Tar Puglia, Lecce sez. III, 1 agosto 2016, n. 1318

1. Il possesso dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 38 del D.lgs. n. 163 deve persistere per tutta la durata della gara sino alla stipula del contratto di appalto.

2. La condanna riportata da un soggetto cessato dalla carica ricoperta in un'impresa concorrente è causa di esclusione dalla gara laddove non emerga dagli atti una dissociazione effettiva dell'impresa medesima ovvero la stessa non abbia adottato atti e misure di completa dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata.

3. L'erogazione di un'indennità risarcitoria meramente simbolica da parte del soggetto condannato non integra quei requisiti di effettività che devono corredare la dissociazione dell'impresa dalla condotta penalmente sanzionata da egli tenuta.

 

 

 

-omissis-

 

R.T.I. AVR S.p.A. - Impresa Sangalli Giancarlo & C. S.r.l. e Teorema S.p.A., in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Vagnucci C.F. VGNFNC71S12H501P, Lorenzo Durano C.F. DRNLNZ53E11B180G e Maurizio Boifava C.F. BFVMRZ64P23F205K, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. in Lecce, via F. Rubichi 23;

 

contro

ARO 2/TA, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Misserini C.F. MSSGPP73D01L049G, con domicilio eletto presso Agnese Caprioli in Lecce, via Luigi Scarambone, 56;

 
Comune di Martina Franca, non costituito in giudizio;

 

nei confronti di

R.T.I. Monteco S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Domenico Mastrolia C.F. MSTDNC76A10D862E e Federico Massa C.F. MSSFRC56H29E506Y, con domicilio eletto presso Federico Massa in Lecce, via Montello, 13/A;

 

per l'annullamento

della determinazione dirigenziale n° 150 del 6 Maggio 2016, trasmessa in allegato alla nota di comunicazione del R.U.P. prot. n° 27796 del 9 Maggio 2016, con cui il Comune di Martina Franca, quale capofila dell’ARO 2/TA, a seguito della procedura di verifica del possesso dei requisiti di cui all’art. 38 del Decreto Legislativo 12 Aprile 2006 n° 163 in capo al R.T.I. ricorrente, lo ha escluso dalla procedura aperta di gara per l’affidamento del servizio di igiene urbana nei Comuni dell’ARO 2/TA “per mancanza del requisito di ordine generale di cui all’art. 38, comma 1 lettera c), del D. Lgs. 163/2006, richiesto a pena di esclusione”, disponendo l’annullamento dell’aggiudicazione provvisoria in suo favore di cui alla determina n° 22 del 22 Gennaio 2016, la segnalazione dell’esclusione predetta all’ANAC per i provvedimenti di cui all’art. 6 comma 11 e 38 comma 1-ter del Decreto Legislativo n° 163/2006 e l’aggiudicazione definitiva dell’appalto di servizi al R.T.I. facente capo alla Monteco S.r.l., con l’escussione ex art. 75 Decreto Legislativo n° 163/2006 della cauzione provvisoria prestata in data 28 Gennaio 2016 dal R.T.I. ricorrente;

di ogni altro atto o provvedimento connesso della stazione appaltante;

 

e per la declaratoria

di nullità, ex art. 46 comma 1-bis del Decreto Legislativo n° 163/2006, della sanzione espulsiva avversata e per la condanna della stazione appaltante intimata alla reintegrazione in forma specifica del danno mediante riammissione in gara del R.T.I. ricorrente e alla conseguente aggiudicazione definitiva in suo favore, con declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato e, in via subordinata, al risarcimento del danno per equivalente monetario.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di ARO 2/TA e di R.T.I. Monteco S.r.l.;

