Tar Umbria, sez. I, 20 luglio 2016, n. 562

1. Nel corso di gare per l’affidamento di appalti pubblici, non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l’impresa essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell’offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la Stazione appaltante, restando dunque irrilevante, un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva; va al riguardo ribadito che l’istituto dell’invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di d.u.r.c. negativo), già previsto dall’art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007 ed ora recepito a livello legislativo dall’art. 31, comma 8, D.L. 21 giugno 2013 n. 69, può operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al documento unico di regolarità contributiva chiesto dall’impresa e non anche al d.u.r.c. richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell’autodichiarazione resa ai sensi dell’art. 38 comma 1 lett. i) D.L.vo 12 aprile 2006 n. 163, ai fini della partecipazione alla gara d’appalto. (1)

 

(1) Conforme Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria del 25 maggio 2016 n. 10; Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria 29 febbraio 2016, n. 5 e 6; Consiglio di Stato, sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1458; Consiglio di Stato, sez. V, 10 agosto 2010, n. 5556; Consiglio di Stato, sez. IV, 15 settembre 2010, n. 6907; Consiglio di Stato, sez. V, 12 ottobre 2011, n. 5531. In senso contrario Consiglio di Stato sez. V, 14 ottobre 2014, n. 5064; Consiglio di Stato, sez. V 16 febbraio 2015, n. 781; T.A.R. Veneto sez. I, 8 aprile 2014, n. 486.

 
 
 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria

(Sezione Prima)

                                      ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 912 del 2015, proposto da:
Grillofer Snc di Grillo Giacomo, Rti Grillofer Snc di Grillo Giacomo e C., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dagli avvocati Andrea Manfroni C.F. MNFNDR75M30H501P, Mirella Lepore C.F. LPRMLL78R56E456K, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Umbria in Perugia, via Baglioni, 3;
Autocarrozzeria F.Lli Cesarini Snc di Cesarini Simone e Casarini Raffaele, Autoriparazioni Valserra di Latini Raniero e C. Snc, Autosole 2 Snc di Patrizi Giuliano e Akeredolu Andrew Aderemi, F.Lli Torelli Snc di Torelli Alberto e Pier Daniele, Andrea e Valeria Srl, Autocarrozzeria 88 Snc di Basili Pierluigi e Paradisi Roberto, Boccali Marcello Impresa Individuale, Ternana Soccorso Srl, Patacchia Giorgio Impresa Individuale, Berilli Group Snc di Fabio Berilli e C., Carrozzeria Frittella di Frittella Sandro e C. Snc, Cek Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dagli avvocati Mirella Lepore C.F. LPRMLL78R56E456K, Andrea Manfroni C.F. MNFNDR75M30H501P, con domicilio eletto presso T.A.R. Umbria in Perugia, via Baglioni, 3;

contro

Ministero dell'Interno, Agenzia del Demanio, Agenzia Demanio - Dir Centrale Gestione Patrimonio Immobiliare dello Stato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Perugia, via degli Offici, 14;

per l'annullamento

del provvedimento in data 19 ottobre 2915 recante esclusione dalla gara per affidamento per ambiti territoriali provinciali servizio recupero, custodia e acquisto autoveicoli.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno ed Agenzia del Demanio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 luglio 2016 il dott. Massimo Santini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1.-Espongono le imprese in epigrafe indicate aderenti al costituendo raggruppamento temporaneo di imprese capeggiato dall’impresa individuale Grilloger snc di Grillo Giacomo con sede in Terni, di aver partecipato alla procedura ad evidenza pubblica indetta dal Ministero dell’Interno e dall’Agenzia del Demanio con bando pubblicato sulla G.U.C.E. il 17 luglio 2012 inerente l’affidamento per ambiti territoriali provinciali dei servizi di recupero, custodia ed acquisto dei veicoli oggetto dei provvedimenti di sequestro amministrativi, fermo e confisca ai sensi dell’art. 241 bis del D.lgs. 285/92.

Il r.t.i. ricorrente, quale unico soggetto rimasto in gara, è risultato aggiudicatario in via provvisoria con comunicazione del 14 maggio 2014.

A distanza di oltre tre anni dal termine di scadenza delle offerte, stabilito nell’8 ottobre 2012, con nota prot n. 2015/18772/DPG - VVB - BM del 19 ottobre 2015 l’Agenzia del Demanio ha comunicato al r.t.i. ricorrente l’esclusione dalla gara e l’escussione della garanzia provvisoria per presunte irregolarità sopravvenute contributive riscontrate nei confronti di alcune imprese mandanti del raggruppamento.

In particolare l’irregolarità contributiva sopravvenuta è stata riscontrata nei confronti delle imprese Autocarrozzeria F.lli Cesarini s.n.c., Autoriparazioni Valserra snc e di Patacchia Giorgio in base a d.u.r.c. relativi agli anni 20014 e 2015.

