Consiglio di Stato, Sez. V, 8 settembre 2016, n.4118

I candidati non possono effettuare alcun filtro in ordine all’importanza o incidenza della condanna subita sulla moralità professionale, avendo l’obbligo di menzionare tutte le sentenze penali di condanna.[1]

In caso di mancata dichiarazione di precedenti penali non può operare il principio del c.d. falso innocuo, laddove si tratti di assenza di dichiarazioni previste dalla legge e dal bando di gara a pena di esclusione.[2]

L’estinzione del reato (che consente di non dichiarare l’emanazione del relativo provvedimento di condanna), non è automatica per il mero decorso del tempo, ma deve essere formalizzata in una pronuncia espressa del giudice dell’esecuzione penale, con la conseguenza che, fino a quando non intervenga tale provvedimento giurisdizionale, non può legittimamente parlarsi di “reato estinto”.[3]

 

[1] Cons. St., sez. V, 30 novembre 2015, n. 5403, Cons. Stato, Ad. plen., n. 8 del 2015; Sez. V, 927 del 2015; Sez. V, n. 3092 del 2014; Sez. V, n. 400 del 2014,

[2] Cons. St., sez. V, 27 dicembre 2013, n. 6271, Cons. St., sez, III, 4 febbraio 2014, n. 507, Cons. Stato, sez. VI, 27 marzo 2012, n. 1799, Cons. Stato, sez. V, 19 giugno 2009, n. 4082, Cons. Stato, sez. V, 23 marzo 2011, n. 1795, Cons. stato, sez. IV, 1° aprile 2011, n. 2068.

[3] Cons. St., sez. V, 17 giugno 2014, n. 3092; Cons. St., sez. V, 5 settembre 2014, n. 4528, tante Autorità di vigilanza, parere 21 maggio 2008, n. 162; determinazione della Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici n. 1 del 2010; Consiglio di Stato, sez. V, 27 gennaio 2014; sez. VI, n. 4019 del 2010). . Consiglio di Stato, Sez. V, 24 marzo 2011, n. 1800; Sez. VI, 21 dicembre 2010, n. 9324 e 5 luglio 2010, n. 4243).

 

 

 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2954 del 2016, proposto dal Consorzio Mediterraneo – CO.MED. Consorzio Stabile, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato Mariano Protto (C.F. PRT MRN 70C20 B111Q) e dall’Avvocato Adolfo Mario Balestreri (C.F. BLS DLF 62E06 I138C), con domicilio eletto presso lo stesso Avvocato Mariano Protto in Roma, via Cicerone, n. 44;

contro

Azienda Ospedaliera Sant’Andrea di Roma, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Alessandro Benedetti (C.F. BND LSN 70A27 D086Q), con domicilio eletto presso lo studio di questo in Roma, via Muzio Clementi, n. 70;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Elettronica Bio Medicale s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Luca Tufarelli (C.F. TFR LCU 61H14 H501W) e dall’Avvocato Fabrizio Cataldo (C.F. CTL FRZ 63P19 H501Z), con domicilio eletto presso lo stesso Avvocato Luca Tufarelli in Roma, via Ennio Quirino Visconti, n. 20; Esaote s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Alfonso Celotto (C.F. CLT LNS 66B23 C129E) e dall’Avvocato Tommaso Matteo Ferrario (C.F. FRRTMS75H19F205V), con domicilio eletto presso lo stesso Avvocato Alfonso Celotto in Roma, via Salaria, n. 89;

della sentenza breve del T.A.R. LAZIO, ROMA, SEZIONE III-quater, n. 03646/2016, resa tra le parti, concernente l’affidamento servizio di gestione tecnica delle apparecchiature elettromedicali e delle attrezzature sanitarie per le attività di supporto e di consulenza all’U.O.C. Tecnologie biomediche – risarcimento dei danni;

