mantenimento di una disposizione nazionale che pur perseguendo gli obiettivi legittimi di parità di trattamento degli offerenti e di trasparenza nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici stabilisca un divieto assoluto a carico di imprese tra le quali sussista un rapporto di controllo ovvero di collegamento di partecipare in modo simultaneo e concorrente a una medesima gara d’appalto, senza lasciare loro la possibilità di dimostrare che il rapporto suddetto non abbia influito sul loro rispettivo comportamento nell’ambito di tale gara. La Corte ha osservato che non si può impedire a priori una disciplina nazionale delle cause di esclusione dalle gare d’appalto più severa di quella comunitaria, la quale prevede le cause di esclusione come facoltative. Pertanto, non è senz’altro illegittima la disciplina italiana che prevede cause di esclusione obbligatorie. Tuttavia la maggiore severità della disciplina nazionale, da un lato, deve trovare giustificazione nell’esigenza di una migliore tutela della concorrenza, della trasparenza e della par condicio, dall’altro, incontra un limite nel principio di proporzionalità. Facendo applicazione di tali coordinate alla disciplina nazionale in tema di controllo di imprese e gare di appalto, la Corte di Giustizia ha rilevato che la legislazione italiana prevede una esclusione “automatica”, in quanto il solo fatto che vi sia una situazione di controllo ovvero di collegamento preclude la partecipazione alla medesima gara e obbliga la stazione appaltante a dichiarare l’esclusione: tale automatismo, secondo la Corte, implica una presunzione assoluta di reciproca influenza nella formulazione delle offerte in gara, ostacola la libera concorrenza nel mercato comunitario e contrasta con il principio di proporzionalità.

Il Codice dei contratti pubblici del 2006 è stato adeguato a tale pronuncia e non ha contemplato come causa di esclusione il controllo formale ex se, ma ogni situazione di controllo e collegamento sia esso formale o sostanziale solo se vi sia la prova “sulla base di univoci elementi” che le offerte siano riconducibili a un unico centro decisionale (art. 38, comma 1, lett. m-quater e comma 2 del d.lgs. n. 163 del 2006).

Sulla base degli impulsi comunitari con decreto legge 25 settembre 2009 n. 135, convertito in legge 20 novembre 2009, n. 166, è stata infatti inserita la lettera m-quater nell’art. 38, comma 1 del Codice ed è stato modificato il comma 2, poi sostituito nel 2011 con il decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito in legge 12 luglio 2011, n. 106.

Il richiamato art. 38 ha quindi aggiunto alle ipotesi di collegamento tra imprese di cui all’art. 2359 c.c. anche quella relativa alle offerte imputabili a un unico centro decisionale sulla base di elementi univoci. Il legislatore ha dunque riconosciuto rilevanza al dato sostanziale del collegamento tra società consentendo l’esclusione dalle gare d’appalto dei concorrenti che siano tra loro in rapporto di effettivo controllo qualora sussistano elementi significativi sintomatici di tale situazione.

Conformandosi fedelmente ai principi comunitari l’art. 38, comma 1, lett. m-quater subordina l’esclusione dell’impresa dalla gara a una concreta verifica effettuata caso per caso dell’eventuale influenza sulle rispettive offerte, abbandonando così l’automatismo della presunzione assoluta di reciproca conoscibilità delle offerte, proprio della previgente disciplina.

La norma risponde alla ratio di garantire che le gare pubbliche si svolgano regolarmente nel rispetto dei principi di trasparenza, di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione nonché di assicurare la par condicio tra i concorrenti. In effetti, l’accordo tra più imprese controllate che partecipano alla medesima gara potrebbe alterare il meccanismo concorrenziale.

