Tar Lombardia, Milano, Sez. III, sentenza 4 aprile 2014, n. 891

Tar Lombardia, Milano, sez III, sentenza 4 aprile 2014, n. 891

Presidente Leo; Estensore Mameli

 

“Nelle controversie riguardanti gare di appalto, la legittimazione al ricorso è correlata ad una situazione differenziata e meritevole di tutela per effetto della partecipazione alla stessa procedura oggetto di contestazione: non è legittimato a chiedere l'annullamento dell’aggiudicazione definitiva chi volontariamente si è astenuto dal partecipare ad una gara,  ancorché vanti un interesse di fatto a che la stessa venga nuovamente bandita (salvo esclusivamente ove si contesti in radice l'indizione della gara o la mancanza di una gara dovuta ad un affidamento in via diretta del contratto, ovvero si impugnino direttamente le clausole del bando assumendo che le stesse siano immediatamente escludenti)”.

 

 

 

 

 

INDICE

1. Legittimazione ed interesse a ricorrere in una procedura ad evidenza pubblica

2. Mancata partecipazione alla gara e conseguenze applicative.

3. Conclusioni

 

La mancata partecipazione alla gara rende indifferenziata e non qualificata la pretesa della ricorrente all’aggiudicazione. Al di fuori delle ipotesi tassativamente enucleate dalla giurisprudenza, riguardanti l’impugnazione immediata del bando di gara senza la previa domanda di partecipazione, pertanto, la legittimazione al ricorso, nelle controversie riguardanti l’affidamento dei contratti pubblici, spetta esclusivamente ai soggetti i quali abbiano partecipato alla gara, poiché solamente attraverso la partecipazione alla gara il ricorrente addiviene alla titolarità  di una posizione sostanziale differenziata e meritevole di tutela

 

 

 

1.      Legittimazione ed interesse a ricorrere in una procedura ad evidenza pubblica

 

Nell’ambito del processo amministrativo, tradizionalmente la dottrina e la giurisprudenza richiamano, come condizioni generali per l’azione, la legittimazione a ricorrere e l’interesse a ricorrere in capo a chi promuove il giudizio. Il giudice, dopo aver verificato la valida instaurazione del processo, deve accertare, infatti, la sussistenza dei suddetti requisiti al fine di poter poi procedere all’esame del merito della domanda.

Sulle nozioni di interesse ad agire e legittimazione ad agire la dottrina e la giurisprudenza amministrativa hanno elaborato una posizione (diversa da quella processual-civilistica) oramai divenuta tradizionale, cui è opportuno fare riferimento ai fini dell’odierna trattazione.

La legittimazione a ricorrere è ricondotta alla titolarità di posizioni di interesse qualificato, come l’interesse legittimo (ma anche il diritto soggettivo nel caso di giurisdizione esclusiva)[1]: la giurisprudenza amministrativa, a riguardo, ha sottolineato la necessità dell’ effettiva titolarità di tali posizioni, necessarie ai fini del ricorso, non bastando la semplice affermazione della titolarità dell’interesse legittimo o del diritto soggettivo. Pertanto, il giudice amministrativo, quando accerta che il ricorrente non è titolare di tale posizione qualificata, dichiara il ricorso inammissibile.

La pronuncia di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione a ricorrere, in questo modo, comporta un accertamento negativo di una posizione soggettiva di ordine sostanziale: pertanto non è qualificabile semplicemente come una pronuncia di rito, come potrebbe apparire al primo impatto dal momento che statuisce circa le condizioni dell’azione; a considerazioni analoghe si può giungere, a ben vedere, anche per la pronuncia di inammissibilità per difetto di interesse.

Riallacciandosi a quest’ultima affermazione, viene in risalto l’altra condizione dell’azione, oltre alla legittimazione, ossia l’interesse a ricorrere. Richiamandosi al principio sancito dall’art. 100 c.p.c., la giurisprudenza amministrativa identifica, come condizione generale per l’azione, un interesse a ricorrere, inteso come interesse proprio del ricorrente al conseguimento di un vantaggio, materiale ovvero morale, o di un’utilità attraverso il processo amministrativo[2] e non come la semplice idoneità dell’azione a realizzare i fini perseguiti. Mentre nel processo civile l’interesse ad agire rimane generalmente in secondo piano, secondo il Consiglio di Stato l’interesse a ricorrere assume sempre una rilevanza concreta, con la conseguenza che, in alcune ipotesi, pur essendo configurabile un interesse legittimo, non sarebbe assicurata la tutela giurisdizionale per mancanza dell’interesse a ricorrere (il caso di scuola è quello della graduatoria concorsuale la cui legittimità sia contestata per l’erronea attribuzione di un punteggio inferiore al ricorrente: il ricorso sarà ammissibile solo qualora il candidato dimostri che l’attribuzione del giusto punteggio lo collocherebbe in una posizione utile per la vittoria del concorso, altrimenti sarà inammissibile per carenza di interesse a ricorrere).

Il risultato utile che il ricorrente deve dimostrare, ai fini della sussistenza dell’interesse a ricorrere, non si identifica con la semplice garanzia dell’interesse legittimo, poiché, come nell’esempio visto, può accadere che, nonostante la lesione dell’interesse legittimo, il ricorso sia inammissibile per carenza di interesse a ricorrere. Nell’esempio della graduatoria concorsuale, la posizione di vantaggio è costituita dalla prospettiva dell’esito vittorioso per il ricorrente, ma in altri casi, come in quello prospettato dall’impugnazione da parte di A. S. Spa dell’aggiudicazione definitiva dell’appalto di servizi, potrebbe anche essere costituita dalla ripetizione della procedura di evidenza pubblica, qualora ciò fosse compatibile con un esito positivo per il ricorrente (c.d. interesse strumentale) Un risultato utile, per il ricorrente, potrebbe essere anche soltanto il ripristino della possibilità di ottenere il bene a cui aspira, ossia l’aggiudicazione dell’appalto. Tuttavia, il problema di fondo, che fra breve verrà analizzato sulla base degli orientamenti formatisi in giurisprudenza, è dato dal fatto che la ricorrente A. S. Spa non ha partecipato alla procedura di gara, non avendo nemmeno presentato domanda di partecipazione. In tal caso, la posizione della ricorrente coinciderebbe con quella di un qualunque altro operatore di settore, il quale, non avendo partecipato alla gara, sia portatore di un mero interesse di fatto, in quanto tale non tutelabile in sede giurisdizionale. L’importanza della questione è tale da non poter tralasciare una più approfondita analisi circa l’istituto dell’interesse a ricorrere.

L’interesse a ricorrere deve permanere fino al momento della decisione del ricorso e condiziona l’esercizio dell’azione in ogni momento[3]: pertanto, se nel corso del giudizio si verifica un mutamento della situazione di fatto o di diritto tale da escludere che l’accoglimento del ricorso possa recare una qualche utilità al ricorrente, il ricorso viene dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, in base al disposto del comma 1 dell’art. 35 c.p.a[4].

