Consiglio di Stato sez. V 19 maggio 2016 n. 3749

Con la sentenza n. 5641/2009 (oggetto del presente giudizio di ottemperanza) questo Consiglio di Stato accoglieva il ricorso in appello e, per l’effetto, condannava il Comune di Arezzo a corrispondere in favore della Parte appellante un importo “quantificabile nei quattro quinti dell’utile stimato nell’offerta di gara, con facoltà di utilizzazione dell’offerta da parte della stazione appaltante tenuta alla corresponsione dell’importo, ai sensi del d.lgs. n. 80/98”.

 

Conformi: Cons. Stato, sez. V, 9 luglio 2015, n. 4458; Id, 24 marzo 2015, n. 2737.

 

 

 

Guida alla lettura

In parziale accoglimento del ricorso per ottemperanza proposto dalla S.T.A. S.p.a. avverso il Comune di Arezzo per la corretta esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato sez. V n. 5641/2009, il Supremo Consesso amministrativo, con pronuncia del 19 maggio 2016, ha condannato il predetto Comune a corrispondere alle ricorrenti un importo risarcitorio quantificato nella complessiva somma di euro 208.830,00.

La fattispecie oggetto del decisum in esame attiene alla corretta esecuzione della sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n. 5641/2009 con cui il Collegio ha disposto una condanna generica al ristoro del danno nella misura dei 4/5 dell’utile stimato in relazione all’offerta di gara a favore della società ricorrente in relazione ad una gara ad evidenza pubblica finalizzata all’individuazione del socio privato.

Ciò posto, punto focale della decisione in commento risulta essere l’effettiva determinazione del quantum spettante alla parte ricorrente.

In merito la Corte, richiamando le ordinanze nn. 2737 e 4458 del 2015 afferma che la quantificazione dell’utile mancato deve attenersi esclusivamente al parametro dei 4/5 dell’utile stimato nell’offerta, senza considerare le spese di gara e gli ulteriori pregiudizi, tra cui l’invocato danno da perdita di chance.

L’approdo interpretativo riceve poi definitiva cristallizzazione nella peculiarità della specifica fattispecie giunta dinanzi al giudice dell’esecuzione: i limiti esterni della giurisdizione di ottemperanza, infatti, impediscono uno straripamento del potere decisionale del giudicante oltre i limiti tracciati dalla pronuncia oggetto di esecuzione.

In sostanza, laddove venissero accolte le richieste articolate dalla parte ricorrente il Consiglio di Stato non si limiterebbe alla mera esecuzione della decisione della cui esecuzione si discute, tale condotta dovendo comportare l’instaurazione di un iudicium novum palesemente esorbitante i limiti del proposto giudizio di ottemperanza.

Per le medesime ragioni va altresì respinto il motivo di ricorso involgente la limitazione temporale del ristoro del danno il quale è stato riconosciuto per il mero periodo per cui è stato predisposto il business plan, non già in relazione all’intero periodo di durata della concessione.

Al riguardo i Giudici di Palazzo Spada rilevano come la quantificazione invocata dalla ricorrente dovrebbe essere riconosciuta sulla base di parametri diversi da quelli allegati ai fini della gara, e che hanno costituito l’oggetto del giudizio di esecuzione, con la conseguenza per cui anche sotto tale profilo, si imporrebbe una determinazione incompatibile con i limiti e l’oggetto del giudizio di ottemperanza.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso per ottemperanza proposto nell’ambito del ricorso numero di registro generale 6379 del 2014, proposto dalla STA S.p.A. in proprio e quale Capogruppo Mandataria di R.T.I., RTI - DGI Daneco Gestione Impianti (in seguito: Daneco Impianti s.p.a.) anche in proprio, R.T.I. - Centro Servizi Ambiente s.p.a. anche in proprio, R.T.I. - Siena Ambiente s.p.a. anche in Proprio, R.T.I. - Centro Servizi Ambiente Impianti s.p.a. anche in proprio, R.T.I. - Seghers Keppel Technology Group Nv, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Mario Pilade Chiti C.F. CHTMPL44L13D612X, Luca Capecchi C.F. CPCLCU62D20D612I e Luigi Manzi C.F. MNZLGU34E15H501Y, con domicilio eletto presso Luigi Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, 5

contro

Comune di Arezzo, in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Vittorio Chierroni C.F. CHRVTR55M31F949G, Roberta Ricciarini C.F. RCCRRT53P62A390C e Stefano Pasquini C.F. PSQSFN63B01A390C, con domicilio eletto presso Vittorio Chierroni in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18

nei confronti di

AISA S.p.a. Arezzo Impianti Servizi Ambientali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Giuseppe Morbidelli C.F. MRBGPP44S16A390N, con domicilio eletto presso Emanuela Paoletti in Roma, viale Maresciallo Pilsudski, 118

per la corretta esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione V, n. 5641/2009