Rappresentano le imprese ricorrenti di essere i gestori uscenti della precedente gara e di vantare crediti per centinaia di migliaia di euro nei confronti della stazione appaltante.

Le ricorrenti impugnano il suddetto provvedimento di esclusione dalla gara e di escussione della cauzione provvisoria, unitamente agli ulteriori atti in epigrafe indicati e segnatamente i d.u.r.c. emanati dall’INPS, così riassumibili:

I.Violazione e falsa applicazione dell’art. 31 c. 8, L. 98/2013, dell’art. 7 del D.M. Ministero del Lavoro del 24 ottobre 2007, degli artt. 38 e 46 del D.lgs. 163/2006, degli artt. 7 e 10-bis della legge 241 del 1990, dell’art. 97 Cost. degli artt. 6 - 8 del D.lgs. 163/2006, dell’art. 45 della direttiva 2004/18/CE, degli artt. 49 e 56 TFUE, eccesso di potere sotto vari profili: la violazione contributiva contestata nei confronti di alcune imprese mandanti non sarebbe “definitivamente accertata” così come prescritto dalla normativa vigente, dal momento che l’art. 31 c. 8, del D.L. n. 69/2013 convertito nella legge 98/2013 a sua volta ricalcante la disciplina di cui all’art. 7 del D.M. Ministero del lavoro del 24 ottobre 2007 impongono agli enti previdenziali prima dell’emissione del d.u.r.c. ad invitare l’interessato a regolarizzare la propria posizione al fine di sanarla prima della certificazione di irregolarità; la violazione non sarebbe dunque “definitivamente accertata”; le presunte irregolarità sarebbero poi riferite non già a periodo antecedente il termine di presentazione delle offerte (8 ottobre 2012) bensì ad un momento ben successivo (2014) si da rendere ancor più evidente l’indispensabilità della preventiva attivazione della procedura di regolarizzazione; non sarebbe possibile anche secondo il diritto comunitario escludere un concorrente per inadempienze sopravvenute alla presentazione dell’offerta, non conoscibili dal concorrente ed eliminate prima della stipulazione del contratto; le irregolarità contributive contestate alcune delle quali prive anche del requisito della gravità di cui all’art. 7 del D.M. 24 ottobre 2007 sarebbero comunque state tutte regolarizzate;

II. Violazione e falsa applicazione dell’art. 45 Direttiva 2004/18/CE e degli artt. 49 e 56 TFUE, dell’art. 38 D.lgs. 163/2006; eccesso di potere per difetto di istruttoria, erroneità dei presupposti, travisamento di atti e fatti, erronea motivazione, illogicità e contraddittorietà, sviamento, sproporzionalità, manifesta ingiustizia: l’art. 38 del D.lgs. 163/2006, come applicato dalla stazione appaltante, si porrebbe anche in contrasto con il diritto comunitario ovvero con l’art. 45 della Direttiva 2004/18/CE e gli artt. 49 e 56 TFUE nella parte in cui prevede un sistema imperniato sul controllo d’ufficio e storico sulla regolarità contributiva senza possibilità di regolarizzazione in corso di gara;

III. Violazione e falsa applicazione degli artt. 38 e 75 del D.lgs. 163/2006, eccesso di potere per difetto di istruttoria, erroneità dei presupposti, travisamento di atti e fatti, erronea motivazione, illogicità e contraddittorietà, sviamento, sproporzionalità, manifesta ingiustizia: l’incameramento della cauzione non costituirebbe attività vincolata, dovendo invece la stazione appaltante valutare l’effettiva responsabilità dell’impresa.

Le imprese ricorrenti chiedono altresì il deferimento (art. 99 cod. proc. amm.) all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato di alcune questioni rilevanti per la decisione del gravame, segnatamente del rapporto tra gli artt. 31 comma 8, del DL 69/2013 e 7 D.M. 24 ottobre 2007 con l’art. 38 del D.lgs. 163 /2006 e s.m.

Con memoria in data 27 maggio 2016 il Ministero dell’Interno e l’Agenzia del Demanio hanno eccepito preliminarmente l’incompetenza territoriale dell’adito Tribunale Amministrativo, venendo in questione impugnazione di gara indetta da Amministrazione centrale con efficacia sull’intero territorio italiano. Nel merito hanno controdedotto alle censure ex adverso dedotte, evidenziando:

-il requisito della regolarità contributiva deve sussistere dalla fase della partecipazione della gara fino alla eventuale stipula del contratto;

-la proposizione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea da parte del Consiglio di Stato della questione, evidenziata nel ricorso, della compatibilità della normativa interna con l’art. 45 della direttiva 18/2004.

All’udienza pubblica del 20 luglio 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.

