Consiglio di stato, sez. III, 22 giugno 2016, n. 2769. Pres. Maruotti, est. Deodato

Consiglio di stato, sez. III, 22 giugno 2016, n. 2769. Pres. Maruotti, est. Deodato

 

Il tenore letterale delle norme in materia d’ottemperanza e la ratio dell’istituto inducono a concludere  nel senso dell’ammissibilità e, in ogni caso, della procedibilità del ricorso proposto ai sensi dell’art.112 c.p.a., pur se non vi sia stata l’impugnazione del provvedimento sopravvenuto elusivo del giudicato, non potendosi ravvisare qualsivoglia preclusione o decadenza processuali in conseguenza della mancata impugnazione. (1)

L’effetto conformativo derivante dal giudicato di annullamento di un affidamento diretto illegittimo  va individuato nell’obbligo di bandire una nuova procedura aperta per la selezione dell’operatore economico a cui affidare il servizio in questione, e non nell’integrare la motivazione di una determinazione annullata per la rilevata carenza dei suoi presupposti sostanziali.(2)

 

Nota

Si tratta di una sentenza che affronta questioni nuove e di rilievo in materia di ottemperanza in generale e di ottemperanza nel settore degli appalti in modo particolare.

(1) Quanto ai profili di principio, si chiarisce che, ai fini della declaratoria della nullità di atti emanati in violazione o in elusione del giudicato, non è necessaria la loro formale impugnazione (e, quindi, la proposizione della relativa domanda di nullità), perché il giudice dell'ottemperanza possa esercitare d'ufficio il relativo potere. E’ affermazione condivisibile, in quanto coerente con la mancata estensione a tale forma di nullità del termine decadenziale di cui all’art. 31, comma 4, c.p.a. e, con la tensione dell’actio iudicati, sottoposta a prescrizione decennale, alla verifica della conformità dell’azione amministrativa al vincolo del precetto giudiziario, con conseguente rimozione di ogni ostacolo impeditivo della concreta attuazione del comando giudiziario. A sostegno del principio si pone il decisum reso da Plen., n. 2/2013, che ha identificato nel giudizio di esecuzione la sede processuale naturale dello scrutinio dell’esatta conformazione dell’Amministrazione agli obblighi nascenti dal giudicato, riconoscendo l’automatica riconducibilità, entro il petitum dell’azione di ottemperanza, di tutte le domande logicamente implicate dalla richiesta al giudice della più completa e satisfattiva attuazione del dictum giudiziale.

(2) Ancora più significativa, nella direzione dell’effettività della tutela e del contrasto a misure elusive e comportamenti ostruzionistici, è il principio specifico, secondo cui l'ottemperanza di una decisione che ha annullato un affidamento diretto di un appalto per il difetto dei presupposti di legge che lo autorizzavano impone l'indizione di una procedura pubblica. Ne deriva l’importante conseguenza che il provvedimento che reitera l'affidamento diretto sulla base di una nuova e diversa motivazione, elusiva del giudicato, resta affetto da nullità.

 

 

FATTO e DIRITTO

1.- Con il ricorso in epigrafe, la s.r.l. BRS Cappuccio (d’ora innanzi BRS) chiede l’ottemperanza della sentenza (Cons. St., sez. III, 7 settembre 2015, n.4133), con cui questa Sezione aveva annullato, in riforma della sentenza del TAR per la Campania n.181 del 2015, la delibera n. 534 del 5 giugno 2013, con cui il direttore generale dell’ASL NA 2 Nord (d’ora innanzi ASL) aveva affidato alla s.r.l. Medical e alla s.r.l. CarestreamHealth Italia (d’ora innanzi Carestream) il servizio di «implementazione dei sistemi ris/pacs completi di digitalizzazione diretti e indiretti», rilevandone, come si chiarirà meglio infra, la difformità dal paradigma legale di riferimento, individuato nell’art.15, comma 13, lett. b), d.l. n. 95 del 2012 (convertito nella legge n.135 del 2012).

Resiste in giudizio Carestream, eccependo l’inammissibilità o l’improcedibilità del ricorso per la mancata impugnazione della sopravvenuta delibera n. 727 del 30 dicembre 2015, con cui l’ASL aveva ribadito l’affidamento originariamente annullato, in asserito rispetto dell’effetto conformativo derivante dalla decisione di cui si domanda l’esecuzione.

