estratto da "Il nuovo Codice dei contratti pubblici", a cura di F. Caringella e M. Protto, in corso di pubblicazione Dike Giuridica Editrice

Art. 30.  

Principi per l'aggiudicazione e l'esecuzione di appalti e concessioni

 

 

1. L'affidamento e l'esecuzione di appalti di opere, lavori, servizi, forniture e concessioni, ai sensi del presente codice garantisce la qualità delle prestazioni e si svolge nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza. Nell'affidamento degli appalti e delle concessioni, le stazioni appaltanti rispettano, altresì, i principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonchè di pubblicità con le modalità indicate nel presente codice. Il principio di economicità può essere subordinato, nei limiti in cui è espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri, previsti nel bando, ispirati a esigenze sociali, nonchè alla tutela della salute, del-l'ambiente, del patrimonio culturale e alla promozione dello sviluppo sostenibile, anche dal punto di vista energetico.

2. Le stazioni appaltanti non possono limitare in alcun modo artificiosamente la concorrenza allo scopo di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici o, nelle procedure di aggiudicazione delle concessioni, compresa la stima del valore, taluni lavori, forniture o servizi.

3. Nell'esecuzione di appalti pubblici e di concessioni, gli operatori economici rispettano gli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali elencate nell'allegato X.

4. Al personale impiegato nei lavori oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l'attività oggetto dell'appalto o della concessione svolta dall'impresa anche in maniera prevalente.

5. In caso di inadempienza contributiva risultante dal documento unico di regolarità contributiva relativo a personale dipendente dell'affidatario o del subappaltatore o dei soggetti titolari di subappalti e cottimi di cui all'art. 105, impiegato nell'esecuzione del contratto, la stazione appaltante trattiene dal certificato di pagamento l'importo corrispondente all'inadempienza per il successivo versamento diretto agli enti previdenziali e assicurativi, compresa, nei lavori, la cassa edile. Sull'importo netto progressivo delle prestazioni è operata una ritenuta dello 0,50%; le ritenute possono essere svincolate soltanto in sede di liquidazione finale, dopo l'approvazione da parte della stazione appaltante del certificato di collaudo o di verifica di conformità, previo rilascio del documento unico di regolarità contributiva.

6. In caso di ritardo nel pagamento delle retribuzioni dovute al personale di cui al comma 5, il responsabile unico del procedimento invita per iscritto il soggetto inadempiente, ed in ogni caso l'affidatario, a provvedervi entro i successivi 15 giorni. Ove non sia stata contestata formalmente e motivatamente la fondatezza della richiesta entro il termine sopra assegnato, la stazione appaltante paga anche in corso d'opera direttamente ai lavoratori le retribuzioni arretrate, detraendo il relativo importo dalle somme dovute all'affidatario del contratto ovvero dalle somme dovute al subappaltatore inadempiente nel caso in cui sia previsto il pagamento diretto ai sensi dell'art. 105.

7. I criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le microimprese, le piccole e le medie imprese.

8. Per quanto non espressamente previsto nel presente codice e negli atti attuativi, alle procedure di affidamento e alle altre attività amministrative in materia di contratti pubblici si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, alla stipula del contratto e alla fase di esecuzione si applicano le disposizioni del codice civile.

 

Sommario: I COSA CAMBIA: 1.L’art. 30 del nuovo Codice. II INDICAZIONI OPERATIVE: 1.Il principio di economicità.2.La portata informatrice dell’attuazione del nuovo Codice.3.Il rispetto degli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro.4.La regolarità contributiva dell’affidatario. 5. L’attenzione alle microimprese ed alle piccole e medie imprese.

 

I COSA CAMBIA

1.L’art.  30 del nuovo Codice

Il comma 1 dell’art. 30 intende positivizzare alcuni principi generali, connotanti le procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici, e la successiva esecuzione degli stessi, che in larga parte sono stati già individuati dalla giurisprudenza di riferimento, e che comunque discendono dalle consolidate regole europee, di cui il nuovo Codice costituisce ulteriore ed aggiornata attuazione.

Mentre alcuni di questi principi riguardano ambedue le fasi di aggiudicazione ed esecuzione dei contratti (principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza), altri sono invece strettamente attinenti la fase dell’affidamento degli appalti e delle concessioni (principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità).

