Tar Puglia, Bari, Sez. I, 27 agosto 2013, n. 1256

 

Tar Puglia, Bari, Sez. I, 27 agosto 2013, n. 1256

Presidente Allegretta; Estensore Serlenga

 

E’ illegittima l’esclusione da una gara di appalto di una società con meno di quattro soci per omessa presentazione della dichiarazione di cui all’art. 38, co. 1, lett. b), del D.Lgs. 163/2006, relativa al socio di maggioranza, nel caso in cui non vi sia in concreto alcun socio in possesso di una quota di partecipazione superiore al 50 %, a prescindere dalla circostanza che la concorrente avesse erroneamente riportato, nella domanda di partecipazione, il nominativo di uno dei tre soci quale socio di maggioranza.

 

BREVI ANNOTAZIONI

 

 

L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA

 

Giudicando su una complessa vicenda di gara che aveva visto l’impresa concorrente, composta da tre soli soci, essere esclusa per omessa presentazione della c.d. dichiarazione di moralità professionale con riferimento ad un socio erroneamente indicato come “di maggioranza” e, a seguito di richiesta di riammissione, motivata adducendo l’errore di compilazione della domanda e l’insussistenza di un socio di maggioranza, parimenti non ammessa per non aver reso la dichiarazione de qua riguardo ai due soci di maggioranza relativa, il T.A.R. Bari esamina ex professo i confini della disposizione di cui all’art. 38, co.1, lett. b), del d.lgs. n. 163 del 2006 nella particolare ipotesi in cui nessuno dei tre soci sia proprietario, da solo, di più del 50 % del capitale sociale.

 

IL PERCORSO ARGOMENTATIVO

 

La sentenza in commento affronta una tematica molto invalsa nella prassi delle procedure ad evidenza pubblica, vale a dire quella dei destinatari dell’obbligo di dichiarazione di cui all’art. 38, comma 1, del d.lgs. n. 163/2006. La norma esclude la partecipazione di determinati soggetti, indicati expressis verbis nel corpo della stessa, che abbiano riportato una condanna passata in giudicato per reati che incidono sulla moralità professionale.

Nel caso in oggetto, la questione centrale è costituita dall’individuazione dell’esatta latitudine dell’obbligo di dichiarazione circa il possesso del requisito di “moralità professionale” per l’ipotesi di cui alla lettera b), con precipuo riferimento a società costituite da meno di quattro soci. A tal proposito, la norma sanziona con l’esclusione dalla procedura l’omessa presentazione della dichiarazione de qua in relazione al socio “di maggioranza”.

A seguito di un’articolata fase istruttoria, che aveva visto l’interessata rettificare la domanda di partecipazione originariamente proposta, la società risulta composta da tre soci, di cui due proprietari del 40% del capitale sociale ed uno del 20% (cfr. visura camerale prodotta dall’interessata in sede di istanza di riammissione). Non essendoci, pertanto, un soggetto qualificabile come socio maggioritario, il Collegio Giudicante ha ritenuto illegittima l’esclusione della concorrente, attesa la non applicabilità della circostanza di cui alla lettera b) al caso di specie.

 

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

La sentenza in esame si innesta nel filone giurisprudenziale, ormai ampiamente maggioritario, secondo cui la dichiarazione in questione debba essere resa in via esclusiva dal socio che detenga la maggioranza del capitale sociale, inteso come valore economico assoluto (ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 25 luglio 2013, n. 3693).

De jure condito, l’interpretazione letterale del disposto di cui all’art. 38, co. 1, lett. b, d.lgs. 163/2006 appare in linea con l’intento del legislatore di tipizzazione delle cause di esclusione, in un’ottica inibitoria ma non arbitraria. Pertanto, la disposizione non potrà che ritenersi di stretta interpretazione, con la conseguente individuazione della qualifica di socio di maggioranza in colui che, da solo e in forma diretta, sia proprietario del 50% + 1 del capitale sociale.

Inoltre, la stessa evoluzione pretoria sembrerebbe avvalorare tale impostazione. Infatti, con riferimento alla posizione dell’amministratore di fatto e del procuratore ad negotium, l’orientamento “sostanzialistico” ha, ripetutamente, affermato la necessità di imporre, ope legis, l’obbligo di dichiarazione non soltanto ai legali rappresentanti formali bensì a tutti i soggetti che abbiano ottenuto il conferimento di poteri consistenti nella rappresentanza dell’impresa e nel compimento di atti decisionali (ex plurimis, Cons. di Stato, ordinanza n. 1943 del 2013; Cons. di Stato, sez. V, 9 marzo 2010, n. 1373; Cons. di Stato, sez. VI, 18 gennaio 2012, n. 178). Applicando le considerazioni sopra esposte al caso concreto, la ratio della norma non può che sottendere l’intendimento del legislatore di impedire la partecipazione alle procedure a quei soggetti in grado di assumere una posizione di prevalenza tale da sfociare in una sostanziale capacità gestoria, con concrete possibilità di condizionamento della vita societaria. In tal senso si è spinta la giurisprudenza di merito, assimilando il ruolo del socio di maggioranza in società con meno di quattro soci all’amministratore di fatto, in virtù di una presunzione iuris et de jure secondo cui egli eserciterebbe un controllo sulle determinazioni societarie (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 4 aprile 2012, n. 1624).