Si è costituita anche l’ASL, rilevando la coerenza della propria successiva determinazione alla portata prescrittiva della decisione della cui ottemperanza si discute e chiedendo, quindi, la reiezione del ricorso.

Alla camera di consiglio del 26 maggio 2016, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

2.- Come già rilevato, si controverte se vi sia stata l’ottemperanza, negata dalla BRS, al giudicato di annullamento della delibera di affidamento diretto alle società Medical e Carestream del servizio ut supra descritto, sotto il peculiare profilo della rilevanza, ai fini dell’esecuzione della citata decisione, della sopravvenuta determinazione con cui la ASL, integrando la motivazione di quella già giudicata illegittima, ha reiterato l’assegnazione dell’appalto alle medesime imprese.

La società ricorrente deduce la persistente inosservanza dell’effetto conformativo derivante dal predetto giudicato demolitorio, che avrebbe imposto l’indizione di una nuova procedura di aggiudicazione.

Invece, la Carestream e la ASL sostengono, seppur con prospettazione difensive parzialmente diverse, che vi sia stato il rispetto del dictum giudiziale ad opera della sopravvenuta determinazione n. 727 del 30 dicembre 2015, non impugnata, e deducono, di conseguenza, l’inammissibilità o, comunque, l’infondatezza del ricorso per ottemperanza (rilevando che il decisum imponeva solo l’integrazione della motivazione, inizialmente carente, in ordine ai presupposti per l’affidamento diretto ai sensi dell’art. 15, comma 13, d.l. cit.).

3.- La disamina dei profili processuali di ammissibilità e di procedibilità del ricorso in esame, ma anche di quelli, inscindibilmente connessi, della sua fondatezza, esige una preliminare ricognizione dei principi applicabili sulla proponibilità dell’azione di ottemperanza, ivi compresi quelli che attengono alla rilevanza dei provvedimenti sopravvenuti alla formazione del giudicato.

E’ stato, al riguardo, chiarito, in estrema sintesi (trattandosi di iusreceptum), che:

a) il giudizio di ottemperanza ha la precipua funzione di un controllo successivo del rispetto, da parte dell’Amministrazione, degli obblighi derivanti dal giudicato, al fine di attribuire alla parte vittoriosa in sede di cognizione l’utilità ivi accertata come spettantegli (cfr. ex multis Cons. St., sez. V, 30 agosto 2013, n. 4322);

b) tale verifica sull’esatta attuazione del giudicato implica la precisa individuazione dei contenuti dell’effetto conformativo derivante dalla sentenza di cui si chiede l’esecuzione, in esito all’interpretazione della sequenza causa petendipetitum - decisum (Cons. St., sez. V, 14 marzo 2016, n.984);

c) con il peculiare rimedio in questione può essere lamentata non solo la totale inerzia dell’Amministrazione nell’esecuzione del giudicato, e, cioè, la mancanza di qualsivoglia attività esecutiva, ma anche la sua attuazione inesatta, incompleta o elusiva, per mezzo, cioè, dell’adozione di atti che violano o eludono il comando contenuto nella sentenza di cui si chiede l’esecuzione (cfr. Cons. St., sez. VI, 12 dicembre 2011, n. 6501, nonché la fondamentale sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 6 del 1984);

d) il provvedimento sopravvenuto ed emanato in dichiarata esecuzione del giudicato dev’essere impugnato, nel termine di decadenza, con il ricorso ordinario, che attivi, cioè, un nuovo giudizio di cognizione, quando se ne deduce l’illegittimità per la violazione di regole di azione estranee al decisum della sentenza da eseguire, mentre l’atto asseritamente emesso in violazione o in esecuzione del giudicato dev’essere impugnato con il ricorso per ottemperanza nel termine di prescrizione dell’actio iudicati, in quanto nullo ai sensi dell’art.21-septies l. n.241 del 1990 e 114, comma 4, lett. b), del c.p.a. (Cons. St., sez. V, 23 maggio 2011, n. 3078), salve le regole sulla conversione del rito, in presenza dei relativi presupposti (Cons. Stato, Ad. Plen., 15 gennaio 2013, n. 2).

