Tar Lazio, Roma, sez. II Bis, 25 ottobre 2016 n. 10572

Per le gare d’appalto bandite anteriormente all’entrata in vigore del D. Lgs. n. 50/2016, nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata dei costi di sicurezza aziendale non sia stato specificato dalla legge di gara e non sia in contestazione che, dal punto di vista sostanziale, l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale, l’esclusione del concorrente non può essere disposta se non dopo che lo stesso sia stato invitato a regolarizzare l’offerta dalla stazione appaltante nel doveroso esercizio del potere di soccorso istruttorio.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7210 del 2016, proposto da: 
Ditta Edil Strade Crocicchia di Crocicchia Marco Snc, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Antonio Domenico Rizzello C.F. RZZNND76R16G148M, domiciliato ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria del Tar Lazio in Roma, via Flaminia, 189; 

contro

Comune di Vasanello, in persona del sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Filippo Lubrano C.F. LBRFPP39L14H501I ed Enrico Lubrano C.F. LBRNRC71E20H501I, con domicilio eletto presso Studio Legale Lubrano in Roma, via Flaminia, 79; 

nei confronti di

Fieno Edilizia Srl non costituita in giudizio; 

per l'annullamento

della determinazione n. 199 del 24.5.2016 di aggiudicazione definitiva dei lavori di ampliamento del cimitero comunale 1° lotto - 1° stralcio e per il risarcimento del danno;


 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Vasanello;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 ottobre 2016 il dott. Antonio Andolfi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


 

Premessa la tempestività del ricorso, non essendo consentito alla stazione appaltante stabilire, con il disciplinare di gara, un termine di impugnazione degli atti della procedura diverso da quello inderogabilmente prescritto dalla legge;

Considerato che, con il primo motivo di impugnazione del provvedimento di aggiudicazione, la ricorrente deduce la illegittima ammissione alla procedura della controinteressata che non avrebbe indicato nell’offerta gli oneri per la sicurezza aziendale, in asserita violazione dell’articolo 86, comma 3 bis del decreto legislativo numero 163 del 2006; la ricorrente, al riguardo, richiama l’orientamento dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato espresso con la sentenza numero 3 del 2015, per cui la violazione dell’obbligo di indicare nell’offerta economica gli oneri per la sicurezza aziendale costituirebbe causa di esclusione dalla gara, non sanabile neppure mediante l’istituto del soccorso istruttorio, determinando incertezza assoluta sul contenuto dell’offerta e mancato adempimento alle prescrizioni previste dal codice;

Ritenuto che il primo motivo debba essere scrutinato alla luce del condivisibile principio affermato dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato con la sentenza dell’adunanza plenaria numero 19 del 27 luglio 2016;

con questa pronuncia è stato rettificato il precedente orientamento, di cui all’adunanza plenaria numero 3 del 2015, che aveva suscitato perplessità in numerosi tribunali amministrativi regionali fino al punto di rinviare alla corte di giustizia dell’unione europea la soluzione della questione di compatibilità del principio di diritto affermato dall’adunanza plenaria numero 3 del 2015 con i principi europei di tutela dell’affidamento, certezza del diritto, trasparenza negli appalti; la questione è da ritenersi risolta alla stregua del principio di diritto affermato dall’adunanza plenaria del Consiglio di Stato numero 19 del 2016 ove è stato stabilito che, per le gare d’appalto bandite anteriormente all’entrata in vigore del decreto legislativo numero 50 del 2016, nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata dei costi di sicurezza aziendale non sia stato specificato dalla legge di gara e non sia in contestazione che, dal punto di vista sostanziale, l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale, l’esclusione del concorrente non può essere disposta se non dopo che lo stesso sia stato invitato a regolarizzare l’offerta dalla stazione appaltante nel doveroso esercizio del potere di soccorso istruttorio;

Considerato che, nella fattispecie concreta, la procedura di gara era regolata dal codice dei contratti pubblici oggi abrogato, decreto legislativo numero 163 del 2006, trattandosi di procedimento avviato prima dell’entrata in vigore del nuovo codice appalti;

