Tar Veneto, Sez. I, 11 novembre 2014, n. 1380

 

Tar Veneto, Sez. I, 11 novembre 2014, n. 1380

Presidente Amoroso; Estensore Vitanza

 

E’ illegittimo il provvedimento con il quale la Stazione appaltante ha revocato in autotutela l’aggiudicazione provvisoria di una gara di appalto, motivato con riferimento al difetto, in capo all’aggiudicataria, del requisito della regolarità fiscale, nel caso in cui la cartella esattoriale che ha quantificato il debito dell’impresa interessata con l’erario sia stata comunicata direttamente dall’agente della riscossione tramite il servizio postale, e non già notificata nelle forme e da uno dei soggetti abilitati, previsti per legge. Infatti, la cartella esattoriale è un atto unilaterale recettizio, così che, da un lato, la sua regolare notifica ha la funzione di perfezionarne l’esistenza giuridica e, dall’altro, la partecipazione della cartella esattoriale, in difformità rispetto alle indicate prescrizioni, è priva di effetti giuridici e la relativa nullità si estende anche al documento di regolarità fiscale, secondo il principio vitiantur et vitiant.

 

 

BREVI ANNOTAZIONI

 

L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA

La pronuncia in esame ha ad oggetto la revoca in autotutela di un’aggiudicazione provvisoria di una gara di appalto per la mancanza in capo all’aggiudicataria del requisito della regolarità fiscale. Più nello specifico, il Collegio ha affrontato la questione delle conseguenze derivanti da una cartella esattoriale comunicata direttamente dall’agente della riscossione e non notificata da uno dei soggetti a ciò abilitati ed autorizzati dalla legge.

 

IL PERCORSO ARGOMENTATIVO

Il Tar adito ha preliminarmente affrontato l’eccezione di tardività del ricorso sollevata dalla resistente la quale aveva comunicato la revoca dell’aggiudicazione provvisoria tramite PEC al domicilio del difensore del ricorrente, come indicato nel procedimento attivato per l’annullamento in autotutela del provvedimento contestato e, successivamente all’indirizzo indicato nella domanda di partecipazione alla gara. Si osservava che l’art. 79 del D.Lgs. n. 163/2006 consente una pluralità di mezzi per comunicare l’esito di una gara al concorrente, ivi compreso quello mediante posta elettronica certificata; tuttavia, il comma 5-bis del riferito art. 79 statuisce che l’utilizzazione della PEC deve essere espressamente autorizzata dal concorrente e deve essere indirizzata al domicilio eletto o all’indirizzo mail o al numero di fax indicato dal destinatario in sede di candidatura e di offerta. Pertanto, la Stazione appaltante dovrà indirizzare tutte le comunicazioni all’indirizzo indicato dal concorrente in sede di atti prodromici alla gara. In ossequio a ciò, il ricorso è stato ritenuto tempestivamente attivato dal momento in cui il concorrente ha ricevuto comunicazione di revoca dell’aggiudicazione provvisoria a quell’indirizzo fornito nella domanda di partecipazione alla gara.

Nel merito, poi, il ricorrente eccepiva la nullità della cartella esattoriale che ha quantificato il suo debito con l’erario per essere stata la stessa comunicata direttamente dall’agente della riscossione e non notificata da uno dei soggetti a ciò abilitati ed autorizzati dalla legge.

La sentenza epigrafata parte dalla definizione della cartella esattoriale, la notifica della quale, in quanto atto unilaterale recettizio, ha la precipua funzione di perfezionarne l’esistenza giuridica per arrivare a valutare gli effetti che si producono sulla regolarità fiscale di un concorrente a seguito della nullità della cartella esattoriale.

Ricorda il Collegio che l’art. 26 del d.P.R. n. 602/1973 prescrive che la notifica della cartella esattoriale venga effettuata “dagli ufficiali della riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale, mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento”.