A riguardo, va precisato che, secondo l’art. 34 comma 3 c.p.a., ai fini della tutela risarcitoria del ricorrente, permane l’interesse alla decisione volta all’accertamento dell’illegittimità del provvedimento a fini risarcitori.

In dottrina è poi sorta la questione circa la linea di demarcazione tra l’interesse a ricorrere e l’interesse legittimo[5]: da un lato, una corrente minoritaria ha assimilato le due figure (prospettando una rilevanza solo processuale dell’interesse legittimo, ovvero ritenendo che l’interesse legittimo non sia qualificato da una norma di diritto sostanziale, ma debba esser semplicemente differenziato) ed ha addirittura ricondotto l’interesse a ricorrere nella più ampia figura di interesse legittimo. Quest’ultima tesi intende l’interesse legittimo come posizione di vantaggio che ricomprende, come proprio “bene della vita”, l’ottenimento del risultato utile che tradizionalmente viene risolto nell’interesse a ricorrere. Di conseguenza, seguendo quest’impostazione, la carenza di interesse, che determina l’inammissibilità del ricorso,  sarebbe causata dalla mancanza di interesse legittimo, ovvero dal fatto che la lesione dell’interesse legittimo non si sia ancora verificata.

In dottrina ed in giurisprudenza è tuttavia prevalsa la tesi opposta, volta a distinguere l’interesse a ricorrere dall’interesse legittimo[6].

La rilevanza dell’interesse a ricorrere richiede un’attenzione particolare ai fini della presentazione del ricorso. In tema di bando di gara, ad esempio, la giurisprudenza sostiene che, se il bando contiene criteri per la valutazione delle offerte che sono sfavorevoli per un concorrente, quest’ultimo può impugnare il bando solo nel momento in cui sia possibile verificare se i criteri del bando lo abbiano concretamente penalizzato, impedendogli di vincere la gara, ossia dopo l’aggiudicazione (infatti, se alla gara non partecipassero altri concorrenti, egli potrebbe essere aggiudicatario indipendentemente dai criteri sfavorevoli contenuti nel bando). Tuttavia, una situazione siffatta sottintende la partecipazione del ricorrente alla procedura selettiva; nel caso in esame, invece, la ricorrente A. S. Spa non ha partecipato alla gara per l’affidamento del servizio: pertanto, anche secondo questa impostazione giurisprudenziale, essa non sarebbe legittimata ad impugnare l’aggiudicazione definitiva.

Diverso, invece, sarebbe stato il caso (oggetto di analisi in seguito) in cui la A. S. Spa avesse  impugnato non l’aggiudicazione definitiva, bensì il bando di gara: in quel caso, l’interesse a ricorrere avrebbe avuto senz’altro il carattere dell’attualità, qualora il bando avesse precluso direttamente la sua partecipazione alla gara (richiedendo, ad esempio, requisiti di cui la Spa non fosse in possesso). In tal caso, comunque, secondo quanto statuito dal Consiglio di Stato con l’Adunanza Plenaria n. 1/2003, il ricorrente avrebbe dovuto immediatamente impugnare il bando di gara.

Con sentenza n. 4 del 7 aprile 2011 l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato si è pronunciata sulle questioni relative alla sussistenza, in capo ad ogni impresa partecipante ad una procedura, di un interesse alla rinnovazione della gara; inoltre, ha fornito importanti disquisizioni circa la legittimazione ad agire e l’interesse ad agire.

Con ordinanza 18 gennaio 2011 n. 351, la Sesta Sezione del Consiglio di Stato aveva devoluto all’Adunanza plenaria numerosi quesiti riguardanti, da un lato, l’ordine di esame del ricorso principale e del ricorso incidentale, nelle controversie relative a gare di appalto, nell’ipotesi in cui tutti i concorrenti avessero contestato – in via principale ed incidentale – la procedura, rivedendo l’indirizzo interpretativo già espresso nella decisione dell’Adunanza plenaria 10 novembre 2008 n. 11; dall’altro, la precisazione dell’onere di impugnazione immediata del bando di gara e la legittimazione all’impugnazione del bando.

L’Adunanza plenaria, infatti, afferma di “dovere attentamente rimeditare” le conclusioni alle quali è pervenuta con la pronuncia n. 11 del 2008, anche se per ragioni parzialmente difformi rispetto a quelle esposte nell’ordinanza di rinvio. Essa, infatti, non rinnega le premesse sistematiche di tale pronuncia, in quanto espressione di principi cardine del giudizio amministrativo, come l’imparzialità del giudice e la parità delle parti. Allo stesso modo, secondo l’Adunanza plenaria viene ribadita la necessaria tutela dell’interesse strumentale, in quanto collegato ad una posizione giuridica attiva, protetta dall’ordinamento e finalizzata al rinnovo dell’attività amministrativa[7].

Ai fini dell’odierna trattazione, è opportuna analizzare alcuni punti fermi della sentenza n. 4 del 2011: “a) l’esame delle questioni preliminari deve sempre precedere la valutazione del merito della domanda formulata dall’attore; b) il vaglio delle condizioni e dei presupposti dell’azione, comprensivo dell’accertamento della legittimazione ad agire e dell’interesse al ricorso, deve essere saldamente inquadrato nell’ambito delle questioni pregiudiziali; c) il ricorso incidentale costituisce uno strumento perfettamente idoneo ad introdurre, nel giudizio, una questione di carattere pregiudiziale rispetto al merito della domanda; d) la nozione di interesse strumentale non identifica un’autonoma posizione giuridica soggettiva, ma indica il rapporto di utilità tra l’accertata legittimazione al ricorso e la domanda formulata dall’attore; e) salve puntuali eccezioni, individuate in coerenza con il diritto comunitario, la legittimazione al ricorso, in materia di affidamento di contratti pubblici, spetta solo al soggetto che ha legittimamente partecipato alla procedura selettiva“.

Secondo il Consiglio di Stato, è necessario definire il giudizio in prima analisi dall’esame delle questioni preliminari, in ossequio ad  un principio generale desumibile dall’art. 276 c.p.c., in quanto tale applicabile al processo amministrativo anche prima dell’entrata in vigore del codice. Ciò a riprova anche del concetto di pregiudizialità logica, che impone la verifica della legittimazione alla proposizione del ricorso.

Rispetto a tale verifica, si deduce come anche quando la questione venga prospettata in  un ricorso incidentale, al fine di contestare la legittimazione al ricorso principale, il suo esame assume carattere necessariamente pregiudiziale: qualora il giudice ne accerti la   fondatezza, egli escluderà l’esame del merito delle domande proposte dal ricorrente. In sostanza, in base al “rapporto di priorità logica nell’ordine di decisione della controversia delle questioni prospettate dalle parti” è necessario che il G. A. statuisca con precedenza su ogni altra questione sollevata circa le eccezioni suscettibili di precludere l’esame del ricorso principale.

