TAR Lombardia – Milano, Sezione I, 14 luglio 2016, n. 1423

1.        Ai sensi dell’art. 38, comma 2 bis, del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale nelle dichiarazioni sostitutive volte ad accertare i requisiti di partecipazione alla gara, obbligano il concorrente che vi ha dato causa al pagamento della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, a prescindere dalla circostanza che questi aderisca o meno all’invito a sanare detta irregolarità[1].

2.        La direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, non essendo “self-executing”, non può trovare applicazione diretta nell’ordinamento giuridico interno e non può dunque imporre un vincolo di interpretazione del diritto nazionale conforme alla direttiva stessa che comporti uno stravolgimento del significato letterale delle norme interne[2].

 

[1] Conformi: T.A.R. Emilia Romagna - Parma, Sezione I, 29 febbraio 2016, n. 66; T.A.R. Abruzzo – L’Aquila, Sezione I, 25 novembre 2015, n. 784. In senso contrario: determinazione ANAC 8 gennaio 2015, n. 1.

[2] Conformi: Consiglio di Stato, Sezione III, 25 novembre 2015, n. 5359; Consiglio di Stato, Sezione V, 11 settembre 2015, n. 4253; Consiglio di Stato, Sezione VI, 26 maggio 2015, n. 2660.

 

 

 

 

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 689 del 2016, proposto da: 
Consorzio Stabile Progettisti Costruttori, rappresentato e difeso dall'avvocato Pietro De Luca, con domicilio eletto presso Federico De Luca in Milano, via Petrella, 20; 

contro

Comune di Milano, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonello Mandarano, Stefania Pagano e Danilo Parvopasso, domiciliato in Milano, via della Guastalla, 6; 

per l'annullamento

del provvedimento del Comune di Milano prot. n. 89171/16 del 17 febbraio 2016, avente ad oggetto soccorso istruttorio, esclusione ed irrogazione della sanzione pecuniaria di euro 7.204,53 in appalto di lavori di demolizione e ricostruzione scuola elementare; della conferma della succitata nota del 23 febbraio 2016; della comunicazione del 3 marzo 2016 di esclusione dalla gara e di recupero coattivo della sanzione pecuniaria; dei verbali di gara del 10-11-12 febbraio 2016.


 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Milano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 luglio 2016 la dott.ssa Elena Quadri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO e DIRITTO

Con il presente ricorso l’istante ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe, con i quali il comune di Milano ha irrogato allo stesso una sanzione pecuniaria di euro 7.204,53 ai sensi dell’art. 38, comma 2 bis, del d.lgs. n. 163 del 2006 per non aver presentato il Protocollo d’Intesa e per non aver sottoscritto il Patto d’Integrità, come, invece, previsto dal punto 12 del bando di gara.

Il ricorso riveste, in particolare, il profilo dell’irrogazione di tale sanzione, avvenuta nonostante l’acquiescenza dell’istante all’esclusione dalla gara e senza, dunque, adesione al soccorso istruttorio.

A sostegno del proprio gravame il ricorrente ha dedotto, più specificamente, la violazione e falsa applicazione degli artt. 38, comma 2-bis e 46, comma 1-ter, del d.lgs. n. 163/2006, delle direttive ANAC, degli artt. 41, comma 1 e 97, comma 1, della Costituzione e dell’art. 59, paragrafo 4, secondo capoverso, della direttiva 2014/24/UE, oltre che l’eccesso di potere per sviamento.

Si è costituito il Comune intimato, che ha chiesto la reiezione del ricorso per infondatezza nel merito.

Successivamente le parti hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.

All’udienza pubblica del 6 luglio 2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il collegio, dopo un’approfondita delibazione degli atti della controversia, ritiene di aderire al maggioritario orientamento formatosi in relazione all’interpretazione dell’art. 38, comma 2-bis, del d.lgs. n. 163/2006, come inserito dall'art. 39, comma 1, del d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, testo non più in vigore, ma applicabile alla fattispecie in questione, che così recitava: “La mancanza, l'incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma 2 obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all'uno per mille e non superiore all'uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro, il cui versamento è garantito dalla cauzione provvisoria. In tal caso, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. Nei casi di irregolarità non essenziali, ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili, la stazione appaltante non ne richiede la regolarizzazione, né applica alcuna sanzione. In caso di inutile decorso del termine di cui al secondo periodo il concorrente è escluso dalla gara (…)”.

