estratto da "Il nuovo Codice dei contratti pubblici", a cura di F. Caringella e M. Protto, in corso di pubblicazione Dike Giuridica Editrice

Articolo 213

Autorità Nazionale Anticorruzione

 

 

Sommario: I COSA CAMBIA: 1. Introduzione. II INDICAZIONI OPERATIVE: 1. La regolazione del settore dei contratti pubblici - 2. L’attuazione della Legge delega da parte del Codice - 3. Natura giuridica degli atti di regolazione dell’ANAC. III QUESTIONI APERTE: 1. Linee guida e tutela giurisdizionale.

 

I COSA CAMBIA

1. Introduzione.

L’art. 212 istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri la Cabina di regia, affidandole rilevanti compiti di monitoraggio e coordinamento. Il ruolo principale dell’organismo, secondo le indicazioni formulate dal Consiglio di Stato nel parere del 1º aprile 2016, n. 855, è di presiedere alla fase attuativa della riforma, fornendo il necessario impulso e coordinamento per l’adozione dei numerosi atti attuativi e dei decreti correttivi previsti dal Codice. A questo scopo, i commi 2 e 3 della disposizione in esame prevedono forme di collaborazione della Cabina di regia con l’Autorità nazionale anticorruzione.

L’art. 213 ridefinisce le funzioni e i poteri di quest’ultima nel settore dei contratti pubblici, a distanza di meno di due anni dalla sua formale istituzione, avvenuta con con il decreto - legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito dalla legge 11 agosto 2014, n. 114. Il primo comma della disposizione in commento si impernia sulla tripartizione vigilanza, controllo e di regolazione. La disposizione soggiunge che queste funzioni devono essere esercitate anche al fine di contrastare la corruzione, coerentemente con la mission istituzionale dell’Autorità, accanto a quelle di promozione dell’efficienza e di sostegno allo sviluppo delle migliori pratiche che connotano invece il Codice.

Il comma successivo enumera gli atti attraverso i quali l’ANAC svolge le proprie funzioni. Essi consistono nelle linee guida, nei bandi, capitolati e contratti - tipo e in «altri strumenti di regolamentazione flessibile». La norma precisa che tutti questi atti sono impugnabili in sede giurisdizionale amministrativa.

I commi successivi individuano gli ulteriori poteri dell’Autorità, tra i quali si segnalano, rispetto al previgente Codice dei contratti pubblici, quelli di disciplina e vigilanza del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e dell’Albo nazionale dei componenti delle commissioni giudicatrici e delle centrali di committenza; di vigilanza del sistema di qualificazione degli esecutori dei contratti pubblici di lavori; di vigilanza puntuale e sanzionatorio su singole procedure di gara.

Per il resto, l’art. 213 conferma il ruolo cruciale dell’ANAC di organo di supporto delle stazioni appaltanti, svolto principalmente attraverso la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici e il Casellario Informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e la connessa funzione sanzionatoria in caso di omissione o rifiuto di fornire informazioni destinate a confluire in essi o di informazioni false.

 

 

II INDICAZIONI OPERATIVE

1. La regolazione del settore dei contratti pubblici.

L’aspetto di maggior interesse nella ridefinizione dei poteri dell’Autorità nazionale anticorruzione consiste nell’attribuzione ad essa di poteri regolatori nella materia.

L’attribuzione di poteri regolatori si colloca nell’ambito del disegno di ricognizione e riordino del quadro normativo vigente nelle materie dei contratti pubblici «al fine di conseguire una drastica riduzione e razionalizzazione del complesso delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative vigenti e un più elevato livello di certezza del diritto e di semplificazione dei procedimenti» di semplificazione e riordino del quadro normativo vigente espresso nella Legge delega 28 gennaio 2016, n. 11 (art. 1, comma 1, lett. d; in termini analoghi anche la successiva lett. e). Questo disegno è dunque perseguito attraverso la riduzione dello stock normativo, destinato ad essere sostituito, in specie per la regolamentazione di dettaglio, con strumenti innovativi. In questo contesto si inserisce la devoluzione all’Autorità nazionale anticorruzione del potere di «regolamentazione» della materia, attraverso strumenti flessibili variamente denominati (linee guida, bandi - tipo, contratti - tipo), «anche dotati di efficacia vincolante», e comunque impugnabili davanti al giudice amministrativo (art. 1, comma 1, lett. t).