Per inquadrare correttamente la questione dei presupposti in presenza dei quali un soggetto possa validamente proporre ricorso contro gli atti di gara, il Consiglio di Stato premette un’affermazione di carattere generale, secondo cui “deve essere tenuta rigorosamente ferma la netta distinzione tra la titolarità di una posizione sostanziale differenziata che abilita un determinato soggetto all’esercizio dell’azione (legittimazione al ricorso) e l’utilità ricavabile dall’accoglimento della domanda di annullamento (interesse al ricorso)” e, ciò, a prescindere dal carattere “finale” o “strumentale” di tale vantaggio.

Per il Consiglio di Stato “la legittimazione al ricorso presuppone il riconoscimento della esistenza di una situazione giuridica attiva, protetta dall’ordinamento, riferita ad un bene della vita oggetto della funzione svolta dall’amministrazione o da un soggetto ad essa equiparato“, con la conseguenza che la mera possibilità di conseguire una “qualche utilità pratica, indiretta ed eventuale” non vale ad integrare gli estremi della legittimazione: in questo senso, l’Adunanza plenaria rivede il proprio precedente orientamento espresso nella decisione n. 11/2008, secondo la quale andrebbe comunque esaminato, nel merito, il ricorso principale, nonostante l’accertata fondatezza del ricorso incidentale in considerazione dell’utilità pratica derivante, per il ricorrente stesso, dalla caducazione dell’intero procedimento. L’interesse alla rinnovazione della gara si rivela insufficiente a dimostrare la titolarità di una posizione giuridica differenziata – e quindi meritevole di tutela processuale – rispetto a quella che potrebbe vantare qualsiasi operatore del settore, che aspiri a partecipare ad una gara che l’Amministrazione in futuro indirà. Il Consiglio di Stato non dimentica di precisare come in materia di contenzioso su procedure ad evidenza pubblica la descritta regola generale conosce alcune deroghe, riconoscendo legittimazione in capo al soggetto che: a) contrasta la scelta della stazione appaltante di indire la procedura; b) in quanto operatore economico “di settore”, intende contestare un “affidamento diretto” o senza gara; c) impugna una clausola del bando immediatamente lesiva.

In base a quanto stabilito dalla Plenaria, “al di fuori delle ipotesi tassativamente enucleate dalla giurisprudenza, pertanto, deve restare fermo il principio secondo il quale la legittimazione al ricorso, nelle controversie riguardanti l’affidamento dei contratti pubblici, spetti esclusivamente ai soggetti partecipanti alla gara, poiché solo tale qualità si connette all’attribuzione di una posizione sostanziale differenziata e meritevole di tutela“. Tale conclusione non esaurisce però la questione controversa, in quanto resta da definire il problema riguardante i caratteri che deve assumere la partecipazione alla gara, ai fini del riconoscimento della legittimazione al ricorso.

A questo proposito, l’Adunanza plenaria  rileva come “la mera partecipazione (di fatto) alla gara non è sufficiente per attribuire la legittimazione al ricorso” occorrendo piuttosto che il soggetto ricorrente non sia stato escluso dalla gara con provvedimento (amministrativo o giurisdizionale) definitivo, ovvero sia stato ammesso in virtù di un atto illegittimo, contestato (anche) tramite ricorso incidentale. In altri termini, l’Adunanza Plenaria mostra di non condividere “né  l’orientamento «estremo», sostenuto da una parte della giurisprudenza, secondo la quale persino il concorrente definitivamente escluso sarebbe legittimato a proporre una domanda di annullamento dell’intera procedurané l’indirizzo più «moderato», secondo cui la legittimazione al ricorso, pur non spettando al ricorrente legittimamente escluso, andrebbe riconosciuta in capo al ricorrente comunque ammesso alla gara, sebbene in modo illegittimo“.

 

 

2.      Mancata partecipazione alla gara e conseguenze applicative

 

In dottrina ed in giurisprudenza è sorto il dibattito, rilevante ai fini della trattazione in esame, circa la sussistenza dell’interesse a ricorrere in capo a chi, sebbene non abbia presentato domanda di partecipazione ad una procedura di gara, intenda impugnare il bando di gara nella parte in cui ne escluda la partecipazione. Si tratta, dunque, di un caso diverso rispetto a quello oggetto di esame da parte del Tar Lombardia, l’analisi del quale può tuttavia essere rilevante al fine dell’accertamento della legittimazione o meno in capo ad A. S. Spa di impugnare l’aggiudicazione definitiva.

La giurisprudenza, a riguardo, ha formulato due tesi.

Secondo un primo orientamento[8], non sussiste l’interesse ad impugnare gli atti della  procedura di gara o di concorso in capo al soggetto che non ha presentato domanda di partecipazione, dal momento che la sola presentazione della domanda di partecipazione alla procedura selettiva è idonea a radicare un interesse qualificato e differenziato del ricorrente.

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di stato, 29 gennaio 2003, n.1, ha suffragato la tesi in esame, affermando che è necessaria la presentazione della domanda di partecipazione alla gara o alla procedura concorsuale ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione immediata delle clausole lesive del bando.. La Plenaria ha quindi evidenziato l’interesse concreto all’impugnazione del soggetto che ha provveduto alla presentazione la domanda; quest’ultima costituisce, pertanto, la chiave di volta che ne differenzia e ne qualifica l’interesse rispetto agli altri operatori di settore.

Successivamente, tuttavia, la giurisprudenza amministrativa si è discostata dall’orientamento innanzi esposto. Secondo il Consiglio di Stato, infatti, l’interesse sostanziale e processuale all’impugnazione del bando non viene meno in caso di mancata presentazione della domanda di ammissione alla procedura di gara, quando, a prescindere dalla domanda, l’impresa verrebbe comunque esclusa, non trovandosi nelle condizioni richieste tassativamente dal bando[9].

Evidentemente, presentando comunque la domanda di partecipazione, l’impresa che intenda censurare una clausola escludente del bando assolverebbe ad un mero adempimento formale (essa infatti verrebbe ugualmente esclusa), che in quanto tale non può costituire un valido presupposto per l’impugnazione.

A riprova di quanto affermato si sottolinea che la tesi che sostiene l’onere/obbligo di presentazione della domanda di partecipazione “contrasta con la piena esplicazione del diritto alla difesa (art. 24 Cost.) e della libertà dell’iniziativa economica privata (art. 41 Cost.), con il principio comunitario di concorrenza e, soprattutto, con il principio generale, desumibile dalla L. 241/1990, del non aggravamento del procedimento amministrativo e della economicità dei mezzi giuridici”[10].

Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 4059 della quinta sezione datata 25 agosto 2008, ha aderito alla seconda tesi. Infatti, da un lato ha ribadito che è necessaria la partecipazione alla procedura di gara ai fini della legittimazione a ricorrere avverso l’atto di aggiudicazione definitiva dell’appalto; dall’altro, ha sostenuto che, ai fini dell’impugnazione del bando di gara (giammai dell’aggiudicazione definitiva), vi sono casi in cui la mancata partecipazione alla gara non delegittima l’impresa ad impugnare il bando.