02. Tutto ciò premesso il ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate.

2.-Si controverte sull’esito della procedura indetta dal Ministero dell’interno e dall’Agenzia del Demanio, con bando spedito per la pubblicazione sulla G.U.U.E. in data 17 luglio 2012, per l’affidamento, per ambiti territoriali provinciali, del servizio di recupero, custodia ed acquisto dei veicoli oggetto dei provvedimenti di sequestro amministrativi, fermo o confisca ai sensi dell’art. 214-bis del D.lgs. 285/1992 (numero gara: 4367259).

Per il lotto n. 65 (Provincia di Terni), il servizio era stato provvisoriamente aggiudicato al r.t.i. di cui è mandataria la ricorrente Grillofer ma, dopo oltre ben tre anni dal termine di scadenza di presentazione delle offerte, con la nota qui impugnata è stata comunicata al r.t.i. l’esclusione dalla gara per sopravvenute irregolarità contributive riscontrate in danno di alcune delle mandanti, ed è stata disposta l’annullamento della gara, risultando il raggruppamento ricorrente l’unico concorrente in gara.

3. - Preliminarmente, benchè non oggetto di eccezioni, va rilevata d’ufficio la giurisdizione dell’adito Tribunale Amministrativo anche quanto all’impugnativa dei d.u.r.c. negativi emessi nei confronti delle imprese mandanti suindicate, quale accertamento incidentale ex art. 8 cod. proc. amm. su rapporti comunque pregiudiziali per l’esame di legittimità del provvedimento di esclusione principaliter impugnato (ex multis da ultimo Consiglio di Stato Adunanza Plenaria 25 maggio 2016, n. 10; id. sez. IV, 20 aprile 2016, n. 1557; T.A.R. Umbria 19 gennaio 2016, n. 25) rientranti nella giurisdizione esclusiva del g.a. di cui all’art. 113 cod. proc. amm.

4. - Deve poi essere anzitutto esaminata l’eccezione in rito di incompetenza territoriale sollevata dalla difesa erariale.

La gara in questione è stata indetta da Amministrazione centrale ma con suddivisione in lotti corrispondenti a 74 ambiti provinciali, tra cui quello n. 49 per cui è causa, con predisposizione di distinte aggiudicazioni per ciascun lotto.

Le imprese ricorrenti impugnano soltanto la propria esclusione dal lotto n. 65 relativo alla Provincia di Terni, senza questo comportare alcun effetto nei confronti della gara nazionale e dell’aggiudicazione degli altri lotti provinciali, con effetti pertanto pienamente scindibili.

Secondo giurisprudenza consolidata da cui il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, ai fini dell'individuazione del Tribunale Amministrativo Regionale competente a conoscere del ricorso avverso gli atti di una procedura di evidenza pubblica (ivi compresi i provvedimenti di esclusione) deve aversi riguardo al luogo di produzione degli effetti diretti cui è preordinato l'atto finale della procedura, ossia all'ambito territoriale di esplicazione dell'attività dell'impresa aggiudicataria conseguente all'emanazione dell'atto di aggiudicazione e alla stipula contrattuale, e dunque al luogo di esecuzione dei lavori, indipendentemente dalla sede della stazione appaltante, dal luogo di svolgimento delle operazioni di gara o dalla sede dei partecipanti alla gara (ex plurimis Consiglio di Stato, sez. IV, 16 aprile 2014, n. 1917; id. VI, 11 luglio 2012, n. 4105; Ad. Plenaria 12 dicembre 2012, n. 38).

4.1. - Nel caso di specie, dovendo i servizi oggetto della gara d'appalto essere eseguiti interamente nell'ambito provinciale di Terni, va affermata la competenza territoriale dell’adito Tribunale Amministrativo a conoscere e definire la controversia.

5. - Venendo al merito, la decisione della presente controversia verte sulla dirimente e controversa questione del rapporto tra l’art. 38 del D.lgs. 163 /2006 e s.m., secondo cui i requisiti c.d. morali (tra cui la regolarità contributiva) debbono sussistere a pena di esclusione entro il termine di scadenza della presentazione delle offerte, e gli artt. 31 c. 8, del D.L. 69/2013 e 7 del D.M. 24 ottobre 2007 secondo cui gli enti previdenziali deputati all’emanazione del d.u.r.c. debbono attivare un procedimento di regolarizzazione (c.d. preavviso di d.u.r.c. negativo) al fine di sanare la posizione prima dell’emissione di un documento di irregolarità. Come infatti noto tal questione ermeneutica ha già formato oggetto di diversi deferimenti ex art. 99 cod. proc. amm. all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, la quale si è più volte pronunciata (sentenze nn. 5 e 6 del 29 febbraio 2016 e n. 10 del 25 maggio 2016) nonché (seppur sotto diverso profilo) di rinvio pregiudiziale ex art. 234 del Trattato CE alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

L’istanza rivolta all’adito Tribunale ex art. 99 cod. proc. amm. di (nuovo) differimento all’Adunanza Plenaria contenuta nel ricorso introduttivo (pag. 39) costituisce un evidente refuso, non essendo estesa tale possibilità nel vigente ordinamento processuale nei giudizi amministrativi di primo grado, ed è comunque del tutto irricevibile.

