SOMMARIO: 1. Premessa. –  2. Il contenzioso: le novità processuali e il regime transitorio. -  3. I ricorsi giurisdizionali. - 4. I metodi alternativi di risoluzione delle controversie. 5. I poteri dell’Autorità Nazionale Anticorruzione. - 6. Il parere del Consiglio di Stato e le soluzioni adottate nel testo definitivo del D.Lgs. 50/2016 - 7. Conclusioni.
 

1. Premessa

 

A distanza di circa 10 anni dall’emanazione del Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163 con l’adozione del Decreto Legislativo n. 50 del 18 aprile 2016, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 91 il 19 aprile 2016, viene rivisitata tutta la normativa italiana sui lavori pubblici e contestualmente vengono abrogati sia il Codice dei Contratti che il suo Regolamento di attuazione[1].

L’approvazione dello schema del nuovo Codice è stata il frutto dell’instancabile lavoro della Commissione di studio per il recepimento delle direttive comunitarie[2].

Il nuovo Codice Appalti contiene criteri di semplificazione, snellimento, riduzione delle norme (da 660 articoli e 1500 commi a 220 articoli). Si tratta di una disciplina autoapplicativa, cioè non prevede un regolamento di esecuzione e di attuazione, ma l’emanazione di linee guida di carattere generale, da approvare con decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti su proposta dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) e previo parere delle competenti commissioni parlamentari.

Di fatto non si può fare a meno di notare che nonostante il numero inferiore di articoli rispetto alla vecchia normativa, esiste un gran numero di provvedimenti attuativi, necessari per rendere operativo il nuovo articolato, finendo così di fatto per complicare una situazione già non troppo semplice.

Gli aspetti positivi del Codice sono quelli che si possono individuare, nella riduzione delle stazioni appaltanti, nelle norme che tendono ad aumentare la partecipazione delle imprese e quelle che intervengono sulla corruzione, sotto la vigilanza dell’ANAC. Invece qualche perplessità nasce dal ruolo stesso dell’ANAC che sembra assorbire in sé funzioni di natura molto eterogenea, amministrazione attiva, consultiva e poteri sanzionatori. Inoltre è prevista l’introduzione di meccanismi processuali di dubbia valenza acceleratoria che potrebbero in realtà rallentare il processo amministrativo, che si accusa essere lento, quando in realtà è uno dei più veloci in Europa[3].

 

2. Il contenzioso: le novita’ processuali e il regime transitorio.

 

Le tre direttive del 2014 non consideravano il tema del contenzioso, limitandosi, nel solo considerando n. 122, ad un semplice rinvio “di salvezza” alla direttiva n. 89/665/CEE: “La direttiva prevede che determinate procedure di ricorso siano accessibili per lo meno a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l'aggiudicazione di un determinato appalto e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una violazione del diritto dell'Unione in materia di appalti pubblici o delle norme nazionali che recepiscono tale diritto. La presente direttiva non dovrebbe pregiudicare tali procedure di ricorso”.

Tuttavia la legge delega n. 11 del 2016[4], contiene espressi e articolati criteri in materia di contenzioso, racchiusi nelle lettere aaa) e bbb):

I) la razionalizzazione dei metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale, anche in materia di esecuzione del contratto;

II) la revisione e la razionalizzazione del rito abbreviato per i giudizi di cui all'art. 120 del c.p.a.;

III) l'eventuale introduzione di un “rito speciale in camera di consiglio” che consente l'immediata risoluzione del contenzioso relativo all'impugnazione dei provvedimenti di esclusione dalla gara o di ammissione alla gara per carenza dei requisiti di partecipazione, accompagnato dalla previsione della preclusione della contestazione di vizi attinenti alla fase di esclusione dalla gara o ammissione alla gara nel successivo svolgimento della procedura di gara e in sede di impugnazione dei successivi provvedimenti di valutazione delle offerte e di aggiudicazione, provvisoria e definitiva.

IV) La previsione che, già nella fase cautelare, il giudice debba tener conto del disposto degli artt. 121 e 122 del c.p.a.

Ed infatti, il nuovo codice dei contratti pubblici contiene importanti novità in materia di tutela giurisdizionale e “precontenziosa” dinanzi all'ANAC.

Le principali innovazioni sono contenute essenzialmente nell'art. 204, che, a sua volta, modifica profondamente l'art. 120 c.p.a., e nell'art. 211, che regola il duplice procedimento precontenzioso davanti all'ANAC, statuendo, altresì, la proponibilità del ricorso avverso i pareri e le “raccomandazioni” dell'Autorità, “ai sensi dell'art. 120 del C.P.A.”.

Altri riferimenti espliciti alla tutela giurisdizionale sono racchiusi nell'art. 29, comma 1, e 76, relativi alle comunicazioni e pubblicazioni dei provvedimenti riguardanti la fase di ammissione, espressamente concepiti in funzione della decorrenza del termine per la notificazione del ricorso.

Ma anche altre numerose innovazioni portate dal D.Lgs. n. 50 del 2016 influenzano il contenzioso. Tra queste, le più evidenti sono:

- l'eliminazione dell'informativa preventiva dell'intento di proporre il ricorso (art. 243-bis del codice n. 163 del 2006);

- la soppressione dell'accesso informale da esercitare entro trenta giorni dalla comunicazione dell'aggiudicazione (art. 71, comma 5-quater, del codice n. 163 del 2006);

- la “normalizzazione” delle procedure sostanziali riguardanti le infrastrutture strategiche, ora tendenzialmente ricondotte alla disciplina di affidamento ordinarie (con la conseguente perdita di operatività del rito “specialissimo”di cui all'art. 124 del c.p.a.).