Considerato che, inoltre, nella fattispecie, nessuna disposizione della disciplina speciale della gara prescriveva l’obbligo di indicazione nell’offerta degli oneri per la sicurezza aziendale;

Considerato che, infine, nel caso concreto, in esito al soccorso istruttorio disposto dalla stazione appaltante, è risultato che l’offerta era sostanzialmente corretta, essendosi tenuto conto, seppure implicitamente, dei costi della sicurezza aziendale;

Ritenuti, pertanto, sussistenti i presupposti per l’ammissione alla gara della controinteressata, nonostante la omessa espressa indicazione nell’offerta dei costi per la sicurezza aziendale, con conseguente infondatezza del primo motivo di ricorso;

Considerato che, con il 2º motivo, la ricorrente approfondisce il primo motivo di impugnazione sostenendo che l’aggiudicazione dell’appalto alla controinteressata, nonostante la carente indicazione nell’offerta degli oneri di sicurezza, avrebbe impedito alla stazione appaltante di valutare l’anomalia dell’offerta;

Ritenuto infondato il motivo, tenuto conto della deliberazione della commissione di gara che, in seduta pubblica, ha valutato non necessaria alcuna verifica di anomalia delle offerte, per la sostanziale omogeneità dei ribassi, pure elevati, offerti da tutte le imprese partecipanti; inoltre, deve essere considerato che, dal punto di vista sostanziale, la esiguità dei costi della sicurezza aziendale non può incidere significativamente sul giudizio di anomalia dell’offerta presentata dalla controinteressata;

Considerato che, con il 3º motivo, la ricorrente contesta la comunicazione del 24 maggio 2016, numero di protocollo 2559, con cui la stazione appaltante ha rigettato l’istanza di revoca dell’aggiudicazione in autotutela, per mancanza di motivazione;

Ritenuto inammissibile il 3º motivo, per carenza di interesse, in quanto la eventuale carenza di motivazione del provvedimento di rigetto dell’istanza in autotutela è irrilevante al fine del giudizio sulla legittimità della procedura di aggiudicazione, rappresentando l’autotutela un mero strumento offerto alla pubblica amministrazione per valutare l’opportunità di un riesame della fattispecie prima dell’instaurazione del contenzioso;

Ritenuto, in conclusione, che l’impugnazione proposta con il ricorso debba essere rigettata, per l’infondatezza di tutti i motivi dedotti;

Considerato che, con una domanda connessa alla impugnazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva, la ricorrente chiede il risarcimento del danno in forma specifica, ovvero, qualora non possibile, per equivalente, corrispondente al valore dell’aggiudicazione definitiva dell’appalto di cui sarebbe stata illegittimamente privata;

Ritenuto che tale domanda risarcitoria sia da rigettare per infondatezza, non sussistendone alcun presupposto, essendo stata esclusa, nei limiti delle censure dedotte il ricorso, la illegittimità dell’aggiudicazione;

Ritenuto, infine, che le spese processuali possano essere compensate tra le parti costituite, tenuto conto dei contrasti giurisprudenziali sulla questione decisiva;

 

-omissis-

 

 

 

GUIDA ALLA LETTURA

1. Com’è noto, i costi per la sicurezza si suddividono in due tipologie:

- quelli da interferenze, contemplati dagli artt. 26, commi 3, 3 ter e 5, del D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (Attuazione dell'articolo 1 della Legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) e 86, comma 3 ter, 87, comma 4, e 131, del D. Lgs. n. 163/2006, che:

a) sono diretti ad eliminare i rischi da interferenza, intesa come contatto rischioso tra il personale del committente e quello dell’appaltatore, oppure tra il personale di imprese diverse che operano nella stessa sede aziendale con contratti differenti;

b) sono quantificati a monte dalla stazione appaltante: per gli appalti di servizi e forniture, nel Documento Unico per la Valutazione dei Rischi da Interferenze (c.d. D.U.V.R.I.);  per gli appalti di lavori, nel Piano di Sicurezza e Coordinamento, ex art. 100 D. Lgs. n. 81/2008, (c.d. P.S.C.);

c) non sono soggetti a ribasso, perché ontologicamente diversi dalle prestazioni  stricto sensu  oggetto di affidamento;