6.1 - Giova anticipatamente evidenziare la peculiarietà della fattispecie, dal momento che è pacifico e comunque non contestato dalla stazione appaltante il possesso da parte del raggruppamento ricorrente del requisito di regolarità contributiva in riferimento al periodo di scadenza del termine di presentazione delle offerte (8 ottobre 2012) essendo invece posto a motivo di esclusione dalla gara il sopravvenuto venir meno della regolarità a distanza di quasi tre anni dalla scadenza del suddetto termine, irregolarità comunque sanata prima dell’esclusione e della non intervenuta aggiudicazione definitiva.

6.2. – Da quanto emerso in atti la situazione di temporanea irregolarità sarebbe almeno in parte dipesa dal mancato pagamento da parte della stazione appaltante di debiti di rilevante importo nei confronti delle imprese del costituendo raggruppamento. Circostanza questa specificamente dedotta dalla ricorrente e non altrimenti contestata, sul punto, dalle resistenti amministrazioni.

7. - Il comma 2 dell’articolo 38 comma 1, lett. i) definisce il criterio di gravità delle violazioni delle norme in materia di versamento di contributi agli organismi di previdenza sociale. Esso prevede, in sostanza, che si intendono gravi le violazioni ostative al rilascio del documento unico di regolarità contributiva. Le infrazioni ostative al rilascio del d.u.r.c., sono state poi definite dal decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale del 24 ottobre 2007. Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 3, di tale decreto ministeriale: «Ai soli fini della partecipazione a gare di appalto non osta al rilascio del DURC uno scostamento non grave tra le somme dovute e quelle versate, con riferimento a ciascun Istituto previdenziale ed a ciascuna Cassa edile. Non si considera grave lo scostamento inferiore o pari al 5% tra le somme dovute e quelle versate con riferimento a ciascun periodo di paga o di contribuzione o, comunque, uno scostamento inferiore ad € 100,00, fermo restando l’obbligo di versamento del predetto importo entro i trenta giorni successivi al rilascio del DURC».

Il d.u.r.c. rilasciato all’impresa ha validità trimestrale.

Ai sensi dell’art. 7, comma 3, di detto D.M., è inoltre previsto che in caso di mancanza dei requisiti di regolarità contributiva, gli Enti interessati prima di rilasciare un d.u.r.c. negativo “invitano l’interessato a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni”.

Anche il d.l. n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni, in L. n. 98 del 2013, all’art. 31, comma 8, ribadisce che “Ai fini della verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), in caso di mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento gli Enti preposti al rilascio, prima dell’emissione del DURC o dell’annullamento del documento già rilasciato, invitano l’interessato, mediante posta elettronica certificata o con lo stesso mezzo per il tramite del consulente del lavoro ovvero degli altri soggetti di cui all’articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause della irregolarità”.

7.1. - A fronte di tale normativa, è sorto un obiettivo contrasto giurisprudenziale.

Un primo orientamento ritiene che per l’accertamento del requisito, oggetto di dichiarazioni sostitutive degli offerenti, debba aversi riguardo al d.u.r.c. richiesto dalla stazione appaltante in sede di controlli, con riferimento, appunto, all’esatta data della domanda di partecipazione, con conseguente insufficienza, ai fini della prova, di eventuali d.u.r.c. in possesso degli offerenti ed ancora in corso di validità (sul punto Consiglio di Stato, sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1458; sez. V, 10 agosto 2010, n. 5556; sez. IV, 15 settembre 2010, n. 6907; sez. V, 12 ottobre 2011, n. 5531); l’invito alla regolarizzazione (cd. preavviso di d.u.r.c. negativo) non si applica in caso di d.u.r.c. richiesto dalla stazione appaltante, atteso che, l'obbligo dell'INPS di attivare la procedura di regolarizzazione prevista dall'art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007 si scontra con i principi in tema dì procedure di evidenza pubblica che non ammettono regolarizzazioni postume (o, detto diversamente, l’eventuale regolarizzazione postuma non sarebbe comunque idonea ad elidere il dato dell’irregolarità alla data di presentazione dell’offerta) (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 12 marzo 2009 n. 1458; id. VI, 11 agosto 2009, n. 4928; id. 6 aprile 2010, n. 1934;id. 5 luglio 2010, n. 4243; sez. V, 16 settembre 2011, n.5194; incidentalmente, anche Adunanza Plenaria, 20/2013, T.A.R. Lombardia Brescia 19 febbraio 2015, n. 290).

