Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 6 febbraio 2014, n. 584

Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 6 febbraio 2014, n. 584

Presidente Lignani; Estensore Russo

 

L’esigenza che il contratto di appalto rechi un serio impegno dell’impresa ausiliaria di mettere a disposizione dell’ausiliata le proprie risorse per tutta la durata dell’appalto ha uno specifico senso solo quando l’avvalimento riguardi risorse materiali (di prodotto, di processo o di progetto) o anche immateriali (p. es., brevetti, know how, ecc.) che impingono direttamente sull’organizzazione e l’operatività dell’impresa ausiliare. In tal caso, essa deve dedurre in contratto proprio la messa a disposizione del proprio apparato organizzativo, in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità (a seconda dei casi: mezzi, personale, prassi e tutti gli altri elementi aziendali qualificanti).

 

Qualora il requisito immateriale oggetto del contratto di avvalimento riguardi il fatturato specifico e quindi solo il dato finanziario, la rigorosa predeterminazione dei mezzi e delle risorse, andando oltre ogni puntigliosa solennità, va intesa secondo le ordinarie regole sulla determinatezza o determinabilità dell’oggetto del contratto, ai sensi dell’art. 1346 c.c.

 

Nel caso del contratto di avvalimento c.d. in garanzia, la serietà della fornitura del requisito e delle relative risorse non va commisurata a tutta l’organizzazione aziendale dell’ausiliare, né alla necessaria e puntigliosa definizione a priori di ogni singola risorsa economica che s’intenda render disponibile all’impresa ausiliata e delle relative modalità. Occorre aver riguardo piuttosto a come il requisito ausiliato si ponga e che peso abbia, nel sistema delineato dalla lex specialis, rispetto all’oggetto dell’appalto.

 

La condivisione del requisito solo finanziario in contratto di avvalimento non impone altro obbligo negoziale che l’impegno dell’impresa ausiliaria di rispondere, nei limiti che il requisito stesso ha nel contesto della gara, con le proprie e complessive risorse economiche, senza che ciò implichi il coinvolgimento di aspetti specifici dell’organizzazione di detta impresa e quindi l’obbligo di dedurli in contratto.

 

È legittimo il richiamo, all’interno del contratto di avvalimento, ad atti che ne siano esterni e non concorrano a formarne un unico atto. Come previsto dall’art. 1346 c.c., la determinazione dell’oggetto del contratto di avvalimento può avvenire anche per relationem, attraverso cioè il rinvio ad altri atti, delle parti o di terzi, pur quando tali atti non abbiano di per sé una diretta funzione determinativa. In questo caso, si determina una relazione in senso non già “formale” (intesa, cioè, ad esplicitare o chiarire singoli aspetti della contrattazione che risultino oscuri in assenza del rinvio), bensì ad una relazione in senso “sostanziale”, che persegue appunto uno scopo determinativo. Allo stesso tempo, il contratto ben può esser integrato ed interpretato mediante atti d’una o di entrambe le parti, che specifichino l’oggetto ed il bene o l’utilità scambiati, senza che vi sia la necessità (meramente formalistica e non richiesta ad substantiam) che tutti documenti formino un unico corpo con il contratto.
 

 

 

BREVI ANNOTAZIONI

L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA

Con la sentenza in esame, il Consiglio di Stato ha affrontato, tra l’altro, la delicata questione relativa ai “requisiti indispensabili” del contratto di avvalimento, con specifico riguardo al contratto c.d. ‘avvalimento di garanzia’ (cioè quello in cui oggetto di ‘prestito’ sono i requisiti di capacità economica) alla luce delle esigenze di specificità, di cui all’articolo 49, comma 2, lettera f), del codice dei contratti pubblici e di cui all’articolo 88 del d.P.R. n. 207/2010.
In ultimo, viene esaminata la questione relativa al rapporto tra le esigenze di specificità del contratto di avvalimento e l’integrazione dello stesso per relationem.

 

IL PERCORSO ARGOMENTATIVO

Il Consiglio di Stato ribadisce, innanzitutto, un principio generale affermato dalla giurisprudenza amministrativa (cfr., tra le altre, Consiglio di Stato, Sez. III, 3 settembre 2013, n. 4386 e Sez. V, 12 novembre 2013, n. 5384) secondo il quale il contratto di avvalimento non può ritenersi valido ed efficace se non reca un serio impegno dell’ausiliaria di mettere a disposizione dell’ausiliata le proprie risorse per tutta la durata dell’appalto. Come noto, secondo tale impostazione, l’impegno oggetto del contratto di avvalimento non deve avvenire attraverso una mera dichiarazione formale pedissequamente ripetitiva del dettato normativo, ma piuttosto essa deve contenere la volontà seria dell’impresa ausiliaria di fornire effettivamente all’ausiliata i mezzi di cui essa è carente, indicando le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico.
Nel contempo, però, il Consiglio di Stato precisa che tale principio ha senso solo quando l’avvalimento riguardi risorse materiali (di prodotto, di processo di progetto) o anche immateriali (per esempio, brevetti, know how) che incidano direttamente sull’organizzazione ed operatività dell’impresa ausiliare. Solo in questo caso, infatti, risulterà necessario che – al fine di garantire la serietà e l’effettività della messa a disposizione dell’apparato organizzativo dell’impresa ausiliaria – siano indicati in modo determinato e specifico i mezzi e le risorse prestate.
Al contrario, quando il requisito fornito è ‘immateriale’ e riguarda il fatturato specifico ovvero il solo dato finanziario, pur non venendo meno la determinazione a priori di tali mezzi e risorse, sarà sufficiente applicare le ordinarie regole sulla determinatezza o determinabilità dell’oggetto del contratto ai sensi dell’articolo 1346 del Codice civile. Invero, in tal caso, le uniche risorse da porre ‘in condivisione’ sono quelle economiche, che non implicano un coinvolgimento degli aspetti organizzativi dell’ausiliaria (ad esempio: mezzi, personale, ecc.). La serietà della messa a disposizione del requisito e delle relative risorse non va commisurata in senso assoluto in rapporto a tutta l’organizzazione aziendale dell’ausiliaria ma va applicata al caso di specie, ossia a quanto oggetto di avvalimento.
In altri termini, occorre avere riguardo a come il requisito ausiliato si ponga e che peso abbia nel contesto della gara, delineato dalla lex specialis di gara, e, soprattutto, in che rapporto si trovi con la strutture e capacità aziendali dell’impresa ausiliaria e ausiliata.
Così, qualora quanto dedotto nel contratto di avvalimento sia costituito esclusivamente dal “requisito finanziario”, l’impegno dell’impresa ausiliaria non potrà che essere quello di rispondere, nei limiti che il requisito stesso ha nel contesto della gara, con le proprie complessive risorse economiche.
D’altronde, come nel caso di specie, il requisito (finanziario) prestato serve essenzialmente ad accedere alla gara, non già ad arricchire un’impresa ausiliata che, per partecipare alla gara, deve già possedere (e già possiede) gli altri requisiti di partecipazione. (cfr. sul punto, tra l’altro, Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza del 16 febbraio 2012, n. 810).
In ultimo, il Consiglio di Stato esclude la genericità (consentendone quindi l’applicazione) del contratto di avvalimento nel caso in cui esso sia integrato ed interpretato mediante atti di una o di entrambe le parti, che specifichino l’oggetto ed il bene o l’utilità scambiati, sulla base del principio di portata generale di cui all’articolo 1346 del Codice civile. Invero, anche nel settore dei contratti pubblici, la determinazione dell’oggetto del contratto può avvenire per relationem, ossia attraverso il rinvio ad altri atti, delle parti o di terzi, anche quando questi non abbiano di per sé una diretta funzione determinativa.