 

visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea di Roma e gli atti di intervento ad opponendum di Elettronica Bio Medicale s.r.l. e di Esaote s.p.a.;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

visti gli artt. 119, comma 5, e 120, commi 3 e 11, c.p.a.;

considerato che i procuratori delle parti hanno dichiarato di avere interesse alla pubblicazione anticipata del dispositivo rispetto alla sentenza;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 settembre 2016 il Consigliere Massimiliano Noccelli e uditi per l’odierno appellante Consorzio Mediterraneo – CO.MED. Consorzio Sabile l’Avvocato Adolfo Mario Balestreri, per l’appellata Azienda Ospedaliera Sant’Andrea di Roma l’Avvocato Alessandro Benedetti, per l’interveniente Esaote s.p.a. l’Avvocato Alfonso Celotto e per l’interveniente Elettronica Bio Medicale s.r.l. l’Avvocato Fabrizio Cataldo;

 

FATTO e DIRITTO

1. Con bando di gara del 14 luglio 2013, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, l’Azienda Ospedaliera Sant’Anna (di qui in avanti, per brevità, l’Azienda) ha avviato una procedura aperta, secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi dell’art. 83 del d. lgs. n. 163 del 2006, per l’affidamento del servizio di gestione tecnica delle apparecchiature elettromedicali e delle attrezzature sanitarie e per le attività di supporto e consulenza alla U.O.C. Tecnologie Biomediche.

1.1. La Commissione giudicatrice, all’esito delle operazioni di gara, ha aggiudicato in via provvisoria la commessa oggetto di causa al Consorzio Mediterraneo – CO.MED. Consorzio Stabile (di qui in avanti, per brevità, il Consorzio).

1.2. Con la nota prot. n. 22264 del 30 novembre 2015, tuttavia, la stazione appaltante ha comunicato l’esclusione del Consorzio appellante dalla procedura, rilevando che «le giustificazioni rese a richiesta della stazione appaltante non sono risultate idonee a superare il giudizio di anomalia dell’offerta presentata che, pertanto, risulta acclarato» ed osservando, altresì, che sarebbe emersa una falsità delle dichiarazioni prodotte a corredo dell’offerta, conseguente all’omessa menzione della condanna penale definitiva subita dal legale rappresentante della società, da identificarsi nella persona del Vicepresidente, sig. Privato Cosimo Tomaselli, per effetto della risalente sentenza n. 112 del 1998 emessa dalla Pretura di Lizzano.

1.3. Avverso tale esclusione il Consorzio ha proposto ricorso avanti al T.A.R. Lazio, domandandone, previa sospensione, l’annullamento.

1.4. Si è costituita nel primo grado di giudizio l’Azienda al fine di resistere al ricorso ex adversoproposto.

2. Il T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, con la sentenza n. 3636 del 23 marzo 2016 resa in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a., ha respinto il ricorso, condannando il Consorzio alla rifusione delle spese di lite nei confronti dell’Amministrazione.

2.1. Contro tale sentenza ha proposto appello il Consorzio, lamentandone l’erroneità, e ne ha chiesto, previa sospensione, la riforma, con conseguente accoglimento del ricorso proposto in primo grado.

2.2. Si è costituita l’Azienda appellata, chiedendo la reiezione dell’avversario gravame, e sono altresì intervenuti ad opponendum, ai sensi dell’art. 28 c.p.a., per resistere al gravame proposto dal Consorzio, nel presente grado di giudizio, Elettronica Bio Medicale s.r.l., in proprio e quale mandataria del costituendo r.t.i. con la mandante Esaote s.p.a., nonché, appunto, la stessa Esaote s.p.a., mandante, in quanto il detto r.t.i., originariamente secondo graduato, si è aggiudicato la gara con deliberazione n. 280 del 1° aprile 2016 adottata dall’Azienda.

2.3. Con l’ordinanza n. 1852 del 19 maggio 2016 la Sezione ha respinto l’istanza cautelare di sospensione proposta dall’appellante ai sensi dell’art. 98 c.p.a.

