Tar Veneto, Venezia, Sez. I, 24 giugno 2016, n. 676

Il reato di corruzione rilevante ai fini dell’esclusione dalla partecipazione alla gara, ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. c), che a sua volta richiama gli atti comunitari citati dall’art. 45, par. 1, direttiva CE 2004/18 (ovvero l'articolo 3 dell'atto del Consiglio del 26 maggio 1997 e l'articolo 3, paragrafo 1, dell'azione comune 98/742/GAI del Consiglio), ricomprende sia la corruzione (impropria) per un atto d’ufficio di cui all’art. 318 c.p. (per la quale è stata emessa nel caso di specie la sentenza di patteggiamento), sia la corruzione (propria) per un atto contrario ai doveri d’ufficio di cui all’art. 319 c.p.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 299 del 2016, proposto da: Società Solda' Pilloni Srl in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Cesare Zanon, Fulvio Lorigiola, Elena Laverda, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Veneto in Venezia, Cannaregio 2277/2278;

contro

Comune di Vicenza in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Loretta Checchinato, con domicilio ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria del T.A.R. Veneto in Venezia, Cannaregio 2277/2278;

per l'annullamento

della determina 28.1.2016 n. 119, del Dirigente del Settore Patrimonio ed Espropri del Comune di Vicenza, che ha disposto l'esclusione della ricorrente dalla procedura ad evidenza pubblica per la cessione e riqualificazione dell'area sita in Comune di Vicenza denominata "ex Centrale del latte", nonchè l'escussione della cauzione prestata dalla concorrente e la segnalazione del fatto all'ANAC per i provvedimenti di cui all'art. 6, comma 11 e 38, comma 1-ter, del D.Lgs n. 163/2006 e denuncia all'Autorità Giudiziaria; della raccomandata 1.2.2016, ad oggetto la comunicazione P.G.N. 1285 ai fini dell'inserimento nel casellario informativo delle esclusioni dalle procedure di affidamento di lavori, servizi e fornitura per mancanza dei requisiti e delle altre notizie ritenute utili emerse in fase di gara; della comunicazione 18.2.2016, P.G.N. 20516/2016 del Dirigente del Settore Patrimonio ed Espropri del Comune di Vicenza, che ha rigettato l'istanza 8.2.2016 dello scrivente patrocinio di annullamento in autotutela della determina 28.1.2016 n. 119; nonchè di ogni atto annesso, connesso o presupposto.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Vicenza;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 giugno 2016 il dott. Nicola Fenicia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il presente ricorso la società Pilloni contesta la determina n. 119 del 28.01.2016 di esclusione dalla procedura ad evidenza pubblica per la cessione e riqualificazione dell’area sita in Comune di Vicenza denominata “ex Centrale del latte”, nonché l’escussione della cauzione prestata dalla concorrente pari ad euro 66.000,00 e la segnalazione del fatto all’ANAC per i provvedimenti di cui all’art. 6, comma 11 e 38 comma 1-ter del D.Lgs. n. 163/2006.

La società Pilloni partecipava alla detta procedura, presentando la propria offerta che veniva positivamente valutata dalla Commissione, aggiudicandosi in via provvisoria il contratto.

Tuttavia, in sede di verifica della documentazione amministrativa, con particolare riferimento alla valutazione del possesso dei requisiti di cui all’art. 38 del Codice dei contratti pubblici, emergeva la mancanza dei requisiti di cui al comma 1, lett. c) della citata norma. In altri termini, l’Amministrazione previa acquisizione d’ufficio del certificato del casellario giudiziale, accertava che nei confronti del responsabile tecnico della società ricorrente, Stefano Sinigaglia, era stata pronunciata sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p., divenuta definitiva, per il reato di corruzione ex art. 321 c.p.. Pertanto, il Comune di Vicenza, con determina dirigenziale n. 119 del 28.01.2016, escludeva dalla procedura di gara la Società Soldà Pilloni Srl.

Tale provvedimento, unitamente agli altri conseguenti sopra indicati, è stato impugnato con il presente ricorso che viene affidato a quattro motivi.

Con il primo motivo si è denunciata l'illegittimità dei provvedimenti impugnati in quanto assunti sulla base di specifiche disposizioni del D. Lgs. n. 163/06 relative alle procedure di affidamento degli appalti di lavori pubblici, ovvero, l'art. 38, comma 1, lett. c), per l'esclusione; l'art. 75, comma 6, per l'escussione della cauzione, e gli artt. 6, comma 11 e 38, comma 1-ter, del D. Lgs. n. 163/06 per la segnalazione del fatto ad ANAC; mentre, a parere della ricorrente, la fattispecie in esame non integrerebbe un appalto di lavori, bensì un semplice contratto di acquisto di immobile per il quale troverebbe applicazione l'art. 19, lett. a), del D. Lgs. n. 163/06, che esclude tali contratti dall’applicazione del codice dei contratti pubblici.