Visto il ricorso incidentale proposto dal ricorrente incidentale R.T.I. Monteco S.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 Luglio 2016 il Cons. Dott. Enrico d'Arpe e uditi per le parti i difensori gli avv.ti Maurizio Boifava, Francesco Vagnucci, Giuseppe Misserini, Federico Massa e Domenico Mastrolia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Il R.T.I. ricorrente impugna la determinazione dirigenziale n° 150 del 6 Maggio 2016 (trasmessa in allegato alla nota di comunicazione del R.U.P. prot. n° 27796 del 9 Maggio 2016), con cui il Comune di Martina Franca, quale capofila dell’ARO 2/TA, a seguito della procedura di verifica del possesso dei requisiti di cui all’art. 38 del Decreto Legislativo 12 Aprile 2006 n° 163 in capo al R.T.I. ricorrente (terzo classificato e aggiudicatario in via provvisoria, dopo l’esclusione dei concorrenti classificati al primo e al secondo posto), lo ha escluso dalla procedura aperta di gara (indetta in data 1° Dicembre 2014) per l’affidamento del servizio di igiene urbana nei Comuni dell’ARO 2/TA “per mancanza del requisito di ordine generale di cui all’art. 38, comma 1 lettera c), del D. Lgs. 163/2006, richiesto a pena di esclusione”, disponendo l’annullamento dell’aggiudicazione provvisoria in suo favore di cui alla determina n° 22 del 22 Gennaio 2016, la segnalazione dell’esclusione predetta all’ANAC per i provvedimenti di cui all’art. 6 comma 11 e 38 comma 1-ter del Decreto Legislativo n° 163/2006 e l’aggiudicazione definitiva dell’appalto di servizi di che trattasi al R.T.I. controinteressato facente capo alla Monteco S.r.l. (quarto classificato in graduatoria), con l’escussione ex art. 75 Decreto Legislativo n° 163/2006 della cauzione provvisoria prestata in data 28 Gennaio 2016 dal R.T.I. ricorrente, nonché ogni altro atto o provvedimento connesso della stazione appaltante. Chiede, altresì, la declaratoria di nullità, ex art. 46 comma 1-bis del Decreto Legislativo n° 163/2006, della sanzione espulsiva avversata e la condanna della stazione appaltante intimata alla reintegrazione in forma specifica del danno mediante riammissione in gara del R.T.I. ricorrente e alla conseguente aggiudicazione definitiva in suo favore, con declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato e, in via subordinata, al risarcimento del danno per equivalente monetario.

A sostegno del ricorso principale sono stati formulati i seguenti motivi di gravame.

Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, comma 1 lett. c, e comma 2 e 2-bis, del Decreto Legislativo n° 163/2006 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 46, comma 1 bis, del Decreto Legislativo n° 163/2006 – Eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà, illogicità, travisamento dei fatti ed ingiustizia manifesta.

Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, comma 1 lett. c, e comma 2 e 2-bis, del Decreto Legislativo n° 163/2006 – Violazione e falsa applicazione della lex specialis – Violazione e falsa applicazione degli artt. 75 e 76 D.P.R. n° 445/2000 – Eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà, illogicità, travisamento dei fatti ed ingiustizia manifesta – Illegittimità derivata.

Violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 75 del Decreto Legislativo n° 163/2006 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 48 del Decreto Legislativo n° 163/2006 – Eccesso di potere per difetto dei presupposti di fatto, contraddittorietà ed ingiustizia manifesta – Illegittimità derivata.

Dopo avere diffusamente illustrato il fondamento giuridico delle domande azionate, il R.T.I. ricorrente concludeva come sopra riportato.

Si sono costituiti in giudizio l’ARO 2/TA e il R.T.I. facente capo alla Monteco S.r.l., depositando memorie difensive con le quali hanno puntualmente replicato alle argomentazioni della controparte, concludendo per la declaratoria di inammissibilità ed, in ogni caso, per la reiezione del ricorso principale.

Con ricorso incidentale notificato in data 27 Giugno 2016, il R.T.I. facente capo alla Monteco S.r.l. ha interposto gravame incidentale impugnando tutti gli atti e i provvedimenti della gara indetta dall’ARO 2/TA (lesivi dell’interesse del ricorrente incidentale) nella parte in cui non hanno disposto l’immediata esclusione dalla gara de qua del R.T.I. ricorrente principale anche per gli ulteriori motivi indicati nel gravame incidentale.

Alla pubblica udienza del 26 Luglio 2016, su richiesta di tutte le parti (che hanno rinunciato ai termini a difesa), la causa è stata posta in decisione.

Il Collegio ritiene possibile, per ragioni di economia processuale, prescindere dall’esame prioritario del ricorso incidentale “escludente” interposto dal controinteressato R.T.I. Monteco S.r.l., poichè il ricorso principale proposto dal R.T.I. facente capo alla AVR S.p.A. è sicuramente infondato nel merito e va respinto (Cfr.: Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 7 Aprile 2011 n° 4; 25 Febbraio 2014 n° 9).

