SOMMARIO: 1. Il D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e le questioni di carattere intertemporale. – 1.1. Il recepimento (intempestivo) delle Direttive comunitarie 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE. – 1.2. L’entrata in vigore ex abrupto del nuovo testo. – 1.3. L’operazione di coordinamento con la vecchia disciplina e l’ultravigenza del D.P.R. n. 207/2010. – 2. La struttura generale e i pilastri fondanti il nuovo testo: semplificazione, qualità e trasparenza. – 2.1. La soft-regulation affidata alle linee guida dell’ANAC. – 2.2. Si legge qualità, si pronuncia qualificazione. – 2.3. Pubblicazione online e dematerializzazione. – 3. Le procedure di aggiudicazione: ambito di applicazione, principi comuni e (moltiplicazione delle) tipologie di appalti. – 4. Rassegna sulle (altre) principali novità. – 5. Governance e ombre.
 

1. Il D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e le questioni di carattere intertemporale

 

In premessa all’analisi del testo recante la nuova disciplina dei contratti pubblici, si ricorda come, vista la Legge 24 dicembre 2012, n. 234, in materia di norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea, nonché la Legge 28 gennaio 2016, n. 11, recante deleghe al Governo per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, il Governo italiano ha proceduto, rectius abbia scelto di procedere alla emanazione di un – unico[1] – decreto legislativo. Tale decreto sostituisce e abroga le disposizioni di cui al Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163, “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”, nonché quelle di cui Decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207 (cioè, il Regolamento di esecuzione e attuazione del “vecchio” Codice dei Contratti Pubblici, appena citato), con le precisazioni di cui infra, al paragrafo 1.3.

‘Nuovo’ sarà la parola più ricorrente di questo lavoro, perché di cambiamenti alla precedente disciplina l’attuale Codice ne ha apportati tanti e di rilievo. Numerose, ovviamente, le questioni da chiarire, però, da subito, a fronte di un intervento legislativo di tale mole: prime, su tutte, quelle di carattere intertemporale; problematiche che vanno dal recepimento delle direttive comunitarie (rispetto alle quali il Decreto Legislativo de quo rappresenta il doveroso precipitato interno del nostro Paese) alla stessa entrata in vigore del provvedimento del Governo, passando per il regime transitorio così come disciplinato dallo stesso D.Lgs. n. 50/2016 e non solo.

 

1.1. Il recepimento (intempestivo) delle Direttive comunitarie 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE

 

Dopo due anni – piuttosto travagliati – di lavori, il 19 aprile 2016 è entrato in vigore, il giorno stesso della pubblicazione (articolo 220), il Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 91 del 19.04.2016 - Suppl. Ord. n. 10.

All’ultimo momento, il nuovo testo non ha preso né il nome chiesto dalla legge delega (“Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione”), né quello suggerito dal Consiglio di Stato (“Codice dei contratti pubblici”), ma una denominazione decisamente più lunga: “Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”.

Più che il nomen – e come evidenziato dai primi commentatori – rileva il fatto che il Governo ha mancato, seppur solo per un solo giorno, il recepimento delle citate direttive nei termini richiesti, che sarebbe dovuto avvenire entro il biennio della loro pubblicazione, che ricadeva il 18 aprile di quest’anno: il 18 aprile 2016 sono, infatti, entrate in vigore le norme self-executing le Direttive n. 23, 24 e 25 del 2014, in assenza di formale recepimento.

 

1.2. L’entrata in vigore ex abrupto del nuovo testo

 

Si è, così, provocato il singolare effetto per il quale le procedure bandite proprio in quel giorno dovevano ancora fare applicazione del D.Lgs. n. 163/2006, ma “rettificato” nelle parti in contrasto con le predette disposizioni autoesecutive delle direttive[2]: come indicato dall’ANAC nella sua prima circolare operativa in materia – di cui si dirà a breve –, alcune puntualizzazioni si rendevano, pertanto, oltremodo urgenti, oltre che necessarie.

Peculiare – e già stigmatizzato dal Consiglio di Stato, nel parere n. 855 del 1° aprile 2016 – è stato il fatto che il Codice sia entrato in vigore il medesimo giorno della sua pubblicazione (19 aprile 2016), senza prevedere nessun periodo di vacatio legis; e ciò a differenza di quanto previsto dal precedente testo, laddove per l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 163/2006 fu previsto un periodo di 60 giorni. Di palmare evidenza come tutti gli operatori di diritto si siano trovati spiazzati da questa dirompente macro-novità; melius si stiano ritrovando investiti da una disciplina che, ancorché necessiti (come necessiterà) di altri e continui chiarimenti, è l’unica e la sola di (indispensabile) applicazione. 

Superato (ma sforando di un giorno il tempo prescritto) il problema del recepimento delle direttive comunitarie e forniti i primi – vedremo – insufficienti chiarimenti (con un primo comunicato del 22 aprile 2016[3]), rimaneva solo da coordinare la vecchia disciplina con la nuova.

 

1.3. L’operazione di coordinamento con la vecchia disciplina e l’ultravigenza del D.P.R. n. 207/2010

 

La citata Legge delega n. 11/2016 aveva previsto che il Decreto di recepimento, oltre a disporre l’abrogazione del Codice di cui al Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163, del Regolamento di attuazione n. 207 del 2010 e di altre disposizioni incompatibili, prevedesse, a sua volta, opportune disposizioni di coordinamento, transitorie e finali per assicurare, in ogni caso, l’ordinata transizione tra la previgente disciplina e la nuova, al fine di evitare incertezze interpretative ed applicative; e, così, effettivamente è avvenuto.

È accaduto, però, anche che l’Autorità Nazionale Anticorruzione, stante il nuovo ruolo attribuitole (specie, a partire) da questo nuovo assetto giuridico – e sui si darà miglior contezza in fondo a questo scritto –, abbia iniziato ad emanare delle circolari (definite operative), allo scopo di fare un po’ d’ordine sul nuovo ordine venutosi a creare, soprattutto riguardo al periodo transitorio. Il tutto a dispetto degli articoli 216 e 217 del nuovo Codice dei contratti pubblici, in tema, rispettivamente, di “Disposizioni transitorie e di coordinamento” e “Abrogazioni”, il cui esclusivo carattere precettivo sembra essere stato disconosciuto quasi sul nascere.

Con la prima circolare del 22 aprile 2016, è stato chiarito che il Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163 è abrogato a decorrere dal 20 aprile (salvo – come si dirà – il regime della pubblicazione dei bandi di gara sui quotidiani, di cui al vecchio art. 66, comma 7, fino al 31 dicembre 2016), mentre il D.P.R. n. 207/2010 è abrogato parzialmente a decorrere dal 19 aprile stesso; l’abrogazione parziale concerne:

- la Parte I (disposizioni comuni);

- la Parte II (contratti pubblici relativi a lavori nei settori ordinari), Titolo I (organi del procedimento e programmazione), capo II (Programmazione dei lavori);

- la Parte II (contratti pubblici relativi a lavori nei settori ordinari), Titolo II (progettazione e verifica del progetto), capo II (Verifica del progetto);

- la Parte II, Titolo IV (modalità tecniche e procedurali per la qualificazione dei contraenti generali);

- la Parte II, Titolo V (sistemi di realizzazione dei lavori e selezione delle offerte);

- la Parte II, Titolo VI (garanzie e sistema di garanzia globale di esecuzione);

- la Parte II, Titolo VII (il contratto);

- la Parte II, Titolo VIII (esecuzione dei lavori);

- la Parte II, Titolo IX (contabilità dei lavori), Capo III (Norme generali per la tenuta della contabilità);

- la Parte II, Titolo XI (lavori riguardanti i beni del patrimonio culturale), Capo III (Esecuzione e collaudo dei lavori riguardanti i beni del patrimonio culturale), ad esclusione dell’articolo 251;

- la Parte III (contratti pubblici relativi a servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria nei settori ordinari), ad esclusione degli articoli 254, 255 e 256;

- le Parti IV, V e VII (nonché gli allegati e le parti di allegati ivi richiamati).

Le restanti disposizioni del Regolamento sono abrogate a decorrere dalla data di entrata in vigore degli atti attuativi del codice (DPCM e DM) e comunque entro il 31 dicembre 2016, i quali operano la ricognizione delle disposizioni del Decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010 da esse sostituite: si profila, pertanto, un periodo transitorio coincidente con l’intervallo che va dal 19 aprile fino alla data di entrata in vigore dei decreti attuativi di cui sopra.

Nel frattempo, l’ANAC è stata investita del compito di garantire la cd. regolazione flessibile della materia, attraverso linee guida, bandi-tipo, capitolati-tipo, contratti-tipo e altri strumenti di regolazione, comunque denominati.