Le innovazioni processuali in esame, comprese le variazioni dell'art. 120 c.p.a., sono soggette al regime transitorio generale stabilito dall'art. 216, comma 1, D.Lgs. n. 50 del 2016[5].

Ne deriva, pertanto, che le nuove norme processuali si applicheranno soltanto al contenzioso relativo alle gare bandite a partire dal 20 aprile 2016, ancorché la natura processuale delle norme in esame avrebbe potuto giustificare, astrattamente, un diverso regime transitorio, incentrato sulla immediata applicabilità delle nuove regole, in sintonia con il principio tempus regit actum, fatta salva l'inapplicabilità delle nuove norme sui termini a quelli già in corso alla data in vigore del codice.

 

3. I ricorsi giurisdizionali

 

Nella parte VI del nuovo Codice Appalti, esattamente nelle disposizioni finali e transitorie, viene disciplinato il contenzioso.

L’art. 204 si occupa dei ricorsi giurisdizionali. Tale norma, innovando le disposizioni contenute nell’art. 120 c.p.a., prevede per determinate categorie di vizi degli atti delle procedure di affidamento[6] un procedimento decisionale più rapido con l’introduzione di un rito speciale camerale presso il Tar per i ricorsi sui vizi relativi all’esclusione dalla gara per carenza dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico professionali; tali vizi sono considerati immediatamente lesivi e sono ricorribili entro 30 giorni[7]. Sarà infatti ritenuta inammissibile l’impugnazione della proposta di aggiudicazione, ove disposta, e degli altri atti endo-procedimentali privi di immediata lesività. L’omessa impugnazione dei provvedimenti immediatamente lesivi, invece, preclude la facoltà di far valere l’illegittimità nei successivi atti della procedura di gara anche con ricorso incidentale.

Inoltre, nella decisione in sede cautelare in materia di procedure di affidamento e relativi procedimenti dell’ANAC, il Tar deve motivare sulla sussistenza di esigenze imperative connesse ad un interesse generale all’esecuzione dell’appalto[8].

Se i motivi di ricorso sono identici, la norma poi prevede la possibilità di presentare un ricorso cumulativo quando sono presentate più offerte per più lotti[9]. Lo scopo è quello di rendere più agile e chiaro l'oggetto del contenzioso, impedendo che in un unico giudizio si innestino domande eterogenee, riferite a gare sostanzialmente distinte, seppure collegate in un unico contesto temporale e oggettivo.

Il Consiglio di Stato, nel proprio parere, aveva evidenziato le criticità rispetto al diritto di difesa e la razionalità complessiva del procedimento. Infatti, la limitazione del ricorso cumulativo (comma 11-bis introdotto nell'art. 120), in caso di gare a più lotti, al solo caso di censure identiche, al dichiarato scopo di razionalizzare il rito speciale in esame, rischia di tradursi in un sacrificio al diritto di difesa, aggravato dal rilevante peso del contributo unificato, per obiettivi di politica legislativa, tale da ingenerare sospetti di incostituzionalità per contrasto con gli artt. 3, 24 e 113 Cost.

L’obiettivo perseguito dal nuovo Codice è quello di rendere inoppugnabili nel più breve tempo possibile tutte le determinazioni riferite alla individuazione delle offerte ammesse al confronto concorrenziale.

Ma occorre considerare, realisticamente, che l'indicata finalità di accelerazione e certezza potrà essere raggiunta con pienezza solo in pochissimi casi. Le oggettive difficoltà derivano non tanto dal meccanismo processuale adottato (peraltro ancora migliorabile), quanto, piuttosto, dai limiti della disciplina sostanziale del procedimento.

Ed infatti, l’art. 80 del nuovo Codice prevede che le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora risulti che l'operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai commi 1,2, 4 e 5.

Questo significa, anzitutto, che la fase di ammissione delle offerte non è affatto conclusa con il “provvedimento” di cui agli artt. 29 e 76, D.Lgs. n. 50 del 2016 ma è potenzialmente aperta almeno sino alla aggiudicazione.

Sotto un altro profilo, si deve evidenziare che, in assenza di possibili linee guida e bandi tipo, la “durata” e la scansione cronologica delle diverse fasi procedimentali delle gare non è affatto omogenea e predeterminata. L'imposizione della certezza nella definizione del contenzioso avrebbe senso solo se affiancata da una altrettanto sicura e rapida scansione cronologica del procedimento di verifica delle offerte.

Ricordiamo che nella formula definitiva della norma scompare il riferimento all’impugnazione della composizione della commissione di gara, prevista nello schema originario. In tale parte, il Governo recepisce pienamente le osservazioni critiche del parere del Consiglio di Stato.

Ed infatti, il Consiglio di Stato aveva individuato innanzitutto un potenziale eccesso di delega, dal momento che quest’ultima non prevedeva la predisposizione del rito anticipato-accelerato anche con riferimento alla nomina della commissione giudicatrice, mentre nello schema di D.Lgs. tale atto era assoggettato al menzionato nuovo rito. Nel parere si sottolineava che, avendo tale procedura carattere derogatorio, essa doveva essere considerata eccezionale, e quindi la delega avrebbe dovuto essere utilizzata in maniera particolarmente restrittiva o, comunque, non in maniera estensiva con inclusione di casi non indicati espressamente, anche alla luce del divieto di gold plating che rappresentava uno dei criteri direttivi della delega.