E’ agevole, infatti, rilevare - in primo luogo - che l’impugnata determinazione dirigenziale n° 150/2016 appare pienamente legittima, risultando - effettivamente - mancante in capo al R.T.I. ricorrente in via principale il requisito generale di cui all’art. 38 primo comma lett. c) del Decreto Legislativo 12 Aprile 2006 n° 163 e ss.mm., in ragione vuoi della sentenza di condanna ex art. 444 c.p.p. (emanata dal Tribunale di Monza il 19 Gennaio 2015 e, comunque, attualmente passata in giudicato) per un reato grave che incide sulla moralità professionale (Turbata libertà degli incanti) pronunciata nei confronti dell’Ing. Fortunato Deleidi (Direttore Tecnico della mandante Sangalli Giancarlo & C. S.r.l. cessato dalla carica nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara), tenuto conto che, alla stregua dell’insegnamento giurisprudenziale consolidato, il possesso dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 38 del Decreto Legislativo 12 Aprile 2006 n° 163 e ss.mm. deve persistere per tutta la durata della gara sino alla stipula del contratto di appalto, vuoi della evidente inadeguatezza della prova dell’intervenuta effettiva e completa (sostanziale) dissociazione della mandante Sangalli Giancarlo & C. S.r.l. dalla condotta penalmente sanzionata serbata dal predetto Ing. Deleidi (considerato che emerge, invece, “per tabulas” che quest’ultimo è stato destinatario di un trattamento di favore della predetta Società che lo ha mantenuto per lungo tempo nel ruolo di Direttore Operativo della Sangalli Giancarlo & C. S.r.l. concedendogli, a fronte della commissione di un grave reato incidente sulla moralità professionale della Impresa, di corrispondere un’indennità risarcitoria quasi “simbolica” in misura pari ad una sola mensilità del compenso ad esso spettante), vuoi perché il c.d. soccorso istruttorio “rinforzato”previsto dall’art. 38 comma 2-bis del Decreto Legislativo n° 163/2006 e ss.mm. non è possibile nel caso di carenza sostanziale ed oggettiva del requisito di partecipazione (Cfr.: T.A.R. Piemonte, I Sezione, 18 Dicembre 2015 n° 1773).

Inoltre, si osserva che, ai sensi dell’art. 48 del Decreto Legislativo 12 Aprile 2006 n° 163 e ss.mm., nei confronti del R.T.I. che non comprova il possesso dei requisiti autodichiarati, le stazioni appaltanti procedono - “tout court” -, oltre che all’esclusione dalla gara, anche alla segnalazione del fatto all’ANAC e all’escussione della cauzione provvisoria (Cfr. “ex multis”: T.A.R. Lazio - Roma, II Sezione, 22 Marzo 2016 n° 3580; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 10 dicembre 2014 n° 34).

Infine, ad avviso del Tribunale, va disattesa (per manifesta irrilevanza) la questione pregiudiziale comunitaria (inerente la compatibilità con il diritto eurounitario di talune prescrizioni dettate dall’art. 38 primo comma lettera “c” del Decreto Legislativo n° 163/2006), sollevata (in via subordinata) dalla parte ricorrente (nell’ambito del primo motivo di gravame), apparendo mal calibrato il richiamo al precedente (asseritamente) costituito dalla ordinanza n° 1160/2016 della VI Sezione del Consiglio di Stato, in quanto nella fattispecie concreta oggetto del presente giudizio si è in presenza di una vicenda penale ormai definita con sentenza irrevocabile.

Per le ragioni sopra sinteticamente illustrate il ricorso principale deve essere respinto, con la conseguente inammissibilità, per carenza di interesse, del ricorso incidentale proposto dal R.T.I. facente capo alla Monteco S.r.l..

Sussistono, tuttavia, gravi ed eccezionali motivi (l’assoluta novità di talune delle questioni oggetto della causa) per disporre la compensazione integrale tra le parti delle spese processuali.

 

-omissis-

GUIDA ALLA LETTURA

 

L'articolo 38, comma 1, lettera c) del dD.lgs. n. 163 del 2006 (sostituito dall'art. 80, comma 1, del nuovo Codice) prevede quale causa tassativa di esclusione dalla gare d’appalto la condanna, con sentenza passata in giudicato, per uno o più reati di partecipazione ad un’organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio nonché per tutti i per reati gravi commessi in danno dello Stato o della Comunità, che incidono sulla moralità professionale.