In definitiva, le suddette considerazioni portano ad escludere, alla luce del layout normativo vigente, la configurabilità dell’obbligo dichiarativo in assenza di soci che siano in possesso di una quota maggioritaria in termini di valore economico assoluto (per le società con meno di quattro soci).

Tale conseguenza sembrerebbe, tuttavia, determinare l’incostituzionalità della dispozione citata per violazione dei principi di uguaglianza, imparzialità e buona amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 Cost. Infatti, nella pratica, due soci non qualificabili come maggioritari e, in particolari casi limite, addirittura privi dei requisiti moralità richiesti dall’art. 38 per i soggetti ivi tassativamente individuati, potrebbero, congiuntamente, controllare la vita societaria, incidendo nella fase decisionale delle strategie gestionali e dominicali. Tale evenienza potrebbe verificarsi alla luce della concreta regolamentazione statutaria della società oppure a seguito di rapporti familiari consolidati, in quanto non è raro che le società con meno di quattro soci siano costituite da soggetti appartenenti al medesimo nucleo familiare o comunque legati da vincoli di parentela e affinità. In tali ipotesi, una attenta suddivisione del capitale sociale eluderebbe, cum scientia fraudis, le cautele predisposte dal legislatore, creando una pericolosa “zona grigia” di ingiustizia.

Permanendo l’interpretazione letterale, pertanto, potrebbe determinarsi un surrettizio ampliamento della portata del principio del favor partecipationis, consentendo a società di dubbia affidabilità di partecipare alle procedure ad evidenza pubblica, in una posizione di supremazia nei confronti delle concorrenti. Quest’ultime, difatti, sarebbero onerate di un ulteriore atto, vale a dire la presentazione della dichiarazione di moralità professionale, non richiesto, invece, per i componenti di società composte da meno di quattro soci. Sarebbe, quindi, auspicabile un intervento legislativo volto a razionalizzare il sistema, imponendo per esempio l’onere dichiarativo nei confronti di tutti coloro i quali siano in grado di trasmettere in concreto, con il proprio comportamento, la riprovazione dell’ordinamento nei riguardi della loro personale condotta. Del resto, la ratio del codice degli appalti è quella di garantire il buon andamento della Pubblica Amministrazione anche attraverso procedure volte ad individuare interlocutori seri ed affidabili.

Tale esigenza è già stata avvertita dalla giurisprudenza più recente del Consiglio di Stato con riferimento all’ipotesi di società composte da due soci paritari, ossia entrambi titolari del 50 % del capitale sociale. In tal caso, è stato ritenuto doveroso equiparare soci maggioritari ed egualitari, estendendo l’onere dichiarativo anche a questi ultimi (in tal senso Cons. di Stato, Sez. VI, sentenza 28 gennaio 2013, n. 513).

Pertanto, una possibile soluzione potrebbe essere fornita da una riforma che imponga, nell’ipotesi di società costituite da meno di quattro soci, la dichiarazione de qua con riferimento a tutti i componenti o, in via alternativa, ad almeno due soci che, congiuntamente, siano in possesso di una quota di maggioranza qualificata del capitale sociale.

 

PERCORSO BIBLIOGRAFICO

F. Caringella, M. Protto, Codice dei Contratti Pubblici, Ed. Dike, 2012

L. Scotti, La giurisprudenza approda ad un amplius novero dei soggetti tenuti all’onere dichiarativo ex art. 38, comma 1, lett. b), c) e m-ter) del Codice, in questa stessa Rivista.

M. Giustiniani, Il socio paritario è ‘parificato’ a un socio di maggioranza ai fini della disciplina delle gare pubbliche, in questa stessa Rivista.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1828 del 2012, proposto da:

Medic's Biomedica s.r.l., in persona dell’Amministratore unico e legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Valeria Pellegrino, con domicilio eletto presso l’avv. Maurizio Di Cagno in Bari, alla via Nicolai n. 43;

contro

Azienda Sanitaria Locale Bari, in persona del Direttore generale p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Edvige Trotta, con domicilio eletto presso l’ufficio legale dell’Ente in Bari, al lungomare Starita n. 6;

per l'annullamento

- del provvedimento 19/12/2012 prot. 210198/UOR5 con cui l'A.S.L. BA ha comunicato ex art. 79 c.5 d.lgs. n. 163/06 e succ. mod. il verbale 18/12/2012 di esclusione della Medic's Biomedica s.r.l. "dalla gara mediante procedura aperta per la fornitura di protesi e materiali vari per chirurgia vascolare ed endovascolare per la ASL BA", del richiamato verbale 18/12/2012 nonché del precedente verbale 17/12/2012 pure allegato;

