Consiglio di Stato sez. V 6 ottobre 2016 n. 4644

Il riferimento nel modello all’onere di dichiarare tutti i reati, indipendentemente dal loro disvalore sociale, è del resto in linea con la normativa ratione temporis applicabile, disciplinata dall’art. 38, comma 2, D.lgs. n. 163/2006, nel testo novellato dal D.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito in L. 12 luglio 2011, n. 106, che ha per l’appunto prescritto l’obbligo di dichiarare tutte le condanne riportate dai soggetti tenuti a dimostrate il possesso del requisito della moralità.

Va data continuità all’indirizzo giurisprudenziale, qui condiviso che, sulla scorta dell’art. 75 D.lgs. n. 163/2006, a fronte di dichiarazioni non veritiere rese ai sensi dell’art. 38 D.lgs. cit. fonda il potere della stazione appaltante d’incamerare la cauzione, qualificandola come garanzia del rispetto del patto d’integrità cui si vincola che partecipa a gare pubbliche (cfr. Cons. Stato, sez. V, 25 febbraio 2016 n. 775).

 

 

 

Guida alla lettura

Con ricorso notificato in data 30 giugno 2015 la De Vizia Transfer S.p.a., in proprio e quale capo gruppo del costituendo R.T.I. con Cns Consorzio Nazionale Servizi e San Germano S.r.l., partecipanti alla procedura di gara per l’affidamento dei servizi di igiene urbana della città di Cagliari, impugnava i provvedimenti di esclusione e di incameramento della cauzione provvisoria adottati dal Comune di Cagliari nel corso della predetta procedura ad evidenza pubblica.

Il Tribunale amministrativo per la Sardegna pronunciandosi sull’anzidetto ricorso respingeva lo stesso, sottolineando come sebbene la lex specialis di gara e il modello predisposto dalla stazione appaltante non fossero univoci in merito alla dichiarazione del possesso dei requisiti generali, la portata precettiva dell’art. 38 comma 2 D.lgs. 163/2006 (ora confluito nell’art. 80 D.lgs. 50/2016) è tale da comportare una doverosa eterointegrazione del bando di gara così da indurre alla dichiarazione completa dei reati commessi.

A seguito di impugnazione avanzata avverso la predetta sentenza da parte della De Vizia Transfer S.p.a., con pronuncia n. 4644/2016 il Collegio ribadisce la posizione adottata dai Giudici di prime cure.

Nel dettaglio, il Supremo Consesso amministrativo afferma come nonostante la pacifica equivocità della lex specialis di gara, riscontrata dallo stesso Tribunale amministrativo regionale, il modulo predisposto dalla stazione appaltante non può considerarsi come limitativo rispetto alle sole dichiarazioni di condanna per reati gravi, al contrario dovendo trovare applicazione la più generica previsione codicistica di cui all’abrogato art. 38 comma 2 cit., oggi trasfuso nel richiamato art. 80.

Il riferimento nel modello all’onere di dichiarare tutti i reati, irrilevante essendo il loro disvalore sociale, appare infatti perfettamente in linea con la normativa ratione temporis applicabile, la quale, a seguito dell’intervento legislativo di cui al D.l. 13 maggio 2011 n. 70, convertito in Legge 12 luglio 2011 n. 106, prescrive l’obbligo di dichiarare tutte le condanne riportate dai soggetti tenuti a dimostrare il possesso del requisito della moralità.

Inoltre, a parere del Consiglio di Stato, l’immediata precettività dell’esposta prescrizione normativa non può essere revocata in dubbio, né deducendo le situazioni di fatto che in passato hanno consentito di partecipare alla gara pur in presenza di gravi difetti dichiarativi di reati commessi, né richiamando il principio del nemo venire contra factum proprium, ossia rilevando come in altri procedimenti di gara la presenza di dichiarazioni incomplete similari a quelle oggetto della presente controversia, non hanno prodotto alcuno sbarramento procedurale.

Con riferimento, poi, al gravame afferente al silenzio dei Giudici di primo grado in merito all’assenza di una norma che legittimi la stazione appaltante all’incameramento della cauzione provvisoria, il Collegio dà continuità all’attuale indirizzo giurisprudenziale secondo cui sulla scorta dell’art. 75 D.lgs. 163/2006 (oggi confluito nell’art. 93 D.lgs. 50/2016), a fronte di dichiarazioni non veritiere rese dal partecipante alla gara, la stazione appaltante può sempre incamerare la cauzione, quest’ultima qualificandosi in termini di garanzia del rispetto del patto di integrità cui si vincola chi partecipa alla gara (cfr. Cons. Stato, sez. V, 25 febbraio 2016, n. 775).