- quelli interni o aziendali, cui si riferiscono l’art. 26, comma 3, quinto periodo, del D. Lgs. n. 81/ 2008 e gli artt. 86, comma 3 bis, e 87, comma 4, secondo periodo, del D. Lgs. n. 163/2006, che sono:

a) propri di ciascuna impresa, connessi alla realizzazione dello specifico appalto e sostanzialmente contemplati dal Documento di Valutazione dei Rischi (c.d. D.V.R.);

b) soggetti ad un duplice obbligo, di cui uno in capo all’amministrazione (tenuta a stimare nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di attendibilità generale, la loro incidenza sul prezzo proposto, ai fini della valutazione della congruità dell’offerta), e l’altro in capo all’impresa concorrente (tenuta a specificare gli oneri in questione, essendo questi ultimi strettamente influenzati dalla singola organizzazione produttiva e dal tipo di offerta formulata).

Da quanto innanzi emerge, quindi, subito chiaramente che gli oneri per interferenze e quelli per la sicurezza aziendali sono voci di costo tra loro completamente distinte.

Segnatamente:

- i primi sono legati alle misure/attività/operazioni volte ad annullare le interferenze tra le diverse attività svolte nell’ambito dell’appalto (ci si riferisce, nello specifico, ai  rischi insiti nei luoghi di lavoro, non causati da impianti, da attrezzature o da attività dell'azienda alla quale appartiene il lavoratore che li subisce. Rientra in questa categoria, ad esempio, il rumore causato da un impianto del committente, che, pur non costituendo per quest’ultimo un rischio interferente, è invece tale per il datore di lavoro che opera in appalto nell’area in cui detto impianto si trova);

- i secondi sono correlati alla capacità di ogni impresa partecipante alla gara di ottenere economie anche in relazione ai costi sostenuti per la salute e per la sicurezza dei propri lavoratori, salva la verifica della loro congruità demandata alla stazione appaltante. Per questo motivo gli oneri di sicurezza interna costituiscono una voce dell’offerta soggetta a ribasso.

2.L’obbligo della espressa indicazione, in sede di offerta, degli oneri da rischi sia “interni” che “esterni”, ha costituito e costituisce tuttora  uno dei temi più dibattuti in giurisprudenza.

Il Giudice Amministrativo si era originariamente orientato nel senso per cui, in forza delle disposizioni dell’art. 86, comma 3 bis e dell’art. 87, comma 4, del D. Lgs. n. 163/2006, tutti i costi della sicurezza (vale a dire sia gli oneri per interferenze che quelli aziendali) dovevano essere espressamente indicati. Più nello specifico, secondo tale indirizzo, i costi delle interferenze dovevano essere indicati separatamente dall’importo a base d’asta, con preclusione ope legis di qualsivoglia loro ribasso da parte dei concorrenti, trattandosi, come già detto, di costi necessari, finalizzati alla massima tutela del bene, costituzionalmente rilevante, dell’integrità dei lavoratori (cfr. Cfr. C.d.S., sez. V, 23 luglio 2010, n. 4849; nello stesso senso C.d.S., sez. V, 8 febbraio 2011, n. 846; C.d.S., sez. III, 3 ottobre 2011, n. 5421; C.d.S., sez. V C.d.S., sez. III, 19 gennaio 2012, n. 212;  C.d.S., sez. III, 29 febbraio 2012, n. 1172; C.d.S., sez. III, 28 agosto 2012, n. 4622).

In maniera ancor più incisiva, pur mantenendo ferma la distinzione tra oneri della sicurezza da interferenze ed oneri di sicurezza da rischio specifico, la giurisprudenza amministrativa, soprattutto del Consiglio di Stato, è arrivata finanche ad elevare a causa di esclusione dalla gara l’omessa indicazione specifica sia dell’una che dell’altra categoria di oneri, poiché generatrice di incertezza e di indeterminatezza dell’offerta, in virtù della mancanza di un suo elemento essenziale, ex art. 46, comma 1 bis, del D. Lgs. n. 163/2006 (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. V, 18 febbraio 2015, n. 1147; nello stesso senso C.d.S., sez. III, 23 gennaio 2014, n. 348).