- dell’anteriore provvedimento prot. n.19425/UORS con cui si comunicava, sempre ai sensi dell’art.79, comma 5, l’esclusione della Medic's Biomedica s.r.l. dalla gara per le ragioni di cui al precedente verbale di gara nonché di tale verbale;

- di ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale tra cui, ove occorra, gli atti di indizione della gara e, in particolare, lo schema di contratto riportante le condizioni di partecipazione, gli allegati IIb e IIc nella misura in cui non specificano che le dichiarazioni di cui all’art.38 comma 1 lett. b) e c) del d.lgs. n.163/06 debbono essere rese a pena di esclusione anche dai soci di maggioranza relativa;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Sanitaria Locale Bari;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 maggio 2013 la dott.ssa Giacinta Serlenga e udito il difensore avv. Valeria Pellegrino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- La Medic’s Biomedica s.r.l. ha partecipato alla gara indetta dall’ASL BA – Area gestione del patrimonio per la fornitura di protesi e materiali vari per chirurgia vascolare ed endovascolare destinati ai presidi ospedalieri ricompresi nel distretto, per la durata minima di 24 mesi e per un importo complessivo, al netto dell’I.V.A., di €. 6.683.630,00.

Precisa l’interessata che, nel compilare l’allegato IIb, è stato erroneamente indicato il nome del socio Marcella Petrucci, nello spazio destinato ad individuare il socio di maggioranza nelle società con meno di quattro soci. Il capitale sociale è, invece, così ripartito: la suddetta Marcella Petrucci detiene il 40%; un ulteriore 40% il sig. Marco Petrucci; il restante 20% il sig. Paolo Petrucci, legale rappresentante ed amministratore unico della società.

Esaminata la documentazione, nella seduta del 20.11.2012, la Commissione ha disposto l’esclusione della società ricorrente, sul presupposto che non fosse stata presentata la dichiarazione ex art.38 del d.lgs. n.163/2006, in relazione al socio indicato come di maggioranza.

A seguito della richiesta di riammissione presentata dall’interessata, motivata adducendo il suddetto errore di compilazione della domanda e l’insussistenza di un socio di maggioranza, come da apposita visura camerale esibita a supporto, la Commissione ha confermato le precedenti determinazioni, disponendo definitivamente l’esclusione dell’odierna ricorrente per non aver reso la dichiarazione in questione con riferimento ai due soci di maggioranza relativa (i sigg.ri Marcella e Marco Petrucci).

Con il gravame in epigrafe la Medic’s Biomedica s.r.l. ha impugnato i richiamati atti ottenendo tutela cautelare, giusta ordinanza di questa Sezione n. 11/2013.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione sanitaria resistente, con atto depositato in data 9.1.2013, chiedendo la reiezione del ricorso.

All’udienza del 3 maggio 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.

2.- La questione centrale, dalla quale dipende la soluzione della presente controversia, attiene all’estensione dell’obbligo di dichiarazione ex art.38, comma 1, lett. b), d.lgs. n.163/2006, in ipotesi di società con meno di quattro soci.

Nel caso di specie la dichiarazione è stata resa esclusivamente dall’Amministratore unico e legale rappresentante della società, sul presupposto che –si ribadisce- nessuno dei soci possa essere qualificato "di maggioranza".

L’interpretazione seguita dalla Commissione di gara -e contestata dall’odierna ricorrente con i tre motivi di ricorso- estende il suddetto obbligo fino a ricomprendervi i soci di maggioranza relativa.

Tutto il gravame è incentrato sulla violazione dell’art.38 in parola in combinato disposto con l’art.46 dello stesso decreto, per non aver l’Amministrazione resistente esercitato il cd. potere di soccorso.

Le censure della società ricorrente meritano accoglimento.

Ritiene il Collegio che il requisito controverso debba riferirsi in via esclusiva al socio che detenga la maggioranza del capitale sociale inteso come valore economico assoluto.