La notifica in forma diversa da quelle prescritte rende la cartella esattoriale priva di effetti giuridici. Il riferito vizio di notifica non può che riverberarsi anche sull’iter di partecipazione della richiesta economica avanzata con la cartella esattoriale comportandone la nullità della stessa, nullità che si estende anche al documento di regolarità fiscale determinandone la nullità.

Secondo il recente insegnamento dell’Adunanza Plenaria n. 8 del 2012, il D.U.R.C. si impone alla Stazione appaltante, la quale non può sindacarne il contenuto.

Inoltre, l’art. 5 del D.M. del Ministero del Lavoro e previdenza sociale del 24 ottobre 2007 enumera i casi di regolarità contributiva in relazione ai quali è consentito il rilascio del documento e il successivo art. 7 obbliga l’ente previdenziale ad invitare l’impresa a regolarizzare la propria posizione in caso di mancanza dei requisiti di cui all’art. 5. Il Legislatore ha così voluto evitare quelle forme di automatismo nella certificazione debitoria fiscale dell’interessato in tutti quei casi in cui non sia certo il debito perché non definitivamente accertato o contestato dal destinatario.

Il Collegio mostra di aderire a quell’orientamento della giurisprudenza a mente del quale le sanzioni connesse alla rilevata irregolarità contributiva si collegano a fattori obiettivi di conoscenza ed alla definizione della situazione relativa al pagamento dei dovuti oneri contributivi. In applicazione del suddetto principio la Stazione appaltante avrebbe dovuto procedere ad accertare, anche in contraddittorio con la parte interessata, la sussistenza di una definitiva irregolarità del rapporto previdenziale e, non, come invece accaduto, limitarsi a prendere atto delle irregolarità formali e non definitive.

In definitiva, in ossequio alla giurisprudenza di merito delle Commissioni Tributarie, con la pronuncia annotata si sostiene che la cartella esattoriale partecipata in difformità dalle prescrizioni di legge è priva di qualsivoglia effetto giuridico e che la nullità che colpisce la cartella esattoriale si estende anche al documento di regolarità fiscale determinandone la nullità anche e soprattutto per la mancanza della definitività dell’accertamento fiscale, così come richiesto dall’art. 38 del Codice dei contratti pubblici. In altre parole, la Stazione appaltante si sarebbe limitata ad una semplice presa d’atto delle irregolarità formali e non definitive senza accertare in contraddittorio con la parte interessata un’effettiva volontà di sottrarsi al pagamento degli oneri contributivi. Pertanto, in accoglimento del ricorso, i Giudici hanno annullato l’atto di revoca dell’aggiudicazione provvisoria e, risultando il lavoro già assegnato ed in parte eseguito, hanno disposto il risarcimento del danno per equivalente subito e provato dal ricorrente.

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

La sentenza in commento ha offerto occasione di riflessione sulla questione assai discussa relativa alla rilevanza della regolarità contributiva ai fini della partecipazione ad una gara di appalto, nonché di prendere atto dell’esistenza in giurisprudenza di un contrasto sull’interpretazione di quella norma, art. 7 del D.M. del Ministero del Lavoro del 24 ottobre 2007, il quale obbliga l’ente previdenziale ad invitare l’impresa a regolarizzare la propria posizione in caso di mancanza dei requisiti di cui all’art. 5 del riferito decreto ministeriale.

Secondo un’interpretazione sostanzialistica della norma, alla quale mostra di aderire il Tar adito con la pronuncia in commento, la regolarità contributiva non costituisce un requisito generale di ammissione, in quanto l’esclusione opera solo al ricorrere di violazioni gravi e definitivamente accertate. 

In tal senso l’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici, nel parere n. 102 del 2007, ha affermato che “la Stazione appaltante, prima di procedere all’esclusione dell’impresa, deve verificare, anche in contraddittorio con l’impresa stessa, sia la gravità dell’inadempimento, sia la definitività dell’accertamento”. Nello stesso senso si rammenta la sentenza del TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. I, n. 3740 del 19 giugno 2008 e quella del TAR Reggio Calabria, sez. I, n. 291 del 23 marzo 2010. In quest’ultima pronuncia si sostiene che “spetta, dunque, alla Stazione appaltante verificare che eventuali situazioni dall’INPS ritenute come condizioni di irregolarità contributiva, certamente rilevanti e costituenti un grave indizio, ai fini dell’art. 38, co.1, lett. i), codice appalti, possano, in concreto e al di fuori di ogni automatismo, giustificare l’estromissione dalla gara”.