4.- Ciò posto, occorre stabilire se si possa dedurre con una memoria difensiva l’elusione del giudicato, quando l’atto ‘sopravvenuto’ – di cui si lamenti tale natura – sia stato emesso dopo la proposizione del ricorso per ottemperanza (senza una rituale contestazione con atto notificato) e, dunque, occorre stabilire se in tal caso l’azione di giudicato resti procedibile.

4.1- Ritiene la Sezione che – sulla base del tenore letterale delle disposizioni ad esso dedicate e delle finalità del rimedio in questione - occorre seguire la soluzione dell’ammissibilità e, in ogni caso, della procedibilità del ricorso proposto ai sensi dell’art.112 c.p.a., pur se non vi sia stata l’impugnazione del provvedimento sopravvenuto elusivo del giudicato, non potendosi ravvisare qualsivoglia preclusione o decadenza processuali in conseguenza della mancata impugnazione.

4.2- L’art. 112 c.p.a., infatti, si limita a stabilire le condizioni di ammissibilità del ricorso per ottemperanza e, per quanto qui interessa, richiede la formulazione della domanda di attuazione dei provvedimenti indicati al comma 2, mentre l’art.114, comma 4, c.p.a. descrive la latitudine dei poteri del giudice, in caso di accoglimento del ricorso.

La lettura coordinata e sistematica delle due disposizioni vincola l’interprete a slegare – almeno, in parte, ossia nei sensi di cui infra - l’esercizio dei poteri (d’ufficio) attribuiti al giudice dell’ottemperanza dall’art.114, comma 4, c.p.a dal principio della domanda, tranne che per i casi espressamente previsti.

Anzi, la lett. e) - sulla necessità di una specifica domanda per le astreintes - costituisce un ulteriore riscontro all’opzione ermeneutica secondo cui per l’esercizio degli altri poteri ivi previsti non è necessaria la richiesta del ricorrente, in coerenza con la tradizione dell’istituto (rimessa alle ricostruzioni del giudice amministrativo) e con il noto brocardo ubilexvoluit dixit, ubinoluittacuit.

In altri termini, il giudice dell’ottemperanza è investito, per un verso, della potestà della cognizione piena del rispetto del giudicato e, quindi, della regola di azione stabilita con il dictum della decisione di cui si domanda l’esecuzione e, per un altro verso, ove ne ravvisi la mancata attuazione, la violazione o l’elusione, dei poteri dispositivi catalogati all’art.114, comma 4, c.p.a.

La titolarità e l’esercizio di tali poteri si rivela, peraltro, del tutto funzionale alla compiuta attuazione del decisum (in un’ottica di piena effettività della tutela) e alla conseguente conformazione ad esso dell’azione amministrativa e, come tale, automaticamente implicata dalla proposizione dell’azione di giudicato.

4.3- Perché il ricorso per ottemperanza risulti idoneo ad investire il giudice adìto delle potestà cognitive e dispositive sopra indicate, è sufficiente che la causa petendi e il petitum siano coerenti con l’art.112 c.p.a. e risultino adeguatamente dettagliati nell’atto introduttivo del giudizio.

Quanto alla causa petendi, è sufficiente che il ricorrente indichi il provvedimento di cui chiede l’attuazione e deduca la sua mancata esecuzione, mentre, in ordine al petitum, basta che, nelle conclusioni, chieda, senza l’uso di formule sacramentali, l’adozione dei provvedimenti più utili per disporre l’ottemperanza.

4.4- Ne consegue che, nell’ipotesi in cui sia sopravvenuto (al giudicato ed al ricorso d’esecuzione) un provvedimento che il ricorrente reputi violativo o elusivo del decisum, non è necessaria la sua formale impugnazione perché il giudice dell’ottemperanza sia ritualmente investito del potere di dichiararne la nullità, ai sensi del combinato disposto degli artt.21 septies, l. n. 241 del 1990 e 114, comma 4, lett. b), c.p.a.

Se l’atto elusivo è stato emesso prima della proposizione del ricorso, non è indispensabile che il ricorrente indichi, nella sua epigrafe, gli estremi del provvedimento sopravvenuto come oggetto di impugnazione (né che ne deduca esplicitamente l’invalidità radicale, nel corpo dell’atto, né, infine, che nelle conclusioni domandi formalmente la declaratoria della sua nullità), mentre – se l’atto elusivo è stato emesso nel corso del giudizio d’ottemperanza – per la sua contestazione non occorre un atto notificato, bastando comunque una memoria difensiva (non rilevando in questa sede verificare il perimetro dei poteri del giudice e l’ambito di applicazione dell’art. 73, comma 3, del c.p.a., quando il ricorrente nulla abbia dedotto avverso l’atto emesso nel corso del giudizio d’ottemperanza, che risulti elusivo).

