T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 21 settembre 2016, n. 1460

1.La pretesa riduzione del numero di unità da impiegare giornalmente nell’appalto di servizio di manutenzione del verde  rispetto a quanto risultante dal progetto tecnico  è giustificabile dalla circostanza che  talune lavorazioni (es. potatura) sono necessariamente stagionali, sicché non necessitano di operatori specifici assunti a tempo pieno.

2. Qualora il monte ore da destinare alle varie attività non sia elemento previsto dalla lex specialis, non può l’Amministrazione, in sede di richiesta di giustificazioni, aggiungere previsioni regolamentari ulteriori rispetto a quelle previste dal bando, dal disciplinare e dal CSA.

3.Il fatto che il monte ore da destinare alle varie attività di manutenzione del verde non sia elemento previsto dalla lex specialis esclude in radice la possibilità, per l’Amministrazione, di valutare come anormalmente bassa – e di ritenere quindi non idonee le giustificazioni fornite dalla ricorrente – una offerta che non dettagli le singole ore da destinare alle specifiche lavorazioni.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Prima

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;

sul ricorso numero di registro generale 1064 del 2016, proposto da: 
XXX Srl, in persona del legale rappresentante p.t., …

contro

Comune di Taranto, in persona del legale rappresentante p.t., …

 

nei confronti di

YYY Srl, in persona del legale rappresentante p.t, …

per l'annullamento

della determina 23 giugno 2016 n. 49 con la quale il Dirigente del Servizio Appalti Forniture Beni e Servizi - Lavori - Contratti del Comune di Taranto ha aggiudicato in via definitiva l'appalto relativo alla esecuzione "del servizio di manutenzione ordinaria e straordinaria del verde pubblico sul territorio di competenza comunale... in favore del costituendo Raggrupp. Temp. tra YYY  e ZZZ , e ha preso atto della relazione prot. n. 88992/01/06/2016 con la quale il RUP, all'esito del procedimento di verifica dell'anomalia, ha ritenuto anormalmente bassa l'offerta del raggruppamento ricorrente, escludendolo dalla procedura di gara e revocando la determinazione dirigenziale n. 18/2016 di aggiudicazione provvisoria;

di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale ed in particolare di tutti i provvedimenti con i quali la Stazione Appaltante ha deciso di escludere il raggruppamento ricorrente dalla procedura di gara all'esito del procedimento di anomalia dell'offerta ed in particolare della relazione prot. n. 88992/01/06/2016 del RUP e del verbale di gara n. 5 del 17.6.2016; nonché della revoca dell'aggiudicazione provvisoria già disposta in favore del raggruppamento ricorrente;

della determinazione 30 giugno 2016 prot. n. 370 recante "esecuzione anticipata del servizio";

 Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Taranto e di YYY Srl;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 settembre 2016 il dott. Roberto Michele Palmieri e uditi per le parti i difensori come da verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Sono impugnate le note in epigrafe, tra cui quelle con le quali il Dirigente del Servizio Appalti Forniture Beni e Servizi - Lavori - Contratti del Comune di Taranto ha aggiudicato in via definitiva l'appalto in oggetto in favore della ricorrente, e ha successivamente preso atto della relazione prot. n. 88992/01/06/2016 con la quale il RUP, all'esito del procedimento di verifica dell'anomalia, ha ritenuto anormalmente bassa l'offerta della medesima ricorrente, escludendolo dalla procedura di gara e revocando altresì la determinazione dirigenziale n. 18/2016 di aggiudicazione provvisoria.

A sostegno del ricorso, la ricorrente ha articolato i seguenti motivi di gravame, appresso sintetizzati: eccesso di potere per errore e difetto dei presupposti; violazione degli artt. 64 e 84 d. lgs. n. 163/06; violazione della lex specialis.

Nella camera di consiglio del 7.9.2016, fissata per la discussione della domanda cautelare, il Collegio, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, ha definito il giudizio in camera di consiglio con sentenza in forma semplificata, ai sensi dell’art. 60 c.p.a.