Tanti sono, dunque, i principali adempimenti e adeguamenti – suggerisce la circolare del 22.04.2016 – che andranno adottati nel periodo transitorio in attesa dei decreti attuativi.

Prima, però, è stato necessario tornare indietro sul regime transitorio nel nuovo Codice degli appalti e delle concessioni, perché i chiarimenti di cui al comunicato del 22 aprile si sono rivelati non esaustivi, creando un vulnus normativo di non poco conto e concernete i bandi pubblicati in data 19 aprile: numerose stazioni appaltanti avevano, prontamente, evidenziato all’ANAC come il nuovo Codice si era reso pubblicamente conoscibile solo a partire dalle ore 22.00 del giorno 19 aprile 2016, in quanto a quell’orario diffuso nella versione on line della Gazzetta Ufficiale (n. 91) del 19 aprile 2016.

L’Autorità, allora, sentita anche l’Avvocatura generale dello Stato, e in base al principio generale di cui all’art. 11 delle preleggi al codice civile e all’esigenza di tutela della buona fede delle stazioni appaltanti, ha previsto una diversa soluzione equitativa con riferimento ai quei bandi e avvisi licenziati nell’incudine tra vecchia e nuova disciplina, statuendo – e il termine non è usato a caso – quanto segue: per i (soli) bandi o avvisi pubblicati nella giornata del 19 aprile continua ad operare il pregresso regime giuridico, mentre le disposizioni del D.Lgs. 50/2016 riguarderanno i bandi e gli avvisi pubblicati a decorrere dal 20 aprile 2016.

È finita? Non ancora, a leggere l’ultimo – a far data al momento in cui viene chiuso questo volume – comunicato del Presidente dell’Autorità del 11 maggio 2016, in ordine alle “Indicazioni operative alle stazioni appaltanti e agli operatori economici a seguito dell’entrata in vigore del Codice dei Contratti Pubblici, d.lgs. n. 50 del 18.4.2016” e a fronte delle numerose richieste di chiarimenti in relazione alla normativa da applicare per alcune procedure di affidamento disciplinate dall’abrogato D.Lgs. n. 163/2006, all’operatività di alcune norme introdotte dal D.Lgs. n. 50/2016 e al periodo transitorio relativo al passaggio dal vecchio al nuovo Codice; richieste di chiarimenti che – si è certi – non tarderanno a susseguirsi in seguito, così come a essere fugate nei prossimi mesi.

 

2. La struttura generale e i pilastri fondanti il nuovo testo: semplificazione, qualità e trasparenza   

 

Il nuovo Codice dei contratti pubblici si presenta – all’apparenza[4] – decisamente più breve e snello del precedente testo normativo, con una riduzione del numero complessivo di articoli, che passa da complessivi 630 articoli e 37 allegati a soli 220 articoli e 25 allegati (anche tenendo conto della prevista abrogazione del regolamento, che verrà sostituito da atti di cd. soft law).

Soprattutto, il nuovo testo, che si articola in sei parti, si presenta meglio strutturato:

  1. La prima parte comprende le norme volte a definire il suo ambito di applicazione, nonché alcune disposizioni comuni, come, in particolare, le definizioni (art. 3), la specificazione dei contratti esclusi in tutto o in parte dall’ambito di applicazione (artt. 4-20), le norme sulla pianificazione, programmazione e progettazione (artt. 21-27) e i principi comuni sulle modalità di affidamento (artt. 28-34);
  2. La seconda parte, relativa ai contratti di appalto per lavori, servizi e forniture, è articolata in sei titoli: 1) rilevanza comunitaria e contratti sotto soglia (artt. 35-36); 2) qualificazione delle stazioni appaltanti (artt. 37-43); 3) procedura di affidamento (suddiviso, a sua volta, in capi e sezioni: artt. 44-93); 4) aggiudicazione per i settori ordinari (artt. 94-99); 5) esecuzione (artt. 100-113); 6) regimi particolari di appalto (ossia agli appalti nei settori speciali, nei servizi sociali, nel settore dei beni culturali, nei concorsi di progettazione e di idee, nei servizi ricerca e sviluppo ed in specifici settori: artt. 114-163);
  3. La parte terza abbraccia i contratti di concessione (artt. 164-178);
  4. La parte quarta disciplina il partenariato pubblico privato e il contraente generale (artt. 179-199);
  5. La parte quinta attiene alle infrastrutture e agli insediamenti prioritari (artt. 200-203);
  6. La parte sesta contiene le disposizioni finali e transitorie (artt. 204-220).

Se ‘novità’ è la lente di osservazione verso il nuovo Codice, ‘semplificazione’, ‘qualità’ e ‘trasparenza’ sono le parole chiave del provvedimento, così come richiamate dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con una breve serie di slides illustrative rilasciate il 15 aprile 2016.

Nell’analisi del testo, ci si imbatterà spesso, direttamente o meno, nella “qualità”, quale nuovo leitmotiv: qualità del progetto esecutivo posto a base di gara, qualità della stazione appaltante e degli operatori economici, qualità delle gare per cui prevale l’offerta economicamente più vantaggiosa rispetto all’offerta al massimo ribasso. Così come sarà evidente nel prevedere procedure realizzate in maniera digitale attraverso gare elettroniche e la riduzione a due sole banche dati – quella presso l’ANAC per l’esercizio dei poteri di vigilanza e controllo e quella presso il MIT sui requisiti generali di qualificazione degli operatori economici – lo sforzo per ottenere la massima trasparenza nel settore.

Tanto premesso, si vogliono mettere in rilievo le principali novità recate dal D.Lgs. 50, alcune delle quali saranno subite operative, mentre per altre è previsto un rinvio a provvedimenti attuativi da approvare nei prossimi mesi.

 

2.1. La soft-regulation affidata alle linee guida dell’ANAC

 

L’ANAC diventa la vera Authority di regolazione del settore, oltre che il fulcro della scelta di Governo a favore di una regolamentazione flessibile (il termine ‘ANAC’ compare ben 86 volte!), in luogo dell’adozione di un vero e proprio regolamento di esecuzione, come il previgente D.P.R. n. 207/2010: l’Autorità viene incaricata di scrivere le norme di attuazione del nuovo testo unico, attraverso delle linee guida da approvare con un decreto del MIT, nonché di assegnare i rating di impresa, qualificare le stazioni appaltanti, mettere in piedi l’albo dei commissari di gara, indirizzare il mercato su aspetti specifici (linee guida e bandi-tipo), sanzionare le concessionarie inadempienti sull’in house[5].

Infatti, «l’ANAC – a cui vengono, in via generale, riconosciuti espressamente (i vecchi poteri riguardanti) la vigilanza e il controllo sui contratti pubblici, nonché l’attività di regolazione degli stessi, anche al fine di prevenire e contrastare illegalità e corruzione – attraverso linee guida, bandi-tipo, capitolati-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolazione flessibile, comunque denominati, garantisce la promozione dell’efficienza, della qualità dell’attività delle stazioni appaltanti, cui fornisce supporto anche facilitando lo scambio di informazioni e la omogeneità dei procedimenti amministrativi e favorisce lo sviluppo delle migliori pratiche. Trasmette alle Camere, immediatamente dopo la loro adozione, gli atti di regolazione e gli altri atti di cui al precedente periodo ritenuti maggiormente rilevanti in termini di impatto, per numero di operatori potenzialmente coinvolti, riconducibilità a fattispecie criminose, situazioni anomale o comunque sintomatiche di condotte illecite da parte delle stazioni appaltanti. Resta ferma l’impugnabilità delle decisioni e degli atti assunti dall’ANAC innanzi ai competenti organi di giustizia amministrativa. L’ANAC, per l’emanazione delle linee guida, si dota, nei modi previsti dal proprio ordinamento, di forme e metodi di consultazione, di analisi e di verifica dell’impatto della regolazione, di consolidamento delle linee guida in testi unici integrati, organici e omogenei per materia, di adeguata pubblicità, anche sulla Gazzetta Ufficiale, in modo che siano rispettati la qualità della regolazione e il divieto di introduzione o di mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalla legge n. 11 del 2016 e dal presente codice» (art. 216, D.Lgs. n. 50/2016)[6].