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Arezzo, della AISA S.p.a. - Arezzo Impianti Servizi Ambientali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 maggio 2016 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti gli avvocati Luigi Manzi, Vittorio Chierroni ed Emanuela Paoletti su delega dell'avvocato Giuseppe Morbidelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue

 

FATTO

I termini fattuali all’origine della presente vicenda contenziosa vengono descritti nei termini che seguono nell’ambito della sentenza di questo Consiglio n. 5641 del 2009, oggetto del presente giudizio di ottemperanza.

Con ricorso notificato il 25 maggio e depositato l'8 giugno 2006, iscritto al n. 945 R.G. 2006, l’odierna appellante STA S.p.a., in proprio e nella qualità di mandataria del raggruppamento tempora-neo costituito con le altre imprese in epigrafe, esponeva quanto segue.

La AISA – Arezzo Impianti Servizi Ambientali s.p.a. (d’ora in poi: ‘la AISA’), società a prevalente partecipazione pubblica locale detenuta per il 96 per cento dal comune di Arezzo e per il restante 4 per cento da due soggetti privati, titolare del servizio per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti nel territorio dello stesso comune di Arezzo, aveva indetto nel gennaio dell'anno 2004 una procedura ad evidenza pubblica per la scelta di un socio privato cui cedere, previo aumento di capitale, 180.000 azioni di nuova emissione, pari ad una partecipazione del 40,36 per cento; l'ingresso del nuovo partner privato avrebbe dovuto garantire l'acquisizione di quella maggior capacità gestionale, industriale e finanziaria auspicata nella delibera n. 8 del 28 ottobre 2003, con cui il comune di Arezzo aveva approvato il progetto di privatizzazione presentato da AISA.

Il disciplinare di gara prevedeva che i concorrenti presentassero, oltre all'offerta tecnica (business plan) e a quella economica, anche una proposta relativa ad eventuali modifiche da apportare allo statuto di AISA ed ai patti parasociali, nonché una proposta di contratto di investimento contenente la regolamentazione dei rapporti conseguenti all'ingresso del nuovo socio privato.

Il disciplinare stabiliva inoltre che, dopo la formazione della graduatoria, il Consiglio di amministrazione di A. avrebbe avviato, con il concorrente primo classificato, una fase di negoziazione finalizzata al perfezionamento ed alla messa a punto del business plan, delle modifiche statutarie, dei patti parasociali e del contratto di investimento; all'esito di tale fase si sarebbe proceduto all'aggiudicazione definitiva.

Alla gara avevano partecipato unicamente le odierne ricorrenti, le quali, riunite in raggruppamento temporaneo capeggiato dalla mandataria STA S.p.a., avevano conseguito l'aggiudicazione provvisoria ed erano state pertanto ammesse alla fase negoziata, conclusasi con la delibera 5 maggio 2004, con cui il Consiglio di amministrazione di AISA aveva approvato le modifiche statutarie, i patti parasociali e il contratto di investimento proposti dalle concorrenti e li aveva trasmessi al comune di Arezzo per la decisioni di sua competenza.

L'intervento del comune, pur non espressamente previsto dal bando, si era reso necessario onde formalizzare l'assenso del socio pubblico alle proposte avanzate dal nuovo socio privato, e si era concretizzato nella delibere numm. 231 del 22 novembre 2004, con cui il Consiglio comunale aveva approvato le proposte di modifica dello statuto di AISA e lo schema dei nuovi patti parasociali e del contratto di investimento, apportandovi solo alcune variazioni minori.