In buona sostanza, secondo tale indirizzo giurisprudenziale, ancorché individuati “a monte” dalla stazione appaltante in sede di predisposizione degli atti di gara, gli oneri da interferenze, costituendo un onere per l’impresa, avrebbero dovuto essere obbligatoriamente indicati nella formulazione complessiva dell’offerta economica, pena la squalifica dalla gara.

Orientamento, quest’ultimo, mantenuto sino a non molto tempo fa dal Consiglio di Stato, che, difatti, con la sentenza n. 5246/2015, ribadiva che l’indicazione in sede di offerta degli oneri interferenziali, non soggetti a ribasso, costituisce un adempimento imposto dalla legge all’evidente scopo di consentire alla stazione appaltante di adempiere al suo onere di verificare il rispetto di disposizioni inderogabili a tutela dei fondamentali interessi dei lavoratori, in relazione all’entità ed alle caratteristiche del lavoro, del servizio o della fornitura da affidare.

Per il che, in caso di omessa specificazione in offerta degli oneri da interferenze, l’impresa avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, non potendosi ritenere consentita l’integrazione della proposta mediante l’esercizio del potere/dovere di soccorso istruttorio da parte della stazione appaltante.

A distanza, però, di brevissimo tempo dalla pubblicazione della suindicata sentenza n. 5246/2015, i Giudici di Palazzo Spada hanno radicalmente mutato il proprio convincimento.

Con la sentenza n. 5815/2015, in ordine agli oneri da interferenze, rilevando che:

 - la questione non è stata oggetto delle recenti decisioni dell’Adunanza Plenaria (n. 3/2015 e n. 9/2015), che hanno riguardato i costi della sicurezza aziendale;

- non vi è alcuna norma che imponga ai concorrenti, tanto meno a pena di esclusione, di riprodurre nell’offerta la quantificazione dei costi da interferenze già effettuata dalla stazione appaltante;

- una previsione in tal senso non avrebbe utilità, posto che i concorrenti non possono far altro che tenere conto di detta quantificazione all’atto della formulazione dell’offerta;

- le radicali differenze che investono la natura dei costi della sicurezza dell’uno e dell’altro tipo impediscono di estendere la regola della necessaria indicazione in offerta ai costi per la prevenzione del rischio interferenziale, 

il Consiglio di Stato ha stabilito che la mancata specificazione, in sede di presentazione dell’offerta, degli oneri da interferenze non costituisca causa di esclusione.

4. Molto più incerta e perciò assai più dibattuta è stata ed è tuttora la soluzione offerta dalla giurisprudenza alla questione della necessità dell’esclusione in caso di omessa indicazione in offerta degli oneri della sicurezza aziendali.

A generare confusione è stato principalmente il testo dell’art. 87, comma 4, del D. Lgs. n. 163/3006, che se, da una parte, è inequivocabile liddove ribadisce che, per tutti gli appalti, gli oneri di sicurezza relativi al PSC ed al DUVRI (e dunque gli oneri cd. esterni) non sono soggetti a ribasso, dall’altra, risulta estremamente ambiguo laddove richiede la specificazione in offerta degli oneri della sicurezza cd. interni.

4.1. Ad una primissima lettura della ridetta norma sembrerebbe, infatti, che l’obbligo della specificazione in offerta degli oneri di sicurezza aziendali sia circoscritto ai soli appalti di servizi e forniture e non già anche agli appalti di lavori pubblici.