Come chiarito dalla stessa Autorità, il nuovo Codice dei contratti pubblici disegna, così, un sistema di attuazione delle disposizioni in esso contenute (con una disciplina formalmente “auto-applicativa”), che supera il Regolamento di esecuzione e attuazione in favore di un sistema basato sulla soft-regulation: l’attuazione delle disposizioni codicistiche è, infatti, demandata all’emanazione di atti di indirizzo e di linee guida di carattere generale, da approvarsi con decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti su proposta dell’Autorità Nazionale Anticorruzione e previo parere delle competenti commissioni parlamentari, oltre che all’adozione – sempre in capo all’ANAC – di ulteriori atti a carattere generale finalizzati a offrire indicazioni interpretative e operative agli operatori del settore (stazioni appaltanti, imprese esecutrici, organismi di attestazione) nell’ottica di perseguire gli obiettivi di semplificazione e standardizzazione delle procedure, trasparenza ed efficienza dell’azione amministrativa, apertura della concorrenza, garanzia dell’affidabilità degli esecutori, riduzione del contenzioso[7]

 

2.2. Si legge qualità, si pronuncia qualificazione

 

In tema di qualificazione, il Governo ha deciso di mantenere – disciplinando all’interno del nuovo articolo 84 – il sistema di qualificazione delle società di attestazione (Soa), che rimane eseguita direttamente dalle stazioni appaltanti al di sotto dei 150mila euro (nonostante le prime bozze del decreto prevedessero un innalzamento del tetto a un milione di euro), mentre sopra i 20 milioni di euro le stazioni appaltanti potranno chiedere una qualificazione rafforzata, integrando i requisiti base con elementi aggiuntivi a loro discrezione. In ogni caso, è previsto che entro un anno un decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, sentita l’ANAC, potrà individuare nuove modalità di qualificazione.

Di maggior incisività è, piuttosto, il comparire del rating di impresa attestato da un’apposita certificazione rilasciata dall’ANAC di al comma 10 dell’art. 83, con cui l’Autorità, definito il relativo sistema attraverso proprie linee guida da emanare entro il 19 luglio, valuterà il curriculum degli operatori economici: la ratio è quella per cui alle stazioni appaltanti verrà data facoltà di giudicare l’affidabilità degli stessi offerenti, per cui i costruttori saranno valutati anche sulla base della reputazione conquistata sul campo. Il rating di impresa dovrà essere applicato ai soli fini della qualificazione delle imprese e non potrà, invece, essere oggetto di valutazione ai fini dell’attribuzione di punteggi connessi al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

I requisiti reputazionali alla base del rating di impresa dovranno tenere conto del rating di legalità rilevato dalla medesima ANAC in collaborazione con l’Autorità Antitrust: l’articolo 213, comma 7, del nuovo Codice, infatti, dispone che l’Autorità anticorruzione collabora con l’Antitrust ai fini della rilevazione di comportamenti aziendali meritevoli di valutazione per l’attribuzione del “rating di legalità” e che tale rating concorre anche alla determinazione del “rating di impresa”.

Nell’attribuzione del rating d’impresa, inoltre, occorrerà tenere conto dei precedenti comportamentali dell’impresa, con riferimento, in particolare: al rispetto dei tempi e dei costi nell’esecuzione dei contratti; all’incidenza del contenzioso, sia in sede di partecipazione alle procedure di gara, sia in fase di esecuzione del contratto; alla regolarità contributiva, ivi compresi i versamenti alle Casse edili, valutata con riferimento ai tre anni precedenti (art. 83, comma 7).

Si tratta di un nuovo strumento che va a rafforzare quell’auspicato passaggio da un sistema “statico” dei requisiti formali delle imprese verso un sistema “dinamico” di requisiti sostanziali, di tipo reputazionale[8] (così, Consiglio di Stato, parere n. 855/2016 cit.).

Altrettanto rilevante è la scelta di prevedere un sistema di qualificazione delle pubbliche amministrazioni modellato su quello degli operatori economici (articoli 37 e 38): anche le stazioni appaltanti, come le imprese, dovranno quindi dimostrare di rispettare requisiti prefissati dall’ANAC, che redigerà un apposito elenco in cui saranno incluse anche le centrali di committenza. Il sistema di valutazioni per le PP.AA. passerà attraverso complessità dei contratti e fasce di importi, secondo cinque parametri di base (strutture organizzative stabili; presenza di dipendenti con competenze specifiche; sistema di formazione e aggiornamento del personale; indicazione del numero di gare svolte nel triennio e delle loro caratteristiche; rispetto dei tempi previsti per il pagamento di imprese e fornitori) e altrettanti requisiti premianti (valutazione positiva dell’ANAC in ordine all’attuazione di misure di prevenzione dei rischi di corruzione e promozione della legalità; presenza di sistemi di gestione della qualità conformi alla norma UNI EN ISO 9001 degli uffici e dei procedimenti di gara, certificati da organismi accreditati per lo specifico scopo ai sensi del regolamento CE 765/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio; disponibilità di tecnologie telematiche nella gestione di procedure di gara; livello di soccombenza nel contenzioso; applicazione di criteri di sostenibilità ambientale e sociale nell’attività di progettazione e affidamento)[9].

 

2.3. Pubblicazione online e dematerializzazione

 

Si è accennato che sono state introdotte diverse disposizioni finalizzate all’armonizzazione delle norme in materia di trasparenza, pubblicità e tracciabilità delle procedure di gara e delle fasi ad essa prodromiche e successive. Per il raggiungimento di tali obiettivi:

1) sono individuati espressamente, all’art. 63 del Codice, i casi nei quali, in via eccezionale, è possibile ricorrere alla procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara;

2) sono disciplinate le suddette procedure di gara e le relative fasi e durata, definendo in particolare idonee misure quali la previsione di poteri di vigilanza e controllo sull’applicazione delle norme in materia di appalti pubblici e di contratti di concessione, avendo specie a riguardo la fase di esecuzione della prestazione, al fine, da un lato, di evitare la corruzione e i conflitti d’interesse e, dall’altro, di favorire la trasparenza e la promozione della digitalizzazione delle procedure stesse, in funzione della loro tracciabilità;

3) l’art. 95 prevede che compatibilmente con il diritto dell’Unione europea e con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, le amministrazioni aggiudicatrici indicano nel bando di gara, nell’avviso o nell’invito, i criteri premiali che intendono applicare alla valutazione dell’offerta in relazione al maggior rating di legalità dell’offerente, nonché per agevolare la partecipazione alle procedure di affidamento per le microimprese, piccole e medie imprese, per i giovani professionisti e per le imprese di nuova costituzione. Indicano, altresì, il maggior punteggio relativo all’offerta concernente beni, lavori o servizi che presentano un minore impatto sulla salute e sull’ambiente[10].

Al comma 4 dell’art. 73 è, poi, previsto che, fermo il dovere di pubblicazione per via elettronica ex art. 72, «gli avvisi e i bandi sono, altresì, pubblicati senza oneri sul profilo del committente della stazione appaltante e sulla piattaforma digitale dei bandi di gara presso l’ANAC, in cooperazione applicativa con i sistemi informatizzati delle regioni e le piattaforme regionali di e-procurement. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d’intesa con l’ANAC, da adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente codice, sono definiti gli indirizzi generali di pubblicazione al fine di garantire la certezza della data di pubblicazione e adeguati livelli di trasparenza e di conoscibilità, anche con l’utilizzo della stampa quotidiana maggiormente diffusa nell’area interessata. Il predetto decreto individua la data fino alla quale gli avvisi e i bandi devono anche essere pubblicati nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, serie speciale relativa ai contratti pubblici, entro il sesto giorno feriale successivo a quello del ricevimento della documentazione da parte dell’Ufficio inserzioni dell’Istituto poligrafico e zecca dello Stato. La pubblicazione di informazioni ulteriori, complementari o aggiuntive rispetto a quelle indicate nel presente codice, avviene esclusivamente in via telematica e non comporta oneri finanziari a carico delle stazioni appaltanti».  Fino alla data indicata nel decreto di cui al presente comma, si applica l’articolo 216, comma 11, secondo il quale, fino al 31 dicembre 2016, continueranno, comunque, ad avere valore le misure previste dall’articolo 66, comma 7, D.Lgs. n. 163/2006 nella versione precedente alle modifiche previste dal D.L. n. 66/2014 (articolo 26), circa l’obbligo di pubblicazione dei bandi di rilievo comunitario «per estratto su almeno due dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno due a maggiore diffusione locale nel luogo ove si eseguono i contratti».

 

3. Le procedure di aggiudicazione: ambito di applicazione, principi comuni e (moltiplicazione delle) tipologie di appalti

 

Se ‘semplificazione’ è stata una delle parole chiavi del nuovo testo, in tema di appalti si registra una distonia rispetto alla filosofia generale del Codice: le tipologie di appalti, infatti, si moltiplicano, venendo ora distinti per quattro nuove fasce, che prevedono tutte (eccetto la prima) il ricorso alla centrale unica di committenza e al mercato elettronico; viene, così, abbandonata l’antica bipartizione tra soglia comunitaria e soglia nazionale.

L’ANAC ha già emanato le linee guida a riguardo, “Procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici”. Preliminarmente, vanno però esplicitati ambito di applicazione e principi comuni delle procedure di aggiudicazione.

