T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, sentenza 15 settembre 2016, n. 9759

1.      Non ha una natura vincolante il parere reso dall’Autorità Nazionale Anticorruzione, ai sensi dell’articolo 6, comma 7, lett. n), decreto legislativo n. 163 del 2006, su questioni insorte durante lo svolgimento di procedure di gara. La sua incidenza può, infatti, essere valutata solo in relazione alla capacità di integrare la motivazione del provvedimento finale, con la conseguenza che il parere può essere ritenuto impugnabile unitamente al provvedimento finale che lo recepisce (1).

2.      I pareri adottati, in sede di vigilanza, dall’ Autorità Nazionale Anticorruzione, non assumono carattere provvedimentale atteso che non sono produttivi di effetti immediatamente lesivi nella sfera giuridica dei soggetti vigilati. La lesività si concretizza solo nel momento in cui l’organo istituzionalmente preposto all’assetto degli interessi si pronuncia, nell’ambito della sua potestà discrezionale, conformandosi alle conclusioni individuate dall’ANAC e le fa proprie (2).

 

(1) Conforme T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II ter, 5 settembre 2016, n. 9543; Sez. III, 21 febbraio 2012, n. 1730; T.A.R. Lombardia, Brescia, 28 gennaio 2011, n. 181;

(2) Conforme T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, Sez. I, 20 aprile 2016 n. 138; Consiglio di Stato, Sez. V, 27 aprile 2011 n. 2479; Sez. VI, 3 maggio 2010, n. 2053.

 

 

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 15034 del 2015, proposto da:

 

Krea Costruzioni S.r.l. Unipersonale e Giovannini Costruttori S.a.s. di Giovannini Francesco e C., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentate e difese dagli avvocati Barbara Bracarda C.F. BRCBBR68T57G478K e Gianluca Moretti C.F. MRTGLC77H28D612R, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, piazza dell'Orologio 7;

contro

Autorità Nazionale Anticorruzione – A.N.A.C., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12;

Regione Umbria, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Giovanni Corbyons C.F. CRBGNN67C01H501E, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Cicerone, 44;

 

per l'annullamento, previa sospensione,

- del parere dell’ANAC n. 186 del 28/10/2015, comunicato con pec del 4/11/2015, con il quale l’Autorità Nazionale Anticorruzione, nell’esprimersi ai sensi dell’art. 6, comma 7, lett. n), del d.lgs. n. 163/2006, sull’istanza di parere formulata dalla Regione Umbria, ha ritenuto che “la prospettata variante non sia conforme all’art. 132, comma 1, lett. a), del d.lgs. 163/2006, non essendo intervenute sopravvenute disposizioni legislative e regolamentari che possono giustificarla né all’art.132 comma 1 lett. b) d.lgs 163/2006, non essendo giustificata dalla sussistenza di condizioni chiare e riconoscibili che portano ad escludere, obiettivamente, la possibilità di prefigurarsi l’evento e comportando una nuova progettazione ed un significativo aumento di costo rispetto al prezzo contrattuale di aggiudicazione tali da giustificare una variazione sostanziale all’oggetto del contratto;

 

- di ogni altro atto e provvedimento presupposto, conseguente, connesso e/o correlato a quelli espressamente impugnati e sopra indicati.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione e della Regione Umbria, con la relativa documentazione;

Vista l’ordinanza cautelare di questa Sezione n. 1973/2016 del 21.4.2016;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 6 luglio 2016 il dott. Ivo Correale e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

Con ricorso a questo Tribunale, ritualmente notificato e depositato, le società in epigrafe chiedevano l’annullamento, previa sospensione, del parere reso dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), ai sensi dell’art. 6, comma 7, lettera n), del d.lgs. n. 163/2006, su istanza formulata dalla Regione Umbria in relazione a un appalto avente oggetto la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori di realizzazione della piattaforma ferroviaria logistica Terni-Narni e alla possibilità di ricorrere a una variante in corso d’opera, ai sensi degli artt. 132, comma 1, lett. a) e b), d.lgs. n. 163/06, per quanto riguardava lavori di allacciamento tra la Rete Ferroviaria Italiana (RFI) e la suddetta piattaforma logistica.

Con tale parere, l’ANAC riteneva che la prospettata variante non era conforme all’art. 132, comma 1, lett. a), del d.lgs. 163/2006, non essendo intervenute sopravvenute disposizioni legislative e regolamentari che potevano giustificarla, né alla fattispecie di cui alla lett. b), non essendo giustificata dalla sussistenza di condizioni chiare e riconoscibili che portavano ad escludere, obiettivamente, la possibilità di prefigurarsi l’evento e perché avrebbe comportato una nuova progettazione ed un significativo aumento di costo rispetto al prezzo contrattuale di aggiudicazione, con variazione sostanziale all’oggetto del contratto.