L’esclusione o il divieto operano anche se la sentenza o il decreto sono stati emessi nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l’impresa non dimostri che vi sia stata completa ed effettiva dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata. Infatti, il giudizio d'inidoneità morale degli imprenditori persone giuridiche poggia sulla convinzione che vi sia la presunzione che la condotta penalmente riprovevole di quelle persone fisiche che esercitino o abbiano esercitato di recente un ruolo rilevante all'interno dell'impresa, abbia inquinato l'organizzazione aziendale. Tale presunzione è assoluta nel caso in cui il soggetto ancora svolga un ruolo all'interno dell'organizzazione di impresa, mentre è relativa, consentendo così all'impresa di fornire la prova contraria, nel caso in cui questo sia cessato dalla carica e non sia ancora trascorso quel lasso di tempo, che ragionevolmente consente di ritenere il venir meno dell'influenza negativa recata dal soggetto medesimo[1].

La giurisprudenza amministrativa interpreta la previsione normativa che impone all’impresa la prova della dissociazione secondo un criterio di equilibrio e proporzionalità, onde evitare il raggiungimento di conclusioni eccessivamente punitive che possono comportare una sostanziale paralisi di attività imprenditoriali, senza una reale ragione di interesse generale sufficiente a giustificare tali esiti di assoluto rigore[2].

In quest’ottica, se da un lato la dissociazione, non trattandosi di istituto giuridico codificato, può aver luogo in svariate forme, purché risulti esistente, effettiva (e non solo annunciata), univoca e completa, dall’altro le concrete modalità di soddisfacimento dell’onere probatorio richiesto all’impresa non possono essere individuate aprioristicamente ma vanno correttamente parametrate alla peculiarità del caso specifico oggetto di valutazione.

Seguendo questa linea interpretativa si è giunti a sostenere che  la dimostrazione della dissociazione può essere fornita anche attraverso la semplice produzione di un verbale dell'assemblea della società in cui sia chiaramente indicata la volontà di dissociazione; e ciò pur laddove la società abbia  meramente dichiarato l'intenzione di riservarsi la possibilità di intentare una causa civile di responsabilità nei confronti del soggetto cessato e non anche dimostrato di averla concretamente iniziata. La scelta di intraprendere o meno l’azione di responsabilità risponde, infatti, a una serie di valutazioni spettanti alla compagine sociale e connesse a molteplici fattori (quali la sussistenza e la possibilità di dimostrare un danno risarcibile derivante dalla condotta illecita dell’amministratore, nonché l’entità del danno stesso), che rispondono a logiche giuscivilistiche differenti rispetto agli interessi tutelati dalla previsione sulla dissociazione.

Non appare dunque congruo imporre in ogni caso alla società, al solo fine strumentale di poter continuare a partecipare a gare pubbliche, l’avvio dell’azione di responsabilità contro l’amministratore al solo fine di dimostrare la concreta dissociazione dal suo operato[3].

Analogamente, sempre nell'applicazione del richiamato criterio di equità e proporzionalità, è stato affermato che la sanzione del licenziamento per giustificato motivo oggettivo (anziché per giusta causa), atteso il suo carattere di estrema afflittività per il dipendente, appare certamente idonea a integrare il presupposto della "completa ed effettiva dissociazione.” Non rileva, infatti, a tali fini, il titolo del disposto licenziamento (per giustificato motivo oggettivo piuttosto che per giusta causa), ovvero le formule verbali utilizzate, idonee a salvaguardare la dignità professionale del lavoratore licenziato, ma pur sempre nell'ambito dell'adozione nei suoi confronti della misura massimamente afflittiva[4].

Ancora, si è sostenuto che costituirebbe un indice di non dissociazione, per violazione del dovere di leale collaborazione, la mancata tempestiva comunicazione alla stazione appaltante dello sviluppo delle vicende penalmente rilevanti riguardanti i soggetti menzionati nell’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006[5].

Con riferimento a un caso analogo a quello appena descritto, la VI sezione del Consiglio di Stato[6] ha recentemente rimesso alla Corte di Giustizia Europea la questione pregiudiziale della compatibilità con il diritto euro-unitario della previsione di cui al richiamato art. 38, comma 1, lett. c),  nella parte in cui estende ai soggetti cessati dalle cariche sociali ivi specificate nell’anno antecedente la pubblicazione del bando di gara la causa di esclusione costituita dalla pronuncia di condanna per i reati contemplati nella citata disposizione legislativa, “qualora l’impresa non dimostri che vi sia stata completa ed effettiva dissociazione della condotta penalmente sanzionata”.