Più recentemente il Tar Puglia, Bari, Sez. II, 6 novembre 2013, n. 1497, ha ribadito che “stando al disposto dell'art. 38 comma 1 lett. i), cod. contr. pubbl., secondo il quale devono essere esclusi i soli concorrenti che abbiano commesso violazioni “gravi” e “definitivamente accertate” in materia di contributi previdenziali ed assistenziali (che riprende la formulazione dell'art. 75 comma 1 lett. e), D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554), le amministrazioni procedenti non possono legittimamente arrestarsi alla presa d'atto del responso sintetico fornito dall'ente previdenziale per mezzo del D.U.R.C., bensì devono effettuare una autonoma istruttoria circa i caratteri dell'irregolarità contributiva cumulativamente richiesti dal legislatore, ossia la “gravità” e la “definitività”. Tale attività di verifica ed apprezzamento, da svolgersi in contraddittorio con l'impresa interessata, non può essere surrogata dalla certificazione formata dall'ente previdenziale, al quale solo compete di attestare l'esistenza e l'entità del rapporto debitorio”. In tal senso sempre TAR Puglia, Bari, sez II, 6 maggio 2014 n. 569, poi confermata da Cons. St., sez. V, 14 ottobre 2014, n. 5064.

Viceversa, secondo una lettura formalistica della normativa sopra citata, ogni carenza di regolarità contributiva risultante da un D.U.R.C. negativo impone necessariamente l’esclusione dalla gara. La mancata regolarità contributiva, anche se non grave, impedisce la partecipazione e la successiva stipulazione del contratto, considerato anche il fatto che, una volta rimesse esclusivamente agli enti previdenziali le valutazioni circa la gravità delle infrazioni, la Stazione appaltante può solo prendere atto di tali risultanze senza sindacarle.

In conformità ad un’interpretazione più rigorosa della suddetta norma, tale differente giurisprudenza, ha ritenuto che ai fini di una corretta partecipazione alla gara conta la reale situazione di regolarità contributiva esistente al momento della domanda e per tutto il corso della gara.

Nella sentenza n. 5194 del 16 settembre 2011, i giudici di Palazzo Spada ribadivano che il requisito della regolarità contributiva, ai fini della partecipazione ad una gara d’appalto, va accertata alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte, senza alcuna rilevanza di un’eventuale regolarizzazione postuma, “la quale se può risolvere il contenzioso dell’impresa con l’ente previdenziale, non potrà però in alcun modo sovvertire l’oggettivo dato di fatto dell’irregolarità ai fini della singola gara”.

Accertata l’irregolarità contributiva, la “revoca dell’aggiudicazione provvisoria si presentava come un atto dovuto (…) e questo vuoi perché la stessa aggiudicazione era stata emessa in dichiarata attesa della verifica del possesso dei requisiti di partecipazione alla gara, vuoi perché, come si è appena esposto, una regolarizzazione postuma, allorché sollecita, non avrebbe potuto ovviare alla mancanza del requisito di regolarità contributiva”.

Infine, proseguiva la sentenza, “il D.M. 24 ottobre 2007, (…), nel disciplinare le modalità di rilascio del D.U.R.C. definendo nel modo già visto la soglia di gravità dell’inadempimento, non può non limitare sul punto anche la discrezionalità delle stazioni appaltanti (v. la Circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale del30/01/2008 n. 5), che al riguardo ben possono quindi limitarsi a prendere atto della certificazione espressa dal D.U.R.C. (del quale non possono sindacare le risultanze: C.d.S., V, 19 novembre 2009, n. 7255; IV, 10 febbraio 2009, n. 1458; VI, 6 aprile 2010, n. 1934), senza doversi fare carico di autonome valutazioni”. In tal senso, da ultimo, anche TAR Sicilia, Catania, sez. II, 29 maggio 2014 n. 1521 e Cons. St., sez. V, 8 aprile 2014, n. 1647.