2.4. Infine nella pubblica udienza del 9 settembre 2016 il Collegio, sentiti i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.

3. L’appello è infondato e deve essere respinto.

4. Con il primo (pp. 8-20 del ricorso) e il secondo (pp. 20-24 del ricorso) motivo, che possono essere unitariamente esaminati per la loro intima connessione logico-giuridica, l’odierna appellante intende dimostrare che il T.A.R. per il Lazio avrebbe errato nel ritenere corretta l’esclusione del Consorzio per la mancata indicazione, nell’autodichiarazione resa in sede di prequalificazione, di una condanna penale inflitta al Vicepresidente del Consorzio, sig. Privato Cosimo Tommaselli, per un reato del tutto estraneo all’esercizio dell’attività di impresa e per il quale si era già verificato in via automatica, ex lege, l’effetto estintivo previsto dall’art. 163, comma 1, c.p., pur in assenza di un formale provvedimento dichiarativo dell’estinzione da parte del giudice penale.

4.1. Secondo l’appellante, infatti, in riferimento a tale condanna:

a) la sentenza penale irrevocabile in parola aveva riguardato una modesta violazione delle disposizioni in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, ai sensi dell’allora vigente art. 20, lett. b), della l. n. 47 del 1985 – e, cioè, la costruzione di un manufatto edilizio adibito a casa di abitazione senza la prescritta concessione edilizia – commessa a titolo personale e al di fuori dell’esercizio di qualunque attività di impresa;

b) per la contravvenzione in parola era stata comminata al sig. Privato Cosimo Tomaselli la pena detentiva dell’arresto per due mesi nonché la pena dell’ammenda per £ 14.000.000;

c) stante la concessione delle circostanze attenuanti generiche, peraltro, il Vicepresidente del Consorzio appellante aveva beneficiato della non menzione della condanna, ai sensi dell’art. 175 c.p., nonché della sospensione condizionale della pena, ai sensi dell’art. 163 c.p.;

d) come emerge per tabulas dalla stessa lettura del casellario giudiziale, nei termini stabili dall’art. 163, comma primo, c.p., il sig. Privato Cosimo Tomaselli non solo non ha commesso alcuna contravvenzione della stessa indole, ma ha adempiuto gli obblighi imposti con la citata decisione (la demolizione del manufatto abusivo).

4.2. L’appellante ne fa discendere la conseguenza che, al momento della partecipazione della gara, l’estinzione del reato contravvenzionale ascritto al Vicepresidente del Consorzio appellante si era già ampiamente verificata, operando l’effetto estintivo ex lege per effetto del decorso inattivo del tempo e non abbisognando di alcun provvedimento da parte del giudice dell’esecuzione penale.

4.3. Anche laddove si dovesse seguire l’orientamento, secondo il quale invece tale provvedimento sarebbe necessario affinché l’estinzione operi, la sentenza impugnata avrebbe trascurato di considerare il collegamento del reato con l’esercizio di un’attività di impresa, se non in relazione alla “gravità” del reato, quantomeno con riferimento alla sua astratta idoneità ad incidere sulla moralità professionale.

4.4. Sotto questo profilo, propugnando una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 38, comma 1, lett. c), del d. lgs. n. 163 del 2006, in relazione agli artt. 5 e 6 della C.E.D.U., l’appellante assume che la dichiarazione resa in sede di gara dal sig. Privato Cosimo Tomaselli non poteva ritenersi in alcun modo falsa o non veritiera, con la conseguente implicazione che il provvedimento di esclusione gravato in prime cure deve ritenersi, sul punto, manifestamente illegittimo e comunque sproporzionato in relazione all’obiettivo di interesse pubblico perseguito.

4.5. L’appellante, sotto altro profilo, contesta la violazione dell’art. 38, comma 2-bis, del d. lgs. n. 163 del 2006, per violazione dell’obbligo di soccorso istruttorio, in quanto l’Amministrazione, nel corso delle verifiche di ufficio eseguite ai sensi dell’art. 48 dello stesso d. lgs. n. 163 del 2006, si era limitata a rilevare, in modo generico, una omissione nell’ambito della dichiarazione resa dal Vicepresidente, assegnando al Consorzio un termine per fornire eventuali documenti giustificativi dell’omessa dichiarazione.