2. Con un unico, articolato motivo di gravame, la ricorrente deduce l’illegittimità dell’atto con il quale la stazione appaltante, all’esito positivo della verifica di anomalia, la ha esclusa dalla gara.

Ad avviso della ricorrente, tale atto sconterebbe un errore nei presupposti, avendo la stazione appaltante erroneamente ritenuto la sussistenza di una offerta anormalmente bassa sulla base di elementi – e segnatamente, l’asserita contrazione del monte ore lavorative, nonché la riduzione della somma da versarsi sul fondo per imprevisti – diversi da quelli risultanti nell’offerta e nei relativi allegati.

Le censure sono fondate.

3. Per quel che attiene al primo ordine di censure, rileva il Collegio che la pretesa riduzione del numero di unità da impiegare giornalmente rispetto a quanto risultante dal progetto tecnico (da 46 a 38 unità lavorative), sulla cui base la Commissione ha fondato la natura anomala dell’offerta, è smentita dalla documentazione in atti, e in particolare sia dal contenuto dell’offerta tecnica (cfr. p. 30), in cui era stato evidenziato che n. 16 operai sarebbero stati assunti con contratto di lavoro a tempo determinato, e sia dal diagramma di pianificazione di cui alla medesima offerta tecnica (pp. 22-23), da cui emerge la natura stagionale delle singole lavorazioni e i mesi dell’anno in cui esse vanno espletate. Il tutto senza trascurare che, come ribadito dalla ricorrente in sede di giustificazioni datate 5.5.2016, talune lavorazioni (es. potatura) sono necessariamente stagionali, sicché non necessitano di operatori specifici assunti a tempo pieno.

Da ultimo, il monte ore da destinare alle varie attività non è elemento previsto dalla lex specialis, sicché non può l’Amministrazione, in sede di richiesta di giustificazioni, aggiungere previsioni regolamentari ulteriori rispetto a quelle previste dal bando, dal disciplinare e dal CSA, sol perché la ricorrente dispone di mappatura aggiornata del verde pubblico comunale, atteso che in tal modo si perverrebbe all’irrazionale conseguenza non solo di utilizzare il know-how di una azienda a suo danno, ma di farlo altresì in violazione delle regole di gara, alle quali tutti – e in primis la stessa Amministrazione – sono tenuti ad attenersi. E nella specie, il fatto che il monte ore da destinare alle varie attività non sia elemento previsto dalla lex specialis esclude in radice la possibilità, per l’Amministrazione, di valutare come anormalmente bassa – e di ritenere quindi non idonee le giustificazioni fornite dalla ricorrente – una offerta che non dettegli le singole ore da destinare alle specifiche lavorazioni.

4. Ciò detto quanto al primo ordine di censure, e venendo ora al secondo, rileva il Collegio che la quantificazione della voce “imprevisti”, per l’importo di € 25.329,41, rappresenta circa il 3% dell’importo offerto dalla ricorrente in sede di ribasso (€ 945.750), e pertanto non può ritenersi di per sé incongrua. A ciò aggiungasi poi che il calcolo dei costi da sostenere per il trattamento antiparassitario, stimato dalla ricorrente sulla base di n. 1.465 alberi, rispetto al numero complessivo di alberature (23.000), non appare ex sé incongruo, tenuto conto sia del fatto che non tutte le essenze arbustive sono soggette a specifici attacchi parassitari, e sia della durata soltanto annuale del servizio, che rende del tutto improbabile l’eventualità di eseguire trattamenti antiparassitari su tutto o quasi il patrimonio arboreo comunale.

5. Alla luce di tali considerazioni, è evidente l’illegittimità dell’azione dell’Amministrazione, avendo essa ritenuto anormalmente bassa l’offerta della ricorrente – escludendolo poi dalla gara – sulla base di elementi estranei al contenuto della legge e della lex specialis.

Ne consegue l’annullamento degli atti impugnati.