4.5- Compete, in definitiva, al giudice, una volta riscontrato il carattere violativo o elusivo (del giudicato) del provvedimento adottato dall’Amministrazione dopo che la decisione da eseguire è divenuta irrevocabile e che sia stato proposto il giudizio d’ottemperanza, adottare tutti i provvedimenti, tra quelli elencati all’art. 114, comma 4, c.p.a., che risultino strumentali alla più compiuta attuazione delle statuizioni contenute nel dictum giudiziale, ivi compresa, ovviamente, la dichiarazione della nullità dell’atto sopravvenuto con esso confliggente.

Particolarmente significativo, in tal senso, risulta altresì il confronto tra l’art. 31, comma 4, del c.p.a. (che l’ultimo periodo dichiara espressamente inapplicabile al giudizio d’ottemperanza, che così non è sottoposto al principio dispositivo che connota in termini generali l’azione di nullità in sede cognitoria), e l’art. 114, comma 4, lett. b), del c.p.a.

Tale confronto evidenzia la diversa modulazione del potere d’ufficio del giudice di dichiarare la nullità in cui si imbatta nella decisione di una causa: nel primo caso, infatti, il rilievo d’ufficio è un’eccezione, rigorosamente delimitata, al principio della domanda che, in linea di massima, informa di sé anche l’art. 31; nel secondo, viceversa, esso è regola fondamentale e ineludibile del giudizio ex art. 114, tanto che il legislatore ha disposto che il principio della domanda (evidentemente rispetto alla nullità di un atto sopravvenuto) non trova applicazione in sede di ottemperanza, neppure in quei sensi attenuati in cui esso è stato tratteggiato ai fini dell’azione cognitoria ex art. 31.

4.6- Ne consegue, in ultima analisi, che la mancata proposizione, con atto notificato, di una domanda intesa all’accertamento della nullità del provvedimento sopravvenuto (ed elusivo del decisum di cui si chiede l’attuazione) non impedisce lo scrutinio del merito dell’azione di giudicato e, soprattutto, non preclude al giudice la declaratoria (d’ufficio) della nullità dell’atto elusivo.

4.7- Le conclusioni appena raggiunte risultano basate anche sui principi enunciati dall’Adunanza Plenaria con la decisione 15 gennaio 2013, n. 2.

Nel riconoscere, infatti, il «carattere polisemico» dell’azione di ottemperanza e la sua funzione naturale ed unitaria di strumento processuale di conformazione al giudicato dell’azione amministrativa ad esso conseguente, l’Adunanza Plenaria ha individuato i presupposti perché vi sia la «conversione del rito» in quello ordinario di cognizione, quando il giudice dell’ottemperanza non ritiene nullo - per elusione o violazione del giudicato – l’atto sopravvenuto, in particolare rilevando la necessità della sua impugnazione nel termine di decadenza (e non in quello, più lungo, di prescrizione dell’actio iudicati).

L’Adunanza Plenaria non solo, quindi, non ha stabilito la necessaria proposizione di una specifica domanda, perché il giudice dell’ottemperanza possa dichiarare la nullità del provvedimento violativo o elusivo del giudicato, ma ha identificato nel giudizio di esecuzione la sede processuale naturale dello scrutinio dell’esatta conformazione dell’Amministrazione agli obblighi nascenti dal giudicato, riconoscendo chiaramente (ancorchè implicitamente), l’automatica riconducibilità, entro il petitum dell’azione di ottemperanza, di tutte le domande logicamente implicate dalla richiesta al giudice della più completa e satisfattiva attuazione del dictum giudiziale.

5.- Una volta verificata l’ammissibilità e la procedibilità del ricorso in esame, se ne deve rilevare la fondatezza nel merito.

5.1- Con la decisione della cui ottemperanza si discute, la Sezione non si è limitata a riscontrare una carenza di motivazione nella delibera annullata, ma ne ha accertato l’illegittimità per essere stata adottata in difetto dei presupposti di legge che ne avrebbero consentito l’emanazione.