Premessa una breve disamina del quadro normativo di riferimento giova rilevare che in materia di partecipazione alle gare d’appalto di imprese in situazioni di collegamento e controllo reciproco si sono contrapposti nel tempo due approcci giurisprudenziali, l’uno basato su una presunzione assoluta di inquinamento procedurale in tutte le ipotesi di controllo ovvero di collegamento, l’altro improntato alla necessità di provare in concreto la situazione distorsiva della concorrenza e l’effettiva esistenza di un condizionamento reciproco nelle offerte.

Il primo orientamento, ritenuto prevalente fino alla modifica legislativa intervenuta nel 2009, rinviene il proprio fondamento in un’anticipazione della soglia di tutela così da evitare non solo la lesione ma anche la messa in pericolo del corretto esplicarsi della procedura di scelta del contraente. In particolare, si argomenta che l’esegesi dell’art. 34 del Codice degli appalti consente di individuare due situazioni distorsive: il “controllo”e il “collegamento sostanziale”.

Le situazioni di controllo sono disciplinate nell’art. 2359 c.c. rubricato “Società controllate e società collegate” in cui si precisa che sussiste un controllo societario: 1) nel caso di controllo di diritto ovverossia qualora una società disponga della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria di un’altra società; 2) nel caso di controllo di fatto cioè qualora una società, pur non avendo la maggioranza assoluta del capitale di un’altra società, possieda un numero di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria di un’altra società; 3) nel caso di controllo contrattuale, quando una società sia sotto l’influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa. Ai fini dell’applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

Le situazioni di collegamento sono disciplinate dal comma 3 dell’art. 2359 secondo cui sono considerate collegate le società sulle quali un’altra società esercita un’influenza notevole, che si presume quando nell’assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in borsa. Al collegamento formale ivi previsto si aggiunge il collegamento sostanziale sussistente allorchè vi sia la prova “sulla base di univoci elementi” che due o più offerte siano riconducibili a un medesimo centro decisionale.

A tali diverse situazioni distorsive corrispondono meccanismi probatori differenti.

Nell’ipotesi di controllo tra due o più imprese si impone l’automatica esclusione delle stesse da parte dell’Amministrazione, come fosse un atto dovuto. Si presume infatti che esso determini la conoscibilità dell’offerta della controllata da parte della controllante e un turbamento nello svolgimento regolare della gara. A fronte di una tale presunzione iuris et de iure non si ammette alcuna possibilità di confutazione, neppure mediante la prova che la società controllata abbia formulato la propria offerta in totale autonomia.

Nell’ipotesi di collegamento invece l’esclusione consegue all’accertamento dell’imputabilità a un unico centro decisionale. Accertamento che può essere raggiunto, nel caso di collegamento formale, mediante il ricorso a elementi oggettivi di riconoscibilità dello stesso e, nell’ipotesi di collegamento sostanziale, sulla base di meri indizi purché gravi, precisi e concordanti. Deve trattarsi di indici sintomatici tali da ingenerare il sospetto che l’intesa tra i partecipanti possa pregiudicare l’imparzialità e la regolarità della gara.

Nella giurisprudenza del Consiglio di Stato si è infatti consolidato il principio di diritto secondo cui il collegamento sostanziale tra imprese è desumibile da oggettivi indizi gravi precisi e concordanti” che comprovando la provenienza delle offerte da un unico centro decisionale comportano l’esclusione delle offerte.

Tali elementi indiziari non sono espressamente codificati ma l’individuazione è stata rimessa all’opera della giurisprudenza. Sono state così enucleate le seguenti circostanze quali indici dell’esistenza di un collegamento tra due imprese: la stessa impostazione grafica e sigillatura per tutte le buste, comprese quella dell’offerta economica; i timbri apposti sulle buste e sulle documentazioni aventi la stessa impostazione e recanti lo stesso numero telefonico; l’indicazione nell’offerta del medesimo numero di fax cui inviare le comunicazioni della gara; la medesima grafia di compilazione della domanda e della documentazione annessa; la spedizione dei plichi dallo stesso ufficio postale nello stesso giorno, sostanzialmente alla stessa ora e con numerazione progressiva; l’identità delle diciture utilizzate per la dichiarazione di conformità delle copie prodotte e l’identica impostazione grafica delle stesse; la polizza fideiussoria rilasciata dalla stessa agenzia di assicurazioni; l’identità di oggetto sociale per le imprese; le analogie presenti anche nella concreta formulazione del prezzo; la sussistenza di intrecci di parentela, di abitazioni personali degli amministratori e delle sedi delle società (ex multis, Consiglio di Stato, sez. VI, 8 maggio 2012, n. 2657).