La ratio ispiratrice del nuovo Codice, quale si desume dai citati criteri di delega, è quella di avere un testo normativo primario chiaro e sintetico, tendenzialmente completo ed esaustivo, il cui completamento è affidato a un sistema attuativo più snello e flessibile rispetto al modello tradizionale del regolamento unico di esecuzione e attuazione (in questi termini si è espresso il Consiglio di Stato nel parere del 1º aprile 2016, n. 855). Quindi, il fine perseguito dal Legislatore è di affidare all’attività regolatoria dell’ANAC tutti quegli aspetti e istituti della materia dei contratti che fino ad oggi hanno trovato la loro disciplina nel regolamento di attuazione ed esecuzione del previgente Codice dei contratti pubblici, e cioè il D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, per il passato sede deputata per una «iper - regolazione di dettaglio» (Cons. St., parere 1º aprile 2016, n. 855), di cui è stata disposta l’abrogazione, sia pur con effetto differito per alcune parti, in corrispondenza con i provvedimenti attuativi del nuovo Codice (art. 217, comma 1, lett. u).

A questa fondamentale esigenza si coniuga quella di sfuggire dalle rigidità del regolamento, quanto a procedimento di approvazione e forza e valore normativo, icasticamente espressa dall’aggettivo «flessibile» dalla riforma riferito alle nuove fonti regolatorie. In quest’ottica, il modello tradizionale viene percepito ormai come non più compatibile con le esigenze dell’economia e di rapido adeguamento della normativa alle sue evoluzioni che connotano ormai il settore degli appalti pubblici (DEODATO, (1)). Si inseriscono inoltre in questo indirizzo anche le linee guida di carattere generale che spetta all’ANAC di proporre al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ai fini della successiva approvazione con decreto, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, secondo un modello spurio contraddistinto da una fase formale di approvazione ministeriale di atti di carattere normativo elaborati dall’Autorità di settore.

Quindi, sul piano dell’attuazione pratica, l’innovazione del sistema delle fonti avviata con la Legge delega si è tradotta in un triplice ordine di atti attuativi del Codice: a) quelli adottati con decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti, su proposta dell’ANAC, previo parere delle competenti commissioni parlamentari; b) quelli adottati con delibera dell’ANAC a carattere vincolante erga omnes, e in particolare le linee guida; c) quelli adottati con delibera dell’ANAC a carattere non vincolante

 

2. L’attuazione della Legge delega da parte del Codice.

In sede di attuazione, il Codice ha rimesso all’Autorità di disciplinare attraverso proprie linee guida ed altri atti numerosi aspetti della materia, tra le quali si elencano: i compiti del r.u.p. (art. 31); le procedure dei contratti sotto soglia (art. 36); le modalità attuative della qualificazione delle stazioni appaltanti (art. 38); i bandi tipo (art. 71); i requisiti per l’iscrizione nell’albo dei commissari di gara (art. 78); i mezzi di prova delle cause di esclusione dalle gare (art. 80); la qualificazione degli operatori economici negli appalti di lavori nei settori ordinari (art. 83); il rating di impresa e il sistema SOA (art. 84); i requisiti per la partecipazione a gare e esecuzione appalti per operatori economici sottoposti a fallimento o altre procedure di soluzione crisi di impresa (art. 110); la verifica rispetto percentuale di esternalizzazione affidamenti da parte dei concessionari (art. 177); i criteri dell’albo stazioni appaltanti che fanno affidamenti in house (art. 194); i requisiti di qualificazione del contraente generale (art. 197). Come rilevato dal Consiglio di Stato nel parere sullo schema di Decreto legislativo, a questi atti di attuazione vanno poi aggiunti quelli di competenza del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro delle infrastrutture e trasporti, di altri Ministri e della Consip (in numero, rispettivamente, di 4, 16, 15 e 1).

Di fronte a questo ampio ventaglio di ambiti di intervento, nel medesimo parere il Consiglio di Stato ha posto in rilievo il rischio che l’obiettivo di una regolamentazione sintetica, unitaria, e chiaramente conoscibile possa essere vanificato, con il rischio di riprodurre una disciplina di dettaglio attraverso atti sforniti dei requisiti di conoscibilità tipici della fonte normativa secondaria di carattere regolamentare (parere 1º aprile 2016, n. 855).

Ulteriori criticità ipotizzate dal Consiglio di Stato in conseguenza della “fuga” dal regolamento governativo risiedono nel conseguimento di livelli adeguati di qualità della regolazione, che la Legge delega ha posto come obiettivo fondamentale della nuova codificazione della materia dei contratti pubblici, attraverso il c.d. divieto di gold plating (art. 1, comma 1, lett. a) e gli altri criteri direttivi sopra esaminati.