Ed invero, secondo tale maggioritario orientamento giurisprudenziale: “In primo luogo, soccorre l’argomento testuale. Il comma 2 bis dell’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, infatti, chiarisce che è la mancanza, l'incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale nelle dichiarazioni sostitutive volte ad accertare i requisiti di partecipazione alle procedure di gara, in sé per sé considerate, ad obbligare il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara.

Qualora l’irregolarità in cui è incorso il concorrente sia essenziale, infatti, la disposizione prevede, da un lato, il pagamento della sanzione pecuniaria nell’importo stabilito dal bando di gara e garantito dalla cauzione provvisoria, dall’altro, che la stazione appaltante assegni al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. Se poi il termine decorre inutilmente, senza che il concorrente provveda alla regolarizzazione o integrazione richiesta, questi verrà altresì escluso dalla procedura di gara.

In conclusione, appare evidente dalla lettera della disposizione che l’essenzialità dell’irregolarità determina in sé per sé l’obbligo del concorrente di pagare la sanzione pecuniaria prevista dal bando, a prescindere dalla circostanza che questi aderisca o meno all’invito, che la stazione appaltante deve necessariamente fargli, di sanare detta irregolarità.

Solamente quando l’irregolarità non è essenziale, il concorrente non è tenuto al pagamento della sanzione pecuniaria e la stazione appaltante al soccorso istruttorio.

L’esclusione, invece, è una conseguenza sanzionatoria diversa e in parte autonoma da quella pecuniaria, nel senso che il concorrente vi incorrerà solamente in caso di mancata ottemperanza all’invito alla regolarizzazione da parte della stazione appaltante.

In secondo luogo, ritiene il Collegio che questa lettura ermeneutica sia avvalorata dalla ratio della disposizione esaminata, la quale, come si è detto, è da ravvisare, indubbiamente, nell’esigenza di superare le incertezze interpretative e applicative del combinato disposto degli artt. 38 e 46 del d.lgs. n. 163 del 2006, mediante la procedimentalizzazione del potere di soccorso istruttorio, che è diventato doveroso per ogni ipotesi di mancanza o di irregolarità delle dichiarazioni sostitutive, anche “essenziale”.

Il legislatore, insomma, ha voluto evitare, nella fase del controllo delle dichiarazioni e, quindi, dell'ammissione alla gara delle offerte presentate, esclusioni dalla procedura per mere carenze documentali, imponendo un'istruttoria veloce, preordinata ad acquisire la completezza delle dichiarazioni, e autorizzando la sanzione espulsiva solo quale conseguenza dell’inosservanza, da parte dell'impresa concorrente, all'obbligo di integrazione documentale entro il termine perentorio accordato, a tal fine, dalla stazione appaltante.

In tal modo, si è proceduto alla dequalificazione delle irregolarità dichiarative da fattori escludenti a carenze regolarizzabili.

Proprio per questo – e in particolare per garantire la serietà delle offerte presentate, per favorire la responsabilizzazione dei concorrenti, per evitare spreco di risorse – il nuovo comma 2 bis dell’art. 38 citato ha introdotto una sanzione pecuniaria, che non è alternativa e sostitutiva rispetto all’esclusione, ma colpisce l’irregolarità essenziale, in sé per sé considerata, indipendentemente dal fatto che essa venga successivamente sanata o meno dall’impresa interessata (in tal senso si veda anche la relazione del Procuratore Generale della Corte dei Conti all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2015, secondo cui appunto “la sanzione è dovuta anche ove il concorrente decida di non rispondere all’invito a regolarizzare”).

L’introduzione della sanzione pecuniaria, in caso di irregolarità essenziali nelle dichiarazioni sostitutive, quindi, contribuisce a garantire la celere e sicura verifica del possesso dei requisiti di partecipazione in capo ai concorrenti, in un’ottica di buon andamento ed economicità dell’azione amministrativa, a cui devono concorrere anche i partecipanti alla gara, in ossequio ai principi di leale cooperazione, di correttezza e di buona fede.

L’esclusione, invece, consegue all’effettiva mancanza dei requisiti di partecipazione o, comunque, alla mancata regolarizzazione e integrazione delle dichiarazioni carenti” (TAR Abruzzo, 25 novembre 2015, n. 784).