La continua oscillazione della giurisprudenza tra i due orientamenti richiamati ha trovato apparente soluzione nella sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 8 del 4 maggio 2012 in cui, in linea con la lettura formalistica della normativa, si affermava che “ai sensi e per gli effetti dell’art. 38, comma 1, lett. i), D.Lgs. n.163 del 2006, anche nel testo vigente anteriormente al D.L. n. 70 del 2011, secondo cui costituiscono causa di esclusione dalle gare di appalto le gravi violazioni alle norme in materia previdenziale e assistenziale, la nozione di “violazione grave” non è rimessa alla valutazione caso per caso della Stazione appaltante, ma si desume dalla disciplina previdenziale, e in particolare dalla disciplina del documento unico di regolarità contributiva: ne consegue che la verifica della regolarità contributiva delle imprese partecipanti a procedure di gara per l’aggiudicazione di appalti con la pubblica amministrazione è demandata agli istituti di previdenza, le cui certificazioni (D.U.R.C.) si impongono alle stazioni appaltanti, che non possono sindacarne il contenuto”.

Le stazioni appaltanti, infatti, “non hanno né la competenza né il potere di valutare caso per caso la gravità della violazione previdenziale, ma devono attenersi alle valutazioni dei competenti enti previdenziali”.

In effetti il D.U.R.C. costituisce una dichiarazione di scienza, cioè un atto di certificazione o di attestazione redatto da un pubblico ufficiale ed avente carattere meramente dichiarativo di dati di cui dispone la pubblica amministrazione, assistito da pubblica fede fino a querela di falso ai sensi dell’art. 2700 del c.c. (Cons. St., sez. V, n. 2682 del 17 maggio 2013.).

Data la natura giuridica di siffatto documento è del tutto fisiologico il fatto che non residui in capo all’appaltante alcun margine di discrezionalità nella valutazione o nell’apprezzamento dei dati in esso contenuti.

Il Tar Veneto, invece, si discosta da siffatta interpretazione per abbracciare quella parte di giurisprudenza favorevole a una lettura sostanzialistica della norma. In base a tale principio ribadisce come la nullità della cartella esattoriale per difformità di notifica rispetto al paradigma legale non può che riverberarsi sullo stesso documento di regolarità contributiva, determinandone a sua volta la nullità. La Stazione appaltante avrebbe, quindi, dovuto, in contraddittorio con la parte, accertare una situazione effettiva di irregolarità e non accogliere “acriticamente” le risultanze di un documento, quale il D.U.R.C., peraltro afflitto da nullità per le ragioni dianzi esposte.

 

PERCORSO BIBLIOGRAFICO

F. Caringella, M. Giustiniani, Manuale di diritto amministrativo. IV. I contratti pubblici, Ed. Dike, 2014, pp. 556 ss.; F. Caringella, M. Giustiniani, Codice dei contratti pubblici, Ed. Dike, 2014, pp. 258 ss. 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 27 del 2014, proposto da: C. C. S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Francesco Vagnucci, Arturo Cancrini, Alessandra Pacifici, con domicilio eletto presso Alessandra Pacifici in Venezia, Cannaregio 3918;

contro

A. T. E. R. della Prov di Venezia - Ater Venezia, rappresentato e difeso dall'avv. Matteo Munarin, con domicilio eletto presso Matteo Munarin in Mestre (Ve), via Don L. Peron 1/A; Ministero dell'Economia e delle Finanze, Agenzia delle Entrate - Venezia; Agenzia delle Entrate - Roma, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distr.le Venezia, domiciliata in Venezia, San Marco, 63;