Le ricorrenti, quali aggiudicatarie in r.t.i. dell’appalto in questione, lamentavano, in sintesi, quanto segue.

“Violazione ed errata applicazione dell’art. 132, comma 1, lettere a) e b), del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m.i., eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà, manifesta ingiustizia, travisamento ed erroneità dei presupposti. Difetto di istruttoria. Insufficiente ed inadeguata motivazione”.

Le società in epigrafe, premettendo di procedere in “via del tutto prudenziale e cautelativa nel caso in cui il Committente, e cioè la regione Umbria, dovesse determinarsi di procedere nel senso in cui si è espressa l’ANAC con il parere n. 186…avente carattere non vincolante”, evidenziavano l’errore di istruttoria in cui sarebbe incorsa l’ANAC, in quanto non tutte le opere in esame potevano essere considerate come “variante”, poiché risultavano stralciate provvisoriamente dal progetto definitivo approvato dal CIPE solo per mancanza di copertura finanziaria, visto che la realizzazione delle prescrizioni in materia di segnalamento e sicurezza era ritenuta una condizione indispensabile per l’approvazione del Comitato suddetto.

Che le opere fossero indiscutibilmente “contrattuali” – secondo le ricorrenti – si evinceva inoltre dalla considerazione per la quale le stesse dovevano realizzarsi nell’ambito del medesimo intervento, secondo quanto desumibile dall’esame del capitolato Speciale d’Appalto.

Né poteva invocarsi la rilevanza dell’importo economico relativo, dato che questo non ha alcun valore nella qualificazione di un lavoro come “variante”.

La stessa Regione Umbria, poi, aveva rappresentato all’ANAC che l’affidamento delle opere in questione allo stesso appaltatore avrebbe consentito di portare a termine l’intervento nella sua forma più tempestiva, efficace ed economica e anche su tale profilo il parere impugnato era carente di motivazione. Inoltre, la Regione aveva anche in seguito sostanzialmente riconosciuto la sopravvenienza di disposizioni legislative e regolamentari, in applicazione dei presupposti della medesima norma di cui all’art. 132 d.lgs. cit. che invece l’ANAC aveva ritenuto insussistenti.

Si costituiva in giudizio l’Autorità intimata deducendo in rito l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, trattandosi il parere impugnato di un atto avente natura non provvedimentale nonché rilevando la sua infondatezza.

Si costituiva anche la Regione Umbria, eccependo l’incompetenza territoriale di questo Tribunale nonché l’infondatezza del ricorso.

Con l’ordinanza in epigrafe, questa Sezione si pronunciava sulla domanda cautelare, fissando ai sensi dell’art. 55, comma 10, l’udienza di merito.

In prossimità di questa, con memorie conclusive le parti costituite ribadivano i rispettivi assunti in rito e nel merito.

Alla data del 6 luglio 2016, la causa era quindi trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il Collegio, preliminarmente e in riferimento all’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dalla Regione Umbria, rileva che nel presente giudizio non risultano impugnati esplicitamente altri atti o provvedimenti di diversa autorità, risultando pendente presso il T.A.R. per l’Umbria il gravame avverso il successivo provvedimento regionale che, in sostanziale adesione alle conclusioni dell’ANAC, ha disposto l’indizione di un nuovo appalto in luogo di procedere con affidamento “in variante” alle ricorrenti.

A ciò si aggiunga che, come richiamato in narrativa, questa Sezione si è già pronunciata in sede cautelare e in tale occasione aveva già rilevato la “propria giurisdizione e competenza” - sia pure attraverso l’utilizzazione della formula standardizzata, prevista dal modello di ordinanza cautelare predisposto dal procedimento “NSIGA” - per cui, in ogni caso, la statuizione della competenza territoriale di questo Tribunale, sia essa implicita od esplicita, avrebbe dovuto formare oggetto di tempestiva impugnazione, mediante lo strumento dell’appello cautelare o del regolamento di competenza da parte dei soggetti interessati. Ciò non risulta avvenuto per cui, per tale ragione, la competenza territoriale è ormai radicata presso questo TAR (in tal senso: C.G.R.S., 21.6.16, n. 182).

Premesso ciò il Collegio rileva l’inammissibilità del ricorso per carenza di lesività diretta.

Oggetto dell’impugnativa è infatti un parere reso dall’ANAC ai sensi dell’art. 6, comma 7, lett. n), d.lgs. n. 163/2006 vigente “pro tempore”, come integrato per quanto riguarda tale Autorità dall’art. 19, commi 1 e 2, d.l. n. 90/14, conv. in l. n. 114/14.

Ebbene tale norma prevede che l’Autorità, tra altre funzioni, “…su iniziativa della stazione appaltante e di una o più delle altre parti, esprime parere non vincolante relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara, eventualmente formulando una ipotesi di soluzione; si applica l'articolo 1, comma 67, terzo periodo, della legge 23 dicembre 2005, n. 266;”

E’ evidente, pertanto, il richiamo al carattere “non vincolante” del parere in questione, con la conseguenza per la quale il soggetto istituzionale cui il parere è indirizzato ben potrebbe discostarsi dal medesimo con determinazione congruamente motivata.