4.6. Il T.A.R. per il Lazio avrebbe errato, dunque, nel non considerare – senza profondere sul punto alcuno sforzo motivazionale – che la stazione appaltante, pur essendosi in realtà autolimitata attraverso la dichiarazione del soggetto che avrebbe dovuto rendere la dichiarazione suppletiva, aveva tuttavia omesso di indicare specificamente la carenza riscontrata in capo alla dichiarazione medesima e non aveva messo in condizione il Consorzio di poter adeguatamente procedere alla integrazione espulsiva.

4.7. Sotto altro profilo, connesso a quelli sin qui ricordati e dedotto più specificamente nel secondo motivo (pp. 20-24 del ricorso), l’appellante lamenta, poi, che la lex specialis di gara, in particolar modo nell’art. 17 del capitolato speciale d’appalto e nel relativo Allegato A, non sarebbe stata nemmeno tanto chiara ed univoca, come invece ha ritenuto il T.A.R. per il Lazio nella sentenza impugnata, nel richiedere l’espressa dichiarazione di tutte le condanne penali.

4.8. La formulazione letterale della clausola della legge di gara, in una con il modello predisposto dalla stazione appellante (con particolare riferimento al punto 1-bis), sarebbe stata idonea ad ingenerare nel concorrente la convinzione di non essere tenuto a dichiarare ogni tipo di condanna riportata, ma solo quelle condanne riguardanti reati c.d. gravi, in modo di influire negativamente sulla moralità professionale del dichiarante e non, dunque, qualsivoglia tipo di condanna, anche se relativa a reati in nessun modo attinenti allo svolgimento dell’attività imprenditoriale, quale è la condanna ascritta al Vicepresidente del Consorzio nel 1988 per la commissione di un abuso edilizio.

4.9. Per tali ragioni, conclude l’appellante, le dichiarazioni rese dal legale rappresentante del Consorzio non potevano e non possono in alcun modo considerarsi false, ma al più incomplete, per una mancanza che è da addebitare all’ambiguità del modello predisposto dall’Amministrazione appellata e che, pertanto, non poteva e non può condurre, sic et simpliciter, all’esclusione del Consorzio appellante dalla gara.

5. La tesi dell’appellante, pur brillantemente esposta, non merita condivisione.

6. La lex specialis, come ha ritenuto correttamente il primo giudice, era anzitutto ben chiara e inequivoca nel prescrivere l’obbligo, per l’impresa partecipante alla gara, di dichiarare «tutte le sentenze di condanna, decreti penali di condanna e sentenze di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 44 del codice di procedura penale, comprese quelle che godano della non menzione, al fine di consentire alla stazione appaltante una valutazione circa l’incidenza di dette pronunce giudiziarie sull’affidabilità e sull’elemento fiduciario ai fini dell’eventuale affidamento».

6.1. Nessun dubbio poteva ragionevolmente sorgere nel concorrente circa l’obbligo, chiaro e stringente, di dichiarare tutte le sentenze di condanna per mettere in condizione la stazione appaltante di verificare l’incidenza di queste sull’affidabilità e sull’elemento fiduciario richiesti all’impresa ai fini dell’eventuale aggiudicazione dell’appalto.

6.2. Certamente non competeva all’impresa effettuare tale valutazione, omettendo la menzione di tutte le condanne riportate dai suoi legali rappresentanti.

6.3. Per usare i termini dell’ormai consolidata giurisprudenza in materia, infatti, «i candidati non possono effettuare alcun filtro in ordine all’importanza o incidenza della condanna subita sulla moralità professionale, avendo l’obbligo di menzionare tutte le sentenze penali di condanna» (Cons. St., sez. V, 30 novembre 2015, n. 5403).

