Cons. Stato, sez. V, 13 settembre 2016, n. 3865

Sulla base del disposto dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1 c.p.a., la sussistenza della giurisdizione esclusiva del g.a. è esclusa nel caso in cui il ricorso sia volto ad ottenere una declaratoria di illegittimità del provvedimento dell’appaltante con cui questo ha disposto la risoluzione dell’affidamento di un servizio conferito in via d’urgenza, atteso che l’esecuzione in via d’urgenza anticipa il prodursi degli effetti della disciplina negoziale anteriormente rispetto alla formale stipulazione del contratto.

Non si è in presenza di una concessione di servizi, bensì di un appalto di servizi, nel caso in cui dalla lex specialis si possano ricavare elementi sufficienti per poter affermare che il rischio d’impresa non sia a carico del fornitore, bensì dell’Amministrazione appaltante, la quale riserva all’appaltatore una prestazione che remunera in via diretta e che può essere quantificata preventivamente sulla base di indicazioni che - sebbene di massima - consentono all’imprenditore di prevedere le possibili oscillazioni della prestazione eroganda, escludendo che lo stesso possa vedersi non remunerato il capitale investito.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4597 del 2016, proposto da:

Quadrelle - 2001 Società Coop. Sociale, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Luca Tozzi C.F. TZZLCU73A25F839A, domiciliato ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria della V Sezione del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, n13;

contro

Comune di Benevento, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Camillo Cancellario C.F. CNCCLL61C16A783F, con domicilio eletto presso Luigi Molinaro in Roma, via Federico Cesi, n. 44;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE VIII, n. 2812/2016, resa tra le parti, concernente appello avverso sentenza con cui il giudice amministrativo ha declinato la giurisdizione - risoluzione contratto per la gestione del servizio ristorazione scolastica.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Benevento;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 settembre 2016 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Luca Tozzi, Camillo Cancellario;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per la Campania l’odierna appellante invocava: a) l’annullamento del provvedimento dirigenziale prot. n. 44749 del 16 maggio 2016, avente ad oggetto “Risoluzione servizio ristorazione scolastica 01.03.2016 - 31.05.2016”; ove atti lesivi, delle presupposte diffide dirigenziali, del disciplinare di gara e del capitolato speciale d’appalto; b) l’accertamento della validità ed efficacia del rapporto in essere fino al 31 maggio 2016.

2. Il TAR, qualificata la fattispecie come appalto di servizi, riconduceva alla giurisdizione del giudice ordinario la cognizione della lite riguardante la risoluzione di un rapporto contrattuale con la pubblica Amministrazione, anche se nella fattispecie non si era ancora provveduto alla sua formalizzazione attraverso la stipula del relativo contratto.

3. Avverso la pronuncia indicata in epigrafe propone appello l’originaria ricorrente, che denuncia l’erroneità della sentenza di prime cure nel non aver rilevato la sussistenza della giurisdizione del g.a., in quanto: a) in contrasto con i principi affermati dalla pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 14/2014, sostiene che il potere di autotutela pubblicistica sarebbe spirato non con la stipulazione del contratto, ma con l’inizio del servizio; b) l’inizio del servizio in mancanza del rapporto paritetico generato dalla stipulazione contrattuale impedisce all’amministrazione di utilizzare una tutela negoziale, consentendo solo l’utilizzo dell’autotutela pubblicistica; c) nel caso concreto il servizio in questione sarebbe reso in concessione, poiché il costo del servizio sarebbe sopportato dall’utenza e non dall’amministrazione comunale che sarebbe mera intermediaria, sicché assume il rischio che non acquistino i ticket o le card dal comune emittente. Pertanto, la giurisdizione esclusiva del g.a. dovrebbe essere affermata in forza dell’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a.

4. Costituitasi in giudizio l’amministrazione invoca la conferma della sentenza di prime cure, evidenziando tra l’altro che l’art. 23 del capitolato, pur precisando che il rapporto numero dei pasti serviti per il prezzo offerto dalla ditta possa subire variazioni pone tale rischio a carico dell’impresa nel limite massimo del 40%. In ogni caso a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 204/2004, anche in materia di servizi pubblici, le controversie relative alla fase esecutiva del rapporto dovrebbero essere devolute al g.o.

5. Con successiva memoria l’appellante, nel contestare le argomentazioni dell’amministrazione appellata, evidenzia che l’art. 23 della lex specialis stabilirebbe la mera facoltà dell’Amministrazione di richiedere l’aumento o la riduzione entro il 40% dei pasti indicati nel capitolato ma, in ogni caso, nessuna norma del capitolato prevede il diritto dell’affidatario di pretendere il pagamento di eventuali somme da parte del Comune in caso di mancata erogazione dei pasti per assenza di domanda da parte degli utenti. Inoltre, lo stesso art. 22 del Capitolato vincolerebbe il pagamento delle fatture, l’analitica indicazione dei pasti serviti nonché delle ordinazioni effettuate dai vari plessi scolastici serviti.

