T.A.R. Lazio, sez. I, 16 giugno 2016, n. 6923

1. Il difetto di sottoscrizione della domanda di partecipazione a una gara d’appalto, tenuto conto della funzione cui essa attende, risulta sanabile ex art. 46, comma 1 ter, D.Lgs. n. 163/2006 (1).

2. La valutazione in ordine all’incidenza sulla moralità professionale delle sentenze di condanna riportate dai soggetti partecipanti a una gara d’appalto, è affidata alla discrezionalità della stazione appaltante (2).

(1) Conforme Cons. Stato, sez. V, 10 settembre 2014, n. 4595. Difforme, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 17 gennaio 2013, n. 368.

(2) Conforme T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 14 gennaio 2016, n. 208; idem, Sez. VI, 19 novembre 2015, 5359. Cons. Stato, sez. V, 25 febbraio 2015, n. 927. Non sono stati rinvenuti precedenti difformi.

 

 

 

 

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2269 del 2016, proposto da:
Rogu Costruzioni Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Vincenza Di Martino, presso il cui studio in Roma, Via Pompeo Magno, 7, è elettivamente domiciliata;

contro

Anas Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale domicilia in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Sicurstrade 2000 Snc di Astri P. e Salvagni R., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Barbara Pignotti, presso il cui studio in Roma, Via Dardanelli, 23, è elettivamente domiciliata;

per l'annullamento

della nota prot. 0000687-p del 14.01.16 con cui l'ANAS ha comunicato l’aggiudicazione alla Sicurstrade 2000 Snc di Astri P. e Salvagni R. della gara n. 15/2015, relativa a lavori di ordinaria manutenzione interventi per il ripristino delle condizioni di sicurezza a seguito di incidenti ed emergenze - A 90 "autostrada del grande raccordo anulare" - A 91 "autostrada Roma Aeroporto di Fiumicino"

e per il risarcimento danni.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Anas Spa e della Sicurstrade 2000 Snc di Astri P. e Salvagni R.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 giugno 2016 la dott.ssa Roberta Cicchese e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

La ricorrente ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, con il quale l’Anas s.p.a. ha aggiudicato alla controinteressata Sicurstrade 2000 s.n.c. di Astri P. e Salvagni R. (d’ora in avanti Sicurstrade) la gara n. 15/2015 relativa a lavori di ordinaria manutenzione ed interventi per il ripristino delle condizioni di sicurezza a seguito di incidenti ed emergenze sull’autostrada del grande raccordo anulare e sull’autostrada Roma Aeroporto di Fiumicino.

Ha chiesto pure il risarcimento del danno per equivalente in misura da quantificarsi in corso di causa.

Avverso il provvedimento gravato ha articolato i seguenti motivi di doglianza.

Mancanza della firma congiunta nella domanda di partecipazione alla gara e nell’offerta economica da parte dei soci amministratori della società aggiudicataria. Violazione e falsa applicazione degli artt. 73 e 74 del d.lgs. 163/2006. Violazione dei principi in tema di dichiarazioni e di offerta economica, violazione e falsa applicazione dell’art. 46, comma 1 bis, del d.lgs. 163/2006.

La ricorrente rappresenta come, sebbene a norma di statuto il potere di rappresentanza della Sicurstrade fosse attribuito ai due soci amministratori con firma congiunta, la domanda di partecipazione alla gara e l’offerta economica sono state in realtà sottoscritte ciascuna da uno solo dei due amministratori, ciò che comporterebbe l’inidoneità delle due dichiarazioni a vincolare validamente la società, con conseguente illegittimità del provvedimento di aggiudicazione.

Si verterebbe, infatti, in un’ipotesi di carenza di potere rappresentativo, vizio non sanabile dopo la presentazione dell’offerta, neanche a mezzo dell’esercizio del potere di soccorso istruttorio.

Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, comma 1, lettera c) del d.lgs. 163/2006 e della parte I, punto 1, lett. g) e della parte II, lett. c) del disciplinare di gara, eccesso di potere per difetto di istruttoria, omessa valutazione da parte di Anas s.p.a. della moralità professionale degli amministratori della Sicurstrade.

La ricorrente rappresenta come uno degli amministratori della società aggiudicataria ha dichiarato che nei suoi confronti erano state emesse due sentenze di condanna, una delle quali - Tribunale di Velletri del 25 febbraio 2008 - per violazione dell’art. 44, comma 1, lettera c) del d.P.R. 380/2001 e per il reato di cui all’art. 95 del d.P.R. 380/2001.

Tale circostanza avrebbe dovuto comportare, a giudizio della ricorrente, la necessaria esclusione della società controinteressata ai sensi dell’art. 38 del codice dei contratti pubblici, trattandosi di reati idonei ad incidere sulla moralità professionale dell’aggiudicataria, tenuto conto che l’oggetto della gara era costituito da lavori di ordinaria manutenzione e ripristino delle condizioni di sicurezza di due tratti autostradali.

In ogni caso, laddove l’amministrazione avesse ritenuto la condanna non idonea ad incidere sulla moralità professionale della società, la stessa avrebbe dovuto esplicitare la ragioni della sua valutazione.

Si sono costituite l’Anas s.p.a e la Sicurstrade, che hanno chiesto il rigetto del ricorso.

Alla camera di consiglio del 10 marzo 2016 l’istanza di sospensione cautelare del provvedimento è stata respinta.

All’udienza dell’8 giugno 2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Preliminarmente occorre rilevare la tardività della memoria depositata dalla controinteressata in data 24 maggio 2016, oltre i termini di cui agli artt. 73, 119 e 120 del codice del processo amministrativo.

In ogni caso, il collegio rileva l’infondatezza della eccezione di improcedibilità del ricorso, prospettata dalla memoria in esame sul presupposto che la ricorrente, che avrebbe impugnato la sola aggiudicazione provvisoria, non avrebbe poi impugnato con motivi aggiunti l’aggiudicazione definitiva intervenuta il 16 marzo 2016 e, dunque, in tempo successivo alla proposizione del ricorso.

Deve infatti rilevarsi come, dal tenore letterale del provvedimento gravato, emerge indubitabilmente il fatto che l’atto impugnato è l’aggiudicazione definitiva, mentre gli atti menzionati dalla controinteressata ed intervenuti in tempo successivo all’instaurazione del giudizio attengono ad adempimenti successivi all’aggiudicazione medesima.

Nel merito il ricorso è infondato.

Con il primo motivo di doglianza la ricorrente ha sostenuto l’illegittimità del provvedimento di aggiudicazione alla controinteressata in quanto sia la domanda di partecipazione alla gara che l’offerta economica sono state sottoscritte ciascuna da uno solo dei due amministratori, in violazione dalle norme statutarie che prevedevano l’attribuzione della rappresentanza della società ai due amministratori a firma congiunta.

La prospettazione non può essere condivisa.

L’art. 46, comma 1 bis, del codice dei contratti pubblici, vigente al momento dello svolgimento del procedimento, disponeva che “La stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell'offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali ovvero in caso di non integrità del plico contenente l'offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte”.

Ritiene il collegio che di tale disposizione occorre dare un’interpretazione sostanziale, tenendo presente sia la funzione della sottoscrizione, sia la finalità generale della norma, introdotta nel 2011 in una generale ottica di deformalizzazione del procedimento.

Come recentemente osservato in proposito anche dall’Anac (determinazione n. 1 dell’8 gennaio 2015), in tema di gare per l’affidamento di pubblici appalti, “la sottoscrizione dell’offerta ha la funzione di ricondurre al suo autore l’impegno di effettuare la prestazione oggetto del contratto verso il corrispettivo richiesto ed assicurare, contemporaneamente, la provenienza, la serietà e l’affidabilità dell’offerta stessa”.