La ratio decidendi della statuizione di annullamento della delibera impugnata dev’essere, infatti, individuata nel rilievo dell’insussistenza dei presupposti che, ai sensi dell’art. 15, comma 13, lett. b), d.l. cit., avrebbero potuto consentire l’affidamento diretto del servizio in questione, e non, come erroneamente sostenuto dalle parti resistenti, del difetto di motivazione della determinazione giudicata illegittima.

Dalla piana lettura del punto 5 della motivazione della sentenza della cui attuazione si controverte, si ricava, infatti, il sicuro convincimento che la ragione dell’annullamento della delibera della ASL è costituita dal riscontro della sostanziale differenza tra l’oggetto del contratto affidato alle società Medical e Carestream senza gara e i contenuti di quelli già assegnati alle stesse società dalle ASL poi confluite nella ASL NA 2 Nord.

E’ stato, al riguardo, rilevato che l’aggiunta, rispetto ai contratti già intestati alle medesime società, dell’attività di omogeneizzazione/riorganizzazione dei diversi sistemi di gestione e di refertazione della diagnostica per immagini ric/pacs servizi (già dalle stesse amministrati sulla base dei precedenti contratti) impediva l’utilizzo dello strumento previsto dalla disposizione legislativa citata (nella misura in cui postulava la continuità, rispetto a quello preesistente, del nuovo contratto affidato senza gara), che, in quanto eccezionale e derogatoria (rispetto alle regole generali della concorrenza), imponeva una sua stretta interpretazione ed impediva ogni esegesi analogica o estensiva.

5.2- Il rilievo della mancata motivazione, quindi, nell’economia motivazionale del giudizio di illegittimità della delibera di affidamento diretto del servizio in questione, è stato rimarcato dalla sentenza su cui si è formato il giudicato, ma ha costituito una considerazione aggiuntiva rispetto alla statuizione ‘principale’, per la quale risultavano insussistenti i presupposti sull’assegnazione del contratto senza gara.

5.3- L’effetto conformativo derivante dal giudicato va, quindi, individuato nell’obbligo di bandire una nuova procedura aperta per la selezione dell’operatore economico a cui affidare il servizio in questione, e non nell’integrare la motivazione di una determinazione annullata per la rilevata carenza dei suoi presupposti sostanziali.

5.4- Ne consegue, quindi, che la sopravvenuta delibera n. 727 del 2015 si rivela elusiva del giudicato, per come sopra interpretato, nella misura in cui, lungi dall’osservare la regola di azione ivi stabilita, reitera il medesimo contenuto dispositivo di quella annullata, in esito a un percorso motivazionale inteso a sorreggere una determinazione che risulta direttamente in contrasto col decisum.

La medesima determinazione risulta, quindi, affetta dal vizio della nullità, ai sensi dell’art.21 septies l. n.241 del 1990.

6.- Alle considerazioni che precedono conseguono, quindi, l’accoglimento del ricorso e, per l’effetto, la dichiarazione della nullità della delibera ASL NA 2 Nord n. 727 del 2015 e l’ordine alla ASL di ottemperare alla sentenza di questa Sezione n. 4133 del 7 settembre 2015, mediante l’indizione di una procedura pubblica per l’affidamento del servizio di «implementazione dei sistemi ris/pacs completi di digitalizzazione diretti e indiretti», nel termine di quarantacinque giorni dalla pubblicazione della presente sentenza, ove l’Amministrazione intenda affidare il medesimo servizio.

7.- Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso d’ottemperanza n. 10084 del 2015, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, dichiara la nullità della delibera dell’ASL NA 2 Nord n.727 del 2015 e ordina alla ASL di ottemperare alla sentenza di questa Sezione n. 4133 del 7 settembre 2015, nei sensi e nei termini precisati in motivazione, riservandosi la nomina di un Commissario ad Acta, per l’ipotesi di persistente inottemperanza.

Condanna la ASL e la Carestream s.r.l. a rifondere alla società ricorrente le spese del giudizio, che liquida in Euro 2.500,00 a carico di ciascuna parte, senza vincolo di solidarietà.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 maggio 2016, con l'intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Carlo Deodato, Consigliere, Estensore

Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere

Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere

Pierfrancesco Ungari, Consigliere