La versione definitiva del D.Lgs. 50/2016 non contiene più tale previsione, la nomina della Commissione rimane dunque un atto che, almeno di regola, non può considerarsi immediatamente impugnabile.

L'espressione “provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa”, di cui all'art. 120, comma 2-bis del c.p.a., è utilizzata anche nell'art. 29, comma 1, secondo periodo del D.Lgs. n. 50 del 2016: «1. […] Al fine di consentire l'eventuale proposizione del ricorso ai sensi dell' articolo 120 del codice del processo amministrativo, sono altresì pubblicati, nei successivi due giorni dalla data di adozione dei relativi atti, il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni all'esito delle valutazioni dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali».

La stessa locuzione, poi, viene ulteriormente ribadita, con qualche eccesso di zelo, nell'art. 76, comma 3. L'intento di chiarire quale sia l'oggetto del ricorso sottoposto al rito superspeciale è evidente. Da sottolineare, tuttavia, che nel Codice manca una precisa disposizione sostanziale che permetta di chiarire con il dovuto rigore in che cosa consista il “provvedimento” in questione.

Pur con questi limiti, la norma, nel delineare il proprio ambito di applicazione fa riferimento, molto opportunamente all’espressione “provvedimento” al singolare, ossia all'atto unitario che dovrebbe concludere definitivamente la fase di ammissione e verifica dei requisiti di partecipazione dei concorrenti. La locuzione consente di qualificare l'autonomia della fase procedimentale considerata, giustificando, sul piano sistematico, la disposta anticipazione della tutela, ora riferita ad una determinazione a valenza provvedimentale e non più ad un atto endoprocedimentale.

L'indiscutibile unitarietà dell'atto deve riflettersi sulla determinazione del contributo unificato, che dovrebbe restare unico, anche qualora si contestassero più di un’ammissione o esclusione.

Certo non è ben chiaro come mai il contenzioso riguardante la fase preliminare di ammissione non contempli anche le ammissioni o le esclusioni riguardanti altri aspetti delle offerte come la fase dell’anomalia, o il contenuto delle offerte tecniche ed economiche.

Altra problematica potrebbe scaturire con riguardo al termine di impugnazione del giudizio sulle ammissioni.

La nuova disciplina generale delle comunicazioni è ora racchiusa nell'art. 76 del Codice.

La nuova regolamentazione delle comunicazioni appare ora molto più confusa e incerta (anche a causa, peraltro, della scarsa chiarezza delle direttive).

Sembra sufficientemente curata, anche per effetto dei suggerimenti compiuti dal parere del Consiglio di Stato, soltanto la comunicazione del provvedimento che determina le esclusioni, soggetto a una sorta di pubblicazione in tempo reale.

Per gli altri atti, invece, lo stesso art. 76 contempla diversi termini per l'effettuazione delle comunicazioni, incentrate, in particolare, sulla previsione del termine di risposta della stazione appaltante, da effettuare entro “quindici giorni” dalla richiesta dell'interessato.

In linea di principio, la completa digitalizzazione della procedura di gara dovrebbe consentire all'operatore interessato di conoscere “immediatamente” e senza particolari difficoltà, tutti gli atti di gara. Dal momento della disponibilità informatica dei documenti del procedimento, l'interessato dovrebbe essere in possesso delle cognizioni essenziali per la proposizione del ricorso.

Quanto, poi, all’impugnazione degli atti successivi a quelli di esclusione e ammissione, in particolare dell’aggiudicazione, con riferimento al contributo unificato, anche alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia si ritiene che il contributo debba rimanere lo stesso e non raddoppiarsi.

Tuttavia, nonostante le indicazioni del Consiglio di Stato nel parere rilasciato sullo schema di Codice, il testo definitivo dell’elaborato non sembra aver preso in considerazione questo aspetto. Occorrerà, quindi, un apposito intervento correttivo, anche per evitare le possibili contestazioni di illegittimità comunitaria del sistema complessivo[10].

 

4. I metodi alternativi di risoluzione delle controversie

 

Gli artt. da 205 a 210 si soffermano sui metodi alternativi di risoluzione delle controversie quali strumenti di deflazione del contenzioso.

Ricordiamo che l'ordinamento comunitario, sin dagli anni Novanta, guardava con favore all'introduzione di tali strumenti deflattivi del contenzioso[11].

In particolare l’art. 205 si sofferma sull’accordo bonario per i lavori riconoscendo la possibilità di utilizzare siffatto strumento anche con riferimento ai lavori pubblici relativi a infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi esclusi dal previgente D.Lgs. 163/2006. Ai fini del ricorso all’accordo bonario, la variazione dell’importo dell’opera potrà essere tra il 5% e il 15 %[12]; restano esclusi, come in passato, i contratti di rilevanza comunitaria.

Si cerca anche di semplificare la procedura: ed infatti il RUP non dovrà fare ricorso alla Commissione prevista dall’art. 240, comma 5, del D.Lgs. 163/2006 per la formulazione della proposta d’accordo. Potrà, eventualmente, scegliere un esperto da una lista di 5 nominativi aventi competenza specifica in relazione all’oggetto del contratto; la lista con relativi nominativi viene fornita dalla Camera arbitrale su richiesta del RUP stesso. In mancanza di suddetta richiesta la proposta del relativo accordo bonario viene fornita dal responsabile del procedimento. L’intera procedura dovrà concludersi entro 90 giorni[13].

L’art. 206, invece, rubricato Accordo bonario per i servizi e le forniture estende l’applicabilità delle disposizioni di cui all’art. 205 anche ai contratti di fornitura di beni di natura continuativa o periodica, e di servizi, quando insorgano controversie in fase esecutiva degli stessi, circa l’esatta esecuzione delle prestazioni dovute.