Da tale premessa, l’Autorità trae la condivisibile conseguenza che, pur essendo la sottoscrizione della domanda di partecipazione un elemento essenziale, che attiene propriamente alla manifestazione di volontà di partecipare alla gara, poiché la stessa non impatta sul contenuto e sulla segretezza dell’offerta, la sua eventuale carenza deve ritenersi sanabile. Ed, infatti, “ferma restando la riconducibilità dell’offerta al concorrente (che escluda l’incertezza assoluta sulla provenienza), dal combinato disposto dell’art. 38, comma 2-bis e 46, comma 1-ter del Codice, risulta ora sanabile ogni ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità (anche) degli elementi che devono essere prodotti dai concorrenti in base alla legge (al bando o al disciplinare di gara), ivi incluso l’elemento della sottoscrizione, dietro pagamento della sanzione prevista nel bando” (nel senso della necessaria interpretazione funzionale del requisito del “difetto di sottoscrizione”, cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 10 settembre 2014 n. 4595, che rileva come la suddetta carenza “..per comportare la necessaria ed automatica esclusione del concorrente, debba determinare "l'incertezza assoluta...... sulla provenienza dell'offerta", risolvendosi altrimenti in una mancanza di natura formale inidonea a produrre l'effetto sanzionatorio disposto dalla norma”).

Nel caso in esame, peraltro, non ricorre un caso di omessa sottoscrizione in senso proprio, avendo un amministratore sottoscritto la domanda di partecipazione alla gara e un altro l’offerta economica, così da non risultare dubbia la riferibilità dell’offerta alla società, il cui timbro è presente in entrambi i documenti.

La fattispecie va quindi correttamente inquadrata in un’ipotesi di non corretta spendita del potere rappresentatativo.

Tale tipologica di vizi, tuttavia, in forza dei principi generali, opera sul piano della efficacia e non su quello della validità (nel senso della non operatività sul piano della validità degli atti posti in essere in violazione o in carenza dei limiti del potere rappresentativo, ancorché con riferimento alle società di capitali, cfr, Consiglio di Stato, sez. V, 14 febbraio 2012, n. 726, secondo cui in tali ipotesi non ricorre “un’invalidità del negozio deducibile dalla controparte, ma la mera inefficacia del medesimo nei confronti della società falsamente rappresentata, la quale soltanto è legittimata ad eccepirla”).

La già rilevata peculiarità della vicenda, e cioè la circostanza per cui ciascun amministratore ha sottoscritto uno degli atti con i quali la società ha chiesto di partecipare alla gara rende, in ogni caso, inapplicabile al caso in esame il diverso indirizzo giurisprudenziale invocato dalla controinteressata - e formatosi in massima parte con riferimento a casi in cui, pur in presenza di previsioni normative o statutarie di firma congiunta, l’atto era stato firmato da uno solo dei soggetti muniti di potere rappresentativo – atteso che non vengono qui in rilievo quelle esigenze di affidamento della stazione appaltante e di preventivo vaglio della serietà e validità dell’impegno a tutela delle quali sono stati affermati la efficacia viziante e la non sanabilità dei vizi derivanti dalla non corretta spendita del potere rappresentativo.

Con il secondo motivo di doglianza la ricorrente ha censurato la mancata valutazione della condanna riportata da uno degli amministratori della ricorrente quale causa di inidoneità morale della società, lamentando, in subordine, la mancata esplicitazione delle ragioni per le quali la condanna non è stata ritenuta ostativa.

Anche tale doglianza è infondata.

E’ noto che nelle gare d’appalto la valutazione in ordine alla gravità delle eventuali condanne riportate dai concorrenti e alla loro incidenza sulla moralità professionale spetta esclusivamente all’Amministrazione appaltante (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. V, 25 febbraio 2015, n. 927), nell’ambito dell’esercizio del potere discrezionale ad essa attribuito e deve essere effettuata mediante la disamina in concreto delle caratteristiche dell’appalto, del tipo di condanna, della natura e delle concrete modalità di commissione del reato (Consiglio di Stato, sez. III, 03 dicembre 2015, n. 5481).