Proprio l’ambiguità testuale dell’art. 87, comma 4, del D. Lgs. n. 163/2006 ha dato vita a tre distinte correnti giurisprudenziali:

- quella più rigida, secondo cui la suindicata norma risponderebbe a finalità di tutela della sicurezza dei lavoratori ed a valori speciali, aventi rilievo costituzionale. Di conseguenza, l’obbligo della espressa menzione degli oneri di sicurezza interni dovrebbe essere sempre apprezzato con rigore per tutti gli appalti, ivi compresi, quindi, quelli di lavori pubblici;

- quella più moderata e più legata all’interpretazione letterale della norma, in base alla quale l’obbligo di indicare in offerta gli oneri della sicurezza aziendale riguarderebbe solo gli appalti di servizi e forniture, stante il carattere speciale della disciplina riservata ai lavori pubblici. In buona sostanza, negli appalti di lavori la quantificazione degli oneri della sicurezza cd. interni sarebbe rimessa al piano di sicurezza e coordinamento ex art. 100 D. Lgs. n. 81/2008, predisposto dalla stazione appaltante ai sensi dell’art. 131 cod. contratti pubblici; infine

- quella più elastica e maggiormente incline alla tutela del principio di massima partecipazione, secondo la quale, in difetto di una espressa, chiara ed univoca previsione, a pena di esclusione, del bando di gara, il combinato disposto del comma 3 bis dell’art. 86 e del comma 4 dell’art. 87 del D. Lgs. n. 163/2006 non impone, alle imprese partecipanti, l’obbligo di indicare già in sede di offerta gli oneri per la sicurezza aziendale, trattandosi di elementi che vanno viceversa specificati e verificati ai soli fini del giudizio di anomalia.

4.2. La mancanza di un orientamento pacifico sugli oneri della sicurezza aziendali ha reso necessario l’intervento sul tema dell’Adunanza Plenaria.

Quest’ultima, con la nota decisione n. 3/2015, ha aderito all’orientamento secondo il quale, anche nel settore dei lavori, l’indicazione degli oneri della sicurezza in offerta costituisce requisito di ammissibilità della stessa, ancorché l’art. 87, comma 4, D.Lgs. n. 163/2006 si riferisca ai soli appalti di servizi e forniture, e l’art. 86, comma 3 bis D.Lgs. n. 163/2006 e l’art. 26, comma 6 del d.lgs. n. 81/2008 si riferiscano, invece, solo agli appalti banditi dai soggetti aggiudicatori.

Ad avviso dei Giudici di Palazzo Spada, assume rilievo decisivo, a tal proposito, la circostanza che l’obbligo di procedere alla previa indicazione di tali oneri anche negli appalti di lavori, pur se non contemplato expressis verbis, si ricaverebbe in modo univoco da una interpretazione ragionevole e  costituzionalmente orientata delle richiamate disposizioni.

In definitiva, secondo la suindicata decisione della Plenaria n. 3/2015 sarebbe irragionevole che proprio nel settore dei lavori, in cui maggiore è il rischio per la salute dei lavoratori, gli operatori economici dovrebbero essere lasciati liberi di sviluppare l’incidenza degli oneri della sicurezza cd. interna solo in via eventuale, in caso di assoggettamento a verifica di congruità delle rispettive offerte, e per di più senza il vincolo che deriverebbe loro in caso di obbligo di preventiva indicazione in offerta, in virtù del principio di immodificabilità della stessa. 

Per evitare, quindi, una soluzione ermeneutica irragionevole e incompatibile con i principi costituzionali di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e di tutela della salute dei lavoratori (art. 36 Cost.), la Plenaria, con la ridetta decisione n. 3/2015, ha ritenuto che gli artt. 26, comma 6, del D. Lgs. n. 81/2008, 86, comma 3 bis ed 87, comma 4, del D. Lgs. n. 163/2006 devono essere interpretati nel senso per cui (anche nel settore dei lavori) l’obbligo di preventiva indicazione dei costi della sicurezza cd. interni è sempre – indipendentemente, cioè, dal tipo di appalto – a carico dei concorrenti, che sono i soli in grado di valutarne compiutamente l’ammontare in base alle specifiche caratteristiche aziendali. A stare della pronuncia de qua tale onere andrebbe assolto sin dalla fase di presentazione dell’offerta, in quanto un approccio ermeneutico che non imponesse la specificazione dei costi interni nell’offerta per lavori priverebbe il giudizio di anomalia delle previe indicazioni al riguardo da sottoporre a verifica così inficiando l’attendibilità del giudizio finale.