nei confronti di

A. V. S.r.l.;

per l'annullamento

del decreto direttoriale prot. 568 del 27 novembre 2013 con il quale l'ATER intimata ha determinato di revocare l'aggiudicazione provvisoria inizialmente disposta nei confronti della ricorrente all'esito delle operazioni di gara relative alla procedura aperta denominata “Gara n. 2913/9003 per l'appalto di lavori di riqualificazione energetica di n. 2 edifici con 12 più 2 alloggi in Comune di Venezia, loc. Favaro Veneto, Via Indri n. 6 - POR 2007-2013 del Veneto con concorso di risorse comunitarie del FESR.PEI N. 637.0”; di procedere alla escussione versata dalla ricorrente; dell’aggiudicazione definitiva a favore della controinteressata.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di ATER della Prov di Venezia - Ater Venezia e di Agenzia delle Entrate - Roma;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 luglio 2014 il dott. Roberto Vitanza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La Stazione appaltante ha revocato l’aggiudicazione provvisoria, già disposta a favore della ricorrente e relativa alla gara per l'appalto di lavori di riqualificazione energetica di n. 2 edifici con 12 più 2 alloggi in Comune di Venezia, loc. Favaro Veneto, Via Indri n. 6, perché, in sede di verifica, la stessa non è risultata in possesso della prevista regolarità fiscale.

Preliminarmente il Collegio deve scrutinare l’eccezione di tardività sollevata dalla resistente.

Non è oggetto di contestazione il fatto che la comunicazione, circa la revoca dell’aggiudicazione provvisoria alla ricorrente, è stata inviata via PEC al domicilio dei difensori della ricorrente.

Sostiene la resistente che tale comunicazione equivale, a tutti gli effetti, a quella prevista dall’art. 79 del codice dei contratti (D.Lgs. n. 163/2006), atteso che, nel procedimento attivato per l’annullamento in autotutela del provvedimento contestato, la ricorrente ha indicato di eleggere domicilio presso il proprio legale, ed a quell’indirizzo è stata trasmessa la citata PEC di revoca dell’aggiudicazione provvisoria.

Osserva il Collegio.

L’art. 79 cit. consente, alla Stazione appaltante, l’utilizzazione di una pluralità di mezzi per comunicare l’esito della gara al concorrente, compreso quello mediante posta elettronica certificata.

Tali modalità richiedono, comunque, l’osservanza delle precauzioni previste dalla legge.

Giova ricordare che, con il terzo correttivo al codice dei contratti (D.Lgs. 20 marzo 2010, n. 53), il legislatore ha inteso precisare, in ossequio ai principi comunitari di cui alla direttiva 2007/66/CE, le forme ed il contenuto della prevista comunicazione che la Stazione appaltante deve partecipare a ciascun concorrente circa l’esito della gara.

In particolare il comma 5 bis dell’art. 79 cit. statuisce che l’utilizzazione della PEC deve essere espressamente autorizzata dal concorrente e deve essere indirizzata : “… al domicilio eletto o all’indirizzo di posta elettronica o al numero di fax indicato dal destinatario in sede di candidatura o di offerta…”.

Quindi la Stazione appaltante ha l’onere di partecipare le comunicazioni inerenti la gara all’indirizzo indicato dal concorrente negli atti prodromici alla gara, ossia nella domanda di partecipazione, ovvero nell’offerta.

Ogni successiva modificazione dell’originario indirizzo indicato dal concorrente, proprio per garantire la stessa Stazione appaltante, non esime la stessa dal provvedere alle previste comunicazioni in via prioritaria proprio all’indirizzo indicato in sede di domanda o di offerta (cfr., anche prima della novella : TAR Lazio, sez. III bis, 16 gennaio 2008, n.238).

Nel caso di specie, pertanto, l’indicazione del domicilio presso il difensore, svolto dalla ricorrente ed afferente ad una peculiare fase procedimentale, non può certo sostituire le indicazioni fornite in sede di domanda di partecipazione alla gara.

E’ a tale indirizzi che la Stazione appaltante deve far riferimento per tutte le comunicazioni afferenti agli esiti della gara.