Nell’ipotesi in cui l’Amministrazione, dopo aver eseguito le dette valutazioni – che, si ribadisce, sono di sua esclusiva competenza nell’ambito dell’esercizio di una attività discrezionale - non ritenga il precedente penale grave ovvero incisivo della moralità professionale del concorrente, non è tenuta ed esplicitare in maniera analitica le ragioni di siffatto convincimento, potendo la motivazione di non gravità del reato risultare anche implicita o per facta concludentia, ossia con l’ammissione alla gara dell’impresa, mentre è la valutazione di gravità che richiede l’assolvimento di un particolare onere motivazionale (T.A.R. Veneto, sez. I, 1 settembre 2015, n. 953, con ampi riferimenti giurisprudenziali e richiamo a Consiglio di Stato, sez. VI, 22 novembre 2013, n. 5558, che ha osservato come “Laddove si applicasse in modo sostanzialmente automatico l'esclusione dalle gare di cui al citato art. 38, comma 1 del codice dei contratti, fuori dei casi previsti, ovvero a prescindere da ogni valutazione circa la gravità del comportamento colpevole del soggetto, il quadro ricostruttivo in tal modo delineato si porrebbe in contrasto con l’articolo 45, par. 2 della direttiva 2004/18/CE, secondo cui può essere escluso dalla partecipazione alla gara ogni operatore economico quando il reato "incida" sulla sua moralità professionale (lett. c) oppure quando "non sia in regola" con gli obblighi contributivi (lett. e). L'art. 38 del codice dei contratti va dunque letto nel senso che costituiscono condizioni, perché l'esclusione consegua alla condanna, la gravità del reato e il riflesso dello stesso sulla moralità professionale dimodochè, al fine di apprezzare il grado di moralità del singolo concorrente, in applicazione del principio comunitario di proporzionalità, assumono rilevanza la natura del reato ed il contenuto del contratto oggetto della gara, senza eccedere quanto è necessario a garantire l'interesse dell'amministrazione di non contrarre obbligazioni con soggetti che non garantiscano l'adeguata moralità professionale, come ricorre nel caso di "falso innocuo".

Nel caso in esame non è dubbio che la conoscenza dell’intervenuta condanna fosse stata acquisita agli atti del procedimento, ciò che è effettivamente imprescindibile al fine di ritenere la consapevole valutazione da parte dell’amministrazione, tanto più che la medesima valutazione di irrilevanza dei precedenti penali dichiarati da uno degli amministratori di Sicurstrade e di consequenziale sussistenza del requisito di carattere generale di cui all’art. 38 D.Lgs. n. 163/2006 - peraltro non illogica né irragionevole alla luce, quantomeno, del tempo trascorso dalla commissione e dell’entità della pena inflitta - era già stata compiuta dall’amministrazione in precedenti gare (cfr. documentazione versata in atti dalla controinteressata in data 7 marzo 2016).

Alla reiezione della domanda di annullamento consegue il rigetto pure della domanda risarcitoria.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore dell’amministrazione e della controinteressata, liquidate nella misura di € 1.000,00 (mille/00) per ciascuna parte e quindi in complessivi € 2.000,00 (duemila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 giugno 2016 con l'intervento dei magistrati:

Carmine Volpe, Presidente

Ivo Correale, Consigliere

Roberta Cicchese, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

Guida alla lettura

La sentenza del T.A.R. di Roma qui segnalata ha incentrato il suo scrutinio su due questioni:

- l’esperibilità del soccorso istruttorio in caso di mancanza della sottoscrizione della domanda di partecipazione a una gara d’appalto;

- la riconducibilità al potere discrezionale della stazione appaltante della valutazione dell’incidenza sulla moralità professionale del partecipante alle gare d’appalto delle condanne definitive dal medesimo riportato.