Muovendo, dunque, da tali presupposti la Plenaria ha concluso che l’omessa specificazione dei costi di sicurezza interni configura, anche negli appalti di lavori, una ipotesi di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal Codice e dal regolamento,  idonea a determinare incertezza assoluta sul contenuto dell’offerta per difetto di un suo elemento essenziale, con conseguente necessità dell’esclusione per il caso di omessa indicazione, ai sensi dell’art. 46, comma 1 bis, del D. Lgs. n. 163/2006. Trattandosi di elemento essenziale dell’offerta, non potrebbe neppure procedersi all’integrazione documentale ai sensi del comma 1 del medesimo art. 46 cit..

4.3. La soluzione esegetica proposta dalla decisione n. 3/2015 non ha però convinto.

Tant’è vero che la questione degli oneri sulla sicurezza interna è stata nuovamente rimessa alla Plenaria, affinché quest’ultima potesse chiarire una volta per tutte se la regola dell’inapplicabilità del soccorso istruttorio cd. “ordinario” dovesse valere anche per le gare i cui bandi, non contemplanti  l’omessa indicazione degli oneri della sicurezza come causa di esclusione, erano stati pubblicati prima della pubblicazione della sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 3/2015.

Pure in questo caso, con la decisione n. 9/2015, la Plenaria ha escluso la possibilità di far ricorso al rimedio del soccorso istruttorio, in quanto agli interventi giurisprudenziali, anche del Giudice della nomofilachia, non si applicherebbe il principio tempus regit actum.

4.4. Malgrado la Plenaria sia intervenuta per ben due volte sull’argomento, gli oneri della sicurezza e, più nello specifico, gli effetti escludenti della relativa mancata indicazione in offerta costituiscono ancora oggi tema assai dibattuto in giurisprudenza.

In ordine agli oneri da interferenze pare invece che finalmente si sia giunti ad un punto di equilibrio.

L’orientamento si è attualmente arrestato nel senso per cui non vi sarebbe una previsione di legge espressa che imponga ai concorrenti, tantomeno a pena di esclusione, di riprodurre in offerta la quantificazione degli oneri della sicurezza per la prevenzione del relativo rischio.

Trattasi di indirizzo prima facie in contrasto rispetto a quello seguito sino a qualche hanno fa innanzi ricordato.

Sugli oneri di sicurezza aziendale invece, come detto, la posizione della giurisprudenza  continua ad essere non univoca, al punto che l’indirizzo della Plenaria è stato recentemente messo in discussione da alcuni TAR (ai quali si è allineata la quinta Sezione del Consiglio di Stato), in quanto dubbiata di non conformità alla disciplina comunitaria.

In particolare, con le Ordinanze del 16 dicembre 2015, n. 1745, del 24 febbraio 2016 n. 990 e del 3 marzo 2016, n. 886, rispettivamente, del TAR Torino, del TAR Napoli e della Sez. V del Consiglio di Stato,  è stata rimessa alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione pregiudiziale circa la compatibilità o meno col principio  comunitario del contraddittorio sull’offerta e comunque con i principi di par condicio e non discriminazione degli operatori dell’interpretazione formalistica della disciplina interna operata dalla Plenaria, liddove conduce alla eclusione delle offerte, indipendentemente dalla effettiva anomalia delle stesse, sol perché carenti della indicazione anticipata dei costi della sicurezza.

4.5. Ad un anno esatto dalla nota decisione n. 3/2015, il problema della indicazione  in offerta degli oneri di sicurezza resta dunque insoluto.

Per di più la questione rimessa alla Corte di Giustizia rischia di svelarsi, nei fatti, non totalmente risolutiva, in quanto il quadro legislativo al quale ha fatto riferimento la Plenaria con le pronunzie più volte citate è radicalmente mutato.

Si è detto infatti che entrambe le pronunzie nn. 3/2015 e 9/2015 hanno escluso l’applicabilità del soccorso istruttorio ordinario al caso di omessa indicazione in offerta degli oneri della sicurezza. Si è detto pure che la Plenaria ha escluso, con entrambe le suindicate decisioni, che lo stato soggettivo del concorrente che sia incorso in omessa indicazione possa aver un qualche rilievo, sia con riguardo alla data di pubblicazione del bando che in riferimento al suo contenuto esplicito, in quanto, <<pur in assenza di specifica indicazione nella lex specialis dell’obbligo di indicare i costi della sicurezza e della predisposizione da parte della stazione appaltante di moduli, sia pure non obbligatori, per la formulazione dell’offerta, nei quali non sia previsto un campo nel quale indicare i costi de quibus, l’offerta che ne sia priva debba essere esclusa dalla stazione appaltante>>.