Le procedure di amministrazione diretta, affidamento diretto e le procedure negoziate enunciate dall’art. 36, poste in essere dalle stazioni appaltanti, ad eccezione dei soggetti aggiudicatori che non sono amministrazioni aggiudicatrici, si applicano:

1) agli appalti aggiudicati:

a) nei settori ordinari, ivi inclusi i servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria (incarichi di progettazione, coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, direzione dei lavori, coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione, di collaudo, nonché gli incarichi a supporto del RUP);

b) nei settori speciali, gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali, sfruttamento di area geografica), in quanto compatibile, ma non ai soggetti aggiudicatori che non sono amministrazioni aggiudicatrici, per i quali è disposta l’applicazione della disciplina stabilita nei rispettivi regolamenti la quale, comunque, deve essere conforme ai principi dettati dal Trattato UE a tutela della concorrenza;

2) alle concessioni di lavori pubblici e di servizi.

Restano fermi gli obblighi di utilizzo di strumenti di acquisto e di negoziazione, anche telematici, previsti dalle vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa nonché la normativa sulla qualificazione delle stazioni appaltanti e sulla centralizzazione e aggregazione della committenza.

L’art. 36, comma secondo, stabilisce i principi che devono informare gli affidamenti sotto soglia e individua procedure semplificate per la selezione del contraente, in relazione all’importo.

Le stazioni appaltanti hanno, comunque, la facoltà di ricorrere, nell’esercizio della propria discrezionalità, alle procedure ordinarie, anziché a quelle semplificate, qualora le esigenze del mercato suggeriscano di assicurare il massimo confronto concorrenziale. Pertanto, in applicazione dei principi enunciati dall’art. 30, comma 1 e soprattutto nelle ipotesi in cui il mercato risulti particolarmente ampio, le stazioni appaltanti, nella determina o delibera a contrarre, non dovrebbero limitarsi ad individuare la procedura applicabile con riferimento agli importi di cui all’articolo 36, ma dovrebbero, ad esempio, dare conto delle ragioni che le hanno indotte ad optare per un sistema di affidamento non aperto alla partecipazione di tutte le imprese potenzialmente interessate.

L’affidamento e l’esecuzione di lavori, servizi e forniture secondo le procedure semplificate di cui al citato art. 36, postulano, quindi, il rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività, correttezza, libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, nonché del principio di rotazione e devono assicurare l’effettiva possibilità di partecipazione delle microimprese, piccole e medie imprese[11].

Le soglie di rilevanza comunitaria di interesse sono:

- 5.255.000 euro per lavori;

- 209.000 euro per servizi tecnici e di progettazione;

- 209.000 euro per forniture e servizi non compresi nell’allegato IX;

- 750.000 euro per servizi sociali e servizi e forniture contemplati nell’ allegato IX.

Al di sotto di queste soglie, si evidenziano quattro diverse fasce di appalti, così come statuito all’art. 36, D.Lgs. n. 50/2016.

1. Una prima fascia è prevista per lavori, servizi tecnici, forniture e servizi di importo fino a 39.999 euro: entro questo limite, sono possibili affidamenti diretti, adeguatamente motivati, nel rispetto dei principi di concorrenzialità (e previo ricorso, se possibile, al mercato elettronico). Questa categoria sostituisce le acquisizioni in economia con riferimento all’affidamento diretto e lo subordina all’adeguata motivazione[12].

2. Vi è una seconda fascia nella quale è consentita la procedura negoziata mediante inviti ad almeno cinque imprese, selezionate con indagini di mercato o da elenchi di operatori economici; essa va:

a) da 40.000 a 149.999 euro per i lavori;

b) da 40.000 a 99.999 euro per i servizi tecnici di progettazione;

c) da 40.000 a 208.999 per servizi e forniture.

3. Una terza fascia, che richiede procedure selettive più aperte, va:

  1. da 150.000 a 999.999 euro per i lavori, e qui si consente una procedura negoziata estesa ad almeno dieci operatori (con possibilità del criterio del massimo ribasso);
  2. da 100.000 a 208.999 euro per i servizi di progettazione, con gara mediante procedura aperta o ristretta;
  3. da 209.000 a 749.999 euro, solo per servizi sociali e per servizi e forniture elencati dall’ allegato IX: entro questa fascia, sarà possibile la procedura negoziata tra cinque operatori, o anche utilizzare le procedure aperte o ristrette.

4. Vi è una quarta fascia, specifica solo per lavori, compresa tra 1.000.000 e 5.224.999 euro, entro la quale agire mediante procedure aperte o ristrette.

Per quanto concerne i termini di pubblicazione per contratti sotto soglia, in caso di ricorso a procedure ordinarie si devono applicare i termini minimi stabiliti nel “nuovo” Codice negli articoli da 60 a 63:

- per le procedure aperte, 20 giorni (con atti accessibili);

- per le procedure negoziate senza previa pubblicazione del bando obbligo indagine di mercato, 15 giorni;

- per le ricezione delle offerte, non viene indicato un termine preciso.

 

4. Rassegna sulle (altre) principali novità  

 

Senza la pretesa di poter offrire, in questa sede, un quadro esaustivo di tutte le norme recate dal D.Lgs. n. 50/2016, si vuole, piuttosto, dare in lettura una rassegna su quelle che hanno un carattere maggiormente innovativo; escluse, naturalmente, le novità già trattate.

Programma delle acquisizioni (art. 21). Le amministrazioni pubbliche devono adottare il programma delle acquisizioni, che si compone del programma biennale degli acquisti di beni e servizi e del programma triennale dei lavori pubblici, da redigere in coerenza con i documenti programmatori e con il bilancio. Viene resa obbligatoria la programmazione biennale degli acquisti di beni e servizi di importo unitario pari o superiore a 40mila euro, e il relativo aggiornamento annuale[13].

Partecipazione di portatori di interessi e dibattito politico (art. 22). È legge il principio di trasparenza nella partecipazione dei portatori di interessi e lo strumento del dibattito pubblico, di matrice francese: in particolare, lo strumento della consultazione preventiva delle comunità interessate alla realizzazione viene reso obbligatorio per le grandi opere infrastrutturali aventi impatto rilevante sull’ambiente, sulle città e sull’assetto del territorio; le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori dovranno, infatti, pubblicare, sul propri sito internet, i progetti di fattibilità relativi ai grandi progetti infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, e gli esiti della consultazione pubblica comprensivi dei resoconti degli incontri e dei dibattiti con i portatori di interessi[14].

Progettazione (art. 23). La progettazione in materia di lavori pubblici si articola, secondo tre livelli di successivi approfondimenti tecnici, in progetto di fattibilità tecnica ed economica, progetto definitivo e progetto esecutivo; in particolare, il nuovo progetto di fattibilità tecnica ed economica, che sostituisce quello preliminare, dovrà essere redatto sulla base di indagini territoriali (geologiche e geognostiche) con verifica dell’assetto archeologico ma dovrà individuare, tra più soluzioni, quella più vantaggiosa in termini di costi e benefici per la collettività.

RUP (art. 31). Viene dettata una nuova disciplina in materia di responsabile del procedimento negli appalti e nelle concessioni; puntualizzandosi, ad esempio, che anche in tema di concessione – oltre che per gli appalti – le stazioni appaltanti nominano, nel primo atto relativo ad ogni singolo intervento, il RUP.

Anticipazione del prezzo (art. 35). È resa strutturale (quale misura a regime e non più transitoria) la possibilità – decisiva per sostenere le imprese con problemi di liquidità – l’anticipazione del prezzo a favore delle imprese, «pari al 20% da corrispondere all’appaltatore entro quindici giorni dall’effettivo inizio dei lavori»; l’erogazione, però, viene subordinata alla costituzione di una garanzia fideiussoria bancaria o assicurativa, di importo pari all’anticipazione, «maggiorato del tasso di interesse legale». Il beneficiario decade dall’anticipazione, con obbligo di restituzione, se l’esecuzione dei lavori non procede per ritardi a lui imputabili.

Centralizzazione delle committenze (art. 37). L’ambito entro cui ciascuna amministrazione può svolgere funzioni di stazione appaltante viene circoscritto sul piano soggettivo, imponendosi alle amministrazioni un onere di conseguire la qualificazione e limitando ad importi modesti gli appalti che possono essere affidati da amministrazioni non qualificate. Una volta entrato a regime il sistema e istituito l’elenco delle stazioni appaltanti qualificate, la possibilità di avviare procedure autonome di importo pari o superiore a 40.000 euro per servizi e forniture e 150.000 per lavori, richiederà, oltre alla legittimazione da parte delle disposizioni in materia di spending review (per acquisti di beni e servizi), anche la qualificazione della stazione appaltante e, per gli acquisti sotto-soglia e per i lavori di manutenzione ordinaria infra un milione di euro, l’utilizzo di sistemi telematici; nelle more della sua entrata in vigore, la qualificazione sarà conseguita mediante iscrizione all’Anagrafe Unica delle Stazioni Appaltanti. Per le stazioni appaltanti non qualificate, la possibilità, in alternativa al ricorso alle centrali di committenza, è rappresentata dall’aggregazione con una o più stazioni qualificate, con una certa analogia ai modelli collaborativi tra operatori economici come l’avvalimento o il raggruppamento.