6. Occorre premettere che il presente giudizio quanto all’ampiezza del sindacato risulta limitato ai soli profili di giurisdizione in omaggio a quanto disposto dall’art. 105 c.p.a.

7. Nel merito l’appello è infondato e non può essere accolto.

7.1. Quanto alle prime due doglianze deve rilevarsi che non si registra alcun contrasto con i principi enunciati dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 14/2014, dal momento che l’art. 11, d.lgs. 163/2006, disciplina le ipotesi nelle quali è possibile disporre l’esecuzione in via d’urgenza del contratto, ossia prima della sua concreta stipulazione, come avvenuto nella fattispecie. In quest’ipotesi è la stessa legge che consente il riferimento e l’operatività della disciplina negoziale, non ancora oggetto di formale stipulazione da parte dei paciscenti. Pertanto, non può dubitarsi che si versi in ambito di esecuzione delle prestazioni ossia nell’esecuzione di un rapporto giuridico nel quale si confrontano diritti ed obblighi delle parti, tra i quali quello di invocare la risoluzione del contratto eseguito in via d’urgenza.

Né si ravvisa alcun contrasto con il principio di diritto affermato dalla citata sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 14/2014, secondo il quale: “Nel procedimento di affidamento di lavori pubblici se, una volta stipulato il contratto di appalto, le Pubbliche amministrazioni rinvengano sopravvenute ragioni di inopportunità della prosecuzione del rapporto negoziale, non possono utilizzare lo strumento pubblicistico della revoca dell'aggiudicazione ma devono esercitare il diritto potestativo (di recesso) regolato dall'art. 134 D.L.vo 12 aprile 2006 n. 163”. Ed, infatti, l’esecuzione in via d’urgenza, in forza dell’espressa previsione normativa, anticipa il prodursi degli effetti della disciplina negoziale prima della formale stipulazione del contratto. La contestazione dell’inadempimento da parte dell’amministrazione nei confronti dell’appellante è intervenuta a gara conclusa, dopo che l’aggiudicazione definitiva era stata disposta, vale a dire dopo la <<scelta del contraente>>, che a norma dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1), cod. proc. amm., in una lettura conforme ai principi affermati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 204 del 6 luglio 2004, fonda l’ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (cfr. Cons. St., Sez. V, 27 agosto 2014, n. 4363). Pertanto, l’originaria ricorrente non ha azionato un interesse legittimo, avverso l’esercizio di una potestà discrezionale da parte dell’amministrazione in sede di autotutela diretta a rivedere la scelta del contraente a conclusione della fase ad evidenza pubblica, ma ha contestato la valutazione dalla stessa compiuta in ordine all’inadempimento dell’esecuzione in via d’urgenza delle prestazioni dedotte in contratto. In sostanza, il petitum sostanziale azionato nella presente controversia, il quale per conforme giurisprudenza di legittimità ed amministrativa va apprezzato sulla base delle caratteristiche e della consistenza della situazione giuridica fatta valere in giudizio (ex plurimis: Cass. civ., Sez. Un., 11 ottobre 2011, n. 20902, 16 novembre 2010, n. 23108, 16 maggio 2008, n. 12378; Cons. Stato, Sez. V, 27 gennaio 2014, n. 396, 2 ottobre 2012, n. 5170; Sez. VI, 24 marzo 2014, n. 1409), attiene all’esecuzione del contratto ed è diretto ad accertare l’esatto adempimento delle obbligazioni da esso discendenti. Sicché deve escludersi nella fattispecie la sussistenza della giurisdizione esclusiva del g.a. sulla scorta di quanto disposto dall’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, c.p.a.

7.2. Del pari infondato, è il terzo motivo di appello, non sussistendo nella fattispecie i presupposti per ritenere si sia in presenza di una concessione di servizi.

In disparte il fatto che tutti i documenti di gara utilizzano la locuzione appalto di servizi, infatti, non risulta che il rischio economico incomba in capo all’appellante ed, infatti, nella definizione dell’oggetto dell’appalto l’art. 1 della lex specialis precisa che il servizio è reso a favore degli alunni delle scuole materne ed elementari ivi indicate oltre che del personale dell’amministrazione che ne ha diritto, e che i fruitori sono all’incirca 850 con una possibile oscillazione tra il 40% in più o in meno. L’art. 2 stabilisce l’ammontare dell’appalto. L’art. 22 prevede che: “l’appalto è finanziato con fondi propri dell’amministrazione Comunale di Benevento e in quanto servizio a domanda individuale, in quota parte, rimborsato all’ente successivamente dagli utenti”. L’art. 23, infine, precisa la possibilità di eventuale estensione o riduzione della fornitura. Il suddetto quadro esclude che il rischio di impresa sia a carico del fornitore, dal momento che l’amministrazione riserva all’appellante una prestazione che remunera in via diretta e che può essere quantificata preventivamente sulla base di indicazioni che sebbene di massima consentono all’imprenditore di prevedere le possibili oscillazioni della prestazione eroganda, escludendo che lo stesso possa vedersi non remunerato il capitale investito.