A partire da questi ultimi principi, e senza poterci attardare nella presente sede nell’impegnativo e qui sovrabbondante compito di una definizione tassonomica degli stessi, mette qui conto evidenziare che essi, anche nel settore delle concessioni di opere pubbliche, in precedenza non direttamente e dettagliatamente disciplinate dal previgente Codice n. 163/2006, “impongono all’amministrazione procedente scelte procedimentali rispondenti a regole di aperta e piana logica concorrenziale e ad inverare in concreto il criterio di imparzialità e buon andamento dei pubblici uffici” (Cons. St., V, sent. 7 giugno 2016, n. 2426), ed altresì che, secondo la giurisprudenza europea espressasi sul punto (cfr. da ultimo Corte giust. UE, Grande Chambre, 24 maggio 2016, in causa n. 396/14), “il principio di parità di trattamento tra gli offerenti, che ha lo scopo di favorire lo sviluppo di una concorrenza sana ed effettiva tra le imprese che partecipano ad un appalto pubblico, impone che tutti gli offerenti dispongano delle stesse opportunità nella formulazione dei termini delle loro offerte e implica quindi che queste siano soggette alle medesime condizioni per tutti i concorrenti (sentenze del 29 aprile 2004, Commissione/CAS Succhi di Frutta, C-496/99 P, EU:C:2004:236, punto 110, e del 12 marzo 2015, eVigilo, C-538/13, EU:C:2015:166, punto 33)”.

Addirittura, anche in caso di un bando pubblico per il conferimento dell’incarico gratuito di redazione di un piano di sviluppo comunale, prevedendosi il mero rimborso delle spese sostenute, è stato ritenuto che l’amministrazione appaltante è tenuta ad “attivare una procedura concorsuale in linea col principio di rispetto della libera concorrenza, (…) giacché l’offerta di gratuita prestazione non va a inficiare l’obbligo comunque della necessaria selezione tecnica, elemento imprescindibile nell’affidamento di opere pubbliche da parte di stazioni appaltanti soggette all’applicazione del Codice dei lavori pubblici”, in quanto “l’indiretto vantaggio, anche economico, discendente dall’aver conseguito quello specifico incarico professionale, concorrerà ad accrescere il prestigio professionale e la notorietà da parte del progettista candidato” (C. conti, Calabria, sez. contr., del. 10 febbraio 2016, n. 6).

 

II INDICAZIONI OPERATIVE

1.Il principio di economicità

Particolare attenzione viene dipoi riservata, dall’ultimo periodo del comma 1 dell’art. 30, al principio di economicità, il quale può essere subordinato, nei limiti in cui è espressamente consentito dalle norme vigenti e dal medesimo nuovo Codice, ai criteri, previsti nel bando, ispirati a esigenze sociali, nonché alla tutela della salute, dell’ambiente, del patrimonio culturale e alla promozione dello sviluppo sostenibile, anche dal punto di vista energetico.

Devesi al riguardo rimarcare che il concetto di “economicità” cui detta previsione fa riferimento appare ricollegato allo scopo delle amministrazioni, “sostanziale” e per l’appunto “economico”, di conseguire prestazioni contrattuali ad un costo contenuto, comunque congruente con il mercato di riferimento; e che esso risulta ben diverso da quello valorizzato dalla giurisprudenza amministrativa interna, che ricollega il concetto di “economicità” all’azione amministrativa, e segnatamente al profilo, più formale, legato alla semplificazione ed accelerazione dell’attività delle stazioni appaltanti: cfr., ad esempio, Cons. St., V, 22 ottobre 2015, n. 4849, che si riferisce all’interesse dei concorrenti di una gara di appalto “alla semplificazione e all’economicità del procedimento di gara (a non essere, in particolare, assoggettati ad una serie di adempimenti gravosi, anche sotto il profilo strettamente economico, come la prova documentale di stati e di qualità personali, che potrebbero risultare inutili o ininfluenti)” ed al contempo all’interesse “pubblico delle amministrazioni appaltanti di poter verificare con immediatezza e tempestività se sussistono ipotesi di condanne per reati gravi che incidono sulla moralità professionale, potendo così evitarsi ritardi e rallentamenti nello svolgimento della procedura ad evidenza pubblica di scelta del contraente, realizzando quanto più celermente possibile l'interesse pubblico perseguito con la gara di appalto”; ovvero T.A.R. Abruzzo, Pescara, I, 8 febbraio 2016, n. 37, che - nell’occuparsi del possibile invalidamento globale di una gara a fronte di contestazioni afferenti la sola valutazione delle offerte tecniche - richiama il principio di conservazione dell’effetto utile degli atti giuridici, quale espressione dei principi di economicità e di buon andamento dell'azione amministrativa.