Un secondo orientamento afferma invece che l’obbligo degli Istituti previdenziali di invitare l’interessato alla regolarizzazione sussiste anche ove la richiesta sia fatta in sede di verifica dalla stazione appaltante (ex multis Consiglio di Stato sez. V, 14 ottobre 2014, n. 5064; id. sez. V 16 febbraio 2015, n. 781, T.A.R. Veneto sez. I, 8 aprile 2014, n. 486). Ancora più chiaramente, secondo sez. V - sentenza 16 febbraio 2015 n. 78: “Nel caso di gara di appalto svoltasi nella vigenza del decreto del Ministero del Lavoro del 24 ottobre 2007 e del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, in l. n. 98 del 2013, che hanno sostanzialmente modificato l’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, deve ritenersi che il requisito della regolarità contributiva sussista solo al momento di scadenza del termine di quindici giorni assegnato dall’ente previdenziale per la regolarizzazione della posizione contributiva. L’art. 31, comma 8, del d.l. n. 69 del 2013, stabilisce infatti che gli enti preposti al rilascio del DURC “invitano l’interessato, mediante posta elettronica certificata o con lo stesso mezzo per il tramite del consulente del lavoro ovvero degli altri soggetti di cui all’articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause della irregolarità”. In assenza della assegnazione di tale termine, il DURC negativo eventualmente emesso deve ritenersi irrimediabilmente viziato ed è quindi inidoneo a comportare la esclusione della impresa cui è relativo, in quanto la violazione contributiva rilevata non può ritenersi definitivamente accertata”.

7.2. - Infine, la IV sez. del Consiglio di Stato (con motivazione che il Collegio reputa persuasiva e condivisibile) ha dubitato della compatibilità comunitaria dell’impianto normativo sopra riportato, così come interpretato ed applicato dalla giurisprudenza prevalente, ravvisando, per quanto qui specificatamente rileva, un possibile contrasto con l’art. 45 della direttiva 18/2004. In particolare, secondo la Sezione “l’art. 45 individua, al paragrafo 1, alcune ipotesi che devono necessariamente comportare l’esclusione, nonché al paragrafo 2, alcune altre, e meno allarmanti ipotesi che “possono” comportare l’esclusione. Le differenze tra le due fattispecie sono rilevantissime. Nell’ipotesi di esclusione obbligatoria di cui al par. 1, le stazioni appaltanti “qualora abbiano dubbi sulla situazione personale di tali candidati/offerenti, possono rivolgersi alle autorità competenti per ottenere le informazioni relative alla situazione personale dei candidati o offerenti che reputino necessarie” e “se le informazioni riguardano un candidato o un offerente stabilito in uno Stato membro diverso da quello dell'amministrazione aggiudicatrice, quest'ultima può richiedere la cooperazione delle autorità competenti”.

Diversamente, nelle minori ipotesi di cui al comma 2 “Le amministrazioni aggiudicatrici accettano come prova sufficiente che attesta che l'operatore economico non si trova in nessuna delle situazioni di cui al (….) paragrafo 2 (….) un certificato rilasciato dall'autorità competente dello Stato membro in questione”. Ed ancora “Qualora non siano rilasciati dal paese in questione o non menzionino tutti i casi previsti (…) al paragrafo 2, lettere a), b) o c), i documenti o i certificati possono essere sostituiti da una dichiarazione giurata (….)”

Riepilogando, ove ricorrano cause di obbligatoria esclusione è consentita la verifica d’ufficio, e per le imprese straniere non è ammessa alcuna dichiarazione giurata; ove ricorrano cause di facoltativa esclusione, non è consentita la verifica d’ufficio, dovendo le stazioni appaltanti limitarsi ad “accettare” le certificazioni prodotte dai partecipanti; per le imprese straniere è invece ammessa la dichiarazione giurata.

Ciò significa, con riguardo all’ipotesi dell’esclusione facoltativa che in questa sede rileva, che le stazioni appaltanti, a mente della direttiva 18/2004, e contrariamente a quanto previsto dall’ordinamento italiano: 1) non possono richiedere esse stesse il DURC in luogo dell’operatore interessato, dando così dirimente rilievo alla irregolarità storica non più sussistente, ma possono al più pretendere che il candidato alleghi all’atto della domanda il DURC in corso di validità, ovvero che lo produca prima dell’aggiudicazione (questo il senso della locuzione “le amministrazioni accettano come prova sufficiente..…”. Questa, nell’ordinamento italiano, non è questione di mero dettaglio poiché, l’aver previsto una richiesta d’ufficio del DURC, e l’avere posto a base dell’obbligatoria esclusione il certificato negativo acquisito d’ufficio in relazione a date pregresse (ossia la data di partecipazione), ha consentito che potessero emergere inadempienze contributive, non conosciute dall’operatore economico (il quale fa affidamento sulla validità trimestrale del DURC positivo ad egli rilasciato).