L’esposta posizione trova invero il suo leading case nella pronuncia dell’Adunanza Plenaria del 4 maggio 2012 n. 8, laddove si è affermata la possibilità di incamerare la cauzione provvisoria in presenza di tutte le ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario, ovvero in presenza di qualunque ostacolo alla stipulazione a quest’ultimo riconducibile.

Invero, non sono mancate pronunce in cui l’esposto principio ha trovato una sua massima applicazione, finendo per comportare la doverosa escussione della cauzione anche nei confronti di imprese non risultate aggiudicatarie, ma solo concorrenti, in caso di riscontrata assenza del possesso dei requisiti di ordine generale (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 agosto 2015, n. 3856).

Ratio fondante di tale estremizzazione risiede nella considerazione per cui l’incameramento della cauzione non costituisce una sanzione amministrativa, ma una mera automatica conseguenza della violazione di regole e doveri contrattuali espressamente accettati, senza che in capo alla stazione appaltante residuino margini valutativi afferenti l’elemento soggettivo (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen, 12 ottobre 2004, n. 34).

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 2416 del 2016, proposto da:
De Vizia Transfer, in proprio e quale capogruppo Rti con Cns Consorzio Nazionale Servizi e San Germano Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Angelo Clarizia - C.F. CLRNGL48P06H703Z, Giovanni Contu - C.F. CNTGNN36H17E336S . e Matilde Mura - C.F. MRUMLD71C48B354I, con domicilio eletto presso l’avv. Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;

 

contro

Comune di Cagliari, in persona del sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Genziana Farci - C.F. FRCGZN57H43B354R, con domicilio eletto presso Nicola Giancaspro in Roma, v.le Giulio Cesare, n. 2;

 

nei confronti di

Atradius Credit Insurance Nv, Econord Spa, non costituite in giudizio;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. SARDEGNA - CAGLIARI: SEZIONE I n. 01228/2015, resa tra le parti, concernente l’esclusione dalla gara di affidamento dei servizi integrati di igiene urbana - escussione della cauzione provvisoria.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Cagliari;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2016 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti gli avvocati Angelo Clarizia e, su delega dell'avv. Farci, Nicola Giancaspro.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1.De Vizia Transfer s.p.a., in proprio e quale capogruppo del costituendo Rti con Cns Consorzio Nazionale Servizi e San Germano s.r.l., partecipanti alla procedura di gara per l’affidamento dei servizi di igiene urbana della Città di Cagliari, con ricorso notificato il 30.6.2015 ha impugnato i provvedimenti d’esclusione e d’incameramento della cauzione provvisoria, con segnalazione all’Autorità ex art . 38 comma 1° ter, e 6, 11° comma, d.lgs. n. 163/2006, adottati dal Comune di Cagliari in conseguenza della falsa dichiarazione resa dal responsabile tecnico della società mandante San Germano, ing. Degioanni, relativamente ai requisiti generali ed in particolare in ordine ai propri precedenti penali.

Avverso i provvedimenti impugnati la società ricorrente ha dedotto i seguenti motivi:

i) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 38 del Codice 163/2006 e del disciplinare di gara (punto 1C lett. c) – eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione – contraddittorietà con precedenti provvedimenti – illogicità, irragionevolezza – travisamento dei fatti, falsità del presupposto e sviamento;

ii) violazione dell’art. 7 della L. 241/1990 – violazione del principio del giusto procedimento;

iii) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 38 del Codice 163/2006 e dell’art. 3 della L. 241/1990 – falsa applicazione del disciplinare di gara (punto 1C, lett. c) – eccesso di potere per falsità del presupposto, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà con precedenti provvedimenti – sviamento;

iiii) falsa applicazione dell’art. 48 del Codice 163/2006, dell’art. 1 della L. 689/1981, dell’art. 25 della Costituzione, dei principi di tassatività, tipicità e nominatività delle sanzioni amministrative;

iiiii) falsa applicazione dell’art. 38 comma 1 ter e dell’art. 75 del Codice 163/2006, nonché della prescrizione di cui alla pag. 27 del disciplinare di gara – eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, falsità del presupposto, travisamento dei fatti, illogicità, irragionevolezza e sviamento;

2. Si è costituito in giudizio il Comune di Cagliari, chiedendo il rigetto del ricorso.

3. Con motivi aggiunti la società ricorrente, sulla base dei medesimi motivi già dedotti nell’atto introduttivo, ha impugnato la delibera della G.C. n. 114 del 2.10.2015, con la quale è stato approvato il progetto dei servizi integrati di igiene urbana della Città di Cagliari e gli atti (conseguenti) relativi all’indizione della nuova gara per l’affidamento del servizio.