 

2. La portata informatrice dell’attuazione del nuovo Codice

I successivi commi dell’art. 30 intendono in qualche modo dettagliare certune modalità di attuazione ed inveramento di alcuni dei principi generali sopra richiamati, o comunque “esploderne” la portata informatrice dell’attuazione del nuovo Codice.

In particolare, la regola del comma 2 prevede che le stazioni appaltanti non possano limitare in alcun modo artificiosamente la concorrenza allo scopo di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici. La disposizione sconta per vero qualche perplessità redazionale ed imprecisione semantica, allorché fa riferimento al divieto di favorire o svantaggiare indebitamente “taluni lavori, forniture e servizi”, anche in relazione alla stima del relativo valore, nelle procedure di aggiudicazione delle concessioni: ma il valore di principio che comunque ne emerge è il medesimo di cui si parla nel testo, ossia la valutazione obiettiva delle varie parti di un contratto pubblico, al fine di non alterare indebitamente la concorrenza del settore.

Essa costituisce comunque l’aggiornamento e la espansione di alcune norme del Codice n. 163/2006, nonché della legislazione anche previgente: l’art. 29, comma 4, del Codice n. 163/2006, ad esempio, prevedeva che “nessun progetto d’opera né alcun progetto di acquisto volto ad ottenere un certo quantitativo di forniture o di servizi può essere frazionato al fine di escluderlo dall’osservanza delle norme che troverebbero applicazione se il frazionamento non vi fosse stato” (previsione invero oggi confluita, pur con una diversa formulazione, nell’art. 35, comma 6, del nuovo Codice).

Essa risulta invero nel suo complesso particolarmente significativa, perché esprime con assoluta chiarezza la “angolarità” del principio di matrice europea della concorrenza nel settore degli appalti, che in effetti viene considerato principio tale da tutelare (in stretta connessione con quello di “non discriminazione” e/o di “parità di trattamento”) non solo gli operatori economici del settore, assicurando la par condicio degli stessi nelle procedure di aggiudicazione dei contratti, ma anche le stesse stazioni appaltanti, che dal pieno dispiegamento della concorrenza possono conseguire il risultato di selezionare il miglior contraente, il miglior contratto ed il miglior prezzo (cfr. al riguardo Cons. St., III, 3 dicembre 2015, n. 5494; Cons. St., V, 5 settembre 2014, n. 4516; T.A.R. Sicilia, Palermo, III, 30 maggio 2006, n. 1354).

Occupandosi della specifica questione relativa alla discrasia tra l’art. 72 del R.D. n. 827/1924 e l’art. 119, comma 2, del D.P.R. n. 207/2010, in materia di discordanza tra offerte espresse in cifre ed in lettere, Cons. St., Ad. plen., sent. 13 novembre 2015, n. 10, ha autorevolmente avuto modo di precisare che la tutela della concorrenza “costituisce la più importante ratio ispiratrice dell’intera normativa del settore dei contratti della Pubblica Amministrazione”, e che “la effettiva parità tra gli operatori economici che partecipano ad una procedura finalizzata all’affidamento di un appalto, non può considerarsi secondaria rispetto ad altri e diversi interessi, seppur questi rivestano un’importanza considerevole”, in quanto “il legislatore europeo, prima, e nazionale, poi, nel delineare il corpus normativo afferente alla materia dei contratti, si è orientato nel senso di valorizzare primariamente la par condicio fra operatori economici, quale strumento per rendere virtuoso il sistema economico nel suo complesso”.

 

3. Il rispetto degli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro

Per vero innovativo, quantomeno nei termini generali e sistematici espressi dal comma 3 dell’art. 30, la previsione che impone agli operatori economici il rispetto degli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi e dalle disposizioni internazionali di cui all’Allegato X del nuovo Codice. Precipitati applicativi di tale previsione sono, tra l’altro e principalmente, la consequenziale necessità che le offerte degli operatori economici nelle procedure di aggiudicazione dei contratti siano conformi agli obblighi derivanti dalle anzidette norme, e che comunque il rispetto delle stesse costituisca specifico ed imperativo obbligo contrattuale, passibile – in caso di inadempimento – delle misure sanzionatorie previste dal regolamento negoziale (cfr., ad esempio, l’art. 108 del nuovo Codice in materia di risoluzione del contratto).