Affrontando la prima questione (sul sostegno di Cons. Stato, sez. V, 14 febbraio 2012, n. 726), ha premesso opportunamente il Collegio che i vizi relativi alla domanda di partecipazione a una gara d’appalto, pertengono il piano della sua efficacia e non della validità.

La loro sanabilità, in linea generale, è perseguibile con un approccio di tipo sostanzialistico; infatti, com’è noto, dall’interpretazione combinata dell’art. 38, comma 2 bis e 46, comma 1 ter, D.Lgs. n. 163/2006, la mancanza, incompletezza o irregolarità degli elementi e dichiarazioni da produrre da parte dei concorrenti in base alla legge, tra cui quello della sottoscrizione (che non evidenzino un’incertezza assoluta sulla provenienza dell’offerta) è sanabile e dà luogo al pagamento della sanzione pecuniaria prevista dal bando.

È intuibile, dunque, la ratio di evitare l’esclusione da una gara per questioni solo inerenti a circostanze relative alla forma e al contenuto delle dichiarazioni (T.A.R. Roma, sez. II, 22.1.2016, n. 798); d’altro canto, non inutile è precisare che il riferimento a ogni incompletezza documentale della domanda di partecipazione deve ritenersi limitato alla fase dichiarativa dei requisiti per l’ammissione alla gara, non già al successivo controllo sulla persistenza degli requisiti sostanziali già accertati (T.A.R. Liguria, sez. II, 2.12.2015, n. 976).

La sentenza in esame, pertanto, in applicazione del suesposto principio, ha respinto l’interposto gravame assumendo che, pur essendo la sottoscrizione della domanda di partecipazione un elemento essenziale che pertiene propriamente alla manifestazione di volontà di partecipazione alla procedura selettiva, la eventuale carenza deve ritenersi sanabile.

Con il D.Lgs. 50/2016, nuovo Codice dei contratti pubblici, ha inteso riaffermare la irregolarità delle offerte non conformi a quanto prescritto nei documenti di gara ex art. 59, comma 3; in particolare, confermando come le carenze di qualsivoglia elemento formale della domanda di partecipazione e del documento di gara unico europeo (novità quest’ultima), possono essere sanate mercé il soccorso istruttorio, che obbliga il concorrente al pagamento di una sanzione pecuniaria, sempre stabilita dal bando, ma non superiore a Euro 5.000.

Quanto alla seconda questione al suo vaglio, il T.A.R. capitolino ha osservato, come sia lasciata alla discrezionalità della stazione appaltante la valutazione circa l’idoneità incisiva sulla moralità professionale ex art. 38, comma 1, lett. c), D.Lgs. 163/2006, delle condanne passate in giudicato a carico dei soggetti che partecipano alle procedure di affidamento (Cons. Stato, sez. V, 25 febbraio 2015, n. 927 e idem, sez. III, 3 dicembre 2015, n. 5481).

Il Collegio ha cosi stabilito che due sentenze di condanna definitiva (per violazione dell’art. 44, comma 1, lettera c) del D.P.R. 380/2001 e per il reato di cui all’art. 95, D.P.R. 380/2001), non potevano indurre l’esclusione dell’aggiudicataria, in quanto non incisive, tenuto conto, altresì, della natura dei lavori appaltati. In ciò, il G.A. romano ha opportunamente prescritto, quanto al piano della motivazione della stazione appaltante, che quest’ultima non avrebbe dovuto assolvere ad alcun tipo di onere motivazionale a riguardo, potendo essa desumersi implicitamente o per facta concludentia (T.A.R. Veneto, sez. I, 1 settembre 2015, n. 953), diversamente dal caso in cui la P.A. ravvisi la gravità del reato che, invece, impone l’assolvimento di un particolare onere motivazionale (Cons. Stato, sez. VI, 22 novembre 2013, n. 5558).