Cons. Stato, sez. VI, ordinanza 20 giugno 2016, n. 2703

1. La Sezione, considerato che la questione sottoposta all’esame della Corte di Giustizia è, come ha sostenuto la stessa appellante, rilevante ai fini della decisione del presente appello e che non risulta che su tale questione la Corte di Giustizia si sia pronunciata, ritiene di dover sospendere il giudizio, ai sensi dell’art. 79, comma 1, del c.p.a., in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia sulla questione pregiudiziale indicata in motivazione.

 

1) Conformi: Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1385 del 7 aprile 2016, Consiglio di Stato, Sez. III, n. 957 del 9 marzo 2016.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 2656 del 2016, proposto da:

Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e IPSAR – Istituto Professionale di Stato “Domenico Rea”, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

contro

Tecnolab Group, n.c.;

nei confronti di

Emc Store S.r.l., n.c.;

per la riforma:

della sentenza del T.A.R. per la Campania, Sezione staccata di Salerno, Sezione II, n. 2678 del 23 dicembre 2015, resa tra le parti, concernente procedura di cottimo fiduciario per acquisto e installazione di prodotti multimediali.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 maggio 2016 il Cons. Dante D’Alessio e udito per la parte appellante l’avvocato dello Stato Lorenzo D’Ascia;

1.- La società Tecnolab Group ha impugnato davanti al T.A.R. per la Campania, Sezione staccata di

Salerno, il provvedimento con il quale l’IPSAR – Istituto Professionale di Stato “Domenico Rea” ha aggiudicato definitivamente, in favore della ditta EMC Store s.r.l., la procedura di cottimo fiduciario indetta per l’acquisto e l’installazione di prodotti multimediali.

2.- Il T.A.R. per la Campania, Sezione staccata di Salerno, Sezione II, con sentenza n. 2678 del 23 dicembre 2015, ha accolto il ricorso, ritenendo fondata l’unica ed assorbente questione di diritto sottoposta al suo esame «sulla scorta dei chiarimenti forniti dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, la quale, con le sentenze n. 3 e n. 9 del 2015, ha ritenuto: a) che l’obbligo, codificato all’art.87, comma 4, d.lgs. cit., di indicazione degli oneri di sicurezza aziendale, sia indefettibile adempimento per la rituale formalizzazione delle offerte; b) che deve essere esclusa la sanabilità dell’omessa indicazione con il soccorso istruttorio, che si risolverebbe in un’inammissibile integrazione postuma di un elemento essenziale dell’offerta; c) che la soluzione in questione vanga anche per le procedure per le quali la fase di presentazione delle offerte si fosse conclusa prima della pubblicazione della decisione n. 3/2015, non potendosi elevare la precedente esegesi al rango di legge per il periodo precedente al suo mutamento».

Per l’effetto, il T.A.R. ha condannato l’Amministrazione intimata «ad aggiudicare il contratto per cui è causa, ove non ancora eseguito, alla impresa ricorrente» ovvero «a risarcire, per la contraria evenienza, il danno subito in correlazione alla illegittima aggiudicazione… quantificato nella misura del 10% dell’utile che la stessa ricorrente avrebbe tratto, in relazione ai termini della offerta formulata, dalla stipula del contratto».

3.- La sentenza del T.A.R. per la Campania è stata appellata dal Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e dall’IPSAR – Istituto Professionale di Stato “Domenico Rea”, che ne hanno chiesto la riforma perché erronea.

In particolare, l’Amministrazione ha sostenuto che l’esclusione dei concorrenti che non avevano indicato nella loro offerta gli oneri di sicurezza aziendale si pone in contrasto con i principi di certezza del diritto, di tutela dell’affidamento e del favor partecipationis e che tale esclusione colpisce i concorrenti che hanno prodotto un’offerta perfettamente conforme alle prescrizioni stabilite nel bando e nei modelli ad esso allegati.

L’Amministrazione ha poi sostenuto che i costi della sicurezza aziendale, negli appalti di servizi e forniture, rilevano ai soli fini dell’anomalia del prezzo offerto ed ha aggiunto che l’orientamento espresso dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, nelle decisioni n. 3 e n. 9 del 2015, che ha indotto il T.A.R. ad accogliere il ricorso di primo grado, si pone in contrasto con i principi, di matrice comunitaria, della tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, oltre che della libera circolazione delle merci e di libertà di stabilimento.

L’Amministrazione ha quindi ricordato che, per tale profilo, alcuni T.A.R. hanno rimesso la questione davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la conseguenza che nel presente giudizio «non pare si possa prescindere dalla preventiva risoluzione del dubbio di compatibilità comunitaria».

4.- Tutto ciò premesso, la Sezione, considerato che la questione sottoposta all’esame della Corte di Giustizia è, come ha sostenuto la stessa appellante, rilevante ai fini della decisione del presente appello e che non risulta che su tale questione la Corte di Giustizia si sia pronunciata, ritiene di dover sospendere il giudizio, ai sensi dell’art. 79, comma 1, del c.p.a., in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia sulla questione pregiudiziale indicata in motivazione (nello stesso senso, di recente, Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1385 del 7 aprile 2016, Consiglio di Stato, Sez. III, n. 957 del 9 marzo 2016).