6. Le spese del giudizio tra la ricorrente e l’Amministrazione seguono la soccombenza, e si liquidano come in dispositivo.

Ricorrono invece giusti motivi per la compensazione delle spese di lite nei confronti della controinteressata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima,

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e annulla per l’effetto l’atto impugnato.

Condanna il Comune di Taranto al rimborso delle spese di lite sostenute dalla ricorrente, che si liquidano in € 1.500 per onorario, oltre accessori e IVA come per legge.

Compensa le spese di lite nei confronti del controinteressato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 7 settembre 2016 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Antonio Pasca, Presidente

Patrizia Moro, Consigliere

Roberto Michele Palmieri, Primo Referendario, Estensore

 

 

 

Guida alla lettura

La clausola sociale – anche nota come clausola di «protezione» o di «salvaguardia» sociale o «clausola sociale di assorbimento» – è un istituto previsto dalla contrattazione collettiva e da specifiche disposizioni legislative statali (art. 50 d.lgs. n. 50/2016, art. 69, d.lgs. n. 163/2006, art. 63, comma 4, d.lgs. n. 112/1999, art. 29, comma 3, d.lgs. n. 276/2003), che opera nelle ipotesi di cessazione di un appalto e di subentro di altre imprese o società appaltatrici e risponde all’esigenza di assicurare la continuità del servizio e dell’occupazione, nel caso di discontinuità dell’affidatario.

Peraltro, la conservazione dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda era già prevista dalla Direttiva 12 marzo 2001, 2001/23/CE e dall’art. 2112 c.c., la cui applicabilità, ricorrendo determinate condizioni, è stata estesa dalla giurisprudenza ai casi in cui il trasferimento derivi non da un contratto fra cedente e cessionario, ma da un atto autoritativo della P.A. (cfr. Cass. Lav. n. 21023 del 2007, n. 5708 del 2009 e n. 21278 del 2010, Corte di Giustizia, 29 luglio 2010, C-151/09, UGT-FSP, punti 23 e 25).

In un primo tempo, l’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici (ora ANAC), nel parere n. 44/2010, aveva sostenuto che l’obbligo di assunzione del personale, già adibito allo svolgimento del servizio oggetto dell’appalto, era irragionevole ed ingiustificato (salve le ipotesi in cui tale riassorbimento non fosse stato imposto da specifiche disposizioni di legge o della contrattazione collettiva nazionale di riferimento), in quanto lesiva della concorrenza e della libertà di impresa riconosciuta e garantita dall’art. 41 Cost., dal momento che l’imprenditore avrebbe dovuto essere lasciato libero di scegliere ed organizzare i lavoratori, di cui avvalersi nell’espletamento del servizio, senza essere vincolato a riassorbire il personale già in servizio.

Successivamente, l’AVCP (v. deliberazione n. 10 del 2013), ha ritenuto che,  a sostegno della legittimità di tale clausola si può richiamare l’art. 41 Cost. che, come è noto, ammette limiti alla libertà di iniziativa economica per "fini sociali" nonché la lettura che se ne trae per effetto della pronuncia della Corte Costituzionale n. 68 del 3 marzo 2011  nonché numerose pronunce giudiziali a livello sia nazionale che comunitario. Pertanto - a detta dell’Autorità - la clausola sociale, oltre ad armonizzarsi con le finalità di interesse collettivo, riconosciute come limite per la libertà di iniziativa economica privata, trova riscontro anche nell'art. 2, comma 2, del Codice dei contratti pubblici, che subordina il principio di economicità - nel rispetto delle norme vigenti - "ai criteri (...) ispirati a esigenze sociali (...)", non senza ampia sponda anche a livello comunitario (direttiva 14 febbraio 1977, 77/187/CEE e pronunce della Corte di Giustizia, 7.3.1996, cause C171/94 e C172/94; 11.3.1997, causa C13/95; 26.9.2000, causa C175/99; 14.9.2000, causa C343/98).