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

La sentenza in commento risulta essere di particolare interesse. Essa, infatti, affronta la questione estremamente attuale concernente il contenuto del contratto di avvalimento.
Per un verso, viene ribadito il principio generale secondo il quale il contratto di avvalimento non deve sostanziarsi in una mera riproduzione della formula legislativa della messa a disposizione delle risorse necessarie di cui il concorrente è carente svincolata da qualsiasi collegamento con le risorse prestate. Come noto, secondo tale principio la specificazione dei mezzi e delle risorse prestate garantisce alla Stazione Appaltante di poter effettuare una verifica sulla effettiva disponibilità di tali risorse e se queste siano sufficienti a garantire la corretta esecuzione del contratto d’appalto (cfr. sul punto tra le altre, Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 16 gennaio 2014, n. 135; TAR Lazio Roma, Sez. III quater, sentenza 3 febbraio 2014, n. 1287; AVCP determinazione 1 agosto 2012, n. 2).
Dall’altro lato, però, i Giudici di Palazzo Spada – cui va riconosciuto il merito di aver reso le opportune specificazioni ad un principio generale, per sua natura passibile di interpretazioni formalistiche e  applicazioni irragionevoli – si soffermano sulla relazione che intercorre tra il principio generale richiamato e il c.d. avvalimento in garanzia.
Anzitutto, come evidenziato anche dai giudici del TAR Veneto (cfr. Tar Veneto, Sez. I, 8 marzo 2012, n. 319), nel caso dell’avvalimento c.d. di garanzia, l’ausiliaria ‘mette in campo’ la propria solidità economica e finanziaria a servizio dell’aggiudicataria ausiliata, ampliando così lo spettro della responsabilità per la corretta esecuzione dell’appalto.
Tale figura di avvalimento trova la sua ratio e funzione nella estensione della base patrimoniale della responsabilità nell’esecuzione dell’appalto la quale è ontologicamente connessa alla dimostrazione del possesso di idonei requisiti economici e finanziari, come il caso del volume di affari o del fatturato. In altri termini, l’avvalimento dei requisiti di capacità economico-finanziaria comporta una sorta di estensione della garanzia finanziaria del concorrente (quasi ad accompagnarsi a cauzioni o polizze richieste dalla normativa vigente) con il coinvolgimento solidale dell’ausiliario.
In questa (limitata) ipotesi, l’avvalimento c.d. di garanzia non è quindi legato ad una prestazione specifica, avendo quale esclusiva funzione quella di assicurare alla Stazione Appaltante un partner commerciale che goda di una (complessiva) solidità patrimoniale proporzionata ai rischi dell’inadempimento o inesatto adempimento della prestazione dedotta nel contratto di appalto.
Nel caso del c.d. avvalimento in garanzia, quindi, non è necessaria una specifica elencazione dei mezzi e delle risorse prestate, perché nell’oggetto del contratto non vi sono né mezzi, né risorse da mettere a disposizione ma soltanto la propria solidità finanziaria (rectius il proprio fatturato o giro d’affari).
È evidente che al di fuori di tale specifica ipotesi, la messa a disposizione di requisiti (soggettivi e) astratti svincolata da qualsivoglia collegamento con risorse materiali o immateriali, snatura e stravolge l’istituto dell’avvalimento per piegarlo ad un logica di elusione dei requisiti stabiliti nel bando di gara.
In sostanza, quindi, in caso di avvalimento c.d. di garanzia, dalla complessiva documentazione presentata ai sensi dell’articolo 49 del Codice dei contratti pubblici deve risultare semplicemente:
(i) che tra le due imprese (ausiliata e ausiliaria) sia instaurato un vincolo contrattuale in ordine ai requisiti di capacità economico-finanziaria prestati;
(ii) che l’impresa ausiliaria si impegni unilateralmente non solo nei confronti dell’ausiliata, ma anche della Stazione Appaltante a mettere a disposizione i requisiti di partecipazione e quant’altro necessario e connesso per il loro prestito (le cosiddette risorse).
Al contrario, non è necessario dedurre in contratto una specifica elencazione di mezzi e risorse, in quanto non vi è alcun coinvolgimento dell’apparato organizzativo dell’ausiliaria (per esempio: di mezzi, di personale, di prassi e di tutti gli altri elementi aziendali qualificanti).
A parere di chi scrive, la pronuncia in commento va salutata con favore avendo il pregio di aver fornito utili, quanto necessari, limiti all’applicazione di un principio generale che, se applicato indistintamente, può prestarsi ad inutili formalismi e irragionevoli applicazioni. D’altronde, pretendere che in un contratto di avvalimento siano dedotti elementi che non ne formano l’oggetto sembrerebbe andare proprio in tale direzione.
In conclusione, appare chiaro come la pronuncia in rassegna sia grande interesse, soprattutto per le ripercussioni avrà sulle procedure in corso e, soprattutto, nei giudizi instaurati avverso un’esclusione comminata per aver prodotto un contratto di avvalimento in garanzia ove non siano state espressamente esplicitate le risorse necessarie che avrebbero dovuto accompagnare il prestito dei requisiti di capacità economico-finanziaria.