Con la stessa deliberazione, il Comune aveva peraltro approvato due atti di indirizzo rivolti ad AISA e concernenti aspetti relativi alla modalità di gestione del servizio ed alla separazione della proprietà degli impianti dalla titolarità della gestione stessa: con particolare riguardo a tale secondo profilo, A.I.S.A. era stata invitata a procedere alla cosiddetta “operazione di scorporo” mediante scambio di partecipazioni con il socio privato, da perfezionare entro il termine perentorio di sei mesi dalla data di sotto-scrizione dell'aumento di capitale, in modo da far confluire la partecipazione del socio privato all'interno di un nuovo soggetto titolare della sola gestione del servizio, e riservando la partecipazione in AISA - proprietaria degli impianti - alla mano pubblica.

L'A.T.I. originaria ricorrente affermava, quindi, di aver più volte manifestato il proprio consenso rispetto alle variazioni richieste dal comune di Arezzo con la menzionata delibera n. 231/2004, e di aver ripetutamente sollecitato A. all'adempimento degli obblighi assunti con l'aggiudicazione, ottenendo in risposta una semplice nota interlocutoria del 18 aprile 2006; a questa aveva fatto seguito una comunicazione del Commissario straordinario del comune di Arezzo, esprimente perplessità in ordine alla conclusione della gara per la individuazione del socio privato, con una serie di quesiti al Consiglio di amministrazione di AISA in ordine all'attuale praticabilità della privatizzazione, tenuto anche conto delle circostanze sopravvenute e, fra queste, dell'avvio di una procedura comunale per l'ampliamento dell'impianto di smaltimento di San Zeno e dell'insediamento della neocostituita Autorità di ambito n. 7.

La STA deduceva di aver maturato il diritto all'ingresso nel capitale di A.I.S.A., e chiedeva pertanto la condanna di quest'ultima e del comune di Arezzo a porre in essere tutte le attività conseguenti all'aggiudicazione definitiva o, in subordine, al risarcimento dei danni da inadempimento delle obbligazioni assunte con l'aggiudicazione; in ulteriore subordine, chiedeva l'accertamento della responsabilità precontrattuale di AISA e del comune di Arezzo e la condanna delle controparti al relativo risarcimento.

Chiedeva inoltre, in via cautelare, pronunciarsi un provvedimento ‘propulsivo’ finalizzato all'anticipazione degli effetti della condanna chiesta in via principale.

Con successivo atto per motivi aggiunti il raggruppamento ricorrente chiedeva dichiararsi la nullità o l'inefficacia, ovvero l'annullamento o la disapplicazione, della delibera n. 23 del 6 luglio 2006, con la quale il Consiglio comunale di Arezzo aveva frattanto disposto di rimuovere e comunque di annullare la prece-dente delibera n. 231 del 22 novembre 2004, conclusiva del procedimento di privatizzazione di AISA s.p.a., nonché delle deliberazioni in data 8 ed 11 luglio 2006, con cui AISA aveva, rispettivamente, revocato la delibera di aumento del capitale risalente al 12 dicembre 2003 e preso atto dell'impossibilità di pro-cedere all'aggiudicazione definitiva della gara per la scelta del socio privato.

Con ulteriori motivi aggiunti, notificati l'8 e depositati il 21 novembre 2006, l'impugnativa veniva estesa alla delibera della Giunta comunale di Arezzo n. 223 del 29 agosto 2006, avente ad oggetto il mandato al direttore del Servizio opere pubbliche di proporre la chiusura del procedimento di project financing, relativo all'affidamento della concessione per il potenziamento dell'impianto di termovalorizzazione di San Zeno, e dei successivi provvedimenti attuativi di detta delibera.

Nelle more, la Dineco Impianti S.p.a., nella sua veste di mandante di STA s.p.a. nel raggruppamento temporaneo, costituito per la partecipazione alla gara indetta per la scelta del socio privato di AISA, con apposito ricorso aveva proposto le medesime domande proposte dalla capogruppo con il primo atto di motivi aggiunti nel ricorso n. 945/06 R.G.; ed al ricorso introduttivo aveva fatto seguito la proposizione di motivi aggiunti, dal contenuto in tutto sovrapponibile a quello del secondo atto di motivi aggiunti spiegato dalla STA.