Con la seconda doglianza si è invece sottolineato come nella fattispecie in esame neppure astrattamente siano configurabili le due autonome cause di esclusione addotte dal Comune e ciò alla luce delle stesse previsioni contenute nella lex specialis di gara.

In particolare, sotto un primo profilo, si è evidenziato come l'avviso del 31.8.2015, avendo ad oggetto un contratto di compravendita, non aveva richiesto che fosse indicato il responsabile tecnico della società, né il possesso in capo al medesimo, attestato in apposita dichiarazione, dei requisiti di cui all'art. 38 del D. Lgs. n. 163/06, venendo invece richiesto il possesso di due soli requisiti soggettivi - ovvero il non aver avuto applicata la pena accessoria di incapacità a contrarre con la P.A. e l'essere in regola con i dettati dell'art. 38 del D. Lgs. 163/2006, solo ed esclusivamente in capo al legale rappresentante della società offerente.

Sotto un secondo profilo, la ricorrente ha invece evidenziato che l’avviso di gara non richiamava le cause di esclusione dalle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti elencate all'art. 38, comma 1, del D. Lgs. n. 163/06, né tutte le ulteriori prescrizioni contenute in questo articolo.

Con il terzo motivo, la ricorrente ha dedotto, in via subordinata, che la dichiarazione resa dal geometra Sinigaglia non poteva essere definita non veritiera, avendo egli riportato una condanna a pena patteggiata per il reato di corruzione impropria di cui all’art. 318 c.p., escluso dall’ambito di applicazione dell’art. 38 D.lgs. 163/2006, che rimanda alla nozione di corruzione di cui all’art. 3 dell’atto del Consiglio del 25.05.1997 e all’art. 3, par. 1 dell’Azione Comune 98/742/GAI del Consiglio, ovvero, secondo la ricorrente, esclusivamente alla corruzione propria.

Infine, con il quarto motivo, la ricorrente ha lamentato il difetto d’istruttoria e di motivazione.

Quindi la società Pilloni, nel domandare l’annullamento degli atti impugnati ha anche formulato domanda di risarcimento dei danni.

Si è costituito il Comune di Vicenza, eccependo l’inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione della lex specialis di gara, che richiedeva il possesso dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 38 D.lgs n.163/2006, ed argomentando circa l’infondatezza dei motivi di gravame, essendo la procedura in questione relativa ad un appalto di lavori, con conseguente applicabilità delle norme del D.lgs n. 163/2006 richiamate nell’avviso.

Con ordinanza emessa all’esito della camera di consiglio del 23 marzo 2016 è stata respinta l’istanza cautelare.

In vista dell’udienza di discussione le parti hanno depositato memorie conclusive e di replica.

All’udienza dell’8 giugno 2016, all’esito della discussione delle parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Si può prescindere dall’esame dell’eccezione d’inammissibilità sollevata dal Comune di Vicenza, essendo il ricorso manifestamente infondato nel merito per le seguenti ragioni.

1.In ordine al primo motivo, si osserva che l’avviso di gara aveva ad oggetto la stipula di un contratto misto, comprendente sia la cessione dell’area da riqualificare, sia la “realizzazione di opere da destinare alla collettività”.

In particolare, le opere d’interesse pubblico che sarebbero rimaste di proprietà comunale, da realizzare a titolo di parziale corrispettivo, venivano stimate in € 2.300.000,00, su un corrispettivo per la cessione, corrispondente al valore posto a base di gara, di € 3.300.000,00.

E’ pertanto evidente che, assumendo l’importo dei lavori rilievo pari ai due terzi del valore posto a base di gara, ai sensi dell’art. 14 D.lgs 163/2006, l’oggetto principale del contratto in esame era costituito dalla realizzazione di opere pubbliche, con conseguente applicazione delle norme del D.lgs 163/2006, fra le quali, in primis, quelle relative ai requisiti generali di qualificazione disciplinati dall’art. 38.

D’altro canto, l’art. 15 del D.lgs. 163/2006 “qualificazione nei contratti misti” prevede chiaramente che “l’operatore economico che concorre alla procedura di affidamento di un contratto misto, deve possedere i requisiti di qualificazione e capacità prescritti dal presente codice per ciascuna prestazione di lavori, servizi, forniture prevista dal contratto”.

Sulla base di tali considerazioni, il primo motivo di ricorso deve essere respinto.