 

PERCORSO BIBLIOGRAFICO

- G. Bassi, M. Greco, A. Massari, Appalti e Servizi Pubblici dopo le recenti novità dal decreto sviluppo al decreto semplificazioni , Ed. Maggioli Editore, 2012;

- In generale, sull’avvalimento, A. Cianflone, G. Giovannini, L’Appalto di Opere Pubbliche, Ed. Giuffrè, 2012.

 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sui ricorsi riuniti

A) – n. 3558/2013 RG, proposto dalla Ditta Miccolis Stefano, con sede in Taranto, in proprio e n.q. di capogruppo mandataria della costituenda ATI con la Ditta Padovano Vittorio, rappresentata e difesa dall’avv. Saverio Sticchi Damiani, con domicilio eletto in Roma, via Bocca di Leone n. 78,

contro

l’Azienda sanitaria locale – ASL di Taranto, in persona del Direttore generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Giovanna Corrente, con domicilio eletto in Roma, via Cosseria n. 2, presso lo studio dell’avv. Placidi e

nei confronti di

Consorzio TRADA, con sede in Corato (BA), in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e n.q. di capogruppo mandatario dell’ATI con la Donato Trasporti s.r.l., la Capogna Autoservizi s.r.l. e la Autonoleggi di Giulio s.r.l., contro interessato ed appellante incidentale, rappresentato e difeso dagli avvocati Sante e Giovanni Vittorio Nardelli, con domicilio eletto in Roma, via Cosseria n. 2, presso lo studio dell’avv. Placidi e

n. 7050/2013 RG, proposto dalla Ditta Miccolis Stefano, come sopra rappresentato, difesa ed elettivamente domiciliata,

contro

l’ASL di Taranto, rappresentata e difesa dall’avv. Francesco Caricato, con domicilio eletto in Roma, via Silla n. 91 e

nei confronti di

ATI Consorzio TRADA, come sopra rappresentata, difesa ed elettivamente domiciliata,

per la riforma

A) –quanto al ricorso n. 3558/2013 RG, della sentenza breve del TAR Puglia – Lecce, sez. II, n. 927 del 2013, resa tra le parti e concernente l’aggiudicazione del servizio triennale per il trasporto assistito di utenti in trattamento dialitico non allettati dell’ASL di Taranto, disposta con determinazione dirigenziale del 24 agosto 2012 (ris. danni); B) – e, quanto al ricorso n. 7050/2013 RG, della sentenza breve del TAR Puglia – Lecce, sez. II, n. 1593/2013, resa tra le parti e relativa al giudizio sull’anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria del predetto servizio (ris. danni);