A parere del Collegio la norma in esame si porrebbe in attrito con l’art. 45, paragrafi 2, lettere c) e g), e 3, lett. a) della Direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 del 31 marzo 2004, oltre che con i principi di diritto europeo di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, di parità di trattamento, di proporzionalità e di trasparenza, di divieto di aggravio del procedimento e di massima apertura alla concorrenza del mercato degli appalti pubblici, nonché di tassatività e determinatezza delle fattispecie sanzionatorie.

Essa attribuisce, infatti, alla discrezionalità della stazione appaltante la valutazione sull’integrazione della condotta dissociativa e consente di introdurre, su un piano effettuale, a pena di esclusione dalla gara:

(i) oneri informativi e dichiarativi relativi a vicende penali non ancora definite con sentenza irrevocabile (e, quindi, per definizione di esito incerto), non previsti dalla legge neppure in ordine ai soggetti in carica;

(ii) oneri di dissociazione spontanea, indeterminati quanto alla tipologia delle condotte scriminanti, al relativo riferimento temporale (anche anticipato rispetto al momento di irrevocabilità della sentenza penale) e alla fase della procedura in cui devono essere assolti;

(iii) oneri di leale collaborazione dal contorno indefinito, se non con richiamo alla clausola generale della buona fede.

Nel caso sottoposto allo scrutinio della VI sezione la stazione appaltante aveva escluso un raggruppamento di imprese dalla gara in ragione dell’insufficiente e tardiva dimostrazione della dissociazione dalla condotta penalmente rilevante di un ex amministratore, desunta principalmente dall’elemento indiziario costituito dalla mancata tempestiva comunicazione degli eventi penalmente rilevanti concernenti tale soggetto, qualificata come violazione del dovere di leale collaborazione. Dette vicende erano state oggetto di una pronuncia di condanna pubblicata e divenuta irrevocabile successivamente alle dichiarazioni rese dall'impresa sull’assenza di cause ostative ex art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006, con conseguente inconfigurabilità della causa escludente della falsità delle dichiarazioni, sorgendo l’obbligo dichiarativo solo con l’irrevocabilità delle sentenze penali contemplate dalla citata disposizione normativa (anche l’art. 45 della Direttiva 2004/18/CE richiede la definitività della sentenza penale).

Quanto alla portata dell’obbligo dichiarativo in parola, sempre l’articolo 38, al comma 2, dispone che il concorrente, nell’attestare il possesso dei requisiti, debba indicare tutte le condanne penali riportate, comprese quelle per le quali abbia beneficiato della non menzione. In proposito è stato chiarito che spetta all’amministrazione il giudizio sulla gravità delle eventuali condanne riportate, per cui è obbligo del concorrente dichiarare tutti i pregiudizi penali subiti, non competendo ad egli la valutazione circa la gravità del reato ascrittogli, perché ciò si risolverebbe nella privazione in capo alla stazione appaltante di conoscenze indispensabili per delibare in ordine all’incidenza del precedente penale sulla moralità professionale e sulla gravità del medesimo[7].

Ne consegue che, in caso di omessa dichiarazione di condanne penali riportate, è legittimo il provvedimento di esclusione, non potendosi configurare in capo alla stazione appaltante l’ulteriore obbligo di vagliare la gravità del precedente penale di cui è stata omessa la dichiarazione e conseguendo il provvedimento espulsivo all’omissione della prescritta dichiarazione[8].

In questi casi non ha alcun rilievo la buona fede dell'impresa ricorrente, eventualmente maturata con riferimento alla circostanza di non aver potuto conoscere per tempo delle vicende penali dei soggetti da essa nominati con funzioni di responsabilità e rappresentatività, ciò in quanto la sanzione dell’esclusione dalla gara non presuppone un comportamento doloso o colposo della concorrente, essendo invece finalizzata alla tutela dell’amministrazione nella delicata attività degli appalti[9].

Oltre alla suddetta sanzione espulsiva, l’omessa dichiarazione dei precedenti penali determina la segnalazione all’ANAC delle predetta esclusione e l'escussione della cauzione provvisoria prestata dall'aggiudicataria, ciò ai sensi, rispettivamente, dell’art. 38, comma 1ter e dell’articolo 75, comma 6 del D.lgs. n. 163 del 2006.