L’art. 207 istituisce, poi, un nuovo rimedio alternativo alla tutela giurisdizionale attraverso la previsione di un collegio consultivo tecnico presso il Tar da costituire con l’accordo delle parti, prima dell’avvio dell’esecuzione del contratto o, comunque, non oltre 90 giorni da tale data. Il Collegio è composto da 3 membri scelti di comune accordo tra le parti. La sua funzione è quella di prevenire controversie o, viceversa, una volta insorte tentare una loro rapida definizione attraverso la formulazione di una proposta di accordo. La proposta non è vincolante ma, qualora accettata dalle parti, avrà la natura di una vera e propria transazione.

I successivi artt. 208 e 209 si occupano, invece, di transazione e arbitrato. Con precipuo riferimento alla transazione la norma prevede che le controversie relative a diritti soggettivi derivanti dall’esecuzione dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, possono essere risolti mediante transazione nel rispetto del codice civile, solo ed esclusivamente nell’ipotesi in cui non risulti possibile esperire altri rimedi alternativi[14].

Quanto, invece, alle novità sull’arbitrato, rispetto alla previgente disciplina, si ricorda che per poter deferire ad arbitri le controversie su diritti soggettivi derivanti dall’esecuzione del contratto non è più necessaria la previa autorizzazione motivata dell’organo di governo dell’amministrazione.

Inoltre, si può utilizzare siffatto strumento alternativo anche per le controversie relative a concessioni e appalti pubblici in cui sia parte una società a partecipazione pubblica o una società controllata nonché in tutte le ipotesi in cui la controversia abbia ad oggetto opere finanziate con risorse pubbliche.

Il collegio arbitrale sarà nominato dalla Camera arbitrale istituita presso l’ANAC[15] che provvede anche a designare il Presidente, scegliendolo da un elenco tenuto presso la stessa Camera.

Nelle controversie per cui entrambe le parti sono una pubblica amministrazione, l’arbitro deve essere scelto tra dirigenti pubblici; in quelle, invece, tra una pubblica amministrazione e un privato, l’arbitro individuato dalla pubblica amministrazione è scelto preferibilmente tra dirigenti pubblici.

Sono ampliate le categorie di soggetti che non possono essere nominate arbitri, aggiungendo i magistrati, anche a riposo, gli Avvocati dello Stato, anche a riposo, e i componenti delle commissioni tributarie, o coloro che nell’ultimo triennio sono già stati nominati arbitri o abbiano partecipato ad altro titolo ad arbitrati, nonché coloro che a qualsiasi titolo abbiano partecipato alla procedura per la quale è in corso l’arbitrato[16].

 

5. I poteri dell’Autorità Nazionale Anticorruzione

 

Gli articoli da 211 a 213 definiscono e delimitano ruoli e poteri dell’Autorità Nazionale Anticorruzione. In particolare l’art. 211 si occupa dei cd. pareri di precontenzioso, prevedendo la possibilità che l’ANAC si pronunci in sede consultiva su questioni che possano insorgere nello svolgimento delle procedure di gara. L’Autorità si attiva sempre su richiesta di parte ed esprime parere entro 30 giorni dalla richiesta; nel caso di accordo tra le parti, i suoi pareri non vincolano le parti a quanto stabilito. Qualora, poi, accerti che la procedura è viziata, invita la stazione appaltante ad agire in autotutela entro 60 giorni, rimuovendo gli atti ritenuti illegittimi. La raccomandazione dell’ANAC sospende la procedura per 60 giorni. Se poi la stazione appaltante non si adegua alle raccomandazioni dell’ANAC, il dirigente sarà soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria tra 250 e 25.000 euro.

La riferita norma assoggetta al rito speciale di cui all’art. 120 c.p.a. entrambi i due tipi di controversie, concernenti l’impugnazione dei pareri di precontenzioso e delle raccomandazioni vincolanti dell’ANAC. Sembrerebbe a tal fine che il rito applicabile sia quello dell’art. 120 “ordinario” non, invece quello specialissimo previsto dall’art. 204 del nuovo Codice in tema di ammissioni ed esclusioni.

Altri interrogativi sulla disciplina dell’art. 211 riguardano la possibilità di contestare (e con quale rito) l'eventuale determinazione con cui l'ANAC, avviato il procedimento di verifica della legittimità degli atti, ritenga insussistente il vizio denunciato.

In tale eventualità si dovrebbe ammettere la possibilità di impugnazione da parte del soggetto interessato. Ma non è chiaro se trovi applicazione il rito di cui all'art. 120 c.p.a., o, piuttosto, il rito di cui all'art. 119 c.p.a.

Altra ipotesi da considerare è quella in cui, a fronte della sollecitazione svolta da un soggetto terzo, l'ANAC rimanga totalmente inerte, o, comunque, non concluda il procedimento nel termine eventualmente prescritto.

Ci si dovrebbe chiedere se possa ipotizzarsi un’inerzia censurabile con lo specifico procedimento in materia di silenzio.

Sotto il profilo sostanziale, sussistono numerosi dubbi in ordine ai presupposti della determinazione adottata dall'ANAC: al riguardo riemergono molte delle questioni già poste in riferimento al ricorso proposto dall'Antitrust.

Non è chiaro, infatti, che tipo di autotutela debba esercitare l'amministrazione, in rapporto agli artt. 21-septies, 21-octies e 21-nonies della L. n. 241 del 1990.