Clausole sociali (art. 50). È prevista la possibilità che il nuovo affidatario si faccia carico di mantenere stabile l’occupazione realizzata dal pregresso affidatario: i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti, per gli affidamenti dei contratti di concessione e di appalto, di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli ad alta intensità di manodopera, possono, infatti, prevedere specifiche “clausole sociali” volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato e la salvaguardia delle professionalità.

Gare elettroniche (art. 58). Le stazioni appaltanti possono ricorrere a procedure di gara interamente gestite con sistemi telematici, senza alterare la parità di accesso agli operatori o impedire, limitare o distorcere la concorrenza o comunque modificare l’oggetto dell’appalto.

Progettazione ed esecuzione degli appalti di lavori (art. 59). Gli appalti di lavori vanno affidati ponendo a basa di gara il progetto esecutivo, il cui contenuto deve garantire la rispondenza dell’opera ai requisiti di qualità predeterminati e il rispetto dei tempi e costi previsti, mentre viene vietato l’affidamento congiunto della progettazione ed esecuzione dei lavori, ad esclusione di alcuni tassative ipotesi: affidamento a contraente generale; finanza di progetto; affidamento in concessione; partenariato pubblico-privato; contratto di disponibilità[15].

Partenariato per l’innovazione (art. 65)[16]. Le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori possono ricorrere ai partenariati per l’innovazione nelle ipotesi in cui l’esigenza di sviluppare prodotti, servizi o lavori innovativi e di acquistare successivamente le forniture, i servizi o i lavori che ne risultano non può, in base a una motivata determinazione, essere soddisfatta ricorrendo a soluzioni già disponibili sul mercato, a condizione che le forniture, servizi o lavori che ne risultano, corrispondano ai livelli di prestazioni e ai costi massimi concordati tra le stazioni appaltanti e i partecipanti. Qualsiasi operatore economico può formulare una domanda di partecipazione in risposta a un bando di gara o ad un avviso di indizione di gara, presentando le informazioni richieste dalla stazione appaltante per la selezione qualitativa.

Bandi di gara (art. 71). Tutte le procedure di scelta del contraente sono indette mediante bandi di gara, redatti secondo i bandi tipo predisposti dall’ANAC.

Commissioni aggiudicatrici (art. 77)[17]. Entreranno presto in scena – con un albo da istituirsi entro 120 giorni dall’entrata in vigore del Codice – le commissioni giudicatrici composte a sorteggio da esperti nello specifico settore in cui afferisce l’oggetto del contratto (ed esterni alle PP.AA.), certificati dall’ANAC, che decideranno sugli appalti di importo superiore alle soglie UE aggiudicati alle offerte economicamente più vantaggiosa; nel frattempo, si prosegue con le commissioni interne.

Conflitti d’interesse (art. 80).  Il nuovo sistema delle cause di esclusione punta ad ampliare il catalogo dei requisiti che le imprese devono rispettare per partecipare a una procedura di appalto o di concessione. Rispetto al vecchio Codice rilevano, soprattutto, una serie di aggiunte; in particolare, tra le cause di esclusione, poi, compaiono anche il conflitto di interesse, quando ci sia un collegamento tra l’impresa e l’ufficio gare della stazione appaltante, e le ipotesi di distorsione della concorrenza.

Banca dati del MIT (art. 81). Viene istituita una nuova Banca Dati, gestista dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con modalità che dovranno definirsi con il medesimo Decreto che sarà adottato dal MIT, sentite ANAC e AGID, per l’individuazione dei dati obbligatoriamente inclusi nella e verificati tramite la citata Banca dati, volta a superare l’attuale sistema AVCpass, gestito dall’ANAC;  fino alla data di entrata in vigore di tale decreto, l’utilizzo di AVCpass – come precisato dal Presidente Cantone nel Comunicato del 4 maggio 2016 – dovrà avvenire in conformità alle prescrizioni contenute nella Deliberazione n. 157 del 17 febbraio 2016.

Soccorso istruttorio (art. 83). Se la previgente normativa in tema di soccorso istruttorio prevedeva che qualunque irregolarità o incompletezza essenziale degli elementi e dichiarazioni sostitutive obbligava al pagamento di una sanzione pecuniaria fino a 50.000 euro, con l’attuale disciplina vengono forniti alcuni chiarimenti: l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del DGUE, con esclusione di quelle afferenti l’offerta tecnica ed economica, obbliga al pagamento di una sanzione (che si alleggerisce) in misura non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 5.000 euro; il pagamento è dovuto solo in caso di regolarizzazione; il pagamento non è più garantito da cauzione, ma deve essere effettuato cash; sono individuate le irregolarità essenziali non sanabili come quelle che non consentono l’individuazione del contenuto della documentazione o del soggetto responsabile; le irregolarità non essenziali vanno regolarizzate su richiesta della stazione appaltante senza sanzione.

DGUE (art. 85). Il Documento di gara unico europeo, fornito esclusivamente in forma elettronica, consiste in un’autodichiarazione aggiornata come prova documentale preliminare in sostituzione dei certificati rilasciati da autorità pubbliche o terzi in cui si conferma che l’operatore economico soddisfa determinate condizioni, che al momento della presentazione delle domande di partecipazione alle gare, le stazioni appaltanti dovranno accettare.

Avvalimento (art. 89). Viene previsa espressamente la possibilità per i concorrenti di avvalersi di più imprese (il cd. avvalimento plurimo) e, al contempo, vietata la possibilità che l’impresa chiamata in aiuto possa a sua volta appoggiarsi a un’altra impresa per garantire il possesso dei requisiti (cd. avvalimento a cascata); l’avvalimento viene, poi, anche vietato nel caso in cui l’appalto includa opere ad alta specializzazione di importo superiore al 10% del valore del contratto. Le stazioni appaltanti possono richiedere nei bandi che «taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall’offerente o, nel caso di un’offerta presentata da un raggruppamento di operatori economici, da un partecipante al raggruppamento».

Criteri di aggiudicazione (art. 95)[18]. L’offerta economicamente più vantaggiosa diventa il criterio generale da utilizzarsi nell’affidamento dei contratti pubblici. In alcuni casi, come per i servizi di progettazione, andrà utilizzato sempre (con la sola eccezione degli appalti sotto i 40mila euro). Per i lavori ci si potrà muovere solo entro la soglia di un milione di euro. Quanto ai servizi e alle forniture, invece, per accedere al prezzo più basso questi dovranno avere caratteristiche standardizzate o essere caratterizzati da elevata ripetitività, ma comunque senza mai sfondare la soglia comunitaria di 209mila euro.

Offerte anomale (art. 97). Per i lavori, quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso al di sotto del milione di euro[19], la stazione appaltante «può prevedere nel bando l’esclusione automatica dalla gara delle offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia»: viene, così, ripristinato il meccanismo dell’esclusione automatica delle offerte anomale (salvo quando il numero delle offerte ammesse è inferiore a dieci possibilità); resta aperta anche per servizi e forniture, entro la soglia comunitaria. La portata della norma è, pertanto, limitata al ricorrere di entrambe le citate condizioni: la previsione di esclusione automatica delle offerte anomale e un numero di offerte pervenute pari, almeno, a 10 (stesso comma, terzo periodo); in assenza di previsione dell’esclusione automatica, l’individuazione delle offerte anomale non serve: la presunta anomalia da verificare e giustificare sarà sempre quella dell’offerta di maggior ribasso e poi a seguire in ordine di graduatoria. La novità riguarda l’obbligo di sorteggiare in seduta pubblica uno tra cinque criteri per il calcolo della soglia di anomalia al dichiarato fine di «non rendere predeterminabili dai candidati i parametri di riferimento per il calcolo della soglia».

Subappalto (art. 105). Il vincitore di una gara può ricorrere al subappalto solo se la stazione appaltante ha previsto questa possibilità nel bando; in ogni caso, il subappalto non può superare la quota del 30% dell’importo complessivo del contratto di lavori. Ma non soltanto: negli appalti di importo superiore alla soglia comunitaria, il partecipante deve indicare, al momento della presentazione dell’offerta, una terna di subappaltatori

Varianti (art. 106). Le varianti per errori progettuali non possono superare il 15% dell’importo del contratto (prima era il 20%) e, soprattutto, in valori assoluti, il valore delle soglie europee; dal novero delle varianti sono state eliminate le bonifiche, che però entrano nelle ipotesi di trattativa privata senza bando. Ancora più rilevanti appaiono le scelte di liberalizzare il cosiddetto “quinto d’obbligo” e di regolamentare proroghe e rinnovi dei contratti, che così non sono più espressamente vietati: «La stazione appaltante, qualora in corso di esecuzione si renda necessario una aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell’importo del contratto, può imporre all’appaltatore l’esecuzione alle stesse condizioni previste nel contratto originario. In tal caso l’appaltatore non può far valere il diritto alla risoluzione del contratto».