In linea di massima reiterative di pregressa analoga disciplina, sono le successive previsioni dell’art. 30 in materia di diritto del lavoro. Il comma 4 dell’art. 30 precisa l’obbligo di applicazione della contrattazione collettiva nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall'impresa anche in maniera prevalente: previsione che era già contemplata all’art. 118, comma 6, del Codice n. 163/2006, e refluita anche nel comma 9 del corrispondente art. 105 del nuovo Codice (cfr. anche l’art. 4, comma 1, del D.P.R. n. 207/2010). La previsione qui in commento contiene invero una più dettagliata specificazione delle associazioni sindacali dei datori e prestatori di lavoro firmatarie dei contratti collettivi applicabili: la precisazione ivi contenuta, potrebbe in astratto costituire, allorché le stazioni appaltanti addivenissero ad un controllo effettivo dell’applicazione dei contratti collettivi, a possibili contestazioni a riguardo della effettiva applicabilità di questo o quel contratto collettivo al singolo operatore economico in questione.

In correlazione con la previsione di cui sopra, il successivo comma 6 dell’art. 30 precisa che il ritardo nel pagamento delle retribuzioni costituisce preciso inadempimento del contraente, che il responsabile unico del procedimento deve contestargli ed intimargli la effettuazione dei pagamenti entro i successivi 15 giorni, e che – in mancanza di formale e motivata contestazione della fondatezza della richiesta da parte del contraente inadempiente – la stazione appaltante pagherà direttamente ai lavoratori le retribuzioni arretrate, detraendo il relativo importo dalle somme dovute all’affidatario (la descritta procedimentalizzazione richiama quella prevista dall’art. 108 del nuovo Codice per la contestazione delle gravi inadempienze del contraente, finalizzata all’eventuale risoluzione del contratto).

L’obbligo di applicazione della contrattazione collettiva nazionale e territoriale di riferimento vale anche per i subappaltatori, il cui controllo costituisce anche preciso obbligo dell’appaltatore principale (cfr. oggi l’art. 105, comma 9, del nuovo Codice, ed in precedenza l’art. 118, comma 6, del Codice n. 163/2006): pertanto, il comma 6 dell’art. 30 prevede analoga procedura anche nei riguardi del subappaltatore, allorché sia previsto il pagamento diretto dello stesso da parte della stazione appaltante, ai sensi dell’art. 105 del nuovo Codice.

Tale intervento sostitutivo della stazione appaltante in caso di inadempienza retributiva dell’esecutore del contratto o del suo subappaltatore era invero già prevista, nei medesimi termini, dall’art. 5 del D.P.R. n. 207/2010 (ed in precedenza dall’art. 13 del Capitolato generale dei lavori pubblici dello Stato (D.M. Lavori Pubblici n. 145/2000), in quanto la regolarità del pagamento delle retribuzioni del personale era considerato (anche) presupposto di regolarità nell’esecuzione del contratto (sui rapporti tra tali misure di tutela per i lavoratori di appaltatori di contratti pubblici, e quelle previste in via generale dall’art. 1676 cod. civ. e dall’art. 29 del D.Lgs. n. 276/2003, cfr., di recente, Cons. St., III, 30 marzo 2016, n. 1251, nonché Cass. Civ., sez. lav., 7 luglio 2014, n. 15432).

 

4.La regolarità contributiva dell’affidatario

Il tema della regolarità contributiva dell’affidatario (o anche del subappaltatore) è tradizionalmente correlato con l’utilizzo dello strumento del documento unico di regolarità contributiva (c.d. DURC), strumento che nel tempo si è via via affinato nella struttura e nelle funzioni, e viene utilizzato - in relazione ai contratti pubblici - sia nelle procedure di gara, sia in corso di esecuzione.

In disparte il tema della regolarità contributiva in fase di gara, per il quale si rinvia al relativo commento, qui si evidenzia come il comma 5 dell’art. 30 preveda:

- che, in caso di inadempienza contributiva risultante dal DURC, relativo a personale dipendente dell’affidatario o del subappaltatore o dei soggetti titolari di subappalti e cottimi di cui all’art. 105 del nuovo Codice, impiegato nell’esecuzione del contratto, la stazione appaltante debba trattenere dal certificato di pagamento l’importo corrispondente all’inadempienza per il successivo versamento diretto agli enti previdenziali e assicurativi, compresa, nei lavori, la cassa edile;

- inoltre, che sull’importo netto progressivo delle prestazioni sia operata dalla stazione appaltante una ritenuta dello 0,50%, da svincolare soltanto in sede di liquidazione finale, dopo l’intervenuta approvazione del certificato di collaudo o di verifica di conformità, previo rilascio - anche in questo caso - del DURC.