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, c. 10, c.p.a.;
Relatore all’udienza pubblica del 19 dicembre 2013 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti, gli avvocati Sticchi Damiani, Caricato (anche su delega dell’avv. Corrente) e G. V. Nardelli;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1.  – Con bando del 28 febbraio 2011, l’ASL di Taranto ha indetto una procedura aperta, da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per il servizio triennale di trasporto assistito degli utenti in trattamento dialitico, non allettati, nell’ambito del territorio di competenza aziendale.
Alla procedura ha partecipato, tra le altre imprese, pure la Ditta Miccolis Stefano, con sede in Taranto, nella qualità di capogruppo mandataria della costituenda ATI con la ditta Padovano Vittorio, proponendo offerta. In esito alla relativa gara, il servizio de quo è stato aggiudicato, in forza della determinazione dirigenziale n. 729 del 24 agosto 2012, all’ATI di cui è capogruppo il Consorzio stabile trasporti diversamente abili – Consorzio TRADA, con sede in Corato (BA), che ha ottenuto il punteggio complessivo di 94,70/100. Viceversa, la costituenda ATI Miccolis si è classificata al secondo posto della graduatoria di merito, con punti 83,99/100.
2.  – Avverso tal statuizione e gli atti di gara, quest’ultima è insorta innanzi al TAR Lecce, con il ricorso n. 1461/2012 RG, articolato in un gravame introduttivo e in un atto per motivi aggiunti, depositato il 29 ottobre 2012.
Costituitisi in giudizio l’ASL ed il Consorzio TRADA, quest’ultimo, dal canto suo, ha proposto impugnazione incidentale, contestando la legittimità dell’ammissione a gara del ricorrente principale.
L’adito TAR, con la sentenza n. 927 del 23 aprile 2013, rigettato il gravame incidentale, ha respinto pure quello principale, dichiarando al contempo improcedibile, nelle more essendone intervenuto il giudizio favorevole, il motivo del ricorso n. 1461/2012 RG che aveva contestato l’omessa verifica sull’anomalia dell’offerta del Consorzio TRADA.
Con determinazione dirigenziale n. 586 del 15 marzo 2013, l’ASL di Taranto ha appunto esitato favorevolmente il giudizio d’anomalia dell’offerta di detto Consorzio.
Anche questo provvedimento è stato impugnato con il ricorso n. 737/2013 RG innanzi al TAR Lecce che, con sentenza n. 1593 del 9 luglio 2013, l’ha dichiarato inammissibile. In particolare, il TAR ha sul punto osservato che l’ATI Miccolis «…ancorché impugni un nuovo provvedimento, assumendo di non aver potuto procedere alla sua tempestiva impugnazione con motivi aggiunti nel precedente giudizio, … in realtà non contesta le conclusioni cui è pervenuta la stazione appaltante in merito alla valutazione delle giustificazioni fornite dal Consorzio Tra.da. ai fini della verifica della anomalia dell’offerta (che costituisce l’oggetto del provvedimento impugnato), ma si limita a riproporre avverso l’atto odiernamente impugnato le stesse censure dedotte nella precedente impugnativa… e che sono state già esaminate dalla Sezione nella sentenza n. 927/2013…». Sicché l’ATI Miccolis, che già aveva proposto appello contro la sentenza n. 927/2013, in pratica ha chiesto al TAR «… lo scrutinio della legittimità del provvedimento odiernamente impugnato non con riguardo alla specifica disciplina relativa alla verifica della anomalia delle offerte presentate nelle gare per l’aggiudicazione di appalti pubblici, quanto piuttosto per “illegittimità derivata” rispetto a censure… già…esaminate…».
3.  – Come s’è detto, l’ATI Miccolis ha proposto appello contro quest’ultima con il ricorso n. 3558/2013 RG in epigrafe, deducendo molteplici profili di censura. Il Consorzio TRADA, nel resistere anche questo giudizio, ha depositato un appello incidentale, contestando a sua volta la citata sentenza n. 927/2013 laddove aveva respinto, a suo dire erroneamente, il ricorso incidentale di primo grado, di cui qui ne replica essenzialmente le doglianze.
L’ATI Miccolis s’è appellata, con il ricorso n. 7050/2013 RG in epigrafe, anche contro la sentenza n. 1598/2013, deducendone in punto di diritto l’erroneità sotto tre articolati profili e ribadendo, nel merito, i motivi del ricorso di primo grado, assorbiti con la declaratoria d’inammissibilità. Questi ultimi son stati già proposti, in questa sede, con il ricorso n. 3558/2013 RG in epigrafe, donde la necessità della riunione dei due appelli. Resiste in giudizio l’ASL intimata, concludendo per il rigetto dell’appello. S’è costituito pure il Consorzio TRADA che eccepisce, tra l’altro, la tardività del ricorso di primo grado non rilevata dal TAR e, nel merito, l’infondatezza dell’appello.
Alla pubblica udienza del 19 dicembre 2013, su conforme richiesta delle parti, i due ricorsi in epigrafe sono congiuntamente assunti in decisione dal Collegio.
4.  – I ricorsi in epigrafe, per evidenti ragioni di connessione soggettiva e d’identità dell’oggetto (aggiudicazione, conseguente giudizio sull’ anomalia dell’offerta del Consorzio, conferma dell’aggiudicazione), vanno riuniti e contestualmente decisi con la presente sentenza.
5.  – Come s’accennato poc’anzi, nel ricorso n. 1461/2012 RG innanzi al TAR Lecce, l’ATI Miccolis censurò l’aggiudicazione al Consorzio, tra l’altro, per l’omessa verifica dell’anomalia dell’offerta di questo.
La sentenza n. 927/2013 ha preso atto delle intervenute giustificazioni del Consorzio e che queste ultime sono state «… valutate dalla Commissione di gara nella seduta del 21 gennaio 2013 e reputate “sufficienti a dimostrarla non anomalia dell’offerta” …». Sicché, continua il TAR, è intervenuta la citata determinazione n. 568/2013, «… che ha confermato l’aggiudicazione definitiva dell’appalto in favore del Consorzio…». Donde l’improcedibilità della doglianza, «… non avendo (l’ATI Miccolis) …provveduto ad impugnare (né avendo formulato riserva di motivi aggiunti)…gli atti sopra richiamati…». L’impugnazione della determinazione n. 568/ 2013 è sì avvenuta in via autonoma, avanti al TAR Lecce con il ricorso n. 737/2013 RG —anche perché all’ATI Miccolis tal determina non era stata comunicata espressamente—, ma senza dedurre altro che la sola illegittimità derivata dalla primigenia aggiudicazione.