La versione finale del codice ha soppresso questo riferimento: ne deriva, quindi, che dovremmo essere in presenza di una forma di autotutela “doverosa”, non riconducibile, in toto, alla disciplina generale della L. n. 241 del 1990.

In questa prospettiva, quindi, la determinazione dell'amministrazione dovrebbe configurarsi come meramente riproduttiva del parere dell'ANAC e impugnabile essenzialmente per vizi d’illegittimità derivata.

Anche in questa ipotesi si tratta di chiarire se debba trovare applicazione, o meno, il rito speciale di cui all'art. 120 c.p.a.

L’art. 213, poi, individua l’ANAC come unica Autorità competente per la vigilanza e il controllo sugli appalti pubblici. In realtà la sua azione, oltre che rivestire una finalità di controllo e regolazione, dovrebbe anche fungere come prevenzione e contrasto dell’illegalità e della corruzione.

La riforma affida all’ANAC poteri che superano di gran lunga quelli attribuiti ad altre Autorità indipendenti. Nell’ANAC sono, già dal 2014, confluiti i compiti di due diverse Autorità, quella anticorruzione e quella per la vigilanza sui contratti pubblici. Si tratta di una via italiana alla lotta alla corruzione, che si annida massimamente nel settore degli appalti pubblici. Attraverso una lenta transizione, l’originaria mission di sola vigilanza, si è definitivamente arricchita con i compiti di regolazione. L’ANAC, oggi, è senz’altro autorità che regola (con le linee guida e tutti gli atri strumenti ad essa assegnati, quali bandi tipo, raccomandazioni, pareri, poteri cautelari, e quant’altro), e vigila, con pregnanti poteri ispettivi, istruttori, sanzionatori. L’ANAC fa anche molto altro, perché ha anche compiti propriamente gestionali di amministrazione attiva (tali sono quelli di tenuta di albi, quale quello delle SOA, dei commissari di gara, degli arbitri, e il compito della gestione del sistema di qualificazione) e ha compiti che sono paragiusdizionali (parere vincolante sul contenzioso relativo alle gare). Anche la vocazione “regolatoria” che è tipica delle Autorità indipendenti, nel caso dell’ANAC viene declinata in modo peculiare. Perché gli atti di regolazione, in alcune materie, per la generalità e astrattezza dei contenuti, assurgono a veri e propri regolamenti in senso sostanziale, anche se non ne hanno il nome. E del resto, l’ANAC partecipa alla funzione regolamentare del Ministro delle Infrastrutture, con un potere di proposta (che è un tipico atto predeterminativo del contenuto dell’atto finale). L’ANAC ha anche una funzione consultiva, in quanto è previsto che venga sentita in molti procedimenti previsti dal Codice. A sua volta l’ANAC si vale, per alcune linee guida, della consulenza qualificata delle commissioni parlamentari. L’ANAC ha, non meno importante, una funzione informativa, atteso che le compete gestire la banca dati dei contratti pubblici e il sistema di pubblicità informatica dei bandi e degli atti di gara. Si ha dunque un’Autorità a vocazione indipendente, ma interconnessa con Governo e Ministri (a cui fa proposte) e Parlamento (da cui riceve parere), e che cumula funzioni ordinariamente attribuite a distinti poteri pubblici: normative/regolatorie, di amministrazione attiva, consultive, di vigilanza/controllo, paragiurisdizionali.

Il sistema complessivo ha peraltro previsto un sistema di pesi e contrappesi volto a riequilibrare, nei rapporti esterni, l’accentramento di tante competenze. Gli strumenti di bilanciamento sono costituiti:

•dalla prevista impugnabilità di tutti gli atti dell’ANAC davanti agli organi della giustizia amministrativa;

•dalla prevista istituzione della Cabina di regia presso la P.C.M., con compiti di monitoraggio, impulso e coordinamento;

•dalla cogestione di alcune tipologie di linee guida attraverso il potere di proposta dell’ANAC e di decisione finale del Ministro delle infrastrutture;

•da ultimo, ma non convince, mediante lo strumento del parere delle commissioni parlamentari su alcuni ambiti di linee guida dell’ANAC. Tale assetto deriva direttamente dalla legge delega, che attribuisce compiti all’ANAC in dodici punti di delega (lett. q.2), q.5), s), t), u), bb), ee), hh), uu), vv.), eee) iii), di cu8 di 11 specifici e uno, il punto t), generale, a sua volta tradotto nell’art. 213 del codice. La lett. t) della delega prevede: “attribuzione all'ANAC di più ampie funzioni di promozione dell'efficienza, di sostegno allo sviluppo delle migliori pratiche, di facilitazione allo scambio di informazioni tra stazioni appaltanti e di vigilanza nel settore degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, comprendenti anche poteri di controllo, raccomandazione, intervento cautelare, di deterrenza e sanzionatorio, nonché di adozione di atti di indirizzo quali linee guida, bandi-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolamentazione flessibile, anche dotati di efficacia vincolante e fatta salva l'impugnabilità di tutte le decisioni e gli atti assunti dall'ANAC innanzi ai competenti organi di giustizia amministrativa”. E in tale previsione ci sono le funzioni di regolazione, di vigilanza/controllo, di precontenzioso, declinati rispettivamente nell’art. 213, c. 2, e 211.

Gli altri punti di delega attribuiscono all’ANAC i compiti che emergono dall’intero impianto del codice e che l’art. 213 cerca di sintetizzare, senza tuttavia essere esaustivo.