Parallelamente, con separato ricorso notificato il 24 ottobre 2006 ed iscritto al n. 1627/06 R.G., la medesima STA s.p.a. e le altre partecipanti al raggruppamento, nelle rispettive qualità di mandataria e mandanti, avevano riproposto in forma autonoma l'impugnazione già proposta dalla STA con motivi aggiunti in seno al ricorso n. 945/06 R.G., estendendola poi mediante motivi aggiunti agli stessi atti di chiusura del procedimento di project financing, relativo al potenziamento dell'impianto di San Zeno, a loro volta già impugnati con i secondi motivi aggiunti nel giudizio più risalente.

Con la sentenza n. 476 del 2008 il TAR della Toscana ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti ritenendoli infondati.

La sentenza in questione è stata impugnata in appello (fra le altre) dalle imprese ricorrenti in epigrafe indicate le quali ne hanno chiesto la riforma articolando plurimi motivi.

Con la sentenza n. 5641/2009 (oggetto del presente giudizio di ottemperanza) questo Consiglio di Stato accoglieva il ricorso in appello e, per l’effetto, condannava il Comune di Arezzo a corrispondere in favore della Parte appellante un importo “quantificabile nei quattro quinti dell’utile stimato nell’offerta di gara, con facoltà di utilizzazione dell’offerta da parte della stazione appaltante tenuta alla corresponsione dell’importo, ai sensi del d.lgs. n. 80/98”.

Pertanto, all’indomani della pubblicazione della sentenza n. 5641/2009 venivano avviati fra le parti contatti finalizzati all’esatta determinazione del quantum risarcitorio.

Tuttavia, le trattive fra le parti si concludevano negativamente in data 14 aprile 2014 con la sottoscrizione di un verbale di “mancato accordo”.

Inoltre, con delibera di Giunta n. 225 del 2014 il Comune di Arezzo ha stabilito che nulla è dovuto alle società ricorrenti per effetto della richiamata sentenza n. 5641/2009.

Pertanto, con il ricorso in epigrafe le società STA s.p.a., Daneco Impianti s.p.a., Centro Servizi Ambiente s.p.a. e Siena Ambiente s.p.a. lamentavano che gli atti adottati all’indomani della sentenza n. 5641/2009, nonché il contegno complessivamente tenuto dal Comune costituissero violazione ed elusione del giudicato rinveniente dalla medesima decisione.

Le medesime società chiedevano, quindi, che il Comune di Arezzo fosse condannato al ristoro del danno quantificato in euro 5.409.963,20 per lucro cessante e in euro 2.204.012 per spese di procedura e danno da perdita di chance.

Le società ricorrenti chiedevano, poi, che questo Consiglio di Stato, ai sensi dell’articolo 114, comma 4, lettera e) del cod. proc. amm., disponesse la condanna del Comune di Arezzo al pagamento di una somma di denaro per ogni violazione e/o inosservanza ovvero per ogni ulteriore ritardo nell’esecuzione del giudicato.

Si è costituito in giudizio il Comune di Arezzo il quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.

Si è costituita in giudizio la AISA - Arezzo Impianti Servizi Ambientali s.p.a. la quale ha a propria volta concluso nel senso della reiezione dell’appello.

Con ordinanza collegiale n. 2738/2015 questo Consiglio reputava necessario, visto il mancato raggiungimento di un’intesa tra le parti, disporre verificazione al fine di determinare l’ammontare delle somme spettanti in ragione della citata sentenza n. 5641/2009.

Disponeva al riguardo che il verificatore (nominato nella persona del Ragioniere Generale dello Stato, con facoltà di delega), in ossequio al tenore della sentenza della cui esecuzione si tratta, avrebbe dovuto tener conto esclusivamente del parametro dei 4/5 dell’utile stimato nell’offerta, senza tenere conto delle spese di gara e di ulteriori pregiudizi non presi in considerazione dalla pronuncia in esame. Rilevava altresì, in ossequio al tenore letterale della sentenza da ottemperare, che il parametro percentuale di cui sopra dovesse essere applicato all’utile conseguibile per effetto dell’esito favorevole della gara finalizzata alla selezione del socio privato di AISA, senza considerare il dato estrinseco della realizzazione dell’ampliamento di San Zeno.

Con successiva ordinanza n. 4458/2015 questo Consiglio chiariva ulteriormente i termini e le modalità di effettuazione della verificazione.