Ebbene, il Collegio non ha motivo di dubitare, come deduce tra l’altro l’ATI Miccolis, che la mancata sottoposizione dell’offerta del Consorzio TRADA alla valutazione di anomalia fosse un’omissione rilevante. Invero, anche grazie alla specifica censura contenuta nel predetto ricorso n. 1461/2012 RG, l’ASL ha attivato il relativo sub-procedimento ed il Consorzio ha dovuto produrre le proprie giustificazioni al riguardo. Con ciò l’ASL ha reso palese la necessità della valutazione d’anomalia e, dunque, la sostanziale fondatezza della relativa doglianza, dichiarata improcedibile appunto per l’intervenuto giudizio favorevole sull’offerta del Consorzio. Detto giudizio parla sì di conferma dell’aggiudicazione definitiva, ma non nel senso, proprio del termine, d’uno dei possibili esiti d’un procedimento di secondo grado, bensì di quello di mera sostenibilità tecnica dell’offerta in sé, senza, cioè, alcun riesame dell’intero procedimento concorsuale e meno che mai sulla legittima ammissione del Consorzio alla gara (che è poi l’oggetto dell’impugnazione dell’aggiudicazione).
Tuttavia, la declaratoria d’inammissibilità statuita con la sentenza n. 1593/2013, non è revocabile in dubbio, donde il rigetto del ricorso n. 7050/2013 RG in epigrafe, che va esaminato per primo, per evidenti ragioni di pregiudizialità e senz’uopo d’ogni altra valutazione in rito. Invero, il TAR ha constatato nulla più di ciò che emerge dalla serena lettura del ricorso di primo grado, cioè che l’ATI Miccolis nulla ha specificamente dedotto contro la valutazione positiva sull’anomalia dell’offerta del Consorzio.
Non nega il Collegio il pieno interesse dell’ATI appellante principale a contestare in via d’azione il contenuto di siffatto giudizio favorevole, al fine evidente di evitare ogni possibile decadenza o sopravvenuta improcedibilità della controversia sull’aggiudicazione, a seguito della “conferma” di essa. Ma il rigetto dell’impugnazione della sentenza n. 1593/2013 comporta al più l’impossibilità, per l’ATI Miccolis, di rimettere in discussione la sostenibilità dell’offerta del Consorzio TRADA e null’altro. Tanto per l’insopprimibile differenza tra il giudizio sull’anomalia, che concerne appunto l’idoneità tecnica ed economica dell’offerta di realizzare il programma di obbligazioni dedotte in appalto, e la legittima proponibilità giuridica di essa nel procedimento di gara. Appunto per questo s’appalesa manifestamente priva di pregio la doglianza dell’appello incidentale sul ricorso n. 3558/2013 RG, per la quale il TAR avrebbe dovuto, nella sentenza n. 927/2013, dichiarare l’improcedibilità di tutto il ricorso di primo grado per mancata impugnazione della verifica d’anomalia, in quanto, in disparte l’autonoma impugnazione di essa e l’assenza d’una decadenza per non averla effettuata con motivi aggiunti, resta ferma la verifica in sé, ma pure impregiudicata ogni questione sull’ammissione del Consorzio TRADA.
Né cambierebbe alcunché, quand’anche si volesse accogliere la deduzione di tardività del ricorso di primo grado, perché ciò consoliderebbe l’offerta, non gli eventuali vizi sull’omessa esclusione del Consorzio TRADA, dedotti con l’atro appello, donde il rigetto del ricorso n. 7050/2013 RG.
6.  – Iniziando la disamina del ricorso n. 3558/2013 RG in epigrafe dall’impugnazione incidentale proposta dal Consorzio TRADA, quest’ultimo non convince e va respinto.
In particolare, l’appellante incidentale precisa anzitutto che l’ATI Miccolis, essendo privo del requisito del fatturato minimo indicato nel § 5, lett. C.10) del disciplinare di gara, ha stipulato sul punto un contratto d’avvalimento, il 29 marzo 2011, con la MEDITRAL soc. cons. r.l. Deduce quindi l’appellante incidentale che quest’ultimo viola l’art. 49, c. 2, lett. f) del Dlg 12 aprile 2006 n. 163 ed è nullo ed inutiliter datum, per la genericità del relativo contenuto circa l’indicazione delle necessarie risorse messe a disposizione dell’impresa ausiliata, non chiarite dalla dichiarazioni di entrambi i contraenti.
Ebbene, non sfugge certo al Collegio come non possa ritenersi valido ed efficace un contratto di avvalimento che non rechi un serio impegno dell’ausiliaria di mettere a disposizione dell’ausiliata le proprie risorse per tutta la durata dell’appalto. Infatti, a tal scopo non possono bastare dichiarazioni meramente formali o parafrastiche della legge, perché esse devono contenere la volontà seria di tal impresa ausiliaria di fornire effettivamente all’ausiliata, per tutta la durata dell’appalto, i mezzi di cui essa è carente, specificandone l’oggetto e le modalità di fornitura (cfr., da ultimo, Cons. St., III, 3 settembre 2013 n. 4386; id., V, 12 novembre 2013 n. 5384).
Si tratta, per vero, di un’esigenza, sì voluta dal citato art. 49, c. 2, ma immanente nel sistema dei contratti (specie di quelli a struttura non predefinita) già prima dell’entrata in vigore dell’art. 88 del DPR 5 ottobre 2010 n. 207. Essa, però, ha uno specifico senso solo quando l’avvalimento riguardi risorse materiali (di prodotto, di processo o di progetto) o anche immateriali (p. es., brevetti, know how, ecc.) che impingono direttamente sull’organizzazione e l’operatività dell’impresa ausiliare. In tal caso, essa deve dedurre in contratto proprio la messa a disposizione del proprio apparato organizzativo, in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità (a seconda dei casi: mezzi, personale, prassi e tutti gli altri elementi aziendali qualificanti: cfr. Cons. St., VI, 13 giugno 2013 n. 3310). Quando, però, il requisito immateriale fornito riguarda, come nella specie, il solo dato finanziario, allora la rigorosa predeterminazione di tali mezzi e risorse, al di là d’ogni puntigliosa solennità (non richiesta né dall’art. 47, § 3 della dir. n. 2004/18/CE, né dall’art. 49, c. 2 del Dlg 163/2006), non s’elide, ma va intesa secondo le ordinarie regole sulla determinatezza o determinabilità dell’oggetto del contratto, ai sensi dell’art. 1346 c.c.