2. In ordine al secondo motivo, si osserva che l’avviso di gara, al punto 7), “soggetti ammessi alla gara” prevedeva espressamente la necessità che i soggetti partecipanti fossero “in regola con i dettati dell’art. 38 del D.lgs. 163/2006”.

E’ dunque chiaro il richiamo integrale ai requisiti di ordine generale previsti dall’art. 38, che dovevano essere posseduti dalla società partecipante. Per cui, nel caso di specie, trattandosi di una società a responsabilità limitata con meno di quattro soci, doveva essere dichiarata ed era ostativa, in modo automatico, alla partecipazione, l’esistenza di una sentenza pronunciata, ex art. 444 c.p.p., per un reato di corruzione, nei confronti del direttore tecnico della società (art. 38, comma 1, lett. c).

Ne deriva la palese infondatezza del secondo motivo di ricorso che, pertanto, deve essere respinto.

3. Infine, quanto al terzo motivo di ricorso, si osserva che il reato di corruzione rilevante ai fini dell’esclusione dalla partecipazione alla gara, ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. c), che a sua volta richiama gli atti comunitari citati dall’art. 45, par. 1, direttiva CE 2004/18 (ovvero l'articolo 3 dell'atto del Consiglio del 26 maggio 1997 e l'articolo 3, paragrafo 1, dell'azione comune 98/742/GAI del Consiglio), ricomprende sia la corruzione (impropria) per un atto d’ufficio di cui all’art. 318 c.p. (per la quale è stata emessa nel caso di specie la sentenza di patteggiamento), sia la corruzione (propria) per un atto contrario ai doveri d’ufficio di cui all’art. 319 c.p. .

Infatti, ai sensi dell’art. 3, par. 1, dell’atto del Consiglio del 26 maggio 1997, “vi è corruzione attiva quando una persona deliberatamente promette o dà, direttamente o tramite un intermediario, un vantaggio di qualsivoglia natura ad un funzionario, per il funzionario stesso o per un terzo, affinché questi compia o ometta un atto proprio delle sue funzioni o nell’esercizio di queste, in modo contrario ai suoi doveri d’ufficio”.

E’ evidente che nella fattispecie così descritta la corruzione consiste in una negoziazione che può avere ad oggetto sia il compimento di un atto proprio delle funzioni del pubblico ufficiale, sia l’omissione di tale atto o il compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio nell’esercizio delle funzioni. Non vi è dunque distinzione, per il diritto comunitario richiamato dall’art. 38, comma 1, lett. c), tra corruzione propria e impropria, rientrando entrambe le fattispecie nell’ambito della “corruzione attiva”.

Tale lettura è peraltro confortata dal tenore testuale dell’art. 80 comma 1, lett. b) del nuovo codice dei contratti pubblici, che include espressamente tra i delitti che costituiscono cause automatiche di esclusione, i delitti di cui agli art. 318, 319 e 321 c.p..

Pertanto, nel caso di specie, è evidente la configurazione di una causa di esclusione costituita dalla sentenza di applicazione della pena su richiesta per il reato di cui agli artt. 318 e 321 c.p., nonché, conseguentemente, la falsità dell’autodichiarazione del geometra Sinigaglia, in ordine all’assenza di condanne per uno dei reati indicati dall’art. 45, paragrafo 1, della direttiva 2004/18/CE.

Anche il terzo motivo si manifesta, dunque, infondato.

4. Altrettanto infondato, per quanto fin qui esposto, si rivela il quarto motivo, essendosi in presenza di un’ipotesi di esclusione automatica dalla gara per mancanza di un requisito generale, che non richiedeva una motivazione maggiormente articolata di quella posta a sostegno dei provvedimenti impugnati, né una più approfondita istruttoria.

5. Conseguentemente, deve essere anche respinta la domanda di risarcimento del danno.

6. In conclusione il ricorso deve essere respinto.

7. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge in ogni domanda;

condanna la ricorrente a rimborsare le spese di lite al Comune di Vicenza che si liquidano in complessivi € 3.000,00, oltre oneri accessori.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 8 giugno 2016 con l'intervento dei magistrati:

Maurizio Nicolosi, Presidente

Alessio Falferi, Primo Referendario

Nicola Fenicia, Primo Referendario, Estensore

 

Guida alla lettura

 

Con la sentenza in rassegna i Giudici del Tar Veneto si soffermano sulle dichiarazioni sostitutive negli appalti pubblici e sul reato di corruzione.

L’art. 38 del Codice dei Contratti Pubblici disciplina i requisiti soggettivi di ordine generale che le imprese devono possedere per poter ricevere in affidamento appalti di lavori, servizi o forniture dall’amministrazione pubblica.