Tuttavia, non va trascurato che i casi trattati dalla Plenaria si riferivano ad ipotesi nelle quali non era applicabile il cd. soccorso istruttorio rinforzato, introdotto dall'art. 39 del D.L. n. 90/2014 (convertito nella L. n. 144/2014), applicabile alle gare i cui bandi siano stati pubblicati il giorno dopo l'entrata in vigore della norma (in G.U., Serie Generale, n. 144 del 24.6.2014).

Com’è noto, l’introduzione degli artt. 38, comma 2 bis, e 46, comma 1 ter, D. Lgs. n. 163/2006 (introdotti, rispettivamente, dai commi 1 e 2 del citato art. 39, D.L. n. 90/2014) ha ampliato in maniera considerevole le ipotesi in cui la Stazione appaltante può, rectius deve procedere all'integrazione documentale, anche nei casi di "mancanza, l'incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi ...".

L'art. 46, comma 1-ter, del D. Lgs. n. 163/2006, ha inoltre esteso il soccorso istruttorio ad "ogni elemento" e ad "ogni dichiarazione" prodotti in gara dai concorrenti.

4.6. A fronte di un quadro normativo radicalmente mutato l’indirizzo giurisprudenziale anche della stessa Plenaria non potrà che mutare toni.

Non a caso, da ultimissimo, la Sez. V del Consiglio di Stato, con sentenza non definitiva n. 1116/2016, ha chiesto alla Plenaria di chiarire, da un lato, <<se in costanza di un principio di diritto enunciato dall’Adunanza Plenaria, in assenza di una verifica espressa della rispondenza anche alla disciplina dell’Unione Europea, che venga sospettato di contrasto con la normativa dell’Unione Europea, la singola Sezione deve rimettere la questione ai sensi dell’art. 99, comma 3, c.p.a., oppure può sollevare autonomamente, quale giudice comune del diritto dell'Unione europea, una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia>>; dall’altro, <<se il principio di diritto enunciato dall’Adunanza Plenaria n. 9/2015, è rispettoso dei principi euro-unitari, di matrice giurisprudenziale, della tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, dei principi di libera circolazione delle merci, di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui al Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), nonché dei principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza>>.

Sulla prima questione, ha in realtà già risposto, nelle more della rimessione, la Grande Sezione della Corte di Giustizia Europea, la quale, con sentenza 5 aprile 2016, C-689/13, ha stabilito il principio secondo il quale <<L’articolo 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a una disposizione di diritto nazionale nei limiti in cui quest’ultima sia interpretata nel senso che, relativamente a una questione vertente sull’interpretazione o sulla validità del diritto dell’Unione, una sezione di un organo giurisdizionale di ultima istanza, qualora non condivida l’orientamento definito da una decisione dell’adunanza plenaria di tale organo, è tenuta a rinviare la questione all’adunanza plenaria e non può pertanto adire la Corte ai fini di una pronuncia in via pregiudiziale>>. 

4.7. Ad ogni modo spinta dalle ultime sollecitazioni sia della giurisprudenza interna che comunitaria, con la decisione n. 19/2016, la Plenaria è ritornata sul delicato tema della mancata indicazione degli oneri di sicurezza aziendali, mitigandone le conseguenze alla luce dei principi di affidamento, certezza del diritto e parità di trattamento.