Anche tali previsioni refluiscono dal previgente art. 4, commi 2 e 3, del Regolamento n. 207/2010.

 

5. L’attenzione alle microimprese ed alle piccole e medie imprese

Il comma 7 dell’art. 30 prevede che i criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le microimprese, le piccole e le medie imprese.

Come noto, l’attenzione alle microimprese ed alle piccole e medie imprese nasce, in sede europea, dalla approvazione del c.d. Small business act, ossia una non vincolante “comunicazione” della Commissione europea al Parlamento europeo, al Consiglio d’Europa, al Comitato economico e sociale europeo ed al Comitato delle regioni, adottato il 25 giugno 2008, ed al quale ha fatto per vero seguito una rinnovata attenzione delle istituzioni europee al settore, sia in sede di norme che di provvedimenti di sostegno (secondo la tassonomia europea, sono microimprese quelle con meno di 10 dipendenti, piccole imprese quelle che hanno da 10 a 49 dipendenti, e medie imprese quelle che hanno da 50 a 249 dipendenti)

Si tratta di una disposizione che lascia qualche dubbio sulla sua effettiva prescrittività: occorre in effetti considerare al riguardo che, a fronte della esigenza manifestata da tale previsione, si staglia quella della stazione appaltante, per cui un contratto di una determinata tipologia e di un determinato valore (in ipotesi, elevato) vada affidato a contraente che abbia, nel suo complesso, requisiti imprenditoriali appropriatamente commisurati allo stesso. La tutela delle piccole e medie imprese rimane piuttosto affidata, in casi del genere, alla disciplina che consente l’associazionismo tra imprese nei contratti pubblici, e segnatamente alle norme in materia di consorzi e di raggruppamenti temporanei di imprese (cfr. artt. 47 e 48 del nuovo Codice), che consentono per l’appunto anche ad imprese di piccole e medie dimensioni di contribuire, entro i limiti delle loro capacità imprenditoriali, di collaborare alla esecuzione di interventi di più ampio respiro.

La previsione è significativamente declinata in termini “negativi” (esprimendo un “divieto” di esclusione delle microimprese e delle cc.dd. PMI): e ad essa fa comunque da connesso corollario la previsione “propositiva” dell’art. 51, comma 1, del nuovo Codice, il quale impone alle stazioni appaltanti la suddivisione degli appalti in lotti funzionali o prestazionali, proprio al dichiarato “fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese”, e che il valore di tali lotti “deve essere adeguato in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese”, prescrivendo al contempo che vi sia la espressa motivazione della scelta eventualmente contraria “nel bando di gara o nella lettera di invito e nella relazione unica”. Consimile previsione era contenuta all’art. 2, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 163/2006, in relazione alla quale è stato precisato in giurisprudenza che la suddivisione in lotti costituisce regola generale “a tutela della concorrenza” (Cons. Stato, VI, 12 settembre 2014, n. 4669), fermo d’altra parte restando che “l’opzione sottesa alla suddivisione, o meno, in lotti dell’appalto pubblico è espressiva di una scelta discrezionale non suscettibile di essere censurata in base a criteri di mera opportunità” (Cons. St., V, 16 marzo 2016, n. 1081).

D’altra parte, a conferma della considerazione che la tematica della tutela delle microimprese e delle PMI nell’ambito della contrattualistica pubblica presenta profili di stretta interconnessione con la tutela della concorrenza, l’ultimo periodo del medesimo comma 1 dell’art. 51 del nuovo Codice ricorda al contempo che “è fatto divieto alle stazioni appaltanti di suddividere in lotti al solo fine di eludere l’applicazione delle disposizioni del presente codice, nonché di aggiudicare tramite l’aggregazione artificiosa degli appalti”.

Del tutto pleonastico appare infine il conclusivo comma 8 dell’art. 30, che – quale norma di chiusura – prevede la residuale applicabilità delle disposizioni di cui alla L. n. 241/1990 per le procedure di affidamento e per le altre attività amministrative in materia di contratti pubblici, e delle disposizioni del codice civile per la stipulazione del contratto e per la fase di esecuzione: non consta invero che sia mai insorto alcun dubbio al riguardo (cfr., ad es., Cons. St., V, 22 maggio 2015, n. 2562).