Emerge, dunque, con chiarezza il quadro giurisprudenziale in cui la sentenza del Tar Lombardia si è venuta ad inserire.

Seguendo questo consolidato indirizzo ermeneutico, infatti, il Tar ha rilevato la mancanza di legittimazione processuale in capo all’impresa ricorrente, in quanto non partecipante alla procedura di evidenza pubblica. Ma andiamo con ordine ed analizziamo più a fondo la pronuncia n. 4059/2008 del Consiglio di Stato, molto importante ai fini della statuizione in esame del Tar Lombardia.

Nelle sentenza n. 4059/2008 della quinta sezione, si legge che :”7. L'appellante contesta la sentenza di accoglimento del tribunale, affermando, in primo luogo, l'inammissibilità del ricorso di primo grado, proposto da un soggetto che non ha partecipato alla procedura selettiva e, pertanto, è privo della legittimazione ad impugnare i risultati della gara, in relazione a vizi propri della procedura di valutazione delle offerte.

8. Secondo il tribunale, "l'eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse a ricorrere non può essere condivisa perché l'annullamento giurisdizionale avuto di mira dal ricorrente conferisce attualità all'interesse a partecipare ad un gara rinnovata che fonda la presente iniziativa giurisdizionale."

9. La tesi del tribunale non è condivisibile.

10. La Sezione non ha motivo di discostarsi dal proprio costante indirizzo interpretativo, in forza del quale la partecipazione a una procedura selettiva costituisce la condizione necessaria per radicare l'interesse a ricorrere contro i provvedimenti conclusivi della relativa procedura.

11. Solo la partecipazione alla gara evidenzia un interesse specifico e differenziato a contestare le modalità di svolgimento della procedura, con riguardo alla legittimità della valutazione delle offerte e alla correttezza delle operazioni selettive.

12. Sono ipotizzabili solo alcuni casi, eccezionali, in cui la partecipazione alla gara non costituisce requisito di legittimazione. Si tratta, essenzialmente, dell'ipotesi in cui il ricorrente lamenta proprio la violazione delle regole di pubblicità del bando, tali da impedire la partecipazione, oppure del caso in cui l'interessato contesti, in radice, la stessa decisione dell'amministrazione di indire la gara.

13. Inoltre, secondo un recente orientamento interpretativo, peraltro non ancora consolidato, il ricorso proposto da chi non abbia presentato domanda di partecipazione alla gara è ammissibile nei casi in cui si contesti una clausola che impedisce la partecipazione di determinate categorie di soggetti. Si intende, comunque, che, in tali eventualità, il ricorso deve essere tempestivamente proposto contro il bando di gara o di concorso e non contro l'atto conclusivo della procedura selettiva.

14. La fattispecie oggetto del presente giudizio non riguarda alcune delle ipotesi derogatorie indicate dalla giurisprudenza: il requisito della partecipazione alla gara rappresenta, pertanto, condizione indispensabile, in concreto, per radicare la legittimazione al ricorso.

16. È evidente che tale censura investe proprio l'attività di valutazione della commissione di gara e attiene alla legittimità delle operazioni effettuate. Dunque, la legittimazione al ricorso postula la dimostrazione di un interesse differenziato, necessariamente collegato alla presenza della ricorrente nella procedura selettiva in contestazione.

17. È appena il caso di aggiungere che la carenza della legittimazione al ricorso non può essere colmata mediante il riferimento alla affermata sussistenza di un interesse (materiale) all'annullamento della procedura e al suo eventuale rinnovo.

18. In tal modo, infatti, si confonde il requisito della legittimazione al ricorso con quello dell'interesse al ricorso.

19. È anche possibile affermare che la ricorrente di primo grado potrebbe ottenere un'utilità strumentale dall'annullamento integrale del procedimento. Ma tale circostanza, da sola, non è sufficiente per dimostrare la legittimazione al ricorso”.

Nella sentenza si evidenzia come, in taluni casi eccezionali (quando il ricorrente lamenta la violazione delle regole di pubblicità del bando, tali da impedire la partecipazione; quando si contesti la decisione dell’amministrazione di indire la gara, ovvero si contesti  una clausola che impedisce la partecipazione di determinate categorie di soggetti), la partecipazione alla gara non costituisce requisito di legittimazione all’impugnazione.

Tuttavia, tali eccezioni rientrano sempre nell’alveo  dell’impugnazione del bando di gara e non operano per l’impugnazione dell’aggiudicazione dell’appalto.

La condizione necessaria per radicare l’interesse a ricorrere contro i provvedimenti conclusivi della procedura di gara, secondo quanto affermato nella sentenza n. 4059/2008, è data dalla partecipazione alla procedura stessa, da cui scaturisce la sussistenza un interesse specifico e differenziato a contestare le modalità di svolgimento della gara, sfavorevoli per il ricorrente.

Ulteriore conferma dell’ormai costante indirizzo giurisprudenziale viene da un’altra sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 23 ottobre 2013, n. 5131.

In tale pronuncia ha come oggetto un caso analogo a quello in esame, ossia l’impugnazione dell’aggiudicazione definitiva di una gara d’appalto da parte dell’impresa (gestore uscente del servizio) che non ha partecipato alla gara; inoltre, opera una sintesi del precedente indirizzo giurisprudenziale fin qui richiamato, sia riguardo alla legittimazione all’impugnazione immediata del bando di gara, sia riguardo alla legittimazione ad agire avverso l’aggiudicazione definitiva.

Nella sentenza n. 5131/2013, il Consiglio di Stato sottolinea come “In materia di controversie aventi ad oggetto gare di appalto, il tema della legittimazione al ricorso (o titolo) è declinato nel senso che tale legittimazione deve essere correlata ad una situazione differenziata e dunque meritevole di tutela, in modo certo, per effetto della partecipazione alla stessa procedura oggetto di contestazione; chi volontariamente e liberamente si è astenuto dal partecipare ad una selezione non è dunque legittimato a chiederne l'annullamento ancorché vanti un interesse di fatto a che la competizione - per lui res inter alios acta - venga nuovamente bandita; a tale regola generale si può fare eccezione solamente in tre tassative ipotesi e cioè quando si contesti in radice l'indizione della gara; all'inverso, si contesti che una gara sia mancata, avendo l'amministrazione disposto l'affidamento in via diretta del contratto; si impugnino direttamente le clausole del bando assumendo che le stesse siano immediatamente escludenti (circostanza quest'ultima che non ricorre nel caso di specie)”.