Questi rilievi si sono tradotti, in sede di stesura del Codice, nell’emanazione di norme specifiche dedicate al procedimento di regolazione di competenza dell’Autorità nazionale anticorruzione. L’art. 213 dispone sul punto che per l’emanazione delle linee guida l’Autorità si doti degli strumenti tipici della better regulation impiegati dalle autorità amministrative indipendenti, ed in particolare di forme e metodi di consultazione, di analisi e di verifica dell’impatto della regolazione, di “codificazione” compilativa, attraverso la redazione di testi unici integrati, organici e omogenei per materia, di adeguata pubblicità, eventualmente anche sulla Gazzetta Ufficiale, come avviene per gli atti normativi del Governo. In particolare, le forme di consultazione e gli strumenti di analisi e verifica della regolazione dovrebbero contribuire a realizzare l’obiettivo di una semplificazione sostanziale del quadro normativo, dando così piena attuazione agli obiettivi di razionalizzazione e chiarezza indicati dalla Legge delega, mediante la partecipazione degli stakeholders e un’analisi preventiva di impatto nella fase “ascendente” dell’atto e, quindi, attraverso una verifica a posteriori sugli effetti della regolazione e sulla rispondenza di essi rispetto agli obiettivi fissati.

 

3. Natura giuridica degli atti di regolazione dell’ANAC.

Nell’ambito del composito quadro tracciato dalla Legge di delega e dal Codice poi emanato, si è posta la questione dell’inquadramento degli atti di regolazione dell’Autorità nazionale anticorruzione nel sistema delle fonti del diritto.

Il dubbio è sorto sull’impiego nel testo della Legge delega dell’espressione ossimorica regolamentazione flessibile (art. 1, comma 1, lett. t), la quale rivela ex se la complessità della loro classificazione dogmatica (DEODATO, (1)).

Recependo le indicazioni formulate dal Consiglio di Stato nel più volte menzionato parere, in sede di emanazione del Codice il Governo ha fatto ricorso al concetto di regolazione (art. 213, comma 1), nel cui novero ha ricondotto le linee guida, i bandi, contratti e capitolati - tipo, e gli altri «strumenti di regolamentazione flessibile, comunque denominati» (comma 2).

Nel medesimo parere il Consiglio di Stato ha espresso l’avviso secondo cui può essere attribuito carattere regolamentare, e conseguente capacità innovativa dell’ordinamento giuridico, alle linee guida destinate ad essere approvate in forma di decreti ministeriali o interministeriali. Più precisamente, ad essi deve essere riconosciuta la natura di regolamenti ministeriali, ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con i conseguenti corollari in termini di a) forza e valore dell’atto - in particolare: resistenza all’abrogazione da parte di fonti sotto - ordinate, disapplicabilità entro i limiti fissati dalla giurisprudenza amministrativa; b) forma e disciplina procedimentale stabilite dallo stesso comma 3 - ad esempio: comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione - e dal successivo comma 4; c) implicazioni sulla potestà regolamentare costituzionalmente riconosciuta alle Regioni (art. 117, sesto comma, Cost.), tenuto conto dell’esistenza nella materia dei contratti pubblici di titoli di competenza di queste ultime (cfr. Corte cost., sentenza 23 novembre 2007, n. 401). Peraltro, rispetto a quanto previsto dal citato art. 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988 per i regolamenti ministeriali, la Legge delega ha inteso aggravare il procedimento, prescrivendo in aggiunta il parere delle competenti Commissioni parlamentari, a testimonianza della delicatezza e importanza della materia (art. 1, comma 5).

Al contrario, in linea con l’avviso espresso dal Consiglio di Stato nel menzionato parere, le linee guida dell’ANAC, anche quelle di carattere vincolante, e gli altri atti innominati muniti di quest’ultima caratteristica (ad esempio: art. 31, comma 5, relativo ai requisiti e ai compiti del r. u. p. per i lavori di maggiore complessità; art. 197, comma 3, di definizione delle classifiche di qualificazione del contraente generale), non possono essere ritenuti atti normativi, ma atti amministrativi generali, inquadrabili nel novero degli atti di regolazione delle Autorità amministrative indipendenti, qualificazione che il Consiglio di Stato ha ritenuto attagliarsi all’Autorità anticorruzione. La flessibilità dello strumento regolatorio espressamente prevista dalla Legge delega e riprodotta dal Codice impediscono infatti di rintracciare in essi uno dei caratteri sostanziali tipico dell’atto normativo, ovvero la sua capacità di innovare l’ordinamento giuridico. Quindi, sulla base della premessa secondo cui le linee guida e gli altri strumenti di regolazione devono essere qualificati come atti amministrativi generali è conseguita in sede di redazione del Codice la descritta disciplina del procedimento di emanazione di tali atti, volta a ricondurre le fonti in questione entro modelli ormai consolidati.