Ne consegue che la concreta lesività del parere in questione si manifesta solo nell’ipotesi in cui sia trasposto o richiamato nell'atto conclusivo del procedimento che dispone in senso conforme ma non prima.

Nel caso di specie tale provvedimento finale coincide con quello della Regione Umbria, del dicembre 2015, posteriore al parere in questione e poi impugnato presso il TAR competente per territorio.

Emerge, quindi, la natura non provvedimentale del parere impugnato, dato che la lesività alla sfera giuridica delle ricorrenti si è prodotta soltanto in seguito, quando l’organo istituzionalmente preposto all’assetto degli interessi in esame si è pronunciato nell’ambito della sua potestà discrezionale, sia pure conformandosi alle conclusioni “suggerite” dall’ANAC (v. Cons. Stato, Sez. VI, 3.5.10, n. 2503).

In sostanza, il parere dell’ANAC non aveva un valore vincolante e la sua incidenza sulla fattispecie può essere valutata solo in relazione alla capacità di integrare la motivazione del provvedimento finale, con la conseguenza per la quale può essere ritenuto semmai impugnabile unicamente al provvedimento finale che lo recepisce (TAR Lazio, Sez. II ter, 5.9.16, n. 9543; Sez. III, 21.2.12, n. 1730; TAR Lombardia, Bs, 28.1.11, n. 181, nonché Cons. Stato, sez. VI, n. 2053/10 cit.).

D’altro canto, le stesse imprese ricorrenti precisano nel ricorso di aver agito in questa sede in via del tutto prudenziale e nell’ipotesi in cui la Regione Umbria si fosse determinata in senso conforme alle conclusioni dell’ANAC, con ciò confermando l’assenza di lesività “attuale” del parere qui impugnato e riconoscendo alla sola Regione Umbria, quale committente, la potestà di adottare provvedimenti finali eventualmente lesivi.

Alla luce di quanto dedotto, quindi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per carenza di lesività.

Le spese di lite possono eccezionalmente compensarsi per la peculiarità della fattispecie.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile nei sensi di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 6 luglio 2016 con l'intervento dei magistrati:

Carmine Volpe, Presidente

Ivo Correale, Consigliere, Estensore

Roberta Cicchese, Consigliere

 

 

 

Guida alla lettura

La sentenza in commento esamina un’interessante questione inerente l’impugnazione di un parere, reso dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ai sensi dell’articolo 6, comma 7, lett. n) del decreto legislativo n. 163 del 2006, in merito alla possibilità di ammettere una variante in corso d’opera nell’esecuzione dei lavori di allacciamento tra la Rete Ferroviaria Italiana e la piattaforma ferroviaria logistica Terni-Narni.

A tal proposito, l’ANAC non ha ritenuto la prospettata variante conforme all’articolo 132, comma 1, lett. a), del decreto legislativo n. 163 del 2006, in quanto non erano intervenute sopravvenute disposizioni legislative e regolamentari che potessero giustificarla. L’ANAC ha altresì considerato che una variante al progetto avrebbe comportato una nuova progettazione ed un significativo aumento di costo rispetto al prezzo contrattuale di aggiudicazione, con variazione sostanziale all’oggetto del contratto.

Il T.A.R. del Lazio, nella sentenza in commento, conferma il consolidato principio giurisprudenziale secondo cui è inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso proposto avverso un parere dell’ANAC che, stante il carattere ex se non vincolante o obbligatorio, non è in grado di ledere la sfera giuridica dei ricorrenti.

Con riferimento ai compiti dell’ANAC, l’articolo 6, comma 7, lett. n), del decreto legislativo n. 163 del 2006 attribuisce all’Autorità la funzione di esprimere, su istanza della stazione appaltante e di una o più delle altre parti, un parere “non vincolante” relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara, e di formulare un’ipotesi di soluzione.

Il parere è considerato al pari di un atto endoprocedimentale e, in quanto tale, strumentalmente preordinato all’emanazione di un atto finale, dal quale il soggetto istituzionale cui è indirizzato può discostarsi con determinazione congruamente motivata. Ne discende che non ha ex se un carattere obbligatorio o vincolante e che la sua lesività si concretizza solo nel momento in cui la posizione dell’ANAC è in grado di influenzare la decisione finale del soggetto preposto all’assetto degli interessi in esame.

In altri termini, il parere assume concretamente incidenza lesiva per i terzi solo qualora integri la motivazione del provvedimento conclusivo, in senso conformativo, con la conseguenza che può essere ritenuto impugnabile unitamente al provvedimento finale che lo recepisce.