Pertanto, atteso che la comunicazione alla ricorrente risulta effettuata, all’indirizzo indicato nella domanda di partecipazione, il giorno 5 dicembre 2013 (doc. 2 del foliario di parte), il ricorso risulta introdotto tempestivamente e l’eccezione deve essere respinta.

Nel merito.

Preliminarmente il ricorrente eccepisce la nullità della cartella esattoriale, che ha quantificato il suo debito con l’erario, perchè la stessa è stata comunicata direttamente dall’agente della riscossione e non già notificata da uno dei soggetti abilitati.

E’ utile ricordare che la cartella un atto unilaterale recettizio, così che la sua notifica ha la funzione di perfezionarne l'esistenza giuridica.

Infatti, l’art. 26 del D.P.R. 602/1973 al primo comma recita: “la cartella è notificata dagli ufficiali della riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale la notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento; in tal caso, la cartella è notificata in plico chiuso e la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da una delle persone previste dal secondo comma o dal portiere dello stabile dove è l'abitazione, l'ufficio o l'azienda”.

La giurisprudenza di merito e, in particolar modo, le decisioni delle commissioni tributarie condividono tale orientamento.

Scrive la Commissione Tributaria di Roma in un suo recentissimo arresto: “… L'interpretazione data dalla società equitalia e/o dall'amministrazione finanziaria ovvero che l'art. 26 del dpr 602/73 legittima la società ad eseguire le notifiche tramite il servizio postale non è fondata in quanto quella locuzione non deve essere estrapolata dal contesto in cui è inserita ovvero la lettura ed interpretazione del citato art. 26 deve effettuarsi in modo unitariamente logico ovvero che gli ufficiali della riscossione e gli altri soggetti abilitati eseguono la notifica delle cartelle anche avvalendosi del servizio postale e non solo nelle forme disciplinate dal c.p.c. conseguentemente la notifica a mezzo del servizio postale eseguita direttamente dall'agente della riscossione è nulla e priva di efficacia giuridica” (Commissione Tributaria Provinciale Roma: 13 giugno 2013, n. 247).

Pertanto la partecipazione della cartella esattoriale in difformità alle indicate prescrizioni, come nel caso di specie, è priva di effetti giuridici.

Ebbene tale evenienza assume dirimente valenza ai fini della conoscenza e del perfezionamento della asserita irregolarità fiscale del ricorrente, atteso che il rilevato vizio di notifica dell’atto in questione ha compromesso l’iter procedurale di partecipazione della richiesta economica avanzata con la cartella esattoriale comportando, così, la nullità della stessa.

Ritiene, poi, lo stesso ricorrente che la nullità della cartella esattoriale si è estesa anche al documento di regolarità fiscale, secondo il principio: vitiantur et vitiant, determinandone, così, la sua conseguente nullità sotto diversi profili, anche e prioritariamente per il difetto della definitività dell’accertamento fiscale, così come richiesto dall’art. 38 del codice dei contratti.

Il rilievo è fondato.

La questione relativa alla regolarità contributiva o D.U.R.C. deve essere esattamente scrutinata nei suoi diversificati aspetti.

E’ noto l’insegnamento della Plenaria circa la verifica della regolarità contributiva delle imprese partecipanti alle procedure di gara per l’aggiudicazione di appalti con la pubblica amministrazione, questione questa demandata, in via esclusiva agli istituti di previdenza: “… le cui certificazioni (D.U.R.C.) si impongono alle stazioni appaltanti che non possono sindacarne il contenuto…” (Cons. St. Ad. Pl., 4 maggio 2012, n. 8).

Nondimeno, assume una autonoma e singolare rilevanza il giudizio relativo alla definitività della irregolarità.

L’art. 5 del D.M. del Ministero del Lavoro e previdenza sociale del 24 ottobre 2007 enumera i casi di regolarità contributiva in relazione ai quali è consentito il rilascio del documento.

L’art.7 del citato D.M., al comma 3, obbliga l’ente previdenziale ad invitare l’impresa a regolarizzare la propria posizione in caso di “mancanza dei requisiti di cui all’art. 5”.