In relazione al paventato contrasto della norma con il diritto comunitario, deve precisarsi che, sul punto, l’ANAC era intervenuta con la delibera n. 1 dell’8 gennaio 2015, fornendo un’interpretazione difforme rispetto a quella appena descritta. Come chiarito dal suo Presidente con il successivo comunicato del 23 marzo 2015 affrontando nuovamente “il tema del giusto raccordo tra l’affermazione contenuta nella determinazione n. 1/2015, secondo cui “la sanzione individuata negli atti di gara sarà comminata nel caso in cui il concorrente intenda avvalersi del nuovo soccorso istruttorio” e la lettera dell’art. 38, comma 2-bis, d.lgs. 163/2006, laddove questo prevede che l’operatore economico “è obbligato” al pagamento della sanzione”, la lettura interpretativa fornita dalla determinazione n 1 del 2015 “si è imposta come doverosa sia per evitare eccessive ed immotivate vessazioni delle imprese sia in ossequio al principio di primazia del diritto comunitario, che impone di interpretare la normativa interna in modo conforme a quella comunitaria anche in corso di recepimento. La direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, infatti, prevede all’art. 59, paragrafo 4, secondo capoverso, la possibilità di integrare o chiarire i certificati presentati relativi al possesso sia dei requisiti generali sia di quelli speciali, senza il pagamento di alcuna sanzione”.

Ed invero, né al considerando n. 84, secondo cui: “l’offerente al quale è stato deciso di aggiudicare l’appalto dovrebbe tuttavia essere tenuto a fornire le prove pertinenti e le amministrazioni aggiudicatrici non dovrebbero concludere appalti con offerenti che non sono in grado di produrre le suddette prove. Le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero anche avere la facoltà di richiedere in qualsiasi momento tutti i documenti complementari o parte di essi se ritengono che ciò sia necessario per il buon andamento della procedura”, né all’art. 56, comma 3, secondo il quale: “Se le informazioni o la documentazione che gli operatori economici devono presentare sono o sembrano essere incomplete o non corrette, o se mancano documenti specifici, le amministrazioni aggiudicatrici possono chiedere, salvo disposizione contraria del diritto nazionale che attua la presente direttiva, agli operatori economici interessati di presentare, integrare, chiarire o completare le informazioni o la documentazione in questione entro un termine adeguato, a condizione che tale richiesta sia effettuata nella piena osservanza dei principi di parità di trattamento e trasparenza”, né, infine, all’art. 59, comma 4, secondo cui: “l’amministrazione aggiudicatrice può chiedere a offerenti e candidati, in qualsiasi momento nel corso della procedura, di presentare tutti i documenti complementari o parte di essi, qualora questo sia necessario per assicurare il corretto svolgimento della procedura”, la direttiva 2014/24/UE subordina l’esercizio del soccorso istruttorio al pagamento di una sanzione pecuniaria, ma solamente all’osservanza dei principi di parità di trattamento e trasparenza. Introdurre un tale obbligo significherebbe, dunque, violare il divieto di “gold plating”, stabilito dall’art. 1 della legge 28 gennaio 2016, n. 11 tra i criteri e principi direttivi per l’attuazione delle deleghe in materia di attuazione delle direttive europee sui contratti e sulle concessioni pubbliche, che impone il divieto di introdurre livelli di regolazione superiori a quelli imposti dalle direttive europee da recepire.

Il collegio ritiene, tuttavia, che tale contrasto non potesse ancora ravvisarsi al momento degli accadimenti di cui è causa, atteso che la direttiva 2014/24/UE, adottata il 26 febbraio 2014 e secondo quanto disposto dall’art. 92, entrata in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, avvenuta il 17.4.2014, doveva essere recepita negli ordinamenti interni, ai sensi dell’art. 90 della medesima direttiva, entro il 18 aprile 2016.

Come chiarito dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, sez. III, 25 novembre 2015, n. 5359; sez. V, 11 settembre 2015, n. 4253; sez. VI, 26 maggio 2015, n. 2660) la stessa, non rivestendo la qualifica di “self executing”, non poteva trovare applicazione diretta nell’ordinamento giuridico.

Pur essendo dotata di giuridica rilevanza, essa non avrebbe potuto, dunque, imporre un vincolo di interpretazione conforme del diritto nazionale tale da stravolgerne il significato letterale.