6.4. Altrettanto evidente è, quindi, nel caso di specie la violazione della lex specialis, presidiata dalla sanzione espulsiva, da parte del Vicepresidente del Consorzio, che pacificamente ha omesso nella dichiarazione la menzione della condanna subita, pur nel lontano 1988.

6.5. Né giova all’appellante invocare l’asserita estinzione del reato contravvenzionale, poiché essa non risulta formalmente dichiarata dal giudice penale, mentre, per altrettanto consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, essa deve constare da un provvedimento dichiarativo del giudice penale.

6.6. Sul punto, pur con la sintesi prescritta dal codice di rito (art. 3, comma 2, c.p.a.), il Collegio deve richiamare i consolidati principi di diritto affermati da questo Consiglio in materia:

a) in caso di mancata dichiarazione di precedenti penali non può operare il principio del c.d. falso innocuo, laddove si tratti di assenza di dichiarazioni previste dalla legge e dal bando di gara a pena di esclusione (Cons. St., sez. V, 27 dicembre 2013, n. 6271), come nel caso di specie, esulando del resto la vicenda qui esaminata dall’ipotesi in cui la dichiarazione sia resa dal concorrente sulla base di modelli predisposti dalla stazione appaltante e questi sia indotto in errore dalla formulazione ambigua o equivoca del bando (Cons. St., sez, III, 4 febbraio 2014, n. 507);

b) quanto all’estinzione del reato (che consente di non dichiarare l’emanazione del relativo provvedimento di condanna), essa sotto il profilo giuridico non è automatica per il mero decorso del tempo, ma deve essere formalizzata in una pronuncia espressa del giudice dell’esecuzione penale, che è l’unico soggetto al quale l’ordinamento attribuisce il compito di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la relativa declaratoria, con la conseguenza che, fino a quando non intervenga tale provvedimento giurisdizionale, non può legittimamente parlarsi di “reato estinto” (v., ex multis, Cons. St., sez. V, 17 giugno 2014, n. 3092; Cons. St., sez. V, 5 settembre 2014, n. 4528) e il concorrente non è esonerato dalla dichiarazione dell’intervenuta condanna.

6.7. La mancanza della dichiarazione circa la condanna subita, che la rende inaffidabile a fronte di un preciso e inequivocabile obbligo stabilito dalla lex specialis, giustifica l’esclusione del Consorzio, indipendentemente da ogni valutazione sulla gravità e sulla moralità professionale dell’impresa, essendo la completezza e la veridicità della dichiarazione sui requisiti per la partecipazione alla gara e, in particolare, quelli inerenti alle condanne subite valori in sé, presidiati dalla più grave sanzione espulsiva in danno del dichiarante infedele, quali significative manifestazioni e, insieme, massime garanzie dell’irrinunciabile interesse pubblico alla trasparenza nelle pubbliche gare (v. in questo senso, ex plurimis, Cons. St., sez. V, 29 aprile 2016, n. 1641).

6.8. A tale mancanza che assume per le ragioni appena esposte il valore di una carenza sostanzialedella dichiarazione non veritiera, per altrettanto costante giurisprudenza di questo Consiglio, non può certo sopperire l’invocato esercizio del soccorso istruttorio, che può colmare dichiarazioni incomplete o irregolari e non già integrare ex post, in violazione della par condicio, dichiarazioni totalmente assenti, come nel caso di specie.

6.9. Non bisogna trascurare, infatti, che il sig. Privato Cosimo Tomaselli ha reso alla stazione appaltante una dichiarazione non veritiera, ai sensi del d.P.R. n. 445 del 2000, affermando la inesistenza di cause di esclusione di cui all’art. 38, comma 1, lett. a), b) ed m-ter) del d. lgs. n. 163 del 2006, mentre avrebbe dovuto indicare la condanna penale.

7. Ne discende la correttezza e, sotto tale profilo, la doverosità della sanzione espulsiva comminata dalla stazione appaltante nei confronti del Consorzio per la non veritiera dichiarazione del suo Vicepresidente.