L’invito alla regolarizzazione è stato quindi recepito a livello di legislazione primaria, con l’art. 31, comma 8 D.L. 21 giugno 2013 n. 69 (“Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia”, conv. con L. n. 98/2013).

La riferita la norma primaria costituisce la conferma di un preciso indirizzo di politica legislativa volto a favorire la massima partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici.

In altre parole il legislatore ha inteso evitare ogni automatismo nella certificazione della situazione debitoria fiscale dell’interessato escludendo quelle evenienze in cui non sia certo il debito perché non definitivamente accertato e/o non contestato dal destinatario.

In mancanza di tali riferiti e definitivi accertamenti la P.A. ha il dovere di attivare una procedura dialettica che consenta all’interessato di conoscere preventivamente il debito e le eventuali irregolarità fiscali e, nel termine di quindici giorni, di poter reagire giudizialmente, ovvero, di provvedere al pagamento immediato, ovvero rateizzato.

Il Collegio non ignora che una parte della giurisprudenza ha sostenuto una diversa e più rigorosa interpretazione della norma per ultimo indicata, nel senso che ciò che conta, ai fini della puntuale e corretta partecipazione alla gara, è la reale ed obiettiva situazione di regolarità contributiva esistente al momento della domanda e per tutto il corso della gara (TAR Catania, sez. II, 23 aprile 2014, n.1521).

Di contro non può sottacersi che sulla questione esiste un diverso orientamento giurisprudenziale, condiviso anche da questo Tribunale (sentenza n. 486/2014), che il Collegio ritiene più aderente allo spirito ed alla lettera della legge citata, in cui le sanzioni connesse alla rilevata irregolarità contributiva si collegano a fattori obiettivi di conoscenza ed alla definizione della situazione relativa al pagamento dei dovuti oneri contributivi (Cons. St., sez. V, 26 agosto 2014, n. 6064, che conferma TAR Puglia- Bari, 569/2014).

Pertanto, la Stazione appaltante avrebbe dovuto procedere ad accertare in via autonoma e nei termini sopra riportati, la sussistenza di una definitiva irregolarità del rapporto previdenziale.

Consta dagli atti, invece, che la parte resistente si è limitata ad una mera presa d’atto di irregolarità meramente formali e non definitive, senza accertare, in contradditorio con la ricorrente, la sussistenza di una consapevole volontà di sottrarsi al pagamento degli oneri contributivi.

Per cui il ricorso deve essere accolto ed annullato provvedimento censurato.

Nondimeno, consta che, nelle more, il lavoro è stato già assegnato ed in gran parte eseguito, per cui la mancata dichiarazione di inefficacia del contratto comporta, a mente dell’art. 124 cpa, il conseguente risarcimento del danno per equivalente, subito e provato, dal ricorrente.

Ritiene il Collegio che nella presente vicenda la quantificazione del nocumento richiesto vada individuata dalla stessa resistente nei termini di cui all’art. 34, comma 4 del cpa.

In particolare il debitore dovrà attenersi ai seguenti criteri.

Il danno risarcibile dovrà riguardare unicamente i pregiudizi direttamente sofferti e connessi con i lavori non eseguiti adeguatamente e rigorosamente documentati nella loro necessaria funzionalità e con riferimento a quelli patiti e sussistenti al momento di esclusione della ricorrente.

Con riferimento al mancato guadagno il ricorrente dovrà poi dimostrare e documentare analiticamente l’utile di impresa che avrebbe ricavato al netto dei ribassi offerti.

A tale importo, dovrà, poi, essere sottratta la percentuale, che equitativamente si individua nel 10%, da computarsi al mancato rischio di impresa.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui in motivazione.

Condanna la parte resistente al pagamento delle spese di lite per complessivi euro 2.000,00 (duemila), oltre IVA e CPA, nonché alla rifusione del contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del T.U. approvato con D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, e successive modifiche.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 10 luglio 2014 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Bruno Amoroso, Presidente

Enrico Mattei, Referendario

Roberto Vitanza, Referendario, Estensore