In estrema sintesi, la vigilanza afferisce, oltre al sistema degli appalti nel suo complesso, ai settori più delicati quali il sotto soglia, i contratti esclusi, i contratti segretati, e al sistema di qualificazione (art. 213, c. 3, lett. a), b), f), g).

Per gli appalti più delicati la vigilanza assume i connotati della “vigilanza collaborativa” tramite protocolli di intesa con le stazioni appaltanti al fine di supportarle nella predisposizione degli atti e nella gestione dell’intera procedura di gara (art. 213, c. 1, lett. h).

Compiti di vigilanza più specifici sono indicati in puntuali disposizioni del codice (p. es. sul rispetto da parte dei concessionari degli obblighi di esternalizzazione, art.  177, c. 3). Compiti di amministrazione attiva sono:

•la qualificazione degli operatori economici (art. 83 ss.);

•la gestione del sistema SOA (art. 83 ss.);

•la qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza (art. 213, c. 4);

•la tenuta dell’elenco dei soggetti aggregatori (art. 213, c. 16);

•la tenuta dell’elenco delle stazioni appaltanti che fanno affidamenti in house (art. 213 c. 15);

•la tenuta dell’albo dei commissari d gara (art. 77 e 213 c. 15);

•la tenuta della banca dati dei contratti pubblici (art. 213, c. 8 e 9);

•la tenuta del casellario informatico dei contratti pubblici (art. 213, c. 10);

•la tenuta dell’albo della camera arbitrale (art. 213, c. 11).

Vi sono poi i compiti di segnalazione, a Governo e Parlamento, di proposta al Governo, di relazione annuale al Governo e al Parlamento (artt. 213, c. 3, lett. c), d, e).

I poteri strumentali a tali compiti sono:

•quello ispettivo, anche avvalendosi di altri organi dello Stato, e segnatamente della Guardia di Finanza (art. 213, c. 5);

•quello di segnalazione agli organi di controllo e di denuncia all’Autorità giudiziaria penale (art. 213, c. 6);

•quello di collaborazione con l’AGCM per l’attribuzione del rating di legalità alle imprese (art. 213, c. 7);

•quello sanzionatorio (art. 213, c. 13).

Quanto al finanziamento dell’ANAC, viene confermato il previgente sistema, delineato dall’art. 1, c. 67, L. n. 266/2005 (finanziamento sul mercato, mediante contributo da parte dei soggetti sottoposti alla vigilanza)

 

6. Il parere del Consiglio di Stato e le soluzioni adottate nel testo definitivo del d.lgs. 50/2016

 

Il Codice degli Appalti Pubblici e delle Concessioni è il primo codice di diritto amministrativo elaborato nella presente legislatura, così riaprendo una “stagione di codici”, necessari in funzione di semplificazione e chiarezza del quadro regolatorio.

Il Consiglio di Stato ha ricevuto lo schema di codice il 7 marzo 2016 e ha reso il suo parere in venticinque giorni, nei quali è stata istituita (il 12 marzo) una Commissione speciale di diciannove Magistrati, che ha ripartito i suoi lavori in cinque sottocommissioni, ciascuna coordinata da un Presidente di sezione. La Commissione speciale si è riunita in sede plenaria nell’adunanza del 21 marzo; il parere è stato successivamente redatto e infine pubblicato il 1° aprile.

L’apporto consultivo del Consiglio di Stato si è mosso lungo tre direzioni:

- esame di questioni di carattere generale;

- esame dei singoli articoli con formulazione di osservazioni puntuali e di agevole recepimento;

- esame dei singoli articoli con formulazione di osservazioni che richiedono maggior tempo e dovranno essere affidate ai decreti correttivi.

Ad oggi, dopo il varo del codice, il Consiglio di Stato potrà dare il proprio apporto consultivo per l’elaborazione dei decreti correttivi e degli atti attuativi, o rispondendo a specifici quesiti sulla nuova disciplina.

Dal punto di vista processuale che maggiormente interessa la presente analisi giova ricordare che il Consiglio di Stato aveva richiesto che:

-  il precontenzioso fosse disciplinato con modalità chiare, per evitare che si generasse un “contenzioso sul precontenzioso” (art. 211);

-  che la decisione dell’ANAC resa in sede precontenziosa sull’accordo delle parti, che vincola le parti, fosse impugnabile entro un termine breve, e con la previsione per il giudice di poter valutare la condotta della parte soccombente ai fini della lite temeraria (art. 211);

- fosse rimodulato il potere dell’ANAC di sollecito dell’autotutela delle stazioni appaltanti, trasformandolo da potere sanzionatorio a potere impugnatorio secondo il modello AGCM (controllo collaborativo) (art. 211);

-  che l’immediata impugnazione degli atti di ammissione e esclusione dalle gare fosse accompagnata da tempi certi di conoscenza e accesso agli atti; fosse valutata una riduzione della misura del contributo unificato; non venisse soppressa la tutela cautelare nel rito superspeciale (artt. 204, 29, 76).