La disciplina concernente le cause di esclusione correlate alla pronuncia di condanne penali è contenuta nell’art. 38, comma 1, lett. c) del Codice dei contratti pubblici, il quale prevede che sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti e non possono essere affidatari di subappalti, né possono stipulare i relativi contratti, i soggetti: “nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale; per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità; che incidono sulla moralità professionale”.

La medesima disposizione prevede tuttavia che, indipendentemente dall’esistenza dei predetti elementi (che devono sussistere congiuntamente), è comunque causa di esclusione la condanna, con sentenza passata in giudicato, per uno o più reati di partecipazione a un'organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all'articolo 45, paragrafo 1, direttiva Ce 2004/18.

Com’è noto, l’art. 38 del D.Lgs. 163/2006 costituisce presidio dell'interesse dell'Amministrazione di non contrarre obbligazioni con soggetti che non garantiscano adeguata moralità professionale; presupposti perché l'esclusione consegua alla condanna sono la gravità del reato e il riflesso dello stesso sulla moralità professionale. La gravità del reato deve, quindi, essere valutata in relazione a quest'ultimo elemento e il contenuto del contratto oggetto della gara assume allora importanza fondamentale al fine di apprezzare il grado di moralità professionale del singolo concorrente.

In altri termini la "gravità" del reato, nell'accezione voluta dal legislatore del codice dei contratti con l'art. 38, è un concetto giuridico a contenuto indeterminato, da valutarsi necessariamente non soltanto in sé e per sé, ma di volta in volta con riferimento ad una serie di parametri quali la maggiore o minore connessione con l'oggetto dell'appalto, il lasso di tempo intercorso dalla condanna, l'eventuale mancanza di recidiva, le ragioni in base alle quali il giudice penale ha commisurato in modo più o meno lieve la pena.

I Giudici del Tar Veneto chiariscono che il reato di corruzione rilevante ai fini dell’esclusione dalla partecipazione alla gara, ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. c), che a sua volta richiama gli atti comunitari citati dall’art. 45, par. 1, direttiva CE 2004/18 (ovvero l'articolo 3 dell'atto del Consiglio del 26 maggio 1997 e l'articolo 3, paragrafo 1, dell'azione comune 98/742/GAI del Consiglio), ricomprende sia la corruzione (impropria) per un atto d’ufficio di cui all’art. 318 c.p. (per la quale è stata emessa nel caso di specie la sentenza di patteggiamento), sia la corruzione (propria) per un atto contrario ai doveri d’ufficio di cui all’art. 319 c.p. .

Infatti, ai sensi dell’art. 3, par. 1, dell’atto del Consiglio del 26 maggio 1997, “vi è corruzione attiva quando una persona deliberatamente promette o dà, direttamente o tramite un intermediario, un vantaggio di qualsivoglia natura ad un funzionario, per il funzionario stesso o per un terzo, affinché questi compia o ometta un atto proprio delle sue funzioni o nell’esercizio di queste, in modo contrario ai suoi doveri d’ufficio”.

L’art. 80 del nuovo Codice appalti ha rielaborato l’art. 38 del D.Lgs. 163/2006 relativo alle cause di esclusione alla partecipazione dell’appalto, indicando con precisione i casi di esclusione.

I reati corruttivi, causa di esclusione, infatti, vengono precisati con dovizia a fronte della generica indicazione presente nell’art. 38 D.Lgs. 163/2006 previgente. La norma richiamata include espressamente tra i delitti che costituiscono cause automatiche di esclusione, i delitti di cui agli art. 318, 319 e 321 c.p., quindi sia i reati di corruzione propria che impropria.

Sotto il profilo soggettivo, se restano immutati rispetto all’art. 38 i soggetti tenuti a rendere le dichiarazioni di moralità per le imprese individuali (titolare o direttore tecnico), le società in nome collettivo (soci o direttore tecnico) e le società in accomandita semplice (soci accomandatari o direttore tecnico), le novità riguardano tutte le altre categorie di società ed i consorzi per i quali gli obblighi dichiarativi scattano per i membri del consiglio di amministrazione, di direzione o di vigilanza, per i soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo, il direttore tecnico, il socio unico persona fisica ovvero il socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci. Di fatto, quindi, tutti i soggetti presenti nella visura camerale dell’impresa, a partire dai consiglieri anche se privi di deleghe, ai sindaci, ai procuratori speciali. Tutti questi soggetti sono tenuti a rendere le dichiarazioni anche se cessati dalla carica nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando (salvo dimostrare, da parte dell’impresa, la completa ed effettiva dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata a carico dei medesimi); mentre gli obblighi dichiarativi non scattano se il reato sia stato depenalizzato ovvero quando è intervenuta la riabilitazione, quando il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna ovvero in caso di revoca della condanna.