Chiariva al riguardo:

- che, in ossequio alla portata dispositiva della sentenza della cui esecuzione si tratta, il verificatore, ai fini della quantificazione dell’utile mancato, dovesse tenersi conto esclusivamente del parametro dei 4/5 dell’utile stimato nell’offerta, senza considerare le spese di gara e gli ulteriori pregiudizi non presi in considerazione dalla pronuncia in esame;

- che il tenore letterale della sentenza da ottemperare imponeva l’applicazione del parametro percentuale di cui sopra all’utile conseguibile per effetto dell’esito favorevole della gara, avente come unico oggetto diretto e immediato la selezione del socio privato di AISA, senza considerare il dato estrinseco della realizzazione dell’ampliamento di San Zeno. Osservava al riguardo che “assume rilievo decisivo la circostanza che la sentenza da eseguire fa riferimento solo all’oggetto della gara, rappresentato, ai sensi della lex specialis, dalla selezione di un socio di minoranza della società, mentre non assumono rilievo i potenziali vantaggi derivanti dall’eventuale realizzazione, per effetto di atti successivi, dell’impianto di San Zeno”.

Con ulteriore ordinanza n. 98/2016 il Collegio accordava la proroga richiesta dal verificatore delegato, dottor Cervellini, ai fini del deposito dell’elaborato conclusivo e fissava il termine per il deposito dell’elaborato conclusivo alla data del 31 gennaio 2016.

Il verificatore delegato provvedeva quindi al tempestivo deposito della relazione conclusiva.

A seguito del deposito dell’elaborato le Parti costituite articolavano ulteriori osservazioni.

Alla camera di consiglio del 19 maggio 2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione

 

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso per ottemperanza (art. 114 cod. proc. amm.) proposto da una società attiva nel settore delle gestioni ambientali (la quale aveva partecipato a una gara indetta dal Comune di Arezzo per la cessione del 40 per cento del capitale sociale della società AISA – operante nel medesimo settore – ed era risultata aggiudicataria) per la corretta esecuzione della sentenza di questo Consiglio n. 5641/2009 con cui

- è stato accolto il ricorso avverso gli atti con cui il Comune le aveva impedito il subentro nella gestione;

- è stata disposta una condanna generica al ristoro del danno, nella misura dei 4/5 dell’utile stimato in relazione all’offerta di gara.

2. Il ricorso in epigrafe è meritevole di accoglimento nei termini che seguono.

3. Risulta in atti che, nonostante la condanna disposta da questo Consiglio con la sentenza n. 5641/2009 il Comune di Arezzo non abbia corrisposto in favore delle società ricorrenti alcun importo a titolo risarcitorio.

Al contrario, come si è esposto in narrativa, l’interlocuzione avviata con le Parti all’indomani della pubblicazione della sentenza oggetto di ottemperanza si è conclusa con un sostanziale ‘nulla di fatto’ in quanto

- in data 14 aprile 2014 le Parti hanno sottoscritto un verbale di “mancato accordo” circa il quantum risarcitorio spettante alle ricorrenti;

- con delibera di Giunta n. 225 del 2014 il Comune di Arezzo ha stabilito che nulla è dovuto alle società ricorrenti per effetto della richiamata sentenza n. 5641/2009.

Il contenuto conformativo della sentenza oggetto di ottemperanza è stato ulteriormente chiarito dalle ordinanze collegiali numm. 2738/2015 e 4458/2015 le quali – come si è già anticipato - hanno chiarito:

- che il parametro dei 4/5 dell’utile stimato nell’offerta dovesse essere attuato senza tenere conto delle spese di gara e di ulteriori pregiudizi non presi in considerazione dalla pronuncia in esame;

- che in ossequio al tenore letterale della sentenza da ottemperare, il parametro percentuale di cui sopra dovesse essere applicato all’utile conseguibile per effetto dell’esito favorevole della gara finalizzata alla selezione del socio privato di AISA, senza considerare il dato estrinseco della realizzazione dell’ampliamento di San Zeno.

I parametri in tal modo fissati (e successivamente chiariti) sono stati declinati dal verificatore delegato il quale ha operato attenendosi alle indicazioni impartite ed è pervenuto a conclusioni che risultano esenti da profili di erroneità e/o da vizi logici o procedurali.