In questi casi, la serietà della fornitura del requisito e delle relative risorse non va commisurata a tutta l’organizzazione aziendale dell’ausiliare, né alla necessaria e puntigliosa definizione a priori di ogni singola risorsa economica che s’intenda render disponibile all’impresa ausiliata e delle relative modalità. Occorre aver riguardo piuttosto a come il requisito ausiliato si ponga e che peso abbia, nel sistema delineato dalla lex specialis, rispetto all’oggetto dell’appalto. Proprio per questo, il requisito solo finanziario non impone altro obbligo negoziale che l’impegno dell’impresa ausiliaria di rispondere, nei limiti che il requisito stesso ha nel contesto della gara, con le proprie e complessive risorse economiche quando, in sede esecutiva, la necessità sottesa al requisito si renda attuale. Ciò non implica per forza il coinvolgimento di aspetti specifici dell’organizzazione di detta impresa —donde la non necessità di dedurli in contratto—, se questi non rispondano al concreto interesse della stazione appaltante, desumibile dall’indicazione del requisito stesso.
È proprio ciò che s’è disposto con il contratto de quo tra l’ATI Miccolis e l’impresa ausiliaria, in forza del quale quest’ultima l’autorizza ad usare il requisito del fatturato specifico, così messo a sua disposizione, impregnandosi altresì «… a mettere a disposizione… le risorse necessarie per l’esecuzione dell’appalto e, in particolare, ogni bene ricompreso nell’Azienda della MEDITRAL… o, comunque, ogni bene e risorsa, di qualunque genere e tipo, nella disponibilità di quest’ultima per tutta la durata dell’appalto…».
La pretesa “genericità” dell’avvalimento è dunque mera petizione di principio, ché l’appellante incidentale non si avvede, né seriamente dimostra il contrario, che il requisito prestato serve essenzialmente ad accedere alla gara, non già ad arricchire un’impresa ausiliata che, nella specie, già possiede gli altri requisiti di partecipazione. Né s’avvede che le uniche risorse da mettere a disposizione sono quelle economiche, senza coinvolgimento di mezzi o personale, per cui sfugge che cos’altro di più o di meglio l’ausiliaria avrebbe dovuto dare all’ATI Miccolis, non occorrendo per forza una garanzia d’un certo tipo, piuttosto che d’un altro. Di questo il TAR ha dato contezza, con decisione che il Collegio condivide, laddove rammenta che il requisito prestato attiene, ai sensi dell’art. 41 del D.lgs. 163/2006, a quelli di carattere economico – finanziario, tale, quindi, da non implicare necessariamente anche aspetti organizzativi. Né dunque convince l’argomento dell’appellante incidentale, per cui il ripetuto art. 49 non fa alcuna distinzione tra i diversi tipi di requisiti disponibili per avvalimento, ché tal differenza sta, come per qualunque contratto, non solo nelle norme regolatrici del negozio accessorio all’appalto, ma sulla qualità degli interessi delle parti, tra loro e verso la stazione appaltante.
7.  – Non a diversa conclusione deve il Collegio pervenire con riguardo all’appello principale, che va così respinto.
In punto di fatto, l’ATI Miccolis precisa che il Consorzio TRADA, per un verso, indica l’ubicazione delle autorimesse, per i veicoli da adibire al servizio appaltando, nei territori comunali di Taranto, Palagianello ed Avetrana (TA), ricadenti, dunque, nell’ambito territoriale dell’ASL appaltante. Per altro verso, designa due delle proprie imprese (nella specie, la Donato Trasporto s.r.l. e la Capogna Autoservizi s.r.l.) da adibire allo svolgimento del servizio stesso, per complessivi sette autoveicoli. Per altro verso ancora, chiarisce in offerta tecnica che di tali sette autoveicoli, due sono autobus (muniti di licenze rilasciate dai Comuni di Palagiano e, rispettivamente, di Palagianello, delle quali il Consorzio stesso s’avvale grazie a contratti stipulati con i titolari) e cinque autovetture. Di queste ultime, due sono sì munite di licenze NCC, ma rilasciate dai Comuni di Corato (BA) e di Triggiano (BA), ossia al di fuori del predetto ambito dell’ASL, mentre, secondo l’ATI Miccolis, esse restano soggette all’art. 3, c. 3 della l. 15 gennaio 1992 n. 21, in virtù del quale, per il servizio NCC, «… la sede del vettore e la rimessa devono essere situate, esclusivamente, nel territorio del comune che ha rilasciato l’autorizzazione…». Pertanto, il Consorzio TRADA non solo avrebbe solo dichiarato la mera disponibilità di rimesse per ricovero automezzi nei territori comunali di Taranto, Palagianello ed Avetrana (senza indicare il titolo per cui queste sarebbero state a sua disposizione), ma non ha neppure tenuto conto dei chiarimenti della stazione appaltante, in ordine sia al possesso di licenze NCC «… rilasciate dal Comune in cui il servizio viene effettuato…», sia alla necessità di fornire «… copia autentica di una licenza da noleggio da rimessa rilasciata da qualsiasi Comune della Provincia di Taranto…».
Ciò posto, vale la pena rammentare i capisaldi essenziali, indicati dall’art. 5 del disciplinare, dei requisiti tecnici che la staziona appaltante previde e che le imprese avrebbero dovuto possedere (salvo avvalimento, è ovvio) e dichiarare, a pena di esclusione.
In particolare, l’art. 5, lett. C.9) del disciplinare ammise a gara le imprese che, tra l’altro, fossero «… titolari delle autorizzazioni e per lo svolgimento di servizi pubblici non di linea di cui alla L. 21/1992 e s.m.i. ovvero alla L. n. 218 del 11 agosto 2003…». Dal canto loro, le successive lett. J) e K) disposero l’allegazione della documentazione da cui si evincessero «… gli estremi della licenza di noleggio da rimessa, con conducente, rilasciato dal Comune…» e, rispettivamente, «… la disponibilità, in loco, della presenza di rimessa adibita a ricovero dei mezzi…». Il successivo art. 5.3) dispose il deposito sia di una relazione tecnico – progettuale in ordine alle modalità operative di espletamento del servizio, sia delle schede tecniche di ciascun autoveicolo da adoperare a tal scopo. Tutto ciò, come s’è detto, a pena della sanzione espulsiva, a differenza, invece, di quanto indicato nell’art. 4, che previde sì la possibilità per chiedere chiarimenti ed i relativi modalità e termini, ma NON anche un’efficacia dei chiarimenti resi direttamente integrativa della lex specialis, né tampoco informazioni complementari di quest’ultima anch’esse presidiate a pena d’esclusione.
Dal che una premessa di metodo interpretativo di questa parte della lex specialis, che il Collegio reputa opportuno fin d’ora formulare.