Sul punto la giurisprudenza ha precisato che tali due conseguenze si producono automaticamente anche nel caso di difetto dei requisiti generali di cui al citato articolo 38[10].

Più in chiaro, la possibilità di segnalare all'Autorità di vigilanza tutte le false dichiarazioni rese in sede di gara, ivi comprese quelle relative ai requisiti di carattere generale, anche con riferimento alla escussione, discende, non dall'art. 48 (che si riferisce esclusivamente alla mancata prova circa il possesso dei requisiti speciali), ma direttamente dall'art. 75, comma 6, del D.lgs. n. 163 del 2006[11], che riguarda tutte le ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell'affidatario, intendendosi per fatto dell'affidatario qualunque ostacolo alla stipulazione a lui riconducibile, dunque non solo il rifiuto di stipulare o il difetto di requisiti speciali, ma anche il difetto di requisiti generali prescritti dalla legge ai fine della partecipazione alla gara.

L'incameramento della cauzione provvisoria può quindi essere disposto anche a fronte di dichiarazioni non veritiere rese a norma dell'art. 38 del D.lgs. n. 163 del 2006, dovendosi privilegiare l'altra funzione della cauzione, intesa come garanzia del rispetto dell'ampio patto d'integrità cui si vincola chi partecipa a gare pubbliche[12].

Porta a concludere nel senso sopra sostenuto anche la previsione contenuta nell'art. 49 del medesimo d. lgs., che, sia pure nell'ambito della disciplina dell'avvalimento, ma con valenza sistematica (ai sensi degli articoli 1362 e seguenti codice civile) sotto il profilo interpretativo, al comma 3, prevede che "nel caso di dichiarazioni mendaci, ferma restando l'applicazione dell'articolo 38, lettera h nei confronti dei sottoscrittori, la stazione appaltante esclude il concorrente (non già il solo aggiudicatario) e escute la garanzia"[13].

Applicando i delineati principi la III sezione del Tar Lecce ha respinto il ricorso presentato da un raggruppamento di imprese che era risultato aggiudicatario in via provvisoria di una gara dalla quale era stato successivamente escluso (con contestuale annullamento della temporanea aggiudicazione) a causa dell'esito negativo del controllo effettuato in ordine al possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura.

Dalla suddetta verifica era, in particolare, emersa la mancanza in capo al RTI del requisito generale di cui all'art. 38, comma 1, lett. c) del D.lgs. 163/2006 in ragione di una sentenza, passata in giudicato dopo la dichiarazione rilasciata dal raggruppamento in sede di gara, con la quale era stata pronunciata la condanna del direttore tecnico della mandante per un reato grave e incidente sulla moralità professionale  dell'impresa (turbata libertà degli incanti).

In conseguenza di ciò, la stazione appaltante aveva disposto l'esclusione del raggruppamento dalla gara insieme al contestuale annullamento dell’aggiudicazione provvisoria in suo favore, alla segnalazione dell’esclusione predetta all’ANAC e all'escussione della cauzione provvisoria.

La Sezione ha ritenuto legittimo il gravato provvedimento sulla scorta del consolidato insegnamento giurisprudenziale secondo cui il possesso dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 38 del D.lgs. n. 163 deve persistere per tutta la durata della gara sino alla stipula del contratto di appalto.

Nella specie il requisito “negativo” di cui al comma 1 – lett. c) del richiamato art. 38 è venuto meno nel corso della gara, quando è divenuta irrevocabile una pronuncia di condanna emessa a carico di un soggetto cessato da una carica ricoperta in una delle imprese associate per un reato di sicura gravità e incidenza sulla moralità professionale.

D'altra parte, l'aggiudicataria non è riuscita a fornire una prova adeguata circa l’effettiva e completa  dissociazione della mandante dalla condotta penalmente sanzionata serbata dal suo direttore tecnico. E' emerso, infatti, dagli atti di causa che quest’ultimo sia stato destinatario di un trattamento di favore da parte della società, che lo ha mantenuto per lungo tempo nel ruolo di direttore operativo, concedendogli, a fronte della commissione di un grave reato incidente sulla moralità professionale della impresa, di corrispondere un’indennità risarcitoria quasi “simbolica” in misura pari ad una sola mensilità del compenso ad esso spettante

Nè, rileva il Collegio, la riscontrata carenza sostanziale ed oggettiva del requisito di partecipazione poteva essere sanata attivando il c.d. soccorso istruttorio “rinforzato” previsto dall’art. 38 comma 2-bis del D.lgs. n. 163/2006[14].