Escludendo dunque la legittimazione ad impugnare in capo a chi non ha partecipato alla procedura di gara, i giudici della quinta sezione ribadiscono che “nella specie non viene in discussione, in senso proprio, la legittimazione attiva o l'interesse ad agire dell'originaria ricorrente, bensì la carenza, in capo a quest'ultima e relativamente alle censure in concreto mosse avverso i provvedimenti impugnati, di una posizione differenziata rispetto al quivis de populo, qualificabile in termini astratti come di interesse legittimo, in relazione sia alla data di proposizione del ricorso che a quella della odierna decisione; al momento della proposizione del ricorso di primo grado non era configurabile una concreta posizione differenziata della ditta ricorrente rispetto al quivis de populo perché non era stata presentata domanda di partecipazione alla gara; non ricorre alcuna delle tassative eccezioni sopra illustrate che consenta di derogare all'onere di presentazione dell'offerta”.

In particolare, il Consiglio di Stato ha ritenuto inammissibile il ricorso alla luce dei suddetti principi emersi in giurisprudenza: la legittimazione ad impugnare deve essere correlata ad una situazione differenziata e meritevole di tutela e si radica esclusivamente in capo a chi abbia partecipato alla procedura oggetto di contestazione. Di conseguenza, chi volontariamente non ha partecipato alla gara non è legittimato a chiederne l’annullamento.

La sentenza del Tar Lombardia di cui si tratta richiama in modo esplicito i principi espressi dal Consiglio di Stato, sez. V, nella sentenza n. 5131/2013, ribadendo che “nelle controversie aventi ad oggetto gare di appalto, la legittimazione al ricorso (o titolo) è correlata ad una situazione differenziata e dunque meritevole di tutela, in modo certo, per effetto della partecipazione alla stessa procedura oggetto di contestazione: chi volontariamente e liberamente si è astenuto dal partecipare ad una selezione non è legittimato a chiederne l'annullamento ancorché vanti un interesse di fatto a che la competizione - per lui res inter alios acta - venga nuovamente bandita.

Tale principio patisce eccezioni esclusivamente nel caso in cui si contesti in radice l'indizione della gara, si contesti che una gara sia mancata, avendo l'amministrazione disposto l'affidamento in via diretta del contratto ovvero si impugnino direttamente le clausole del bando assumendo che le stesse siano immediatamente escludenti”.

Né, secondo il Tar, il precedente ruolo di affidatario dell’appalto di servizi legittimerebbe la A. S. Spa ad impugnare l’aggiudicazione definitiva, pur senza aver partecipato alla gara, in quanto “è carente di una posizione differenziata rispetto al quivis de populo, qualificabile in termini astratti come di interesse legittimo, l'impresa che contesti gli atti di una gara a cui non abbia partecipato, non valendo a sostenere il contrario la posizione di precedente affidataria del servizio, considerato che tale “ruolo” si esaurisce con la scadenza del relativo contratto e non si perpetua in futuro come qualità immanente al soggetto”.

L’assunto in base al quale la legittimazione ad agire può essere sostenuta da un interesse strumentale corrispondente ad una qualche utilità pratica, indiretta ed eventuale, derivante dall’annullamento giurisdizionale è stata superata, sostiene il Tar, dall’orientamento giurisprudenziale uniforme all’arresto di cui all’Ad. Plen. n. 4/2011, in precedenza oggetto di una più approfondita analisi. Il possibile vantaggio ottenibile dalla pronuncia di annullamento non risulta affatto idoneo a determinare, da solo, il riconoscimento di una situazione differenziata, fondante la legittimazione al ricorso. In particolare, a tale fine “risulta del tutto insufficiente il riferimento a una utilità meramente ipotetica o eventuale, che richiede, per la sua compiuta realizzazione il passaggio attraverso una pluralità di fasi e di atti ricadenti nella sfera della più ampia disponibilità dell’amministrazione, come sarebbe, nel caso oggetto del presente giudizio, secondo le deduzioni di parte ricorrente, che sostanzia la propria legittimazione nell’interesse strumentale alla riedizione della gara. Tale aspettativa non si distingue da quella che potrebbe vantare qualsiasi operatore del settore, che aspiri a partecipare ad una futura selezione. La capacità di questo dato empirico di influire significativamente sulla legittimazione al ricorso risulta ulteriormente circoscritta quando l’interesse in questione non si collega in modo immediato ed evidente con un determinato bene della vita (la concreta probabilità di ottenere l’appalto), ma si atteggia come mera prospettiva della ripetizione del procedimento”.

 

 

3.      Conclusioni

 

Dopo aver approfonditamente analizzato le più rilevanti pronunce giurisprudenziali, richiamate dalla sentenza del Tar Lombardia, Milano, sez. III, n. 891/2014, circa la legittimazione ad agire avverso l’atto conclusivo di una procedura ad evidenza pubblica (Adunanza Plenaria n. 4/2011; Consiglio di Stato, sez. V, n. 4059/2008; Consiglio di Stato, sez. V, n. 5131/2013;), si può senz’altro affermare che in capo all’impresa che non abbia partecipato a gara per affidamento di appalto pubblico difetti l’interesse ad agire, in quanto non è ravvisabile alcuna utilità derivante al ricorrente dall’annullamento dell’aggiudicazione[11], non avendo lo stesso partecipato alla competizione e non potendo quindi aspirare ad ottenere l’aggiudicazione stessa; né rileva ai fini della legittimazione l’essere affidatario uscente dell’appalto in questione.

L’impresa, per tutelarsi da eventuali illegittimità nell’operato della stazione appaltante, può immediatamente impugnare il bando, ad esempio contestando l’affidamento del servizio senza gara, censurando una clausola del bando immediatamente lesiva ovvero contrastando la decisione della stazione appaltante di indire la procedura.

Qualora non si sia impugnato il bando e la procedura sia terminata, il ricorrente, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale poc’anzi analizzato, vedrà dichiarato inammissibile il proprio ricorso avverso l’aggiudicazione definitiva per difetto di legittimazione a ricorrere.

Spirato il termine per impugnare il bando, il ricorrente, dal momento che non ha preso parte alla procedura di evidenza pubblica, si ritrova nella stessa posizione di un qualunque altro operatore economico, indipendentemente dal fatto che egli abbia precedentemente ricoperto il ruolo di appaltatore del servizio.

Egli, dunque, non è legittimato ad impugnare l’aggiudicazione definitiva dell’appalto in quanto portatore di un semplice interesse di fatto, come tale non tutelabile in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria n. 4/2011).

 

 

BIBLIOGRAFIA

-         Caringella F., Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2014;

-         Casetta E., Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2011;

-         Garofoli R., Ferrari G., Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2013;

-         Picozza E., Il processo amministrativo, Milano, 2009;

-         Scoca F. G., a cura di, Diritto processuale amministrativo, Torino, 2010;

-         Travi A., Lezioni di giustizia amministrativa, Torino, 2013:

-         Villata R., Interesse ad agire (Diritto processuale amministrativo,) in Enc. Giur., Roma, 1991, vol. XXIV

 

 

[1] E. Picozza, Il processo amministrativo, II ed., Milano, 2009

[2] R. Villata, Interesse ad agire (Diritto processuale amministrativo,) in Enc. Giur., Roma, 1991, vol. XXIV

[3] R. Garofoli, G. Ferrari, Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2013

[4] F. Caringella, Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2014

[5] E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2011

[6] A. Travi, Lezioni di giustizia amministrativa, Torino, 2013

[7] E. Picozza, op. cit.