In favore di tale orientamento militano diverse considerazioni, sia di ordine testuale che logico-sistematico:

a) in primo luogo, è l’espressione "socio di maggioranza" in sé ad esprimere un valore assoluto e ad escludere ogni altra possibile relazione proporzionale nella distribuzione del capitale sociale. Ogni diversa accezione, che si allontani dal nitido dato testuale, estenderebbe oltremodo l’ambito di operatività della norma stessa che, per l’efficacia potenzialmente inibitoria della partecipazione alle gare e per la spiccata connotazione sanzionatoria che assume alla luce della tipizzazione delle cause di esclusione introdotta dalla novella del d.l. 13 maggio 2011 n. 70, conv. in legge n.106/2011, deve ritenersi di stretta interpretazione;

b) in secondo luogo, se il legislatore avesse inteso relativizzare la posizione di maggioranza avrebbe fissato (o quanto meno avrebbe dovuto fissare) una soglia minima di valore per la determinazione della maggioranza del capitale. In assenza di simili previsioni, alla disposizione in esame non può che attribuirsi il significato letterale proprio: "socio di maggioranza" non può cioè che essere colui che da solo è proprietario, in forma diretta, del 50% + 1 del capitale;

c) ancora: la ratio della norma sottende l’intendimento del legislatore di assimilare il ruolo del socio di maggioranza in società con meno di quattro soci all’amministratore che sia anche legale rappresentante; identificazione che postula la presunzione –iuris et de iure- che egli eserciti un controllo "di fatto" sulle determinazioni societarie.

Coglie, dunque, nel segno parte ricorrente quando prospetta che il socio di maggioranza in simili assetti proprietari è colui che sia in grado di assumere una posizione di prevalenza tale da riconoscergli una sostanziale capacità di gestione della società; sicché l’obbligo ex art.38 comma 1 lett. b) sia correttamente rapportato alla concreta possibilità di condizionamento delle determinazioni societarie.

Il limite di un numero inferiore a quattro soci trova giustificazione proprio nell’assimilazione organizzativa e gestionale di tali assetti di società di capitali alle società di persone, in cui la tradizionale rilevanza dell’elemento personale fa istituzionalmente coincidere il ruolo di amministratore con quello dei soci patrimonialmente responsabili.

Se il numero dei soci è così esiguo, un controllo di fatto da parte di uno di essi è astrattamente ipotizzabile. E’ dato, infatti, incontestato che quanto più è distribuito il capitale sociale tanto minori saranno – presuntivamente- l’incidenza e la capacità di orientamento sulle scelte gestionali da parte del socio di maggioranza.

In tal senso appaiono orientate le stesse decisioni del Consiglio di Stato (la n. 4564/2012) e dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (la n. 1/2012), richiamate dall’Amministrazione resistente a sostegno delle gravate determinazioni, nelle quali invero l’accento viene posto proprio sulle concrete possibilità di condizionamento della vita societaria.

Il socio di maggioranza ha specifica rilevanza in quanto si presume –si ribadisce: iuris et de iure- che assuma il ruolo di amministratore di fatto, qualificato dalla sua posizione di unico maggiore proprietario del capitale sociale (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 4 aprile 2012, n. 1624).

Da ultimo, la quinta sezione del Consiglio, nel deferire all’Adunanza plenaria una questione interpretativa assimilabile a quella oggetto del presente giudizio (se alla dichiarazione ex art.38 sia o meno tenuto l’amministratore di fatto), ha ricostruito tutta la giurisprudenza sul punto, dando in ogni caso atto della necessità –anche nell’ottica dell’indirizzo maggiormente teso a valorizzare la dimensione sostanzialista- di ancorare l’eventuale estensione dell’obbligo di dichiarazione in questione ad indagini da svolgersi, caso per caso sui poteri, sulle funzioni e sul ruolo effettivamente e sostanzialmente attribuiti al soggetto considerato, al di là delle qualifiche formali rivestite (cfr. ordinanza n.1943/2013).

Nel caso di specie, non pare profilarsi alcuna possibilità di condizionamento in concreto delle determinazioni societarie da parte di uno dei soci; e non soltanto perché nessuno di essi possiede una quota di maggioranza in termini di valore economico assoluto, ma anche in considerazione della concreta regolamentazione societaria, che impone la maggioranza dei due terzi del capitale sociale quale soglia minima necessaria per l’approvazione di qualsiasi determinazione (cfr. art.17 dello statuto).

Le suesposte considerazioni conducono pertanto ad escludere, nella fattispecie, la configurabilità dell’obbligo di dichiarazione ex art.38 lett. b), con conseguente illegittimità della disposta esclusione.

Il gravame va, pertanto, accolto nella parte impugnatoria.

4.- Quanto alla domanda di risarcimento per equivalente, la stessa ricorrente l’ha formulata in subordine, per l’ipotesi di mancata riammissione in gara. Essendo stata tuttavia accordata tutela cautelare, la pretesa azionata ha trovato tutela in forma specifica; non vi è pertanto luogo a procedere per la domanda subordinata.

Attese la peculiarità e la novità delle questioni affrontate, si ritiene peraltro di compensare le spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui in motivazione.

Compensa tra le parti le spese e competenze di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 3 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Corrado Allegretta, Presidente

Giacinta Serlenga, Primo Referendario, Estensore

Francesco Cocomile, Primo Referendario