Il Codice, infatti, appresta un corpo normativo cui è sottesa l’esigenza della riduzione dei contenziosi e della definizione veloce delle liti. Questo obiettivo è anzitutto affidato, in via preventiva, alle buone regole e alla buona amministrazione, nonché ai nuovi criteri reputazionali di selezione degli operatori, volti a creare una nuova cultura e responsabilità etica dei partecipanti alle gare. Quando tuttavia il contenzioso è inevitabile, occorre trovare un ragionevole punto di equilibrio tra la giusta esigenza di rapida definizione delle liti e il valore, costituzionale e sovranazionale, dell’effettività della difesa. La tutela giurisdizionale, proprio nel settore degli appalti pubblici, secondo i principi comunitari non può essere ostacolata, resa eccessivamente difficile, mutilata della tutela cautelare. Il sistema eurounitario si spinge ad apprestare una tutela cautelare ex lege ai concorrenti: il c.d. standstill. Le nuove disposizioni processuali impongono l’immediata impugnazione di ammissioni ed esclusioni, al condivisibile fine di deflazionare il successivo contenzioso sull’aggiudicazione, nella prassi complicato ed esasperato dai ricorsi incidentali che rimettono in discussione la fase di ammissione. Tuttavia tale onere d’immediata impugnazione, che grava le parti con tempi stretti e ulteriori costi processuali, dovrà essere compensato da una tempestiva accessibilità degli atti di gara inerenti ammissioni ed esclusioni, e, in prospettiva, e fatte le pertinenti verifiche di compatibilità finanziaria, con una rimodulazione del contributo unificato. La Corte di Giustizia dell’Unione europea è già intervenuta sulla misura del contributo unificato per i pubblici appalti, come previsto dalla legge italiana, riconoscendone la legittimità comunitaria “a condizione” di una interpretazione caso per caso ispirata al criterio della proporzionalità (dovendo il giudice nazionale valutare che non è dovuta una duplicazione del contributo se i motivi proposti separatamente contro atti diversi sono identici o sostanzialmente tali o comunque non costituiscono un ampliamento considerevole della materia del contendere) (C. Giust. UE 6.10.2015 C-61). Gli strumenti precontenziosi apprestati dal codice (parere vincolante dell’ANAC sull’accordo delle parti; raccomandazione dell’ANAC alle stazioni appaltanti a rimuovere atti in autotutela), se non ben definiti nei presupposti, procedimento, ed effetti, potrebbero sortire l’effetto di generare ulteriore contenzioso, con una eterogenesi dei fini che l’intervento legislativo si prefigge. A sua volta, il nuovo rito processuale che onera dell’impugnazione immediata delle ammissioni in gara, se depotenzia la tattica dei ricorsi incidentali strumentali, deve tuttavia coordinarsi con le regole sulla piena conoscibilità degli atti di gara. Dovrà anche valutarsi una riflessione sulla misura del contributo unificato, al fine di non rendere la tutela giudiziaria (articolata in struttura bifasica, con la doppia impugnazione degli atti di ammissione/esclusione e della successiva aggiudicazione) troppo complessa e costosa.

 

7. Conclusioni

 

Alla luce della presente disamina, non può non evidenziarsi che, forse, la scelta del Governo si mostra piuttosto discutibile nel metodo, nella forma e nella sostanza, per non aver voluto esercitare il termine lungo previsto dalla legge delega.

Ed infatti, la legge delega assegnava il termine vincolante del 18 aprile 2016 - peraltro neanche osservato – solo per il recepimento delle direttive europee. In altre parole, il Governo avrebbe potuto effettuare in due tempi le operazioni di recepimento delle direttive europee e di riordino della materia entro poi il 31 luglio 2016. Inevitabilmente il testo del Codice risente dei tempi ristretti e presenta inevitabili incoerenze sistematiche, refusi, disposizioni non ben coordinate, essendo verosimilmente mancata una pausa di ponderazione e rilettura complessiva dell’articolato[17].

Dal punto di vista prettamente processuale l’intento della novella di provare a semplificare l’intero sistema del contenzioso nasconde delle insidie, nella misura in cui si prevedono delle misure economiche di deflazione del contenzioso.

Ed infatti, pur auspicando che la disciplina sostanziale della materia possa approdare ad un livello di chiarezza e semplicità tale da consentire una facile soluzione delle controversie in tale materia, le regole che disciplinano l’affidamento delle commesse pubbliche sono caratterizzate da estrema incertezza.

L’intento di definire il giudizio in tempi estremamente rapidi e in forma semplificata appare pertanto di assai difficile attuazione e rischia di interferire pesantemente sulla garanzia di diritti fondamentali come quello ad una tutela effettiva dinanzi a un giudice equo e imparziale, cui si aggiunge, nel processo amministrativo, il diritto della collettività ad un giudizio che, tramite la sua funzione conformativa, assicuri “la giustizia nell’amministrazione” (ruolo primario riconosciuto al Consiglio di Stato dall’art. 100 Cost.)[18]; di talché i giudici amministrativi non devono e non possono esaurire il loro compito nel trovare la migliore (i.e. “più giusta”) soluzione della controversia particolare a essi sottoposta, ma, devono “approfittarne” per enucleare dal sistema le regole alle quali le p.a. devono, eventualmente anche al di là del caso concreto, “conformare” la propria attività[19].

E’ paradossale e contraddittorio che proprio in un momento in cui, anche e soprattutto in considerazione del ruolo interpretativo/conformativo del Giudice amministrativo, è stato correttamente riconosciuto al massimo organo della giustizia amministrativa un potere di nomofilachia analogo a quello già riconosciuto alla Corte di Cassazione (potere che l’Adunanza Plenaria ha esercitato in questi anni ad altissimo livello), si voglia sostanzialmente svilire il ruolo degli altri collegi, con misure che, imponendo un’irragionevole compressione dei tempi del processo e della decisione, impediscono il doveroso approfondimento da parte degli organi giudicanti delle delicate e complesse questioni giuridiche che, colpevole anche il modesto livello dei testi normativi, essi sono necessariamente chiamati a risolvere per rendere una “giusta” decisione della controversia e per tracciare corrette e “sicure” linee guida alla futura azione amministrativa.