Per un verso, l’art. 5, lett. C.9) del disciplinare, laddove parla del possesso e della relativa prova delle licenze per «…lo svolgimento di servizi pubblici non di linea di cui alla L. 21/1992 e s.m.i. ovvero alla L. n. 218 del 11 agosto 2003…», accomuna due realtà normative distinte, essendo l’una relativa più propriamente agli autoservizi pubblici non di linea (taxi e servizi di NCC) e l’altra all’attività di noleggio di autobus con conducente. Ciò implica la permanenza della diversa efficacia dei titoli rilasciabili nel caso di NCC ex l. 21/1992, piuttosto che nell’altro dove, in forza dell’art. 5, c. 3 della l. 218/2003, la licenza colà prevista non è soggetta a limiti territoriali, né è prevista la necessaria collocazione della rimessa nel territorio del Comune che ha rilasciato detto titolo. È certo vero che entrambe le sono rivolte all’unico scopo, evincibile dall’art. 2, c. 4 della l. 218/2003, per cui «…le imprese di trasporto di viaggiatori effettuato mediante noleggio di autobus con conducente… si considerano abilitate all’esercizio dei servizi di noleggio con conducente di cui alla citata…» legge n. 21. Ma ciò è affermato essenzialmente perché entrambe le attività, indicate da quest’ultima all’art. 1, c. 1, hanno una funzione complementare ed integrativa rispetto ai trasporti pubblici di linea automobilistici e sono svolte, a richiesta del trasportato, in modo non continuativo o periodico, su itinerari ed orari stabiliti di volta in volta.
Per altro e correlato verso, anche alla luce di ciò la serena lettura dell’art. 5, lett. C.9), J) e K) del disciplinare induce a ritenere, per quanto attiene al possesso delle licenze stesse, che le norme di gara usino in modo, se non atecnico, certo generico i riferimenti alle leggi n. 21 e n. 218.
In altri termini, la stazione appaltante ha voluto in tal modo, per meglio effettuare la selezione e, dunque, il servizio appaltando, ammettere a gara imprese che potessero offrire sia autovetture che autobus, con le relative abilitazioni al trasporto non di linea, singolare, plurale (fino a nove posti) o collettivo (più di nove posti, secondo i limiti all’uopo previsti dal Codice della strada). Sicché il riferimento alle rispettive licenze è da intendere solo come requisito professionale abilitativo di imprese e veicoli, interessando alla stazione appaltante, nel proprio e specifico ambito territoriale e funzionale, un servizio di trasporto sì professionalmente qualificato, ma di pazienti e non di passeggeri. Scolorano, quindi, tutte le considerazioni sui limiti territoriali dei rispettivi tipi di licenze indicate, in quanto ciò che serve all’ASL è la predetta professionalità come consacrata in questi titoli, più che il rigido rispetto delle regole di funzionamento del servizio NCC.
Non a caso, lo stesso art. 5 chiede l’indicazione, alla lett. J), degli estremi del titolo rilasciato dal Comune, per meglio verificarne la rispondenza alle esigenze del servizio appaltando; e, alla lett. K), della disponibilità d’una rimessa in loco, cioè dove s’espleta il servizio (corrispondente al territorio dell’ASL), per meglio garantirne la funzionalità e l’efficacia. È appena da precisare che, a parte il pieno adeguamento del Consorzio TRADA al chiarimento reso dalla stazione appaltante in ordine alla disponibilità della rimessa in loco, ha ragione l’appellante principale ad affermare che detto chiarimento riguardasse la prova della disponibilità stessa, ma è appunto ciò che fece il Consorzio, quando autodichiarò di disporre delle rimesse nell’ambito territoriale dell’ASL. Ed è parimenti da osservare che l’autodichiarazione, stante l’assunzione di responsabilità che essa comporta, è in sé idonea a realizzare l’interesse sotteso alla norma di gara sulla disponibilità.
8.  – Andando ora per ordine a rispondere alle censure mosse dall’appellante principale, in base a quanto finora considerato dal Collegio, ai fini dell’ammissione alla gara de qua, sarebbero occorsi, a seconda dei mezzi offerti, i titoli ex l. 21/1992 e l. 285/2003 e la piena disponibilità della relativa rimessa in uno o più dei Comuni rientranti nell’ambito territoriale dell’ASL, corrispondente al territorio provinciale di Taranto.
Sennonché l’ASL, cui era stato formulato il quesito (n. 9) se fosse sufficiente l’autodichiarazione e la copia autentica della licenza di noleggio da rimessa rilasciata da un qualunque Comune per dimostrarne il possesso, rispose come fosse indispensabile la copia autentica di una licenza emanata da qualsiasi Comune della Provincia di Taranto. Reputa il Collegio che siffatta risposta, in disparte la non coerenza logica tra quanto chiesto (mezzo di prova del possesso) e quanto pronunciato (solo licenze da Comuni tarantini), introdusse un elemento sproporzionato rispetto ad un’esigenza assai semplice a fronte dell’oggetto dell’appalto. Inoltre, tal elemento era ed è in sé irrazionale, non solo perché non fu correlato ad alcun dato testuale sicuramente ricavabile dalla legge di gara, ma anche perché, ad accedere alla tesi dell’appellante (e, soprattutto, prescindendo dalla regola di gara sulle rimesse in loco), la regola sull’inizio e fine del servizio NCC nel Comune che ne rilasciò la licenza sarebbe stato una modalità di svolgimento del servizio appaltando a dir poco cervellotico.
Comunque il Consorzio TRADA, pur in possesso di licenze NCC rilasciate da alcuni Comuni baresi, per ottemperare a tal indicazione (in realtà, NON prescrittiva), produsse due contratti di avvalimento per l’utilizzazione di altrettante autorizzazioni di servizi pubblici non di linea della Provincia di Taranto per i due minibus offerti.
Assodato ciò, il Collegio non condivide la censura al TAR, dove questo afferma che «… non avrebbe avuto alcun senso limitare la partecipazione alla gara de qua alle sole ditte aventi la disponibilità di rimessa nel territorio del Comune che aveva rilasciato la licenza di noleggio con conducente, riguardando il servizio di trasporto il territorio di diversi Comuni della Provincia di Taranto…». L’appellante non s’avvede che il requisito va riferito all’oggetto dell’appalto, ossia con riguardo, in particolare, al servizio di trasporto assistito dei soggetti in trattamento dialitico, dal loro domicilio ai vari centri di dialisi afferenti all’ASL di Taranto. Il requisito stesso serve non già ad affermare la corretta modalità, non importa se già a regime oppure no, del trasporto pubblico non di linea con NCC, bensì a dimostrare che l’impresa offerente sia adeguatamente titolata ad effettuare il trasporto, singolare o collettivo, di persone a richiesta dell’ASL, cioè sia atta a svolgere il servizio nella sua materialità. Donde la necessità d’interpretare il requisito di cui al citato art. 5, lett. C.9) in base a ciò che colà si chiede, peraltro con un dato testuale evidentemente di piana lettura, al fine di un efficace svolgimento del trasporto dei pazienti dializzati. Non si può prescindere, ad avviso del Collegio, da tal scopo, che è poi l’interesse creditorio specifico dedotto in appalto dall’ASL, con il dare risalto, come vuole l’appellante principale, a valori altri, sì posti dalla legge, ma per ragioni nella specie irrilevanti.