[8] Cons. St. sez. V, 20 maggio 2003, n. 2753; Id, sez. VI, 22 aprile 2002, n. 2173

[9] Cons. St., sez, V, 11 novembre 2004, n. 7341.

[10] Cons. St. sez VI, 14 giugno 2005, n. 3113; Tar Lazio, Roma, sez. III, 3 aprile 2002, n. 2693.

[11] Scoca F. G., a cura di, Diritto processuale amministrativo, Torino, 2010

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

 

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 170 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:


Asteimmobili Servizi On Line S.p.A., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giulio Brovadan e Giuseppe C. Salerno, con domicilio eletto presso lo Studio del secondo in Milano, via Massena 17;

contro

 

Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Milano, (CCIAA), in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avv. Claudio Piacentini, Alessandro Carlo Licci Marini e Laura Claudia Cipelletti, con domicilio eletto presso lo Studio del primo, in Milano, c.so Monforte 30;
Digicamere S.C.A.R.L., in persona del legale rappresentante, non costituita;

nei confronti di

Edicom Finance S.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avv. Roberto Invernizzi, con domicilio eletto presso lo Studio dello stesso in Milano, via Monti n. 41;

per l'annullamento

quanto al ricorso principale:

- del provvedimento, sconosciuto alla ricorrente, con cui è stata aggiudicata in via definitiva alla controinteressata la procedura aperta per l’affidamento del «Servizio di gestione della pubblicità, della pubblicazione sui siti internet degli avvisi d’asta e delle attività propedeutiche all’avvio del processo civile telematico» e di cui la Stazione appaltante ha provveduto a dare avviso di aggiudicazione di appalto in data 15.12.2012;
- del provvedimento o del verbale o di ogni atto o determinazione, comunque denominato, sconosciuto alla ricorrente, con cui l’offerta della controinteressata è stata ammessa in gara;
- di tutti i verbali di gara, sconosciuti alla ricorrente, nonché del provvedimento di aggiudicazione provvisoria della procedura di gara e di ogni altro atto o provvedimento, comunque denominato, sconosciuto alla ricorrente;
- degli atti, delle determinazioni, delle convenzioni o dei contratti (ove stipulati) o dei provvedimenti, comunque denominati, sconosciuti alla ricorrente e il cui accesso è stato negato ad Asteimmobili Servizi On Line S.p.A. con atto del 17.12.2012 prot. n. 119145/2012, con cui la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Milano, direttamente, ovvero tramite Digicamere Scarl, ha affidato ad Edicom Finance S.r.l. con procedura negoziata in assenza di gara (trattativa privata diretta) i servizi cd. free press locale, la rivista periodica specializzata in annunci d’asta e il cd. postal target (invio postale di singole lettere recanti la notizia di una sola asta specifica);
- della comunicazione di diniego dell’accesso agli atti di cui alla nota del 17.12.2012 prot. n. 119145/2012;

e per la condanna

della Stazione appaltante al risarcimento dei danni mediante reintegrazione in forma specifica o, in subordine, per equivalente, previa disapplicazione e/o annullamento e/o declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato con Edicom Finance S.r.l.;
quanto al ricorso per motivi aggiunti:
- della determina della CCIAA n. 1321 del 3 dicembre 2012 di aggiudicazione alla Edicom Finance S.r.l.;
- del provvedimento con cui è stata ammessa in gara l’offerta di Edicom Finance S.r.l.;
- di tutti i verbali di gara nonché del provvedimento di aggiudicazione provvisoria;
- di tutti gli atti con i quali è stato affidato alla Edicom Finance S.r.l. i servizi free press locale, la rivista periodica specializzata in annunci d’asta e il cd. postal target;
- della comunicazione di diniego dell’accesso agli atti di cui alla nota del 17 dicembre 2012.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Milano e della controinteressata Edicom Finance S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 marzo 2014 la dott.ssa Valentina Mameli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO


Con delibera della Giunta camerale n. 194 del 26 giugno 2012, la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Milano (CCIAA) autorizzava l'avvio di una gara europea, con procedura aperta, per l'affidamento del "servizio di gestione della pubblicità, della pubblicazione sui siti internet degli avvisi d'asta e delle attività propedeutiche all'avvio del Processo Civile telematico", per la durata di due anni prorogabile per un ulteriore anno.
Il bando di gara veniva pubblicato sulla G.U.C.E. n. S/135 del 17 luglio 2012 e sulla G.U.R.I. n. 85 del 23 luglio 2012.
L'importo complessivo a base d'asta corrispondeva a Euro 825.000,00 oltre IVA; il criterio di aggiudicazione era quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa.
L'art. 1 del disciplinare precisava che: "L'appalto... è riferito all'acquisizione dei seguenti servizi, inerenti gli avvisi d'asta e le attività propedeutiche all'avvio del Processo Civile Telematico e precisamente:
Prestazione principale:
1. Supporto alla gestione della pubblicità legale su testate giornalistiche e canali di comunicazione web riguardante le vendite giudiziarie del Tribunale di Milano Prestazioni secondarie
2. Supporto all'informatizzazione delle Procedure Concorsuali nell'ambito delle attività della sezione fallimentare del Tribunale di Milano
3. Supporto all'informatizzazione delle Procedure Esecutive mobiliari e immobiliari nell'ambito delle attività della Sezione III civile del Tribunale di Milano
4. Supporto al Tribunale di Milano per il potenziamento delle funzionalità disponibili del Processo Civile Telematico
5. Servizio di Help Desk".
Ulteriore precisazione del servizio era fornita dal Capitolato tecnico (doc. 4).
Il predetto art. 1 del disciplinare specificava che "destinatario del servizio oggetto del presente appalto sarà il Tribunale di Milano; l'organo operativo della stazione appaltante per la gestione della stazione appaltante per la gestione della fornitura sarà Digicamere scarl, società consortile della Camera di Commercio di Milano".
La gara conseguiva a specifici accordi fra Tribunale di Milano e CCIAA di Milano per lo sviluppo dell'informatizzazione delle procedure esecutive e fallimentari. Più precisamente, la Giunta camerale, con delibera n. 36 del 6 febbraio 2012, aveva autorizzato la sottoscrizione di una convenzione tra la CCIAA e il Tribunale di Milano, avvenuta il 16 marzo 2012, che rinnovava per il periodo 2012-2014 il rapporto di collaborazione già precedentemente instaurato fra i predetti enti pubblici.
La convenzione, con scadenza in data 31 dicembre 2014, prevedeva lo svolgimento delle seguenti attività:
a) affidamento della gestione del servizio informativo su fallimenti e concordati (cartella del fallimento);
b) affidamento della gestione della pubblicità;
c) digitalizzazione e supporto al Processo Civile Telematico (PCT);
d) supporto ai progetti di sviluppo organizzativo ed innovazione (Tavolo della Giustizia);
e) manutenzione e gestione del sito internet del Tribunale di Milano.
Avviata la procedura di gara, con nota di chiarimenti prot. n. 83043 del 7 settembre 2012 la CCIAA rettificava l'art. 3 del Disciplinare di gara ("Ammontare dell'appalto") nei seguenti termini: "rispetto a quanto indicato nella documentazione di gara, per errore materiale, i volumi indicati per le prime pubblicazioni sono, in realtà, riferiti alle pubblicazioni successive. Pertanto i corretti volumi, attualmente prevedibili, da tenere in considerazione per il periodo di validità dell'appalto (24 + eventuali 12 mesi) sono i seguenti:...
- singola transazione: numero annuo stimato 1.000;
- prima singola pubblicazione su uno dei siti dell'elenco ministeriale: numero annuo stimato 1.000;
- successive singole pubblicazioni su uno dei siti dell'elenco ministeriale: numero annuo stimato 1700 [...]".
Con determina n. 972 del 12 settembre 2012 veniva confermata la modifica nel dettaglio dei volumi delle pubblicazioni e dell'importo delle "prestazioni secondarie", portando l'importo annuale delle stesse da € 36.000 a € 66.800, pur non venendo modificata la base d'asta complessiva nel suo importo totale. Il nuovo termine per la presentazione delle offerte veniva fissato al 29 ottobre 2012, come da avviso di rettifica pubblicato sulla G.U.C.E. S/178 del 15 settembre 2012 e sulla G.U.R.I. n. 153 del 26 settembre 2012.
Nel frattempo, il 5 settembre 2012 Asteimmobili Servizi On line s.p.a. (d’ora innanzi Asteimmobili) trasmetteva alla CCIAA un'informativa ai sensi dell'art. 243 bis D.Lgs. 163/2006 e s.m.i., tendente alla revoca o all'annullamento d'ufficio delle regole di gara.
Con comunicazione prot. 86451 del 19 settembre 2012 il R.U.P. replicava all'informativa di ricorso, respingendola per i motivi confermati con determina n. 998 in pari data.
Entro il termine previsto per il deposito delle offerte (29 ottobre 2012), perveniva un'unica offerta, quella di Edicom Finance s.r.l.
Asteimmobili non partecipava, invece, alla procedura.
Previa verifica del possesso dei requisiti e valutazione positiva dell'offerta tecnica ed economica di Edicom Finance e considerato che la lex specialis riconosceva la facoltà di affidare l'appalto anche in presenza di una sola offerta, con determina n. 1321 del 3 dicembre 2012 la CCIAA aggiudicava la gara a Edicom Finance.
L'aggiudicazione veniva comunicata a quest'ultima con nota prot. n. 115072 del 3 dicembre 2012; infine, l'avviso di aggiudicazione era pubblicato sulla G.U.C.E. n. S/242 del 15 dicembre 2012 e sulla G.U.R.I. n. 150 del 24 dicembre 2012.
Nel mentre, e precisamente il 22 novembre 2012, Asteimmobili inviava alla CCIAA una nuova informativa ai sensi dell'art. 243 bis D.Lgs. 163/2006 per l'esclusione di Edicom Finance dalla gara (sostenendo, fra l'altro, che quest'ultima non possedesse alcuni requisiti previsti dal bando). L'informativa veniva reiterata da Asteimmobili, tramite il proprio legale, in data 30 novembre 2012.
Entrambe le informative erano respinte dalla CCIAA in quanto ritenute inammissibili, rispettivamente, con comunicazione prot. 115433/2012 del 4 dicembre 2012, conforme alla determina n. 1335 in pari data, e con nota prot. 118286 del 13 dicembre 2012, conforme alla determina n. 1375 in pari data.
Le medesime ragioni inducevano la CCIAA a respingere l'istanza di accesso alla documentazione proposta da Asteimmobili
Indi con atto notificato in data 11,14, e 15 gennaio 2013 e depositato il successivo 25 gennaio Asteimmobili ha proposto ricorso chiedendo l’annullamento, previa tutela cautelare, del provvedimento di aggiudicazione del servizio ad Edicom Finance srl e dei relativi atti di gara, pur non conosciuti.
Con successivo ricorso per motivi aggiunti depositato in data 25 marzo 2013 Asteimmobili ha impugnato la determina della CCIAA n. 1321/2012 di aggiudicazione alla Edicom, il provvedimento con cui è stata ammessa l’offerta dell’aggiudicataria, tutti i verbali di gara nonché tutti gli atti con i quali sono stati affidati alla Edicom Finance s.r.l. i servizi free press locale, la rivista periodica specializzata in annunci d’asta e il cd. postal target.
Si sono costituite in giudizio la CCIAA di Milano e la controinteressata Edicom Finance che, oltre a resistere nel merito, hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione ad agire e di interesse non avendo la ricorrente partecipato alla gara e non avendo impugnato il bando, nonché per tardività dell’azione in relazione alle censure mosse avverso le regole di gara.
Alla camera di consiglio del 9 aprile 2013 fissata per l’esame della domanda cautelare la parte ricorrente vi ha rinunciato.
In vista dell’udienza per la trattazione nel merito del ricorso soltanto la resistente e la controinteressata hanno prodotto memorie difensive.
Indi all’udienza pubblica dell’11 marzo 2014, assente il legale di parte ricorrente, la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione.

 

DIRITTO

 