Se invece le stazioni appaltanti si limitassero ad “accettare” l’allegazione del DURC da parte dei concorrenti – così come previsto dalla direttiva - una tale anomalia non verrebbe mai in rilievo, atteso che, anche ove sopravvenissero ipotesi di inadempienza contributiva, gli istituti previdenziali, ai sensi dell’art. 7 del DM 24 ottobre 2007, avrebbero l’obbligo di preavvisare il richiedente, dandogli possibilità di regolarizzazione nei successivi 15 giorni. Ergo, se l’operatore economico regolarizza la sua posizione, otterrà e potrà produrre una certificazione nuovamente positiva e non ostativa. L’inadempienza solo “storica” non avrebbe cioè modo di venire in rilievo, ad eccezione dei casi in cui il concorrente si rifiuti di regolarizzare. In conclusione, l’avere previsto una sistema che richiede sempre il controllo d’ufficio e storico della regolarità contributiva, senza possibilità di regolarizzazione in corso di gara, contrasta con la ratio ed il tenore dell’art. 45” (così Consiglio di Stato sez. IV, 11 marzo 2015, ord. n. 1236).

7.3. - Sulla invero complessa questione di diritto sopra esposta è recentemente intervenuta l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con sentenza del 25 maggio 2016 n. 10.

Secondo l’organo nomofilattico, anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 31, comma 8, del D.L. 21 giugno 2013 n. 69, convertito dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, nel corso di gare per l’affidamento di appalti pubblici, non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l’impresa essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell’offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la Stazione appaltante, restando dunque irrilevante, un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva; va al riguardo ribadito che l’istituto dell’invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di d.u.r.c. negativo), già previsto dall’art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007 ed ora recepito a livello legislativo dall’art. 31, comma 8, D.L. 21 giugno 2013 n. 69, può operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al documento unico di regolarità contributiva chiesto dall’impresa e non anche al d.u.r.c. richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell’autodichiarazione resa ai sensi dell’art. 38 comma 1 lett. i) D.L.vo 12 aprile 2006 n. 163, ai fini della partecipazione alla gara d’appalto.

Ad avviso della Plenaria, l’ambito applicativo della fattispecie di cui all’art. 31 comma 8 del D.L. 69/2013 deve circoscriversi dunque ai procedimenti di rilascio del d.u.r.c. attivati su istanza dell’impresa interessata, operando un parallelo con l’istituto generale del c.d. “preavviso di rigetto” disciplinato dall’art. 10-bis della legge 241 del 1990 e s.m., peraltro espressamente a sua volta escluso per i procedimenti in materia previdenziale.

7.4. - Tanto premesso, ritiene il Collegio nel caso di specie del tutto illegittima l’esclusione impugnata in quanto - diversamente dalle fattispecie sopra esposte - vengono in questione irregolarità contributive non già esistenti durante il termine di presentazione delle offerte bensì sopravvenute ovvero afferenti a periodo successivo intercorrente tra la scadenza del termine di presentazione delle offerte e l’aggiudicazione definitiva.

Secondo le argomentazioni della Plenaria - comunque “sub iudice” in relazione all’esito del pendente giudizio di compatibilità comunitaria di cui all’ordinanza n. 1236/2015 - l’impossibilità di attivare la procedura di regolarizzazione di cui all’art. 31 c. 8, del D.L. 69/2013 riguarda soltanto l’ipotesi in cui l’impresa non risulti in regola alla data di presentazione dell’offerta o della domanda di partecipazione e non nel periodo successivo alla gara.

Nell’ipotesi in cui, come nella fattispecie, il concorrente perda il requisito della regolarità contributiva soltanto dopo la partecipazione alla gara (e per un lasso temporale circoscritto) non vi è ragione per escludere da parte degli enti previdenziali l’obbligo di procedere all’invito della regolarizzazione, con possibilità per l’impresa di sanare l’irregolarità contributiva e di conseguire l’aggiudicazione definitiva (in termini A.V.C.P. parere 14 febbraio 2013, n. 14); non si tratta infatti di una inammissibile regolarizzazione postuma della posizione contributiva delle imprese concorrenti ma di attestazione della regolarità contributiva attuale. E’ vero che anche in questo caso, secondo l’opzione esegetica seguita dalla Plenaria, viene in questione un d.u.r.c. richiesto dalla stazione appaltante, ma esso non ha ad oggetto la veridicità della dichiarazione sostitutiva resa ai sensi dell’art. 38 D.lgs. 163/2006 dal concorrente bensì la regolarità contributiva postuma ovvero antecedente l’aggiudicazione definitiva dell’appalto.

In relazione alle irregolarità sopravvenute al termine di presentazione delle offerte il diritto alla regolarizzazione riconosciuto da legislatore (art. 31 c. 8, D.L. 69/2013) non comporta alcuna lesione dell’interesse pubblico perseguito dalla vigente normativa in materia di appalti pubblici alla celere definizione del procedimento di gara (ed in particolare del sub-procedimento di verifica dell’ammissione dei concorrenti) né della stessa par condicio tra i concorrenti.