8. Tale ragione, in sé pienamente sufficiente a giustificare l’esclusione dell’odierno appellante, esime il Collegio dall’esame del terzo motivo (pp. 24-32 del ricorso), relativo alla ritenuta anomalia dell’offerta, anch’essa costituente ragione autonomamente posta dalla stazione appaltante a fondamento dell’esclusione.

8.1. Al riguardo deve trovare infatti applicazione il consolidato principio secondo il quale laddove la determinazione escludente risulti fondata su una pluralità di ragioni, ciascuna delle quali di per sé idonea a supportare l’adozione del provvedimento sfavorevole, è sufficiente che una sola di esse risulti fondata, come è nel caso di specie quella sopra esaminata, perché ne consegua la legittimità dell’esclusione del concorrente dalla gara (v., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 31 marzo 2016, n. 1269).

9. In conclusione, per le ragioni tutte sin qui esposte, l’appello del Consorzio è infondato e deve essere respinto, con conferma della sentenza impugnata.

9.1. Le spese del presente grado di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza dell’odierno appellante nei confronti dell’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea di Roma, appellata, e di Elettronica Bio Medicale s.r.l. e di Esaote s.p.a., intervenienti ad opponendum.

9.2. Rimane definitivamente a carico del Consorzio appellante, per la sua soccombenza, il contributo unificato corrisposto per la proposizione del gravame.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto da Consorzio Mediterraneo – CO.MED. Consorzio Stabile, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Condanna Consorzio Mediterraneo – CO.MED. Consorzio Stabile a rifondere in favore dell’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea di Roma, di Elettronica Bio Medicale s.r.l. e di Esaote s.p.a. le spese del presente grado di giudizio, che liquida nell’importo di € 2.000,00 per ciascuna di dette parti, oltre accessori (spese generali, IVA e CPA) come per legge.

Pone definitivamente a carico di Consorzio Mediterraneo – CO.MED. Consorzio Stabile il contributo unificato corrisposto per la proposizione dell’appello.

Ordina che il presente dispositivo sia eseguito dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 8 settembre 2016, con l’intervento dei magistrati:

Lanfranco Balucani, Presidente

Carlo Deodato, Consigliere

Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore

Pierfrancesco Ungari, Consigliere

Raffaello Sestini, Consigliere

 

 

 

Guida alla lettura

La sentenza in esame offre lo spunto per riproporre una serie di importanti e dirimenti riflessioni, pur afferendo orientamenti consolidati del massimo Consesso amministrativo.

In primis, in materia di appalti e contratti pubblici non v’è dubbio che alle imprese concorrenti incombe un obbligo, chiaro e stringente, di dichiarare tutte le sentenze di condanna per mettere in condizione la stazione appaltante di verificare l’incidenza di queste sull’affidabilità e sull’elemento fiduciario richiesti all’impresa ai fini dell’eventuale aggiudicazione dell’appalto, senza che residui loro alcuna discrezione su quali menzionare e se menzionarle.

Infatti, costituisce diritto vivente il principio per cui in sede di gara d’appalto i concorrenti non possono operare alcun filtro, in ordine all’importanza o incidenza, in sede di dichiarazioni relativamente alla indicazione delle condanne penali subite ed alla loro rilevanza sulla moralità professionale che è riservata in via esclusiva alla stazione appaltante, trattandosi di obbligo che scaturisce direttamente dalla legge e, per la precisione, dall’art. 38, co. 2 del Codice.

Dunque, spetta solo alla stazione appaltante apprezzare in concreto la gravità ostativa delle sentenze dichiarate.

Peraltro, in caso di mancata dichiarazione di precedenti penali non può operare il principio del c.d. falso innocuo, laddove si tratti di assenza di dichiarazioni previste dalla legge e dal bando di gara a pena di esclusione, come nel caso di specie, esulando del resto la vicenda qui esaminata dall’ipotesi in cui la dichiarazione sia resa dal concorrente sulla base di modelli predisposti dalla stazione appaltante e questi sia indotto in errore dalla formulazione ambigua o equivoca del bando.