Il verificatore ha quindi concluso nel senso che, valutate le circostanze del caso, il risarcimento da riconoscere alle imprese costituenti il raggruppamento ricorrente sia pari ai quattro quinti dell’utile che sarebbe stato conseguito dalla società nel quadriennio 2004/2007, stimabile in euro 133.830,00, cui deve aggiungersi l’utile relativo al biennio in cui sarebbe stata prevista una management fee (quantificabile in euro 75.000,00), in tal modo a un totale complessivo di euro 208.830,00.

4. Le conclusioni cui è pervenuto il verificatore non sono state nella sostanza contestate dal Comune di Arezzo il quale, pur rimarcando il dato per cui gli utili di gestione attesi erano pari a zero, ha nondimeno riconosciuto “che la stima effettuata dal verificatore incaricato possa avere una sua interna coerenza” (in tal senso la memoria in data 2 maggio 2016, pagina 19).

4.1. Tali conclusioni non sono state nella sostanza contestate neppure dall’AISA (peraltro, non interessata alla condanna di cui alla sentenza oggetto di ottemperanza).

Oltretutto, con la memoria in data 28 aprile 2016 la società in parola ha affermato in modo espresso “di aderire fin d’ora a quanto verrà sostenuto dal Comune di Arezzo”.

5. Le società ricorrenti hanno invece sollevato in relazione alle operazioni del verificatore alcune riserve che il Collegio ritiene nel complesso non condivisibili.

5.1. Si osserva in primo luogo al riguardo che non può essere condivisa la tesi delle società ricorrenti secondo cui il verificatore avrebbe errato nel non prendere in considerazione, ai fini della quantificazione del danno, il business plan B1)b) il quale contemplava, nell’ambito dello sviluppo imprenditoriale atteso di AISA, anche l’ampliamento di San Zeno.

Sott tale aspetto il Collegio si limita ad osservare che la mancata ammissione del previsto ampliamento del sito di San Zeno, lungi dal costituire il frutto di una autonoma (e, in tesi, erronea) iniziativa del verificatore, rappresenta al contrario la corretta traduzione del dictum di cui alla sentenza oggetto di ottemperanza, per come chiarita per ben due volte da questo Consiglio con le ordinanze numm. 2737/2015 e 4458/2015 (e, in entrambe le occasioni, il Collegio ha indicato che in sede di determinazione de quantum risarcitorio occorresse escludere gli effetti connessi all’ampliamento del richiamato sito.

5.2. Si osserva in secondo luogo che non può essere condivisa la tesi delle ricorrenti secondo cui il verificatore avrebbe erroneamente omesso di riconoscere, nell’ambito del quantum complessivamente spettante, i costi per la partecipazione alla procedura, nonché il danno da perdita di chance.

Anche in questo caso, la mancata valutazione delle voci di ristoro invocate dalle ricorrenti non deriva da un’autonoma iniziativa del verificatore, bensì dal puntuale dictum della sentenza oggetto di ottemperanza, la cui portata dispositiva è stata già chiarita da questo Consiglio con l’ordinanza n. 4458/2015 (nell’occasione questo Giudice di appello ha chiarito che il verificatore, ai fini della quantificazione dell’utile mancato, dovesse attenersi in modo esclusivo al parametro dei 4/5 dell’utile stimato nell’offerta, senza considerare le spese di gara e gli ulteriori pregiudizi non presi in considerazione dalla pronuncia in esame (fra cui l’invocato danno da perdita di chance).

Sotto tale aspetto le richieste articolate nella presente sede dalle ricorrenti non si limitano alla mera esecuzione della decisione della cui esecuzione si tratta, ma postulerebbero (ai fini del loro accoglimento) l’instaurazione di un iudicium novum, il cui contenuto è evidentemente eccedentario rispetto ai limiti del proposto giudizio di ottemperanza.

5.3. Non può poi trovare accoglimento la tesi delle ricorrenti secondo cui il verificatore avrebbe erroneamente limitato l’orizzonte temporale per il calcolo dei quattro quinti dell’utile ai soli quattro anni che costituivano l’orizzonte temporale delbusiness plan allegato all’offerta di gara.