5. Ai fini della prosecuzione del giudizio, la parte più diligente dovrà presentare l’istanza di fissazione di udienza nel termine di cui all’art. 80, comma 1, del c.p.a.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

sospende il giudizio, ai sensi dell’art. 79, comma 1, c.p.a., in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia sulla questione pregiudiziale indicata in motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 maggio 2016 con l’intervento dei magistrati:

Sergio Santoro, Presidente

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Dante D’Alessio, Consigliere, Estensore

Andrea Pannone, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere

 

 

 

Guida alla lettura

Come già avvenuto in altre pronunce della giurisprudenza amministrativa, anche l’ordinanza de qua si interroga sulla conformità alla normativa europea dell’orientamento secondo cui l’omessa indicazione degli oneri per la sicurezza aziendale comporta l’esclusione dalla gara di appalto. Pertanto, i Giudici della VI sezione del Consiglio di Stato, sospendono il giudizio in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sulla questione pregiudiziale della compatibilità, con i principi comunitari, della normativa nazionale che impone al concorrente di indicare nell’offerta economica, a pena di esclusione, gli oneri di sicurezza aziendale.

Si ricorda che l'art. 86, comma 3 bis del Codice dei Contratti pone in capo alla Amministrazioni aggiudicatrici l'obbligo di valutare che il valore economico della base d'asta e dell'offerta "sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza". La fase valutativa, infatti, si limita alla fase di progettazione della gara e a quella di verifica dell'anomalia dell'offerta. Inoltre, entrambi i costi devono essere considerati, ma la norma non chiarisce se debbano essere esplicitati a pena di esclusione. Il successivo art. 87, comma 4, poi, riferendosi alla fase dell'anomalia dell'offerta, specifica che: "Nella valutazione dell'anomalia la stazione appaltante tiene conto dei costi relativi alla sicurezza, che devono essere specificamente indicati nell'offerta e risultare congrui rispetto all'entità e alle caratteristiche dei servizi o delle forniture".

Se il costo della sicurezza "aziendale" può essere valutato solo in sede di verifica dell'anomalia dell'offerta, quindi, per quale ragione dovrebbe essere esplicitato (per lo più a pena di esclusione!) in sede di offerta?

Da questa riflessione è scaturito, negli anni, un acceso dibattito giurisprudenziale.

Una parte della giurisprudenza ha ritenuto che l'esplicitazione di tutti i costi aziendali permetterebbe al seggio di gara di comprendere prima facie eventuali sentori di incongruità dell'offerta (cfr. Cons. Stato, sez. III, 3 luglio 2013, n. 3565).

La giurisprudenza aveva provato in passato a limitare l'interpretazione restrittiva appena proposta, sostenendo che l'obbligo di scorporamento riguardasse esclusivamente gli affidamenti di servizi e forniture, in quanto specificamente richiamati dall'art. 87, comma 4 del D.lgs. 163/2006 (in particolare Cons. Stato, sez. V: 7 maggio 2014, n. 2343; 9 ottobre 2013, n. 4964).

Aveva provato, altresì, a far leva sul principio di affidamento e del favor partecipationis in tutte quelle gare dove la lex specialis non fa menzione dell'esclusione del concorrente in caso di mancata esplicitazione degli oneri della sicurezza "aziendali" (tra le più recenti Consiglio di Stato sez. III 7/9/2015 n. 4132).

Queste due interpretazioni sono state bocciate da due sentenze del Consiglio di Stato, in Adunanza Plenaria, n. 3/2015 e 9/2015.

Con sentenza n. 3 del 2015 l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha affermato che i costi interni per la sicurezza del lavoro vanno espressamente indicati dai concorrenti ad una gara pubblica, pena l’esclusione dalla procedura, anche se tale sanzione non è prevista nel relativo bando.

Successivamente la stessa Adunanza Plenaria, con decisione n. 9 del 2015, ha delimitato il raggio di azione del principio enunciato con la precedente pronuncia n. 3, chiarendo che “non sono legittimamente esercitabili i poteri attinenti al soccorso istruttorio, nel caso di omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendali, anche per le procedure nelle quali la fase della presentazione delle offerte si è conclusa prima della pubblicazione della decisione dell’Adunanza Plenaria n.3 del 2015.

Com’è noto, la rimessione alla Corte di Giustizia parte dall’interrogativo se i principi comunitari di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, unitamente ai principi di libera circolazione delle merci, di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui al Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), nonché i principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza, di cui (da ultimo) alla direttiva n. 2014/24/UE, ostino ad una normativa nazionale, quale quella italiana derivante dal combinato disposto degli artt. 87, comma 4, e 86, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 163 del 2006, e dall’art. 26, comma 6, del D.Lgs. n. 81 del 2008, così come interpretato, in funzione nomofilattica, ai sensi dell’art. 99 c.p.a., dalle sentenze dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nn. 3 e 9 del 2015, secondo la quale la mancata separata indicazione dei costi di sicurezza aziendale, nelle offerte economiche di una procedura di affidamento di lavori pubblici, determina in ogni caso l’esclusione della ditta offerente, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata non sia stato specificato né nella legge di gara né nell’allegato modello di compilazione per la presentazione delle offerte, ed anche a prescindere dalla circostanza che, dal punto di vista sostanziale, l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale.

Si ricorda che sia l’art. 86 che l’art. 87 del Codice dei Contratti Pubblici sono stati abrogati dall’art. 217 del D.Lgs. 50/2016 e sostituiti dall’art. 97.