Tuttavia, la conclusione cui è giunto il Consiglio di Stato in sede consultiva non sembra potersi estendere a tutte le linee guida cui è demandata l’attuazione del Codice, tra cui in particolare quelle previste dagli artt. 83 e 84, relative ai sistemi di qualificazione dei partecipanti a procedure di affidamento. In questi casi le linee guida sono infatti destinate ad intervenire attraverso disposizioni alle quali è difficile negare i caratteri della generalità, astrattezza e innovatività propri dell’atto normativo, tali da non poter rinvenire in essi i caratteri della settorialità e della tecnicità fondanti il potere regolatorio delle Autorità indipendenti (DEODATO, (1)). In questo caso si porrebbe la questione della legittimità sul piano costituzionale di una fonte normativa secondaria non contemplata nel sistema tipico e tassativo previsto nel nostro ordinamento giuridico per i regolamenti, non suscettibile di essere superata sulla sola base del carattere partecipato del procedimento di formazione dell’atto, suggerito dal Consiglio di Stato in sede di parere sullo schema di Decreto legislativo.

 

 

III QUESTIONI APERTE

1. Linee guida e tutela giurisdizionale.

L’incerta natura giuridica e collocazione sistematica delle linee guida vincolanti (non approvate con decreto ministeriale) nel sistema della fonti si riflette sul regime di tutela giurisdizionale dei cittadini e delle imprese, oltre che sul comportamento delle stazioni appaltanti.

Queste ultime sono certamente tenute a conformarsi alle linee guida formulate dall’Autorità nei propri atti di regolazione, sempreché il precetto emerga in modo chiaro e comprensibile. L’eventuale difformità degli atti adottati dalle stazioni appaltanti comporterà certamente la loro illegittimità, potendosi discutere unicamente se essa è inquadrabile nel vizio di violazione di legge o eccesso di potere. Nel caso in cui gli atti siano invece conformi alle linee guida, i soggetti che intendano contestarli dovranno impugnare in sede giurisdizionale non solo questi ultimi ma anche le linee guida, secondo lo schema della doppia impugnazione dell’atto applicativo e di quello (amministrativo generale) presupposto, a pena di inammissibilità del ricorso. A diversa conclusione deve invece giungersi laddove si ritenga che il precetto contenuto nelle linee guida abbia sostanza di regolamento, in ragione del potere di disapplicazione previsto in caso di contrasto di questo con la legge primaria (cfr., da ultimo, Cons. St., IV, 8 febbraio 2016, n. 475, 14 luglio 2014, n. 3623).

Al contrario di quanto rilevato per le linee guida vincolanti, in caso di linee guida non vincolanti nessun obbligo di conformazione è configurabile nei confronti delle stazioni appaltanti. Tuttavia, in linea con i principi generali di diritto amministrativo in materia di circolari, cui questa fonte di produzione è assimilabile sotto questo profilo, le stazioni appaltanti saranno soggette ad un onere di motivazione puntuale circa le ragioni che hanno invece condotto nel singolo caso ad una soluzione diversa rispetto a quella prevista in generale, diversamente da quanto loro imposto nel caso contrario. Da questa angolazione si profila quindi un ambito ulteriore di sindacato giurisdizionale rispetto alle determinazioni adottati dalle stazioni appaltanti in sede di giudizio di impugnazione contro gli atti di una procedura di affidamento.

Questa eventualità pone in evidenza i rischi che, a dispetto del loro carattere di raccomandazioni, una eccessiva produzione di linee guida non vincolanti possa comportare, in termini di iper - regolamentazione di dettaglio, con l’inevitabile corollario di un appesantimento dell’azione amministrativa. Ciò che il Legislatore ha proprio inteso superare con il nuovo strumento regolatorio e l’eliminazione del regolamento generale di esecuzione del Codice. Sotto questo profilo si rivela allora fondamentale l’impiego effettivo degli strumenti della better regulation suggeriti dal Consiglio di Stato in sede di parere allo schema di Decreto legislativo (parere 1º aprile 2016, n. 855), ed in particolare della valutazione di impatto della regolamentazione.

 

BIBLIOGRAFIA: (1) C. DEODATO, Le linee guida dell’ANAC: una nuova fonte del diritto?, in www.giustizia-amministrativa.it.