Incentivo 2% (art. 113). Cambia la ragione sociale del 2% ai dipendenti P.A., che potrà essere dedicato solo alle attività di: programmazione della spesa, di predisposizione, di controllo, espletamento delle procedure di affidamento e aggiudicazione, di responsabile unico del procedimento, di direzione dei lavori ovvero direzione dell’esecuzione e di collaudo tecnico amministrativo ovvero di verifica di conformità, di collaudatore statico. Quindi, per la progettazione la P.A. dovrà rivolgersi all’esterno

Affidamento dei servizi sociali (art. 142). Viene introdotta una nuova soglia – accanto a quelle classiche dettate per le opere (5.225.000 euro), per i servizi e le forniture acquisite dalle Amministrazioni centrali (135.000 euro) e per i servizi e le forniture acquisite dalle altre PP.AA. (209.000 euro) – di 750,000 euro per gli appalti di servizi sociali e di altri servizi specifici elencati nell’allegato IX, prevedendo finalmente per tali servizi la pubblicazione di un bando (o di un avviso di pre-informazione).

Concessioni (art. 164). Il tema delle concessioni, per la prima volta, è stato disciplinato, come richiesto dal legislatore europeo, in modo organico, prevedendosi una disciplina unitaria per le concessioni di lavori, servizi e forniture. Si stabilisce che i contratti di concessione sono contratti di durata ove il concessionario assume il rischio operativo nel caso in cui, in condizioni operative normali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione; la parte del rischio trasferita al concessionario deve implicare una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato, tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile. Il rischio operativo è in carico al privato che non è obbligato a rientrare degli investimenti e dei servizi che sta rendendo e lo Stato non è obbligato al riequilibrio per forza, perché il rischio operativo è, appunto, in capo al privato. Vengono anche disciplinate, tra l’altro, le concessioni autostradali, con rischio operativo in capo al privato e non al pubblico.

Lavori in house (art. 177). Ai concessionari pubblici o privati, titolari di concessioni di lavori o di servizi pubblici già esistenti o di nuova aggiudicazione è fatto obbligo di affidare una quota pari all’80%

dei contratti di lavori, servizi e forniture mediante gara; quello che resta potrà essere affidato in house. Restano escluse da tale obbligo le concessioni in essere o di nuova aggiudicazione affidate con la formula della finanza di progetto ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell’Unione europea. Le concessioni già in essere si devono adeguare alle nuove disposizioni entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del nuovo Codice.

Partenariato pubblico-privato (art. 180). Viene disciplinato, per la prima volta, l’istituto del PPP. Il contratto è definito tra le parti in modo che il recupero degli investimenti effettuati e dei costi sostenuti dall’operatore economico, per eseguire il lavoro o fornire il servizio, dipenda dall’effettiva fornitura del servizio o utilizzabilità dell’opera o dal volume dei servizi realmente erogati[20].

Contenzioso (art. 204). Per porre fine alla vocazione ai ricorsi sulle esclusioni dalle gare, una volta trascorsi 30 giorni dalla pubblicazione dell’elenco degli ammessi alle gare, non c’è più possibilità di contestare le decisione della stazione appaltante su questo punto specifico; il procedimento che ne segue è definito in camera di consiglio[21].

 

5. Governance e ombre

 

La ‘governance’ designa un modello di formulazione e gestione delle politiche pubbliche che si caratterizza per un più ridotto ruolo dello Stato in quanto unico attore competente sulle questioni dello sviluppo, una riduzione degli atteggiamenti autoritativi a favore di quelli concertativi, negoziali, contrattuali e la scomposizione dei ruoli propositivi e gestionali nelle politiche pubbliche in un numero alto di attori pubblici e l’ingresso di soggetti privati.

In parte qua, essa passa per due principali direttive: una è quella della legalità, che si è realizzata con un rafforzamento dei poteri dell’Autorità Nazionale Anticorruzione; altra è quella di coordinamento, laddove è stata prevista una cabina di regìa alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Sull’ANAC – oltre a quanto già spiegato sopra, al par. 2.1. – si ricorda come, al suo interno, già dal 2014,  sono confluiti  i  compiti  di  due  diverse  Autorità: quella anticorruzione e quella per la vigilanza sui contratti pubblici. In poco tempo, l’originaria  mission  di  sola  vigilanza si  è arricchita anche di compiti di regolazione, di cui le linee guida più volte ricordate sono un chiaro esempio.

La Cabina di regia istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, disciplinata all’art. 212, dovrà essere attivata nei prossimi tre mesi e curerà la gestione della fase di attuazione del nuovo Codice:

- coordinando l’adozione, da parte dei soggetti competenti, di norme e linee guida, nonché della loro omogeneità e correttezza giuridica, al fine di verificarne preventivamente l’impatto sulla legislazione vigente, assicurarne la tempestiva adozione e la coerenza reciproca;

- monitorando le principali difficoltà registrate dalle stazioni appaltanti in sede di prima applicazione;

- suggerendo eventuali soluzioni correttive e di miglioramento.

La composizione e le modalità di funzionamento della Cabina di regia saranno stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare, entro tre mesi dall’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici, di concerto con il Ministro delle Infrastrutture e Trasporti, sentita l’ANAC e la Conferenza unificata.

Sembrerebbe, così, che l’entrata in campo del nuovo Codice Appalti, salvo aver avuto un impatto decisamente irruente (v. supra: par. 1.2.), non sia stata lasciata allo sbando. Anzi, sembra essere stata prevista una fase di puntuale e rassicurante di accompagnamento e costante osservazione, in grado di raccogliere dal basso (dagli operatori del diritto) tutti le possibili indicazioni e/o correttivi, che gli organi posti in alto (su tutti, l’ANAC e Cabina di regia) sapranno raccogliere e, eventualmente, tradurre in norme… o linee-guida.

Solo luci, quindi? No, anche qualche ombra, perché c’è effettivamente un po’ di tutto: “troppe regole, troppi soggetti che fanno le regole, troppe stazioni appaltanti, troppi operatori economici, troppe deroghe, troppe giurisdizioni che si occupano di appalti, troppo contenzioso[22].

C’è, soprattutto, un serio problema in ordine alle fonti di diritto, come dalla prima dottrina messo subito in evidenza: il sistema delle fonti del diritto vive, infatti, una sua crisi, che trova il suo epicentro nella normazione secondaria[23].

Le linee guida dell’ANAC rappresentano, in tal senso, la cartina di tornasole di questo fenomeno: novità assoluta nel sistema italiano, dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 50/2016 sono diventate d’improvviso oggetto di studio, per valutare la portata del loro impatto dirompente sul nostro ordinamento giuridico; e ciò mentre le stesse stanno già iniziando a produrre i loro effetti.

Una loro classificazione all’interno del sistema delle fonti del diritto sarebbe, al momento, affrettata e, pertanto, superficiale: risulta, infatti, oggi difficile un inquadramento, melius una qualificazione giuridica delle linee guida dell’ANAC.

Sicuramente, in prima battuta, l’operazione di soft law posta in essere dal nostro Governo – di cui le linee guida rappresentano l’esempio più fulgido – appare meno morbida di quanto possa sembrare.

 

 

[1] La citata Legge delega n. 11/2016 aveva, difatti, dato al Governo la possibilità di scegliere se adottare entro il 18 aprile 2016 il decreto legislativo per il recepimento delle predette direttive e entro il 31 luglio 2016 il decreto legislativo per il riordino complessivo della disciplina vigente, oppure se adottare, entro il medesimo termine del 18 aprile 2016, un unico decreto. È stato, allora, ritenuto opportuno procedere all’adozione di un unico decreto che assicurasse il corretto recepimento delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE e, contestualmente, introducesse immediatamente nell’ordinamento un sistema di regolazione nella materia degli appalti di lavori, forniture e servizi, coerente, semplificato, unitario, trasparente e armonizzato alla disciplina europea.

[2] A. Massari, Nuovo Codice Appalti: dopo l’entrata in vigore quali problemi operativi?, in www.leggioggi.it, 2016.

[3] Con un comunicato congiunto da parte del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, e del Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, Raffele Cantone del 22 aprile, è stato precisato quanto segue:

«1. Ricadono nel previgente assetto normativo, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, le procedure di scelta del contraente ed i contratti per i quali i relativi bandi o avvisi siano stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (GURI) ovvero in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (GUCE) ovvero nell’albo pretorio del Comune ove si svolgono i lavori, entro la data del 18 aprile 2016.

In caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, restano egualmente disciplinate dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, le procedure di scelta del contraente in relazione alle quali, alla medesima data del 18 aprile 2016, siano stati inviati gli inviti a presentare offerta.

2. La nuova disciplina in materia di contratti pubblici, dettata dal decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50, come previsto dall’art. 216 dello stesso, si applica alle procedure ed ai contratti per i quali i bandi e gli avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati a decorrere dal 19 aprile 2016, data di entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici.

Tale disciplina trova altresì applicazione, nei casi di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, alle procedure di selezione in relazione alle quali i relativi inviti a presentare offerta siano inviati a decorrere dalla data del 19 aprile 2016.

3. Gli atti di gara già adottati dalle amministrazioni, non rientranti nelle ipotesi indicate al punto 1., dovranno essere riformulati in conformità al nuovo assetto normativo recato dal decreto legislativo n. 50 del 2016».

[4] M. Gnes, Il nuovo codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione: prime note, in www.quotidianogiuridico.it, 2016: In realtà, diversi degli articoli del nuovo codice dei contratti pubblici sono “articoli monstre”, che constano di numerosi commi e occupano numerose pagine (come nel caso dell’art. 3, che contiene le numerose definizioni). La differenza di “stock normativo” è, comunque, notevole, dal momento che il nuovo Codice è poco meno di due terzi (quanto a numero di parole) del vecchio, senza tenere conto della soppressione del regolamento.

Meno giustificabile – come ha osservato il Consiglio di Stato – la scelta di sostituire “un” solo Regolamento con circa 50 provvedimenti attuativi: “l’obiettivo di una regolamentazione sintetica e unitaria, chiaramente conoscibile, rischia così di perdersi nella moltiplicazione degli atti attuativi. Non solo: l’obiettivo di un tempestivo cambio delle vecchie regole rischia di essere frenato nella ritardata adozione degli atti attuativi, così nel frattempo continuando a applicarsi le vecchie regole. […] È evidente che la scommessa del nuovo codice potrà essere vinta solo se la fase di adozione degli atti attuativi avverrà in modo tempestivo, ordinato e coordinato”.

Tra linee guida adottate con decreto ministeriale e linee guide dell’ANAC, vincolanti e non, gli atti attuativi del nuovo Codice possono così suddividersi:

- 16 decreti del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti;

- 15 atti dell’ANAC;

- 4 D.P.C.M.;

- 15 decreti di altri Ministri;

- 1 atto demandato a Consip e altre centrali di committenza.

[5] In un’ottica deflattiva:

- viene rafforzato il potere di precontenzioso dell’ANAC, con possibilità di emettere pareri, entro 30 giorni dalla ricezione della richiesta, su questioni insorte durante svolgimento procedura; i pareri sono vincolanti per le parti, che vi abbiano preventivamente acconsentito (art. 211, comma 1);

- viene attribuito all’ANAC il potere di invitare le stazioni appaltanti a rimuovere vizi di illegittimità rilevati in uno degli atti della procedura, entro termine non superiore a 60 giorni; in caso di mancato adeguamento, può applicare sazioni pecuniarie al dirigente responsabile, da un minimo di 250 euro a massimo di 25 mila euro, che incidono sul sistema reputazionale delle stazioni appaltanti (art. 211, comma 2).

[6] L’adozione di linee guida è, in via esemplificativa, stata prevista in materia di:

- individuazione delle modalità di svolgimento delle procedure per l’affidamento dei contratti sottosoglia (art. 36, comma 7);

- individuazione dei mezzi di prova da considerare adeguati ai fini della dimostrazione dell’insussistenza delle cause di esclusione relative all’affidabilità dei concorrenti (art. 80, comma 13);

- gestione e funzionamento del sistema di qualificazione, casi e modalità di avvalimento, requisiti e capacità che devono essere posseduti dal concorrente e di rating di impresa e relative penalità e premialità (art. 83, commi 2 e 10);

- gestione e funzionamento dei livelli standard di qualità dei controlli che le società organismi di attestazione (SOA) (art. 84, comma 2);

- definizione delle modalità di partecipazione alle gare e di esecuzione dei lavori da parte delle imprese sottoposte a fallimento con esercizio provvisorio o a concordato con continuità aziendale (art. 110, comma 5);

- individuazione delle modalità ai fini della verifica del rispetto del limite dell’80% per l’affidamento dei lavori a soggetti esterni al gruppo di appartenenza dei concessionari (art. 177, comma 3; si evidenzia, però, come sui lavori in house delle concessionarie, il comma 2 concede 24 mesi per adeguarsi: il tetto rimane, dunque, fissato all’attuale 60% per altri due anni);

- determinazione delle classifiche di qualificazione e individuazione degli ulteriori requisiti di qualificazione dei contraenti generali (art. 197, commi 3 e 4).

[7] Sulla base delle citate previsioni e considerate le disposizioni transitorie di cui agli artt. 216 e 217 del Codice, l’Autorità ha già sottoposto a consultazione, ai sensi del Regolamento dell’08.04.2015 recante la disciplina della partecipazione ai procedimenti di regolazione e del Regolamento del 27.11.2013 recante la disciplina dell’analisi di impatto della regolamentazione (AIR) e della verifica dell’impatto della regolamentazione (VIR), i primi sette documenti di consultazione preliminari alla predisposizione degli atti normativi previsti dal Codice; si tratta di:

1) Il Direttore dei Lavori: modalità di svolgimento delle funzioni di direzione e controllo tecnico, contabile e amministrativo dell’esecuzione del contratto (art. 111, comma 1, del Codice);

2) Il Direttore dell’esecuzione: modalità di svolgimento delle funzioni di coordinamento, direzione e controllo tecnico-contabile dell’esecuzione del contratto (art. 111, comma 2, del Codice);

3) Nomina, ruolo e compiti del responsabile unico del procedimento per l’affidamento di appalti e concessioni (art. 31 del Codice);

4) Procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici (art. 36 del Codice);

5) Offerta economicamente più vantaggiosa (art. 95 del Codice);

6) Criteri di scelta dei commissari di gara e di iscrizione degli esperti nell’Albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici (art. 78 del Codice);

7) Servizi di ingegneria e architettura (artt. 23, 24 e 157 del Codice).

È stata, inoltre, previsa anche in ossequio a quanto previsto dal Consiglio di Stato (parere n. 855 del 1° aprile 2016), una preventiva fase di consultazione, che costituisce ormai una forma necessaria, strutturata e trasparente di partecipazione al decision making process dei soggetti interessati, con cui l’Autorità intende acquisire il punto di vista di tutti i soggetti interessati, su tutti gli argomenti indicati nei documenti presentati, che costituiscono le bozze delle linee guida finali. Conseguentemente, l’Autorità ha richiesto di inviare osservazioni sulle proposte ivi contenute, indicando ulteriori elementi che si ritiene opportuno approfondire nelle linee guida, apportare integrazioni su aspetti quali, ad esempio:

- modalità di semplificazione delle procedure operative del direttore dei lavori, del direttore dell’esecuzione e del responsabile del procedimento;

- nuovi criteri per l’individuazione dell’offerta più vantaggiosa che siano in grado di premiare anche innovazione e ricerca;

- ulteriori sistemi di semplificazione per le procedure sotto-soglia nonché che garantiscano adeguati livelli di trasparenza, senza inutili oneri aggiuntivi, per gli operatori economici.

Il termine di invio per i contributi, fissato al 16 maggio 2016, è spirato, per cui si attende l’ANAC torni a fornire chiarimenti, dopo aver chiesto ai partecipanti alla consultazione di inviare osservazioni sulle questioni testé indicate, anche prospettando soluzioni alternative, nonché ad indicare ulteriori elementi che si ritiene opportuno trattare nell’ambito della determinazione, indicando, se possibile, anche possibili soluzioni.

[8] I. Filippetti, Nuovo Codice appalti, da oggi si valutano le aziende, in www.forumpa.it, 2016.

[9] Il Sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti abilita, così, a gestire diverse classi di importo di appalti:

  1. sotto i 150.000 euro, possono operare autonomamente tutte le stazioni appaltanti;
  2. sopra i 150.000 euro, possono operare autonomamente solo le stazioni appaltanti; quelle non qualificate devono, invece, rivolgersi a una centrale di committenza o aggregarsi con o più stazioni appaltanti qualificate;
  3. per i lavori di manutenzione ordinaria tra i 150.000 euro e un milioone di euro, le stazioni appaltanti devono comunque utilizzare, in via autonoma, strumenti di negoziazione messi a disposizione da centrali di committenza qualificate e, solo in caso di indisponibilità di tali strumenti, svolgere procedure ordinarie;
  4. I Comuni non capoluogo di provincia, fermo restando quanto previsto ai punti a) e c), devono comunque operare in forma aggregata, ricorrendo a: centrali di committenza o soggetti aggregatori qualificati; Unioni/aggregazioni/consorsi di Comuni costituite e qualificate come centrali di committezza; stazioni uniche appaltanti costituite presso enti di area vasta.