Certo un sistema di tutela sarà tanto più effettivo quanto più celere e offerto all’interno di un processo caratterizzato da una ragionevole durata. Tuttavia questa apodittica affermazione di principio deve necessariamente essere riportata nei giusti canoni e, quindi, temperata da ultronei profili, evitando di non cadere nella trappola sempre in agguato, di accogliere di buon grado tutti quegli strumenti volti ad accelerare la definizione dei processi[20]. A tal proposito, non deve mai essere persa di vista la vera essenza di ogni sistema di tutela, ovvero quella che cerca di realizzare costantemente un continuo bilanciamento tra tutti gli interessi coinvolti all’interno della macchina processuale, nella consapevolezza che il processo deve si essere efficiente ed effettivo, ma anche giusto. Tuttavia è evidente dall’esperienza concreta che la quantità tende a divenire qualità, che il processo breve è sempre più un processo giusto, espressione di una ragionevole durata. C’è da chiedersi però se il processo breve possa davvero essere l’essenza di un giusto processo, o, se al contrario, sia diventato archetipo e modello processuale, solo perché nei fatti viene qualitativamente e quantitativamente utilizzato in maniera maggiore.

Obiettivo primario di un giusto processo è e deve rimanere la tutela piena. Il tempo è sicuramente una parte, ma non tutto il giusto processo. E’ parimenti vero che la stessa semplificazione deve essere strumentale all’effettività della tutela, atteso che una tutela ritardata oltremodo è pur sempre una tutela denegata.

 


[1] D.Lgs. 163/2006 e D.p.R. 207/2010.

[2] Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.

[3] R. Potenza, Seminario di approfondimento del nuovo codice degli appalti e dei contratti di concessioni, Perugia, 16 maggio 2016.

[4] Legge – 28.1.2016, n.11 - Gazzetta Uff. 29.1.2016, n.23.

[5] Secondo la riferita norma il D.Lgs. 50/2016 si applica alle procedure e ai contratti per le quali, alla data di entrata in vigore dello stesso i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del provvedimento. Nel caso di contratti senza pubblicazioni di bandi o avvisi, alle procedure e ai contratti in relazione ai quali, alla data di entrata in vigore del nuovo Codice, non siano ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte.

[6] L’art. 204, comma 1, lett. b) in particolare aggiunge al comma 2 dell’art. 120 c.p.a il comma 2-bis il quale prevede che “il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di 30 giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante”.

[7] L’idea di anticipare la tutela nel contenzioso sui requisiti soggettivi, che costituisce circa il 70 per cento dei ricorsi sugli appalti, è stata a lungo discussa nell’ambito della giustizia amministrativa e della dottrina. Si v. a tal proposito A. Pajno, I contratti pubblici e il processo, in Pajno A., Torchia L. (a cura di), La nuova disciplina dei contratti pubblici: le regole, i controlli, il processo, Paper Astrid, 2015, pp. 51 ss.

[8] Art. 204, lett. f) che aggiunge il comma 8-ter all’art. 120 c.p.a.                                      

[9] Art. 204, lett. 1) che aggiunge il comma 11-bis all’art. 120 c.p.a.

[10] M. Lipari, La tutela giurisdizionale e “precontenziosa” nel nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50 del 2016),in www.iusexplorer.it.

[11] Le ADR sono infatti espressamente menzionate nel Libro Verde sull'accesso dei consumatori alla giustizia, del 1993, nella direttiva 97/5/CE, sui bonifici transfrontalieri, nella direttiva 97/7/CE, sulla tutela dei consumatori nei contratti a distanza, nonché oggetto di atti non vincolanti, quali la Comunicazione della Commissione sulla risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo, del 1998 e la Raccomandazione della Commissione 98/257/CE, riguardante i principi applicabili agli organismi responsabili per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo, dello stesso anno.

[12] Il vecchio Codice dei contratti pubblici, invece, come variazione dell’importo dell’opera prevedeva un minimo del 10%.

[13] Ricordiamo che la vecchia disciplina non prevedeva alcun termine di conclusione del procedimento.

[14] Il vecchio art. 239 del D.Lgs 163/2006, invece, non prevedeva espressamente tale residualità. Per gli appalti di lavori pubblici viene, poi, raddoppiato il limite (da 100.000 s 200.000 euro) dell’importo concesso o rinunziato in sede di transazione, oltre il quale va richiesto il parere dell’Avvocatura dello Stato.

[15] L’art. 210 disciplina la Camera Arbitrale prima prevista nell’art. 242 del D.Lgs. 163/2006. La Camera Arbitrale viene istituita presso l’ANAC, la quale dovrà rendere disponibili sul proprio sito tutte le informazioni relative agli arbitrate in corso e definiti, con l’indicazione dei nominative e dei compensi tanto di arbitri quanto di periti.

[16] L’art. 209 ha modo, poi, di precisare che si applicano le disposizioni del codice di procedura civile e che i termini assegnati dagli arbitri sono da intendersi come perentori.

[17] P. Quinto, In vigore il codice appalti fra trionfalismi ed incognite, su www.lexitalia.it

[18] M.A. Sandulli, Osservazioni conclusive, in Atti del Convegno “Il ruolo del giudice: le magistrature supreme” svoltosi presso l’Università degli studi “Roma Tre” il 18 e 19 maggio 2007, Milano, 2007.

[19] M. Nigro, La giustizia amministrativa, Bologna, 1973.

[20] S. Tarullo, Il giusto processo amministrativo, studio sull’effettività della tutela giurisdizionale nella prospettiva europea, Giuffrè Editore, 2004.