Il secondo orientamento, successivo alla svolta normativa del 2009 avvenuta con il decreto legge 25 settembre 2009 n. 135, supera il divieto assoluto a carico delle imprese tra loro controllate ovvero collegate di partecipare in modo simultaneo a una gara e impone la necessità di una verifica effettiva del condizionamento perpetratesi nella predisposizione e nella presentazione delle offerte.

In seguito alla pronuncia della Corte di Giustizia non è più possibile sanzionare il collegamento tra più imprese mediante l’automatica esclusione dalla procedura selettiva sulla scorta di una presunzione di “inquinamento” del confronto concorrenziale concretatasi in un’anticipazione della soglia di tutela, occorrendo invece accertare se in concreto tale situazione abbia influito sul loro rispettivo comportamento nella gara. Il che significa porre in capo alla stazione appaltante l’onere di verificare l’effettiva influenza nella formulazione delle offerte, lasciando alle imprese la possibilità di dimostrare l’insussistenza di rischi e pregiudizi nello svolgimento della selezione. Pur in presenza di un accordo tra i concorrenti si richiede cioè la prova che il collegamento tra gli stessi sia idoneo a mettere in pericolo il bene tutelato dalla norma.

Diventano dunque irrilevanti le situazioni di mero sospetto e l’esclusione dalla gara di concorrenti in ragione di una situazione di controllo ovvero di collegamento sostanziale può essere disposta solo in esito alla verifica da parte della stazione appaltante della sussistenza di elementi di comunanza e dell’incidenza degli stessi sul comportamento in gara.

La disciplina interna deve cioè essere intesa nel senso che il rapporto tra le imprese possa giustificare l’esclusione soltanto se la stazione appaltante accerti che esso abbia influenzato realmente la formulazione delle offerte in modo che dette imprese siano messe in grado di dimostrare l’insussistenza di rischi di turbative della selezione. Per escludere un’impresa ritenendola in collegamento sostanziale quindi non basta la sussistenza degli indici meramente formali, ma occorre che la stazione appaltante dia la prova concreta dell’esistenza di un unico centro decisionale che governi le due o più imprese (ex multis, Consiglio di Stato, sez. VI, 8 giugno 2010 n. 3637).

La giurisprudenza amministrativa in armonia con gli insegnamenti eurounitari rammentati è costante nel ritenere che l’eventuale comunanza a livello strutturale e di composizione societaria tra imprese sia un indice assolutamente insufficiente ai fini della sussistenza del collegamento sostanziale, essendo necessario verificare se tale comunanza abbia avuto un impatto concreto sul rispettivo comportamento nell’ambito della gara, con l’effetto di determinare la presentazione di offerte riconducibili a un unico centro decisionale (Consiglio di Stato, sez. VI, 8 maggio 2012, n. 2657; sez. VI, 17 febbraio 2012, n. 844; sez. VI, 8 giugno 2010 n. 3637, che richiama due precedenti pronunce della medesima sezione, 25 gennaio 2010 n. 247 e 16 febbraio 2010 n. 1120; Tar Lazio, Roma, sez. III, 4 novembre 2010, n. 33167; Consiglio di Stato, Sez. VI, 17 febbraio 2012, n. 844; Corte di Giustizia, sez. IV, 19 marzo 2009, n. C-358/07). Nè basta asserire o anche documentare una qualunque forma di proprietà incrociata e/o indiretta tra due o più imprese per dedurne un indebito inquinamento di un corretto confronto concorrenziale o, peggio, l'imputazione delle loro offerte a un unico centro decisionale idoneo a elidere appunto l'effettiva concorsualità della gara. Tale forma di proprietà incrociata al più costituisce un indizio che impone alla stazione appaltante la rigorosa valutazione al fine d'accertare la provenienza delle offerte da detto centro unico. Restano fermi l'obbligo di riscontro di seri ed effettivi rapporti d'influenza tra le predette imprese sospettate di collegamento nonché la loro facoltà di fornire idonea prova che tal rapporto di fatto non abbia influito sulle proprie offerte. Diversamente opinando verrebbe infatti a ledersi il principio costituzionale della libera iniziativa economica in virtù del quale tutte le imprese in possesso dei requisiti richiesti avrebbero facoltà di partecipare a qualsiasi gara ritengano quali che siano le altre imprese partecipanti.