Occorre premettere come La nozione di “falso innocuo”, di matrice penalistica, è stata introdotta nell’ambito della contrattualistica pubblica, con particolare riferimento alle dichiarazioni sostitutive rese dagli operatori economici in sede di partecipazione alle procedure di affidamento di un appalto pubblico. Al riguardo, il comma 2 dell’art. 38 D.Lgs. 163/2006 stabilisce che i concorrenti debbano attestare di essere in possesso dei requisiti di ordine morale, mediante dichiarazione sostitutiva.

 Ci si è chiesti, dunque, se l’omessa dichiarazione o la dichiarazione difforme dal vero o incompleta, potesse integrare gli estremi della falsa dichiarazione oppure, se la stessa, dovesse ricondursi soltanto ad un ipotesi di falso innocuo.

Secondo un primo orientamento, la tesi del c.d. falso innocuo sarebbe applicabile in materia di appalti pubblici soltanto qualora, l’operatore economico, sia in possesso di tutti i requisiti sostanziali richiesti e la lex specialis non preveda la sanzione espressa dell’esclusione in caso di omissione o violazione delle dichiarazioni ex art. 38 D.Lgs. 163/2006 [1] .

Secondo un diverso orientamento, invece, i principi in materia di falso innocuo non sarebbero utilizzabili nelle gare pubbliche, in particolar modo nei casi in cui la dichiarazione sostitutiva venisse omessa del tutto. In tali casi andrebbe esclusa la stessa configurabilità del falso innocuo dal momento che, la possibile rilevanza esimente della "innocuità" del falso, presupporrebbe l'esistenza, “a monte”, di una dichiarazione, unica suscettibile di essere valutata come falsa perché dotata di puntuale contenuto [2] .

Il citato orientamento richiama, a sostegno delle proprie argomentazioni, il principio secondo cui l’art. 38 sancirebbe l’obbligo, per tutti i soggetti che a qualunque titolo concorrano per l’affidamento di pubblici appalti, non solo di essere in possesso dei requisiti ivi previsti, ma anche di rendere le relative dichiarazioni sostitutive, le quali sarebbero richieste “per una finalità che non è solo di garanzia sull'assenza di ostacoli pure di natura etica all'aggiudicazione del contratto, ma anche per una ordinaria verifica sull'affidabilità dei soggetti partecipanti: la concreta carenza di condizioni ostative costituisce un elemento successivo rispetto alla conoscenza di una situazione di astratta sussistenza dei requisiti morali e giuridici che lambiscono in modo determinante la professionalità degli amministratori”.

La norma, infatti, non sembrerebbe consentire ai concorrenti “…di stravolgere questo meccanismo, che ha natura di ordine pubblico, prestando dichiarazioni sostitutive del tutto generiche ed astratte, e pretendendo di ribaltare sull'Amministrazione l'onere dell'istruttoria e della prova in materia. E’ in via di principio il concorrente a dover provare nel modo previsto dalla legge il possesso dei requisiti, e non l'Amministrazione (e tantomeno il controinteressato) a dover fornire la relativa prova contraria.[3]

Tale ultima tesi pare quella più condivisa dal  Consiglio di Stato, che ha ribadito come, approfittando della interpretazione maggioritaria del giudice penale al falso innocuo (“…l’infedele attestazione o la compiuta alterazione devono essere del tutto irrilevanti ai fini del significato dell'atto e del suo valore probatorio e, pertanto, inidonee al conseguimento delle finalità che con l'atto falso si intendevano raggiungere” )Cass. pen., Sez. V, 21 aprile 2010 n. 35076; Cass. pen., Sez. V, 7 novembre 2007 n. 3564), e rilevando come il falso, per ritenersi innocuo, non dovrebbe incidere neppure minimamente sugli interessi tutelati dalla norma, ha affermato che le omesse dichiarazioni o quelle false o incomplete, non potrebbero mai concretare un ipotesi di “falso innocuo”, e ciò a prescindere dal fatto che il concorrente risulti essere comunque in possesso dei requisiti di ordine generale.