Pertanto, il riferimento al citato art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a. non risulta corretto, dal momento che non si è in presenza di una concessione di servizi, ma di un appalto di servizi.

8. In definitiva, l’odierno gravame merita di essere respinto. Nella novità e complessità delle questioni rattate si ravvisano eccezionali motivi per compensare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,

lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 settembre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Claudio Contessa, Consigliere

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere

Fabio Franconiero, Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore

 

 

 

Guida alla lettura

La sentenza qui annotata prende le mosse dal ricorso presentato da una cooperativa sociale contro un comune campano con l’intento di ottenere una declaratoria di illegittimità del provvedimento emesso da un dirigente dell’Amministrazione suddetta avente ad oggetto la risoluzione del servizio di ristorazione scolastica, affidato in via d’urgenza all’impresa ricorrente.

Quest’ultima lamenta che la sentenza impugnata (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, n. 2812/2016) avrebbe errato nel non riconoscere la giurisdizione del g.a.; diversamente sostengono entrambi i collegi aditi, infatti sia il giudice di prime cure che il Consiglio di Stato hanno declinato la propria giurisdizione, ritenendo che la cognizione sulla controversia spetti al g.o.

Con riferimento al preteso contrasto con il principio affermato dall’Adunanza Plenaria n. 14/2014 - “Nel procedimento di affidamento di lavori pubblici se, una volta stipulato il contratto di appalto, le Pubbliche amministrazioni rinvengano sopravvenute ragioni di inopportunità della prosecuzione del rapporto negoziale, non possono utilizzare lo strumento pubblicistico della revoca dell'aggiudicazione ma devono esercitare il diritto potestativo (di recesso) regolato dall'art. 134 D.L.vo 12 aprile 2006 n. 163” -, i giudici di Palazzo Spada non registrano alcuna violazione ed affermano che l’inizio dell’esecuzione, a seguito dell’affidamento in via d’urgenza, ha anticipato il prodursi degli effetti della disciplina negoziale anteriormente rispetto alla formale stipulazione del contratto; pertanto la fase ad evidenza pubblica si era già conclusa nel momento in cui il provvedimento impugnato era stato emanato, non potendo quindi parte ricorrente invocare l’esercizio di una qualsivoglia potestà discrezionale da parte dell’amministrazione in sede di autotutela. Per di più, ricostruendo il petitum sostanziale della controversia, questo attiene all’esecuzione del contratto ed è diretto ad accertare l’esatto adempimento delle obbligazioni, dovendo pertanto concludersi per l’insussistenza della giurisdizione del g.a.

La cooperativa ricorrente, inoltre, pretende di qualificare il servizio in questione quale concessione in virtù del fatto che si assumerebbe il rischio imprenditoriale dell’operazione, consistente nel fatto che gli utenti acquistino o meno i ticket e le card dal comune emittente; pertanto, sulla base del disposto dell’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a. sarebbe il giudice amministrativo a dover decidere la controversia.

Il Consiglio di Stato non concorda con la ricostruzione della parte appellante, infatti nel caso di specie non si è in presenza di una concessione di servizi, bensì di un appalto di servizi: dalla lex specialis si possano ricavare elementi sufficienti per poter affermare che il rischio d’impresa non è a carico del fornitore, bensì dell’Amministrazione appaltante, la quale riserva all’appaltatore una prestazione che lo remunera in via diretta e che può essere quantificata preventivamente sulla base di indicazioni che - sebbene di massima - consentono all’imprenditore di prevedere le possibili oscillazioni della prestazione eroganda, escludendo che lo stesso possa vedersi non remunerato il capitale investito. Per cui, anche per questo motivo, la giurisdizione del g.a. è stata esclusa.

Si segnala che la disciplina sul recesso, di cui all’art. 134 del previgente Codice appalti, è oggi contenuta nell’art. 109 del nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 50/2016): nessuna sostanziale innovazione da sottolineare, se non limitatamente alla estensione anche ai contratti di servizi e forniture, nonché un richiamo, nell’incipit, alla normativa in materia di infiltrazione mafiosa, precisamente agli artt. 88, comma 4-ter e 92, comma 4 del D.lgs. 159/2011.
Per un commento più articolato sul punto, si v. F. Caringella, M. Protto (a cura di), Il nuovo Codice dei contratti pubblici, in corso di pubblicazione. Un estratto è disponibile al  seguente link: http://www.italiappalti.it/leggiarticolo.php?id=3031