Sotto tale aspetto appare del tutto coerente con il contenuto conformativo della sentenza oggetto di ottemperanza l’operato del verificatore il quale ha limitato il ristoro al solo torno temporale indicato nell’ambito del business plan predisposto dalle stesse ricorrenti e in cui si concretava, nella sostanza, l’offerta di gara.

Non si individuano invero persuasive ragioni per riconoscere tale voce di danno (non già in relazione al periodo per il quale era stato predisposto il business plan– e computato il conseguente utile -, bensì) in relazione all’intero periodo di durata della concessione.

A tacer d’altro, la quantificazione invocata sotto tale aspetto dalle ricorrenti dovrebbe essere riconosciuta sulla base di parametri diversi da quelli allegati ai fini della gara (e che hanno costituito l’oggetto del giudizio della cui esecuzione si tratta) e che imporrebbero una determinazione ex post, ad avviso del Collegio incompatibile con i limiti e l’oggetto stesso del presente giudizio di ottemperanza.

5.4. Ed ancora, non può trovare accoglimento il motivo con cui si è lamentato che il verificatore, pur avendo riconosciuto ilmanagement fee per gli anni 2006 e 2007, ne avrebbe erroneamente ridotto l’importo apportando alcune decurtazioni alla parte fissa e non riconoscendo quella variabile.

Al riguardo ci si limita ad osservare che il verificatore abbia operato in modo congruo ed esente da palesi vizi logici laddove ha ritenuto:

- che, pur dovendosi riconoscere alle ricorrenti un importo correlato alla management fee (intesa quale utilità che dovrebbe comunque essere loro riconosciuta in sede di quantificazione), nondimeno essa dovrebbe essere riguardata quale ricavo e non come utile;

- che, pertanto, ai fini della quantificazione, non ci si dovrebbe limitare – e in modo acritico – a riprendere l’indicazione contenuta nel ‘business plan’, ma si dovrebbe depurare il relativo ammontare del costo che il raggruppamento avrebbe sostenuto ai fini dell’erogazione del servizio (ipotizzando in modo plausibile un’incidenza di tali costi nella misura del 60 per cento);

- che in modo parimenti plausibile (e scevro da contraddizioni) il verificatore ha decurtato la parte variabile, osservando: i) che non risultavano neppure chiari gli importi sulla cui base essa era stata quantificata; ii) che, nel procedere a tale quantificazione, le ricorrenti avevano assunto la realizzazione di interventi di efficientamento di cui, tuttavia, non era evidenza nell’ambito del conto economico e che, comunque, avrebbero richiesto sinergie e miglioramenti nella gestione di AISA che venivano aprioristicamente ipotizzati senza che fossero allegati elementi concreti tali da ritenerne verosimile la realizzazione.

5.5. Si osserva da ultimo che non può tenersi conto delle generiche riserve formulate in ordine alla quantificazione dell’utile e in relazione alle quali la memoria in data 2 maggio 2016 (pagina 11) opera un altrettanto generico rinvio.

Sotto tale aspetto ci si limita ad osservare che non è possibile limitarsi qui a un mero rinvio “ai rilievi formulati dai consulenti di parte nelle memorie depositate all’interno della procedura di verificazione”, senza che tale generico rinvio venga attualizzato e contestualizzato in relazione al contenuto della relazione finale.

6. Concludendo sul punto il ricorso in epigrafe deve essere accolto in parte e per l’effetto deve essere disposta la condanna del Comune di Arezzo a corrispondere alle ricorrenti un importo risarcitorio quantificato nella complessiva somma di euro 208.830,00, oltre gli accessori di legge.

Alla corresponsione di tale somma il Comune di Arezzo provvederà entro e non oltre il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione della presente sentenza.

Il Collegio non ritiene allo stato che sussistano allo stato i presupposti per disporre, ai sensi dell’articolo 114, comma 4, lettera e) del cod. proc. amm., la condanna del Comune di Arezzo al pagamento di una somma di denaro per ogni violazione e/o inosservanza ovvero per ogni ulteriore ritardo nell’esecuzione del giudicato.

Il Collegio valuterà comunque tale ipotesi in caso di ulteriore inadempimento da parte del Comune di Arezzo.

Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese relative a presente giudizio di ottemperanza.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte nei sensi di cui al punto 6 della motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 maggio 2016.