Deve osservarsi, invero, che il nuovo codice degli appalti (d.lgs. n. 50/2016), adottato in attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, e pubblicato in Gazz. Uff., S.O., 19 aprile 2016, n. 91, prevede, ora, all’art. 83, comma 9, che: “Le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma. In particolare, la mancanza, l'incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all'articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all'offerta tecnica ed economica, obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all'uno per mille e non superiore all'uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 5.000 euro. In tal caso, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere, da presentare contestualmente al documento comprovante l'avvenuto pagamento della sanzione, a pena di esclusione. La sanzione è dovuta esclusivamente in caso di regolarizzazione. Nei casi di irregolarità formali, ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non essenziali, la stazione appaltante ne richiede comunque la regolarizzazione con la procedura di cui al periodo precedente, ma non applica alcuna sanzione. In caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, il concorrente è escluso dalla gara. Costituiscono irregolarità essenziali non sanabili le carenze della documentazione che non consentono l'individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa”.

La nuova disciplina del soccorso istruttorio in materia di appalti pubblici risulta, dunque, emendata proprio nel senso di non prevedere più l’obbligo del pagamento della sanzione nel caso di mancata regolarizzazione. In tale parte, quindi, la norma risulta del tutto conforme alla direttiva succitata.

Tale testo normativo non può, peraltro, ricevere applicazione nella fattispecie all’esame del collegio, atteso che la procedura concorsuale in questione è stata bandita prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016.

Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso va respinto.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 6 luglio 2016 con l'intervento dei magistrati:

Angelo De Zotti, Presidente

Elena Quadri, Consigliere, Estensore

Silvia Cattaneo, Consigliere

 

Guida alla lettura

La sentenza in commento affronta il problema dell’onerosità o meno del soccorso istruttorio nel caso di mancata regolarizzazione della documentazione di gara da parte del concorrente.

Il TAR Lombardia, aderendo all'orientamento maggioritario, ha ritenuto che l’obbligo di pagamento della sanzione pecuniaria si verifichi anche nel caso in cui il concorrente scelga di non avvalersi del soccorso istruttorio.

Tale conclusione si fonda anzitutto sull’interpretazione letterale dell’art. 38, comma 2 bis, del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (applicabile ratione temporis al caso di specie), il quale ricollega tout court  alla mancanza, all’incompletezza o ad ogni altra irregolarità essenziale nelle dichiarazioni sostitutive volte ad accertare i requisiti di partecipazione alla gara l'obbligo del pagamento della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara. Ciò dunque  a prescindere dalla circostanza che il concorrente aderisca o meno all’invito a sanare l'irregolarità.

Il TAR ha poi evidenziato che la ratio della disposizione esaminata era di evitare che il concorrente venisse escluso a causa di mere carenze documentali e di favorire al contempo la serietà delle offerte presentate e la responsabilizzazione dei concorrenti.

Questo obiettivo è stato perseguito attraverso l'introduzione di una sanzione pecuniaria, non alternativa rispetto all'esclusione, che colpisce l'irregolarità essenziale, in sé e per sé considerata, indipendentemente dalla circostanza che essa venga successivamente sanata dall'impresa interessata.

L’esclusione, invece, era prevista dall’art. 38, comma 2 bis del D. Lgs. n. 163/2006 quale conseguenza sanzionatoria diversa e in parte autonoma da quella pecuniaria, nel senso che il concorrente vi incorreva solamente in caso di mancata ottemperanza all’invito alla regolarizzazione da parte della stazione appaltante.

Nelle more del giudizio è entrato in vigore il D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 il quale, conformemente alla direttiva comunitaria 2014/24/UE alla quale dà attuazione, sancisce all’art. 83, comma 9 che l’obbligo di pagamento della sanzione pecuniaria sussiste esclusivamente nell’ipotesi in cui il soggetto si avvalga effettivamente del soccorso istruttorio.

Il TAR Lombardia, ha anzitutto rilevato l’inapplicabilità al caso di specie del D.Lgs. n. 50/2016, trattandosi di una gara bandita antecedentemente all’entrata in vigore del decreto stesso.

Al contempo il Collegio ha ritenuto non direttamente applicabile alla fattispecie in esame la direttiva 2014/24/UE, la quale prevede la gratuità del soccorso istruttorio nelle ipotesi in cui in cui il concorrente non integri la documentazione di gara, atteso che non si tratta di una direttiva “self-executing.

Con la conseguenza che la direttiva non può imporre un vincolo di interpretazione del diritto nazionale conforme alla stessa direttiva tale da stravolgere il significato letterale delle norme interne.