4. Il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, sez. I, con la sentenza segnata in epigrafe, ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti.

Seppure la lex specialis e il modello predisposto dalla stazione appaltante non fossero univoci in ordine alla dichiarazione del possesso dei requisiti generali, la portata precettiva dell’art. 38, comma 2, come novellato dal d.l. 13 maggio 2011 n. 70, sulla doverosità della dichiarazione completa di tutte le condanne riportate dal dichiarante, era tale secondo i giudici di prime cure, da eterointegrare il bando sì da dover indurre alla dichiarazione completa dei reati commessi.

In aggiunta, ha sottolineato il Tar, la commissione di gara aveva comunque proceduto, pur in presenza della omessa dichiarazione, alla valutazione dei precedenti penali (cfr. due reati di falsità ideologica commessi in qualità di pubblico ufficiale patteggiati), pervenendo alla motivata conclusione dell’assenza, in capo al responsabile tecnico della società San Germano, del requisito della moralità professionale richiesto per partecipare alla gara.

Infine, richiamando l’orientamento giurisprudenziale a mente del quale l’escussione della garanzia costituisce automatica conseguenza della violazione di regole e doveri espressamente accettati dal concorrente partecipante alla gara, il Tar ha ritenuto legittimo il provvedimento d’incameramento della cauzione provvisoria.

5. Appella la sentenza De Vizia Transfer s.p.a. Resiste il comune di Cagliari.

6. Alla pubblica udienza del 6.10.2016 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisone.

7. L’appello è infondato.

7.1. Con un primo ordine di motivi la società appellante lamenta l’errore di giudizio in cui sarebbero incorsi i giudici di prime cure laddove, pur avendo rilevato l’equivocità della lex specialis e del modulo predisposto dalla stazione appaltante per la dichiarazione dei requisiti morali – con le due opzioni non coordinate fra loro – ha escluso la sussistenza della buona fede, che, al contrario, sarebbe provata dal fatto che l’omissione della dichiarazione in altra procedura di gara è stata ritenuta ininfluente, senza essere stata affatto sanzionata con l’esclusione.

Tali doglianze non meritano condivisione.

In limine mette conto precisare che l’affermazione contenuta nella sentenza appellata in ordine alla equivocità della lex specialis, da cui i giudici di prime cure, secondo la società appellante, non avrebbero tuttavia tratto le conseguenze giuridiche sull’illegittimità del provvedimenti impugnati, sì da palesare la contraddittorietà fra motivazione e decisione, va considerata nell’economia della pronuncia appellata come un semplice antecedente logico del ragionamento volto ad accertare la doverosità – comunque necessaria a termini della legge applicabile – della dichiarazione di tutti i reati commessi.

Sicché l’affermazione in questione, non integrante capo di sentenza autonomo, contrariamente a quanto supposto dalla società appellante, è assimilabile al più al c.d. punto pregiudiziale, inidoneo, ancorchè non impugnato, a passare in giudicato.

Né sussistono gli estremi per ritenere che modulo All B, predisposto dalla stazione appaltante, abbia indotto in errore il dichiarante.

In disparte la considerazione che la sua utilizzazione era facoltativa, il riscontro obiettivo di esso conforta della situazione esattamente opposta a quella dedotta nel motivo d’appello.

Le due opzioni contenute nel modello erano alternative: la prima doveva essere barrata da chi non aveva riportato condanne; la seconda, viceversa, onerava coloro i quali fossero stati condannati per qualsiasi reato, ancorché patteggiato.

In definitiva, il modulo come formulato non limitava affatto la dichiarazione alle sole condanne per reati gravi, ritenuta dall’appellante la causa che l’ha indotta in errore.

Il riferimento nel modello all’onere di dichiarare tutti i reati, indipendentemente dal loro disvalore sociale, è del resto in linea con la normativa ratione temporis applicabile, disciplinata dall’art. 38, comma 2, d.lgs. n. 163/2006, nel testo novellato dal d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito in l. 12 luglio 2011, n. 106, che ha per l’appunto prescritto l’obbligo di dichiarare tutte le condanne riportate dai soggetti tenuti a dimostrate il possesso del requisito della moralità.

L’immediata precettività della norma non è suscettibile di essere revocata in dubbio deducendo le situazioni di fatto che nel passato hanno consentito, pur in difetto della dichiarazione dei reati commessi dal responsabile tecnico, la partecipazione a gare d’evidenza pubblica dell’impresa.