Questi in estrema sintesi gli snodi essenziali del ragionamento seguito dal Massimo Consesso della Giustizia Amministrativa:

a)   in primo luogo è stato ritenuto preferibile esaminare nel merito la questione rimessa, anziché attendere la pronuncia della Corte di Giustizia sia per ragioni di celerità sia perché tale soluzione è sembrata la più satisfattiva per la generale esigenza di sistema, in quanto  in linea di principio consentirebbe di risolvere in via preventiva i dubbi di compatibilità comunitaria sottesi alla questione pregiudiziale sollevata da numerosi Tribunali amministrativi regionali, nonché di superare la “causa ostativa” che ha determinato la sospensione ex art. 79, comma 1, c.p.a. di diversi giudizi amministrativi (sia in primo che secondo grado);

b)    mitigando i principi affermati sul punto dalle precedenti Plenarie nn. 3 e 9 del 2015 ed al contempo facendo salva espressamente la ricostruzione dei presupposti e della portata applicativa del principio di tassatività delle cause di esclusione e del potere di soccorso effettuata dalla decisione n. 9 del 2014, la Plenaria ha stabilito che l’automatismo dell’effetto escludente per mancata indicazione degli oneri di sicurezza, anche in assenza di indicazioni in tal senso da parte del bando e della modulistica, si pone in contrasto con i principi di certezza del diritto, tutela dell’affidamento, nonché con quelli, che assumono particolare rilievo nell’ambito delle procedure di evidenza pubblica, di trasparenza, proporzionalità e par condicio;

c)   a tale conclusione i Giudici di Palazzo Spada sono giunti attraverso il recepimento e l’adattamento dei principi elaborati dalla recente sentenza della Corte del Lussemburgo (Corte di giustizia UE,  Sesta Sezione, 2 giugno 2016, C-27/15, Pippo Pizzo, oggetto della News US in data 5 luglio 2016), in un caso concernente l’esclusione di una impresa da una gara in ragione del mancato pagamento del contributo all’Autorità di vigilanza dei contratti pubblici previsto dalla l. n. 266 del 2005.

Segnatamente, la Corte di Lussemburgo ha evidenziato che i principi di trasparenza e di parità di trattamento, che disciplinano tutte le procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, richiedono che le condizioni sostanziali e procedurali relative alla partecipazione ad un appalto siano chiaramente definite in anticipo e rese pubbliche, in particolare gli obblighi a carico degli offerenti, affinché questi ultimi possano conoscere esattamente i vincoli procedurali ed essere assicurati del fatto che gli stessi requisiti valgono per tutti i concorrenti; situazione questa che non si verifica quando il requisito di partecipazione è enucleato ex post, sulla scorta di prassi applicative della stazione appaltante o, peggio, di interpretazioni del giudice nazionale;

d) alla luce di tutto ciò la Plenaria si è orientata nel senso di riconoscere che la mancata previsione dell’obbligo di indicazione degli oneri di sicurezza nel bando di gara, la predisposizione da parte dell’Amministrazione di moduli fuorvianti, perché privi di un riferimento alla voce in questione, l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale sintomatico di una incertezza normativa, fanno sì che l’applicazione della regola dell’esclusione automatica, senza il previo soccorso istruttorio, si tradurrebbe in un risultato confliggente con i principi euro-unitari di tutela dell’affidamento, di certezza del diritto, di trasparenza, par condicio e proporzionalità.

E’ dunque nel solco da ultimissimo tracciato dalla giurisprudenza sia comunitaria che interna e nella chiara consapevolezza che solo con l’introduzione del nuovo Codice dei contratti pubblici e, per la precisione giusta art. 95, comma 10, del D. Lgs. n. 50/2016, che il Legislatore ha disposto espressamente che gli operatori economici devono indicare in offerta “i propri costi aziendali” (precisazione invero non contenuta negli artt. 86 ed 87 del d.lgs. n. 163/2006), che si innesta perfettamente la sentenza del TAR Lazio n. 10572 del 25.10.2016, la quale ha statuito che <<per le gare d’appalto bandite anteriormente all’entrata in vigore del decreto legislativo numero 50 del 2016, nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata dei costi di sicurezza aziendale non sia stato specificato dalla legge di gara e non sia in contestazione che, dal punto di vista sostanziale, l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale, l’esclusione del concorrente non può essere disposta se non dopo che lo stesso sia stato invitato a regolarizzare l’offerta dalla stazione appaltante nel doveroso esercizio del potere di soccorso istruttorio>>.