Diversamente opinando, il colpevole ritardo della stazione appaltante nella conclusione del procedimento di aggiudicazione (rispetto al termine di 180 giorni codificato dall’art.11, c. 6, D.lgs. 163/2006) andrebbe esclusivamente a danno del concorrente - senza appunto alcun pregiudizio per l’economicità dell’azione amministrativa e per la par condicio - con effetti del tutto sproporzionati se non vessatori ed in ogni caso contrastanti con la direttiva 18/2004.

8. - Alla luce delle suesposte considerazioni meritano condivisione le censure di violazione di legge ed eccesso di potere, di carattere assorbente, dedotte con i primi due motivi di gravame.

9. - Per i suesposti motivi il ricorso è fondato e va accolto, con l’effetto dell’annullamento del provvedimento di esclusione dalla gara ed escussione della cauzione provvisoria impugnato (nota prot n. 2015/18772/DPG - VVB - BM del 19 ottobre 2015 dell’Agenzia del Demanio) nonché degli ulteriori atti impugnati, nei limiti dell’interesse azionato.

Le spese di lite seguono la soccombenza, secondo dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati, come da motivazione.

Condanna il Ministero dell’Interno e l’Agenzia del Demanio, in solido, alla refusione delle spese di lite in favore delle imprese ricorrenti, in misura di complessivi 3.000,00 (tremila//00) euro, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 20 luglio 2016 con l'intervento dei magistrati:

Raffaele Potenza, Presidente

Massimo Santini, Consigliere, Estensore

Paolo Amovilli, Primo Referendario

 

 

 

Guida alla lettura

La pronuncia del TAR Umbria n. 562/2016 si iscrive nel solco della giurisprudenza formatasi già precedentemente all’entrata in vigore del D.Lgs. 50/2016 (nuovo Codice dei contratti pubblici) in merito all’ammissibilità della regolarizzazione postuma di carenze documentali e/o dichiarative concernenti il possesso dei requisiti di partecipazione alla gara. Benchè la pronuncia faccia applicazione della normativa di cui al previgente D.Lgs. 163/2006 (vecchio Codice dei contratti pubblici), cionondimeno essa può essere letta anche alla luce del nuovo quadro normativo di recente entrato in vigore che, per quanto attiene alla regolarizzazione delle dichiarazioni relative ai requisiti di partecipazione alle gara, si pone sotto più profili in linea di continuità con il sistema delineato dal suddetto previgente decreto.

In particolare, l’art. 83, comma 9, del D.Lgs. 50/2016 disciplina il cd. soccorso istruttorio prevedendo che le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda di partecipazione alla gara possano essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio disciplinata dal medesimo comma. Ne deriva che lo strumento del soccorso istruttorio può essere applicato solamente alle carenze formali della domanda, mentre rimane invece esclusa la sanabilità delle carenze sostanziali che riguardano la mancanza dei requisiti soggettivi di partecipazione alla gara. Sul punto, la norma ribadisce invero ciò che la giurisprudenza amministrativa aveva già avuto modo di affermare in più occasioni, così come la stessa ANAC, in particolare, con la determina n. 1/2015.

Per quel che interessa in questa sede, l’orientamento giurisprudenziale prevalente ha più volte escluso l’esperibilità del soccorso istruttorio in merito a carenze afferenti ai requisiti di partecipazione alla gara con particolare riferimento proprio alla possibilità di regolarizzare in via postuma la posizione contributiva irregolare al momento della presentazione della domanda di partecipazione, anche alla luce del fatto che la disciplina previdenziale che si occupa del documento di regolarità contributiva prevede come fase precedente l’adozione di un d.u.r.c. negativo un momento di contraddittorio tra ente previdenziale ed impresa finalizzato ad ottenere la cd. regolarizzazione della posizione previdenziale dell’impresa.

Come noto, infatti, gli artt. 7 del D.M. 24 ottobre 2007 e 31, comma 8, del D.L. 69/2013, prevedono che, allorquando l’impresa richieda all’ente previdenziale il rilascio del d.u.r.c. ed emergano irregolarità contributive, l’ente previdenziale debba invitare l’impresa a regolarizzare le inadempienze contributive emerse, con un invito che è, in sostanza, una sorta di preavviso di rigetto e soltanto ove dette irregolarità non vengano sanate l’ente potrà procedere all’emissione di un d.u.r.c. negativo. Ci si è chiesti allora, e la questione è stata anche demandata all’Adunanza Plenaria, se questo istituto - cd. preavviso di d.u.r.c. negativo -, fosse applicabile anche nell’ambito della procedura di evidenza pubblica quando la richiesta sulla regolarità del d.u.r.c. all’ente previdenziale viene inviata dalla stazione appaltante con finalità di controllo dei requisiti di partecipazione alla gara e della veridicità delle dichiarazioni rese in merito ad essi.