 La dichiarazione falsa o incompleta, infatti, sarebbe già di per sé stessa lesiva degli interessi considerati dall’art. 38 D.Lgs. 163/2006, poiché la corretta e completa asserzione resa dal concorrente permetterebbe all’amministrazione di decidere celermente in ordine all’ammissione o meno dell’operatore economico, in ossequio al principio di buon andamento dell’amministrazione e di proporzionalità.

Nel diritto degli appalti, rileva il massimo Consesso amministrativo, “…occorre poter fare affidamento su una dichiarazione idonea a far assumere tempestivamente alla stazione appaltante le necessarie determinazioni in ordine all’ammissione dell’operatore economico alla gara o alla sua esclusione. La dichiarazione ex articolo 38, dunque, è sempre utile perché l’amministrazione sulla base di quella può/deve decidere la legittima ammissione alla gara”.

Di conseguenza, l’incompletezza della dichiarazione o la sua difformità dal vero, incidendo sulle decisioni che la stazione appaltante dovrà prendere, non potrebbe mai essere condotta nella categoria del cd. “falso innocuo”.

Evidenziando, per completezza espositiva, anche l’esistenza di un tertium genus interpretativo per cui il falso, per potersi considerarsi innocuo, non dovrebbe attribuire all’operatore economico alcuna posizione di vantaggio, nemmeno potenziale o di tipo morale [4], in ogni caso non troverebbe applicazione l’istituto giurisprudenziale del c.d. falso innocuo quando le dichiarazioni dovute dall’impresa concorrente siano state prescritte dalla legge o dalla lex specialis di gara a pena di esclusione.

Infine, si consideri come risulta confermato il principio per cui la riabilitazione del condannato e l'estinzione del reato, per essere rilevanti in sede di gara d'appalto, devono essere formalizzate in una pronuncia espressa del giudice dell'esecuzione.

A tanto consegue che perché operi in materia di gare pubbliche la causa estintiva del reato è necessario che essa sia dichiarata dal giudice penale con pronuncia di accertamento costitutivo, con la conseguenza che, sino a quando non sia reso il formale provvedimento giudiziario, non può farsi riferimento al concetto di "reato estinto".

L'estinzione del reato deve, invero, essere giudizialmente dichiarata, poiché il giudice dell'esecuzione è l'unico soggetto al quale l'ordinamento conferisce la competenza a verificare che siano venuti in essere tutti i presupposti e sussistano tutte le condizioni per la relativa declaratoria.

Quindi, finché la dichiarazione di estinzione non sia stata pronunciata dall'autorità giudiziaria, non può ritenersi operante la previsione dell'art. 38, comma 2, del codice dei contratti, che esenta dall'obbligo dichiarativo in relazione a condanne per reati dichiarati estinti, in quanto detta disposizione, secondo il suo tenore letterale, richiede che l'estinzione venga espressamente dichiarata.

 

[1] Cons. di Stato, Sez. VI, 15 giugno 2011, n. 3655; Cons. di Stato, Sez. V, 09 novembre 2010, n. 7967.

[2] T.A.R. Piemonte, Torino, Sez. I, 5 ottobre 2011, n. 1060; Cons. di Stato, Sez V, 23 maggio 2011, n. 3069

[3] Cons. di Stato, Sez. V, 23 maggio 2011, n. 3069; Cons. di Stato, Sez. V, 23 maggio 2011, n. 3077; Cons. di Stato, Sez. III, 3 marzo 2011, n. 1371;Cons. Stato, Sez. V, 12 giugno 2009, n. 3742.

[4] Cons. di Stato, Sez. VI, 8 luglio 2010 n. 4436;