Né, alla stregua del principio del nemo venire contra factum proprium, l’aver reso dichiarazioni incomplete in altre procedure senza incorre in alcuna sanzione, può fondare un legittimo affidamento tale da giustificare il perpetuarsi di un analogo regime di esenzione dal rispetto della disciplina imperativa di ordine pubblico economico come quella in esame.

7.2. Col secondo ordine di censure l’appellante deduce che la commissione di gara, procedendo alla valutazione delle condanne, non ha adeguatamente motivato il provvedimento d’esclusione, senza considerare che i reati sono stati dichiarati estinti.

Anche tale censura deve essere respinta.

L’ordinanza d’estinzione dei reati è stata adottata dal giudice dell’esecuzione il 14 ottobre 2015, ossia successivamente alla data d’adozione - 19 giugno 2015 - del provvedimento d’esclusione. Sicché solo dopo l’esclusione dalla gara s’è verificata la causa che esonera dalla dichiarazione dei reati commessi individuata dalla giurisprudenza con orientamento costante, da cui non sussistono giustificati motivi per qui discostarsi, nella formale pronuncia ex art. 676 c.p.p. del giudice dell’esecuzione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 gennaio 2014 n. 400; Id., sez. V, 17 giugno 2014 n. 3092).

Quanto alla valutazione dei reati non dichiarati, va sottolineato che essi sono stati commessi in qualità di pubblico ufficiale nell’esercizio dell’attività professionale di docente “esperto” in due corsi di preparazione che si sono svolti in materia di trasporto di merci pericolose, propedeutici al conseguimento di certificati di formazione professionale per il ruolo di responsabile tecnico ambientale.

Il titolo dei reati e l’attinenza – il servizio di igiene urbana implica infatti il trasporto dei rifiuti – alla materia oggetto del contratto in gara sono stati considerati dalla commissione, con motivazione incensurabile sotto il profilo logico-razionale, ostativi al possesso del requisito della moralità professionale.

7.3. Con l’ultimo motivo d’appello la società si duole che, con riguardo all’escussione della cauzione, i giudici di prime cure abbiano passato sotto silenzio l’assenza di un norma che legittimi la stazione appaltante all’incameramento della cauzione provvisoria.

Il motivo è infondato.

Va data continuità all’indirizzo giurisprudenziale, qui condiviso che, sulla scorta dell’art. 75 d.lgs. n. 163/2006, a fronte di dichiarazioni non veritiere rese ai sensi dell’art. 38 d.lgs. cit. fonda il potere della stazione appaltante d’incamerare la cauzione, qualificandola come garanzia del rispetto del patto d’integrità cui si vincola che partecipa a gare pubbliche (cfr. Cons. Stato, sez. V, 25 febbraio 2016 n. 775).

Orientamento che ha preso piede nel leading case, risolto dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con sentenza n. 8 del 4 maggio 2012, laddove ha affermato che la possibilità di incamerare la cauzione provvisoria (che discende direttamente dall'art. 75 codice contratti pubblici) riguarda tutte le ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell'affidatario, intendendosi per fatto dell'affidatario qualunque ostacolo alla stipulazione a lui riconducibile; dunque non solo il rifiuto di stipulare o il difetto di requisiti speciali, ma anche il difetto di requisiti generali di cui all'art. 38 codice citato.

La affermazione della sentenza della Adunanza Plenaria n. 8 del 2012, nel senso sopra riportato, costituisce oramai un dato acquisito della giurisprudenza di secondo grado (Consiglio di Stato, Sezione V, 27 ottobre 2014, n. 5283).

Al riguardo, con sentenza della Adunanza Plenaria 10 dicembre 2014, n. 34 è stata ritenuta legittima pure la clausola, contenuta in atti di indizione di procedure di affidamento di appalti pubblici, che preveda l'escussione della cauzione provvisoria anche nei confronti di imprese non risultate aggiudicatarie, ma solo concorrenti, in caso di riscontrata assenza del possesso dei requisiti di carattere generale di cui all'art. 38, del d.lgs. n. 163 del 2006 (Consiglio di Stato, sez. IV, 4 agosto 2015, n. 3856).

L’incameramento della cauzione non è una sanzione amministrativa ma costituisce conseguenza automatica della violazione di regole e doveri contrattuali espressamente accettati, senza che residuino in capo alla stazione appaltante margini di valutazione dell’elemento soggettivo della colpa né alcuna potestà discrezionale di ridurne l’importo (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. n. 34 del 2004).

Va da sé che un (in thesy) diverso regime normativo previsto da discipline entrate in vigore successivamente alle operazioni di gara è ai fini del decidere ininfluente.

10. Conclusivamente l’appello deve essere respinto.

La particolarità della vicenda controversa giustifica la compensazione delle spese di lite del presente grado di giudizio.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese del presente grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.