L’applicabilità dell’istituto dell’invito alla regolarizzazione nell’ambito della procedura di evidenza pubblica è stata esclusa dalla giurisprudenza dell’Adunanza Plenaria, in particolare con le pronunce n. 5, 6 e 10 del 2016, sulla base del fondamentale principio secondo cui la mancanza dei requisiti sostanziali di partecipazione alla gara non è sanabile perché tali requisiti debbono essere posseduti dall’impresa sin dalla data della domanda di partecipazione alla gara nonchè, in base da una regola di continuità, per tutto lo svolgimento della procedura di gara sino all’aggiudicazione, senza possibilità di acquisirli successivamente.

L’esclusione della possibilità di regolarizzazione emerge proprio da un principio di par condicio in quanto, venendo in gioco un requisito sostanziale di partecipazione alla gara, la possibilità di regolarizzazione postuma consentirebbe all’impresa di parteciparvi senza preoccuparsi di avere adempiuto le proprie obbligazioni contributive, preoccupandosene semmai, eventualmente, soltanto all’esito della procedura e solo allorchè ottenga l’aggiudicazione, finendo ciò per snaturare ed elidere la finalità, se vogliamo anche preventiva, delle norme che prescrivono il possesso dei requisiti di regolarità contributiva.

In quest’ottica il riferimento operato dall’art. 83, comma 9, D.Lgs 50/2016 agli elementi formali della domanda di partecipazione conferma l’impossibilità di sanare le carenze di natura sostanziale, che non derivano cioè dalla mancanza di elementi formali, ma dalla mancanza di requisiti sostanziali di partecipazione alla gara.

La pronuncia del Tar Umbria in commento si inserisce nel quadro normativo e giurisprudenziale sinteticamente ricostruito, accogliendo e facendo proprie, in particolare, le argomentazioni svolte dall’Adunanza Plenaria nella pronuncia n. 10 del 2016, per ribadire che l’impresa concorrente deve essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell’offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione, non essendo ammessa la regolarizzazione postuma di un requisito sostanziale mancante al momento della presentazione dell’offerta.

Il Tar dell’Umbria con la sentenza in parola ha effettuato, però, una rilevante ed ulteriore precisazione, evidenziando che l’impossibilità di attivare la procedura di regolarizzazione di cui all’art. 31, comma 8, del D.L. 69/2013 affermata dalla Plenaria riguarda soltanto l’ipotesi in cui l’impresa non risulti in regola alla data di presentazione dell’offerta o della domanda di partecipazione e non nel periodo successivo alla gara.

Nell’ipotesi in cui invece, come nella fattispecie all’esame del Tar Umbria, il concorrente perda il requisito della regolarità contributiva soltanto dopo la partecipazione alla gara (e per un lasso temporale circoscritto) non vi è ragione per escludere da parte degli enti previdenziali l’obbligo di procedere all’invito alla regolarizzazione, con possibilità per l’impresa di sanare l’irregolarità contributiva e di conseguire l’aggiudicazione definitiva perché in tal caso non si tratterebbe di una inammissibile regolarizzazione postuma della posizione contributiva delle imprese concorrenti – quindi in un requisito di partecipazione inizialmente insussistente - ma di un’attestazione della regolarità contributiva attuale. E’ vero che anche in questo caso, secondo l’opzione esegetica seguita dalla Plenaria, viene in questione un d.u.r.c. richiesto dalla stazione appaltante, ma esso non ha ad oggetto la veridicità della dichiarazione sostitutiva resa ai sensi dell’art. 38 D.lgs. 163/2006 dal concorrente bensì la regolarità contributiva postuma ovvero antecedente l’aggiudicazione definitiva dell’appalto.

Sul punto il Tar evidenzia altresì come, in relazione alle irregolarità sopravvenute alla scadenza del termine di presentazione delle offerte, il diritto alla regolarizzazione riconosciuto da legislatore (art. 31, comma 8, del D.L. 69/2013) non comporti alcuna lesione dell’interesse pubblico perseguito dalla vigente normativa in materia di appalti pubblici alla celere definizione del procedimento di gara, ed in particolare del sub-procedimento di verifica dell’ammissione dei concorrenti, né della stessa par condicio tra i concorrenti.

Altrimenti, diversamente opinando, il colpevole ritardo della stazione appaltante nella conclusione del procedimento di aggiudicazione (rispetto al termine di 180 giorni codificato dall’art.11, c. 6, D.lgs. 163/2006) andrebbe esclusivamente a danno del concorrente, senza appunto alcun pregiudizio per l’economicità dell’azione amministrativa e per la par condicio, con effetti del tutto sproporzionati se non vessatori.