Il Tribunale ha, inoltre, ritenuto legittimo il provvedimento impugnato anche nella parte in cui è disposta la segnalazione del fatto accertato in sede di controllo all’ANAC e l'incameramento della cauzione provvisoria nei confronti del R.T.I., ritenendo tale decisione automaticamente legata alla mancata prova circa il possesso dei requisiti di partecipazione alla gara precedentemente autodichiarati.

Infine, ad avviso del Tribunale, va disattesa (per manifesta irrilevanza) la questione pregiudiziale comunitaria (inerente la compatibilità con il diritto eurounitario di talune prescrizioni dettate dall’art. 38 primo comma lettera “c” del Decreto Legislativo n° 163/2006), sollevata (in via subordinata) dalla parte ricorrente, “apparendo mal calibrato il richiamo al precedente (asseritamente) costituito dalla ordinanza n° 1160/2016 della VI Sezione del Consiglio di Stato, in quanto nella fattispecie concreta oggetto del presente giudizio si è in presenza di una vicenda penale ormai definita con sentenza irrevocabile.”[15]

 

[1] Cfr., in termini, Tar Calabria - Catanzaro sez. II, sentenza n. 1100 del 28.07.2008.

[2] Cfr., in termini, Tar Campania, sez. III, sentenza n. 5965 del 20.12.2013.

[3] Cfr., ex plurimis, Tar Sardegna Cagliari sez. I, sentenza n. 1152 del 04.12.2015; Tar Sicilia - Palermo sez. III, sentenza n. 2914 del 18.11.2014;  Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 3992 del 28.07.2014; Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 6694 del 14.09.2010; Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 4804 dell'11.09.2007.

[4] Cfr.  Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 1024 del 15.03.2016.

[5] Cfr.  Consiglio di Stato sez. IV, sentenza n. 6284 del 22.12.2014 (confermativa della sentenza di primo grado del Tar per il Friuli-Venezia-Giulia n. 456 del 27.08.2014.

[6] Cfr. Consiglio di Stato sez. VI, ordinanza 1160 del 21.03.2016.

[7] Cfr. Consiglio di Stato sez. V, sentenza 5451 del 02.12.2015.

[8] Cfr., tra le tante, Consiglio di Stato sez. III, sentenza n. 8 del 4.01.2012; Consiglio di Stato sez. IV, sentenza n. 6153 del 22.11.2011. E’ ius receptum che spetta all’amministrazione, e non all’impresa partecipante alla gara, il giudizio sulla gravità delle condanne riportate, sicché è obbligo del concorrente dichiarare tutti i pregiudizi penali subiti (Cfr., tra le tante, Consiglio di Stato sez. IV, sentenza n. 6153 del 22.11.2011). Corollario di tali principi è la legittimità del provvedimento espulsivo, ove ricorra la omessa dichiarazione delle condanne riportate, conseguendo la statuizione espulsiva alla omessa dichiarazione (Cfr. tra le tante, Consiglio di Stato sez. III, sentenza n. 4543 del 2014; n. 5674 del 2011; 2257 del 2011; 2334 del 2011; 1909 del 2010).

[9] Cfr. Consiglio di Stato sez. V, sentenza 5451 del 02.12.2015.

[10] Cfr., Consiglio di Stato sez. IV, sentenza n. 1389 del 24.03.2014; Consiglio di Stato sez. VI, sentenza n. 3646 del 2012; Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, sentenza n. 8 del 2012; Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, sentenza n. 34 del 10.12.2014

[11] “La garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell'affidatario, ed è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto medesimo.”

[12] Cfr. Consiglio di Stato sez. V, sentenza 775 del 25.02.2016.

[13] Cfr. Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, sentenza n. 34 del 10.12.2014.

[14] Sul punto cfr.  Tar Piemonte sez. I, sentenza n. 1773 del 18.12.2015.

[15] Questo passaggio della motivazione appare a chi scrive di difficile comprensione atteso che, a dispetto di quanto affermato in sentenza, la vicenda in esame, per come descritta nella parte narrativa, appare molto simile, se non addirittura sovrapponibile a quella trattata dalla VI sezione del Consiglio di Stato nell' ordinanza 1160 del 21.03.2016. Probabilmente dagli atti di causa la differenza fra le due fattispecie dovrebbe emergere con maggiore chiarezza.