[10] Resta, però, quella che è stata definita una zona grigia relativa ai piccoli lavori: al comma 2 dell’art. 36, viene confermata la scelta compiuta nel 2011 di mantenere la soglia per la procedura negoziata basata su indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici a un milione, mantenendo la possibilità di assegnare sostanzialmente senza gara un’ampia quota del mercato dei lavori pubblici; dunque, anche con il D.Lgs. n. 50/2016 l’amministrazione non dovrà pubblicare alcun vero bando sull’intenzione di assegnare una commessa, ad eccezione di un avviso pubblicato sul proprio sito per un periodo minimo di 15 giorni con l’indicazione dei requisiti necessari a svolgere il compito (sotto i 40mila euro resta l’affidamento fiduciario, mentre tra 40mila e 150 mila euro la procedura negoziata con 5 inviti).

[11] Nell’espletamento delle suddette procedure, le stazioni appaltanti garantiscono, in aderenza:

a) al principio di economicità, l’uso ottimale delle risorse da impiegare nello svolgimento della selezione ovvero nell’esecuzione del contratto;

b) al principio di efficacia, la congruità dei propri atti rispetto al conseguimento dello scopo cui sono preordinati;

c) al principio di tempestività, l’esigenza di non dilatare la durata del procedimento di selezione del contraente in assenza di obiettive ragioni;

d) al principio di correttezza, una condotta leale ed improntata a buona fede, sia nella fase di affidamento sia in quella di esecuzione;

e) al principio di libera concorrenza, l’effettiva contendibilità degli affidamenti da parte dei soggetti potenzialmente interessati;

f) al principio di non discriminazione e di parità di trattamento, una valutazione equa ed imparziale dei concorrenti e l’eliminazione di ostacoli o restrizioni nella predisposizione delle offerte e nella loro valutazione;

g) al principio di trasparenza e pubblicità, la conoscibilità delle procedure di gara, nonché l’uso di strumenti che consentano un accesso rapido ed agevole alle informazioni relative alle procedure;

h) al principio di proporzionalità, l’adeguatezza ed idoneità dell’azione rispetto alle finalità e all’importo dell’affidamento;

i) al principio di rotazione, il non consolidarsi di rapporti solo con alcune imprese.

L’espressa previsione normativa del necessario rispetto dei menzionati principi impone una rivisitazione delle prassi abitualmente seguite dalle stazioni appaltanti nelle procedure sotto soglia, soprattutto nel senso dell’adozione di procedure improntate ad una maggiore trasparenza nella scelta del contraente.

In particolare, il richiamo ai principi che governano le procedure di evidenza pubblica esclude che gli affidamenti sotto soglia, ivi incluso l’affidamento diretto, possano essere frutto di scelte arbitrarie e impone alle stazioni appaltanti di predefinire ed esplicitare i criteri per la selezione degli operatori economici, con riferimento allo specifico contratto, nonché di assicurare adeguate forme di pubblicità agli esiti delle procedure di affidamento.

Il principio di rotazione, finalizzato ad evitare la formazione di rendite di posizione a favore di alcuni operatori economici in violazione del principio di concorrenza, è volto a favorire la distribuzione delle opportunità degli operatori economici di essere affidatari di un contratto pubblico. È necessario, altresì, tenere conto delle realtà imprenditoriali di minori dimensioni, fissando requisiti di partecipazione e criteri di valutazione che, senza rinunciare al livello qualitativo delle prestazioni, consentano la partecipazione anche delle micro, piccole e medie imprese, valorizzandone il potenziale.

[12] L’istituto delle procedure in economia, disciplinato nel vecchio Codice all’articolo 125, scompare, così come la necessità di individuare preventivamente con provvedimento di ciascuna stazione appaltante (Regolamento), con riguardo alle specifiche esigenze, l’oggetto e i limiti di spesa delle singole voci inserite nell’elenco.

[13] In base all’articolo 21, comma 8 del nuovo Codice, un decreto del Ministro delle Infrastrutture dovrà definire entro 90 giorni le modalità di aggiornamento dei programmi e degli elenchi annuali, i criteri per la definizione degli ordini di priorità, per l’ eventuale suddivisione in lotti funzionali e le condizioni che consentano di modificare la programmazione e di realizzare un intervento o procedere a un acquisto non previsto nell’ elenco annuale. Nel periodo transitorio e fino all’entrata in vigore del decreto, le amministrazioni fanno riferimento agli atti di programmazione già adottati ed efficaci, all’interno dei quali individuano un ordine di priorità degli interventi, tenendo comunque conto delle opere non completate e già avviate sulla base della programmazione triennale precedente, dei progetti esecutivi già approvati e dei lavori di manutenzione e recupero del patrimonio esistente, nonché degli interventi suscettibili di essere realizzati attraverso contratti di concessione o di partenariato pubblico privato. Le stesse modalità valgono per le nuove programmazioni che si rendano necessarie prima dell’ adozione del decreto.

[14] L’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore che propone l’opera soggetta a dibattito pubblico indice e cura lo svolgimento della procedura, esclusivamente sulla base delle modalità individuate dal MIT: sarà, infatti, il Mit con un proprio decreto, da adottare entro un anno, a fissare i criteri per individuare le opere da sottoporre a consultazione, distinguendole per tipologia e soglia dimensionale, e a definire le modalità di svolgimento e il termine di conclusione della procedura.

[15] La previgente normative (ar. 53, D.Lsg. n. 163/2006) prevedeva, invece, che l’affidamento potesse riguardare: la sola esecuzione; la progettazione esecutiva ed esezione, sulla base del progetto definitivo della P.A. (cd. appalto integrato classico); la progettazione esecutiva ed esezione, previa acquisizione in gara del progetto definitivo della P.A. (cd. appalto integrato complesso).

[16] Il nuovo Codice individua, all’art. 59, sei procedure che le stazioni appaltanti potranno utilizzare per scegliere il contraente. Nell’ambito di queste sei procedure, sono distinguibili due procedure – aperta e ristretta, rispettivamente ex artt. 60 e 61 – che le stazioni appaltanti possono scegliere discrezionalmente e le restanti quattro definibili come speciali, in quanto vi si può ricorrere solo se sussistano i presupposti legittimanti l’utilizzo delle stesse: nel novero delle procedure speciali, oltre alla procedura competitive con negoziazione (art. 62), alla procedura negoziata senza pubblicazione del bando (art. 63) e al dialogo competitivo (art. 64), rientra, per l’appunto, il partenariato per l’innovazione di cui all’art. 65.

[17] In materia, l’ANAC ha già emanato le relative linee guida: “Criteri di scelta dei commissari di gara e di iscrizione degli esperti nell’Albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici”.

[18] L’ANAC, sul tema, ha già emanato le “Linee guida in materia di offerta economicamente più vantaggiosa”.

[19] Oltre tale soglia, vi è l’obbligo dell’offerta economicamente più vantaggiosa e correlativa inammissibilità dell’esclusione automatica.

[20] All’art. 190, è disciplinato anche il baratto amministrativo per la realizzazione di opere di interesse della cittadinanza, con finalità sociali e culturali, a cura di gruppi di cittadini organizzati, senza oneri per l’ente.

[21] Riduzione del contenzioso amministrativo e tempi certi vengono anche garantiti da diversi rimedi alternative, come accordo bonario, arbitrato, transazione, collegio tecnico consultivo e pareri di ANAC.

[22] R. De Nictolis, Il nuovo codice dei contratti pubblici, in Urbanistica e appalti, 5/2016, pag. 503.

[23] C. Deodato, Le linee guida dell’ANAC: una nuova fonte del diritto?, in www.logospa.it, 2016: “I regolamenti governativi sono, infatti, ormai percepiti come strumenti regolativi obsoleti, lenti, inidonei a soddisfare le istanze, dinamiche e mobili, del mondo produttivo. La regolazione di rango secondario, in particolare, è stata sempre più spesso concepita e decretata al di fuori dello schema procedurale tipico stabilito dall’art.17 della legge n.400 del 1988 (con il fenomeno della c.d. fuga dal regolamento). Al modello dei regolamenti governativi e ministeriali, infatti, sono stati preferiti schemi regolativi più agili e flessibili, a detrimento delle garanzie procedurali e conoscitive, ma con il pragmatico vantaggio della rapidità dell’intervento. È proprio con la disamina della crisi del regolamento che si avvertono, peraltro, i caratteri più macroscopici della frattura, per effetto della spinta del mercato, delle regole classiche della legittimazione costituzionale nella produzione del diritto”.