Ne consegue che, come ribadito dal Consiglio di Stato nella pronuncia in commento, la stazione appaltante mediante un sub-procedimento di verifica del collegamento in contradditorio con le parti debba prima accertare l’eventuale sussistenza di situazioni ex art. 2359 c.c. e nel caso in cui tale accertamento dia esito negativo sia tenuta ad accertare se le diverse offerte siano imputabili a un unico centro decisionale. Ciò, dapprima verificando elementi strutturali o funzionali ricavati dagli assetti societari e personali, successivamente attraverso un’esame del contenuto delle offerte.

Dunque, la P.A. può discrezionalmente esercitare il potere di esclusione allorché disponga di elementi significativi che non lascino margini di dubbio sul collegamento sostanziale tra i concorrenti (Consiglio di Stato, sez. IV n. 1459/2009; Autorità per la Vigilanza sui Contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, Det. num. 1/07; Tar Lombardia, Milano, sez. III, 30 aprile 2003, n. 1097) ovvero indici presuntivi gravi precisi e concordanti idonei a sorreggere in via inferenziale la valutazione in fatto circa la sussistenza in concreto di un tale collegamento tra imprese partecipanti alla gara distorsivo delle regole di gara (Consiglio di Stato, V, 15 maggio 2013, n. 2631 e Consiglio di Stato, Sez. V, 15 maggio 2013, n. 2633).

Giova rilevare tuttavia che si tratta di un orientamento non pienamente convincente. Anzitutto alla luce del tenore letterale della norma, la quale attraverso la nozione di “imputabilità” sembra voler richiedere una preventiva analisi di carattere soggettivo solo all’esito incerto e non significativo della quale è consentito un approfondimento di carattere oggettivo riferito al concreto contenuto delle offerte. In secondo luogo, costringere le stazioni appaltanti a un esame, sempre e comunque, del contenuto delle offerte per verificarne eventuali anomalie di coincidenza, sovrapposizione o effetti distorsivi sul meccanismo di valutazione ed aggiudicazione anche quando traspaiano sintomi evidenti di concentrazione o condizionamento dei processi volitivi significherebbe appesantire inutilmente il procedimento e le incombenze delle amministrazioni, già sufficientemente gravate da una serie cospicua di adempimenti istruttori e valutativi.

Il Consiglio di Stato facendo applicazione del principio di diritto avvallato nella sentenza in esame al caso di specie rileva che il contenuto delle offerte denuncia la presenza di una sostanziale identità delle stesse, che oltre ad avere un’evidenza ontologica poggia sulla circostanza emersa che le società, le cui offerte sarebbero riconducibili a un unico centro decisionale, avrebbero utilizzato la stessa società di progetto. Da qui la sufficiente presenza di elementi che attestano la riconducibilità dei soggetti partecipanti alla procedura a un unico centro decisionale e quindi causano ovvero possono causare la vanificazione dei principi generali in tema di par condicio, segretezza delle offerte e trasparenza della competizione (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 18 luglio 2012, n. 4189).