Inoltre, la Corte costituzionale (cfr. sentenza n. 68/2011), nel censurare l’art. 30 della L. R. Puglia n. 4/2010,  ha, incidentalmente, riconosciuto la legittimità costituzionale di altre disposizioni di legge che configurano clausole sociali a tutela dell’occupazione senza ledere il principio del pubblico concorso e a queste ha ricondotto l’art. 69 d.lgs. n. 163/2006, che consentiva l’imposizione di condizioni di esecuzione dell’appalto attinenti ad «esigenze sociali ed ambientali»

La giurisprudenza amministrativa, sulla scorta dell’insegnamento della Corte costituzionale, ha ritenuto legittima tale clausola nel senso che la clausola in argomento è ritenuta legittima solo se l’appaltatore subentrante deve prioritariamente assumere gli stessi addetti che operavano alle dipendenze dell’appaltatore uscente, ma solo a condizione che il loro numero e la loro qualifica siano armonizzabili con l’organizzazione d’impresa prescelta dall’imprenditore subentrante, sulla base del presupposto che l’iniziativa economica privata è sì libera, ma deve avere riguardo anche all’utilità sociale (cfr. TAR Puglia, sez. Lecce, sez. II, 1° dicembre 2014, n. 2986; Cons. St., sez. VI, 27 novembre 2014, n. 5890, sez. III, 9 luglio 2013, n. 3639, e 5 aprile 2013 n. 1896, e sez. IV, 2 dicembre 2013 n. 5725).

In particolare, il Consiglio di Stato (cfr. Sez. V, sentenza n. 2533 del 10 maggio 2013) ha precisato  come nei casi in cui l’esigenza di mantenimento dei livelli occupazionali, che sta dietro alla previsione della clausola sociale, debba trovare un giusto contemperamento con le contrapposte esigenze di consentire, ove possibile, risparmi di spesa pubblica e di rispetto della libertà di organizzazione del lavoro dell’impresa. Considerato ciò, “l’esigenza del mantenimento dei livelli occupazionali (…) non può impedire all’imprenditore di «organizzare la propria impresa nella maniera ritenuta maggiormente efficiente». L’amministrazione quindi non può ritenersi «vincolata in maniera indefinita» ad utilizzare un servizio con «un numero di addetti variabile solo in aumento», nonostante l’evoluzione tecnologica consenta la realizzazione del servizio con un numero minore» (di addetti), «con corrispondente risparmio di spesa pubblica»”.

Affermata in linea di principio, la legittimità della clausola sociale, resta la difficoltà applicativa della suddetta clausola come dimostra l’ampio contenzioso in materia presso i vari Tribunali amministrativi e il Consiglio di Stato.

Nel caso di specie, in particolare, è venuta in esame la questione del monte ore da destinare alla platea dei lavoratori dell’appaltatore uscente. Infatti, esclusa per ritenuta anomalia, l’impresa ricorrente ha contestato il relativo giudizio, trovando accoglimento le proprie doglianze innanzi al TAR salentino che ha ritenuto illegittima l’esclusione dalla gara atteso che la Commissione di gara  non aveva considerato la natura stagionale delle singole lavorazioni e i mesi dell’anno in cui esse andavano espletate, specie per quelle (es. potatura) necessariamente stagionali che non necessitavano di operatori specifici assunti a tempo pieno.

Peraltro, il predetto TAR ha osservato che l’Amministrazione non può, in sede di richiesta di giustificazioni, aggiungere previsioni regolamentari ulteriori rispetto a quelle previste dal bando, dal disciplinare e dal CSA, alle quali tutti – e in primis la stessa Amministrazione – sono tenuti ad attenersi.  Pertanto,  il fatto che il monte ore da destinare alle varie attività non era elemento previsto dalla lex specialis esclude in radice la possibilità, per l’Amministrazione, di valutare come anormalmente bassa – e di ritenere quindi non idonee le giustificazioni fornite dalla ricorrente – una offerta che non dettegli le singole ore da destinare alle specifiche lavorazioni.