In via preliminare devono essere esaminate le eccezioni di inammissibilità, sotto vari profili, sollevate dalla CCIAA e dalla controinteressata.
Il Collegio deve innanzi tutto dare atto delle seguenti circostanze, non contestate tra le parti:
- né con il ricorso principale né con il successivo ricorso per motivi aggiunti è stato gravato il bando di gara;
- Asteimmobili non ha presentato domanda di partecipazione alla gara.
I gravami proposti sono affidati ad un’articolazione che può essere suddivisa in due gruppi: con il primo (I e II motivo del ricorso principale e I, II e III del ricorso per motivi aggiunti) si censurano l’ammissione alla gara di Edicom Finance e la positiva valutazione dell’offerta dalla stessa presentata; il secondo gruppo di motivi (III e IV motivo del ricorso principale e IV del ricorso per motivi aggiunti) è volto a contestare le regole di gara.
Ciò rilevato, il ricorso è inammissibile sotto diversi profili.
Per giurisprudenza pacifica (Consiglio di Stato sez. V n. 23 ottobre 2013 n. 5131; sez. V, 21 giugno 2013, n. 3404; sez. V, 27 marzo 2013, n. 1824; sez. III, 27 settembre 2012, n. 5111; sez. III, 11 giugno 2012, n. 3402; sez. III, 8 giugno 2012, n. 3391; sez. V, 29 febbraio 2012, n. 1187; sez. V, 23 maggio 2011, n. 3084; sez. V, 1 aprile 2011, n. 2033; Ad. Plen. 7 aprile 2011, n. 4; Ad. Plen. 27 gennaio 2003, n. 1), cui si rinvia in applicazione del combinato disposto degli artt. 74 e 120 comma 10 cod. proc. amm., nelle controversie aventi ad oggetto gare di appalto, la legittimazione al ricorso (o titolo) è correlata ad una situazione differenziata e dunque meritevole di tutela, in modo certo, per effetto della partecipazione alla stessa procedura oggetto di contestazione: chi volontariamente e liberamente si è astenuto dal partecipare ad una selezione non è legittimato a chiederne l'annullamento ancorché vanti un interesse di fatto a che la competizione - per lui res inter alios acta - venga nuovamente bandita.
Tale principio patisce eccezioni esclusivamente nel caso in cui si contesti in radice l'indizione della gara, si contesti che una gara sia mancata, avendo l'amministrazione disposto l'affidamento in via diretta del contratto ovvero si impugnino direttamente le clausole del bando assumendo che le stesse siano immediatamente escludenti.
Nessuna delle suddette tassative ipotesi ricorre nel presente giudizio.
La ricorrente, anche in relazione alle censure in concreto mosse avverso i provvedimenti impugnati, è carente di una posizione differenziata rispetto al quivis de populo, qualificabile in termini astratti come di interesse legittimo, in relazione sia alla data di proposizione del ricorso che a quella della odierna decisione. Non vale a sostenere il contrario né la posizione di precedente affidataria del servizio (considerato che tale “ruolo” si è esaurito con la scadenza del relativo contratto e non si perpetua in futuro come qualità immanente al soggetto) né l’aver indirizzato alla stazione appaltante le note informative ai sensi dell’art. 243 bis D.lgs. 163/2006, che la ricorrente non aveva alcun titolo a proporre nei termini e con le motivazioni esposte alla stazione appaltante; invero anche la legittimazione a presentare l’informativa, quale peculiare forma di partecipazione al procedimento in materia di appalti (oltre che modalità volta a deflazionare il contenzioso giurisdizionale), deve sussistere prima ed indipendentemente dall’informativa stessa.
In proposito deve precisarsi che l’assunto in base al quale la legittimazione ad agire può essere sostenuta da un interesse strumentale corrispondente ad una qualche utilità pratica, indiretta ed eventuale, derivante dall’annullamento giurisdizionale è stata superata (rectius più correttamente delineata) dall’orientamento giurisprudenziale uniforme all’arresto di cui all’Ad. Plen. n. 4/2011 che il Collegio condivide pienamente. La giurisprudenza ha avuto modo di precisare che il possibile vantaggio ottenibile dalla pronuncia di annullamento non risulta affatto idoneo a determinare, da solo, il riconoscimento di una situazione differenziata, fondante la legittimazione al ricorso.
In particolare, a tale fine risulta del tutto insufficiente il riferimento a una utilità meramente ipotetica o eventuale, che richiede, per la sua compiuta realizzazione il passaggio attraverso una pluralità di fasi e di atti ricadenti nella sfera della più ampia disponibilità dell’amministrazione, come sarebbe, nel caso oggetto del presente giudizio, secondo le deduzioni di parte ricorrente, che sostanzia la propria legittimazione nell’interesse strumentale alla riedizione della gara.
Tale aspettativa non si distingue da quella che potrebbe vantare qualsiasi operatore del settore, che aspiri a partecipare ad una futura selezione. La capacità di questo dato empirico di influire significativamente sulla legittimazione al ricorso risulta ulteriormente circoscritta quando l’interesse in questione non si collega in modo immediato ed evidente con un determinato bene della vita (la concreta probabilità di ottenere l’appalto), ma si atteggia come mera prospettiva della ripetizione del procedimento.
Quanto all’interesse ad agire non è ravvisabile alcuna utilità derivante al ricorrente dall’annullamento dell’aggiudicazione, non avendo lo stesso partecipato alla competizione e non potendo quindi aspirare ad ottenere l’aggiudicazione stessa.
Ugualmente non sono sorretti da alcun interesse i motivi di censura volti a contestare le regole di gara, in relazione alle quali, peraltro, la società ricorrente non ha impugnato il bando nè tempestivamente né unitamente agli atti gravati in questa sede.
V’è da aggiungere, per completezza, che le doglianze del ricorrente non evidenziano disposizioni della legge di gara che abbiano impedito la partecipazione alla gara di Asteimmobili (nel qual caso peraltro il bando avrebbe dovuto essere tempestivamente impugnato).
Ne deriva che la mancata partecipazione alla competizione è stata frutto di una libera scelta della società, con ogni necessaria conseguenza sotto il profilo della legittimazione ad agire e dell’interesse al ricorso e alla decisione.
Non è meritevole di accoglimento la richiesta, formulata con il ricorso per motivi aggiunti, di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia in relazione alla compatibilità con il diritto comunitario dell’orientamento secondo cui non avrebbe titolo a censurare una procedura asseritamente illegittima il soggetto che non ha partecipato alla gara. La prospettata questione è stata già esaminata e risolta dalla Corte di Giustizia (sez. VI, 12 febbraio 2004, C230/02) nel senso che l'impresa che non partecipa alla gara non può in nessun caso contestare l'aggiudicazione in favore di ditte terze.
Quanto all’impugnazione del provvedimento con il quale precedentemente alla gara di cui si discute, sarebbero stati affidati a trattativa privata alla Edicom Finance srl alcuni servizi connessi con l’appalto di cui alla stessa gara, il Collegio osserva che la CCIAA ha smentito in fatto tale assunto, documentando (cfr. attestazione di conclusione e regolare esecuzione del servizio) l’estraneità della odierna controinteressata al contratto relativo al servizio di pubblicità legale delle vendite giudiziarie, affidato alla Ediservice srl, soggetto distinto da Edicom Finance.
Sulla base di tali circostanze l’impugnazione è inammissibile sotto un duplice profilo: da un lato non è stato evocato in giudizio il reale contraente (Ediservice) violando così il principio del contraddittorio, dall’altro comunque l’esecuzione del servizio si è conclusa entro il 31/12/2012 (v. la già richiamata attestazione), dunque ben prima della proposizione del ricorso in epigrafe, non palesandosi quindi alcun interesse al gravame da parte della società ricorrente.
In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per tutte le ragioni espresse in motivazione.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in complessivi € 3.000,00 (tremila) di cui € 1.500,00 (millecinquecento) a favore della resistente CCIAA di Milano e € 1.500,00 (millecinquecento) a favore della controinteressata Edicom Finance srl, oltre oneri fiscali e previdenziali come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:
Adriano Leo, Presidente
Alberto Di Mario, Primo Referendario
Valentina Santina Mameli, Referendario, Estensore