Anzi, la finalità precipua dedotta in appalto è tanto rilevante che l’ASL ha previsto la necessità di una rimessa nell’ambito territoriale aziendale, altrimenti incomprensibile, anzi inutile se si dovessero applicare in modo puntiglioso le regole degli artt. 3 e 5-bis della l. 21/1992. Da tanto discende l’infondatezza d’ogni questione sul soddisfacimento, o meno, del requisito ex art. 5, lett. C.9) da parte delle imprese consorziate, in quanto queste ultime, designate allo svolgimento del servizio appaltando, rispondono comunque al requisito stesso, stante la non rilevanza territoriale delle licenze rilasciate da Comuni della Provincia di Taranto.
Né più fondata s’appalesa la censura della sentenza impugnata, nella parte in cui esclude la «… dedotta genericità del contratto di avvalimento (tra il Consorzio TRADA e le imprese ausiliarie – NDE), in quanto ad esso risultano allegate le licenze di noleggio da rimessa con conducente… unitamente alla carta di circolazione dei veicoli cui le licenze si riferiscono…». Senza bisogno di ulteriori confutazioni, basta al Collegio rammentare il già citato art. 1346 c.c., che consente la determinazione dell’oggetto del contratto anche per relationem, cioè attraverso il rinvio ad altri atti, delle parti o di terzi, pur quando questi di per sé non abbiano una diretta funzione determinativa. Al riguardo. In questo caso, si determina una relazione in senso non già “formale” (intesa, cioè, ad esplicitare o chiarire singoli aspetti della contrattazione che risultino oscuri in assenza del rinvio), bensì ad una relazione in senso “sostanziale”, che persegue appunto uno scopo determinativo. Del pari, il contratto ben può esser integrato ed interpretato mediante atti d’una o di entrambe le parti, che specifichino l’oggetto ed il bene o l’utilità scambiati, meramente formalistica (e non richiesta ad substantiam) apparendo la doglianza che tutti i documenti avrebbero dovuto formare corpo unico con il contratto.
9.  – Non convincono quindi le ulteriori doglianze poste al Collegio dall’appellante principale.
Non quelle sull’assenza delle caselle barrate, corrispondenti alla lett. m) (per il Consorzio TRADA e per le sue delegate DI GIULIO s.r.l. e Donato Trasporti s.r.l.) ed alla lett. n) (per quest’ultima soltanto) dello schema di domanda, giacché si tratta non di un’omissione, ma d’un mero errore materiale nella compilazione d’una dichiarazione unica, recante alla lett. k), barrata, una d’identico tenore. Né tampoco quelle sull’irrilevanza di tutti tali errori ai sensi dell’art. 46, c. 1-bis del Dlg 163/2006, che è, invece, norma fondamentale e, come tale, è applicabile a tutte le vicende non ancora definite alla data della sua entrata in vigore. E neppure quelle sull’attestazione rilasciata dall’ASL per il fatturato maturato dal Consorzio nel triennio 2007/2009, allegato, questo, alla domanda di partecipazione al quale il Consorzio stesso e le imprese designato rinviano, onde mera petizione di principio s’appalesa l’assunto per cui tal documento non sarebbe in grado di soddisfare l’indicazione del fatturato specifico per il medesimo periodo.
Pretestuosa appare infine la doglianza sulla pretesa incomprensibilità della dichiarazione del sig. Giancarlo Gigante, resa in nome della GLIM Viaggi s.r.l. il 29 marzo 2011, sol perché essa non è se non il risultato d’un “copia-incolla” da un formulario parafrastico dell’art. 38 del Dlg 163/2006. L’ATI appellante non s’avvede che quel che conta, in assenza di peculiari e solenni formalità volute o predefinite da detta norma, è il contenuto specifico di ciò che si dichiara, non già se si manifesti con espressioni più o meno eleganti, piuttosto che sgrammaticate. Anzi, in difetto d’evidente prova contraria, il mero uso del predetto formulario, ben lungi dal rendere impossibile la decifrazione di tal dichiarazione —d’altronde sottoscritta e fatta propria dal legale rappresentante della GLIM Viaggi s.r.l.—, esprime la volontà d’adempiere in modo esatto, completo e scrupoloso a quanto prescritto dalla norma stessa. Ciò serve altresì ad elidere in radice quelle aporie o erroneità che, talvolta, si verificano quando si vuol riportare ciascun capo d’una dichiarazione tanto prolissa e formalistica, da ridurre il presente contenzioso ad una pignolesca caccia all’errore.
È appena da osservare che non è perspicua l’ultima doglianza dell’ATI Miccolis (pag. 26 del ricorso n. 3558/2013 RG in epigrafe), nel senso, cioè, che non si comprende a quale altra impresa ausiliaria essa si riferisca. Se si tratta della Gigante Bus Service - GBS s.r.l., è solo da precisare che il sig. Gigante è legale rappresentante anche di detta Società e, se si parla della dichiarazione del 29 marzo 2011 depositata dalla stessa appellante, la dichiarazione di cui alla lett. h) dello schema è presente. Poiché, però, la censura è formulata senza più precisi dati di confronto, al Collegio non resta che dichiararla, ancor prima che inammissibile, addirittura speciosa.
10.  – In definitiva, i due appelli, qui riuniti, vanno rigettati, ma la complessità della questione e giusti motivi suggeriscono la compensazione integrale delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. III) definitivamente pronunciando sui ricorsi n. 3558/2013 RG e n. 7050/2013 RG in epigrafe, li respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nelle Camere di consiglio del 19 dicembre 2013 e del 22 gennaio 2014, con l’intervento dei sigg. Magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere
Dante D’Alessio, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere, Estensore