Consiglio di Stato, Sez. VI, 10 maggio 2013, n. 2563

 

Consiglio di Stato, Sez. VI, 10 maggio 2013, n. 2563

Presidente Maruotti – Estensore Lageder

 

 

Nelle gare d’appalto, ciascun membro di un’associazione temporanea può impugnare a titolo individuale gli atti della procedura, atteso che il fenomeno del raggruppamento di imprese non dà luogo a un’entità giuridica autonoma che escluda la soggettività delle singole imprese che lo compongono. Tale legittimazione, che si correla alla posizione sostanziale di interesse legittimo alla regolarità della procedura concorsuale, in relazione ai poteri autoritativi che fanno capo alla stazione appaltante nella fase di evidenza pubblica della selezione del contraente, ed alla consequenziale pretesa al risarcimento dei danni (in forma specifica e/o per equivalente monetario), non viene meno, né trova limite quanto all'oggetto ed agli effetti della domanda di annullamento e della connessa domanda risarcitoria, ove taluno degli iniziali litisconsorti, individuati fra le imprese del raggruppamento costituito o costituendo, non impugni la sentenza sfavorevole di primo grado. Ne discende che le singole imprese mandanti, a norma dell'art. 102, comma 1 c.p.a., sono, anche formalmente, legittimate a proporre appello avverso la sentenza di rigetto del ricorso proposto dall'impresa mandataria.

 

E’ legittima l’indicazione in sede di gara del fatturato minimo richiesto attraverso la sommatoria dei fatturati specifici delle imprese consorziate designate quali esecutrici dei servizi, in quanto, dal combinato disposto degli artt. 35 e 36, comma 7 d.lgs. n. 163/2006, in materia di qualificazione del consorzio stabile nel settore dei servizi e delle forniture, risulta operativo il criterio del c.d. cumulo alla rinfusa, in capo al consorzio stabile, dei requisiti dei consorziati, attese le peculiarità, strutturali e funzionali, del consorzio stabile, delineate dalle altre disposizioni contenute nell’art. 36 d.lgs. n. 163/2006, rispondenti alla ratio normativa di dare maggiori possibilità di sviluppo alle imprese sprovviste di sufficienti requisiti per accedere a determinate gare (rispetto a quanto sia già consentito con lo strumento delle A.T.I.), attraverso l’accrescimento delle facoltà operative, ottenibile non imponendo al consorzio di avere i requisiti in proprio, né prescrivendo quote minime in capo alle consorziate portatrici dei requisiti, anche perché, altrimenti, si riprodurrebbe inutilmente il modulo organizzativo delle A.T.I., già, peraltro, replicato con l’aggregazione cui dà luogo il consorzio ordinario.

 

BREVI ANNOTAZIONI

 

L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA

La pronuncia in esame affronta tematiche tra loro diverse ma connesse al profilo soggettivo dei partecipanti ad una gara ad evidenza pubblica. In particolar modo, la pronuncia si sofferma sulle caratteristiche del vincolo giuridico che dà vita alle associazioni o raggruppamenti temporanei di impresa. Nell’ordine, i Giudici di Palazzo Spada affrontano due diverse questioni: i) la legittimazione ad agire in appello in capo ai soggetti che fanno parte di un’A.T.I.; ii) gli elementi differenziali tra A.T.I. e consorzi in merito al possesso dei requisiti speciali per la partecipazione ad una gara (e l’eventuale applicabilità dell’istituto dell’avvalimento nel caso in cui il consorzio ricorra ai requisiti dei soggetti consorziati).

 

 

IL PERCORSO ARGOMENTATIVO

La prima questione che la sentenza in commento si trova ad affrontare riguarda la legittimazione ad agire nel caso dei soggetti componenti un’A.T.I. La vexata quaestio riguarda l’ammissibilità di un ricorso contro una sentenza di primo grado proposto solo da alcuni dei partecipanti ad un’A.T.I. Si tratta di problematica ormai pacificamente risolta nella giurisprudenza amministrativa, tesa ad ammettere la legittimazione all’impugnazione anche nel caso in cui non tutti i membri della compagine associativa interpongano appello. La sentenza in commento aderisce, infatti, al filone che tende a ricondurre su un piano privatistico i vincoli che legano i membri dell’associazione; secondo il giudice, la costituzione di un’associazione temporanea di imprese non è idonea a scalfire il diritto di azionabilità delle proprie situazioni soggettive in giudizio. Ne segue che la mancata proposizione di un ricorso da parte di uno o più soggetti costituenti una compagine associativa lascia inalterato il diritto degli altri partecipanti all’impugnativa.

La seconda questione riguarda la comprova dei requisiti di natura speciale in capo ai consorzi ed ai consorzi stabili (art. 34, comma 1, lett. b) e c) d.lgs. n. 163/2006). La decisione in parola, infatti, in merito a questa questione si mostra piuttosto elastica nell’interpretazione del disposto normativo di cui al successivo art. 35 del Codice. Secondo i Giudice della Sesta Sezione, infatti, la disposizione in parola va interpretata nel senso di ammettere sempre la possibilità, anche per i consorzi stabili, del cumulo dei requisiti speciali non espressamente menzionati dall’art. 35 (ovvero le “attrezzature ed i mezzi d’opera”). Il favor nei confronti della massima partecipazione si lega, infatti, alla necessaria individuazione di un regime differenziale rispetto alle associazioni o raggruppamenti temporanei di impresa. Ammettere un’applicazione dell’art. 35, infatti, significherebbe eliminare una qualsivoglia distinzione rispetto al regime previsto per le A.T.I. Appare interessante il ragionamento del Collegio, che fonda la propria interpretazione sulla natura di “impresa operativa che fa leva sulla causa mutualistica e realizza, nella sostanza, una particolare forma di avvalimento che poggia direttamente sul patto consortile e sulla causa mutualistica”. Sarebbe, in altre parole, la causa del negozio che dà vita al consorzio a permettergli una maggiore flessibilità. Ciò rende anche superflua l’eventuale dichiarazione di avvalimento resa tra i singoli membri del consorzio, in ordine a determinati requisiti speciali.

La questione era stata indirettamente affrontata già dalla pronuncia del Cons. St., Ad. Plen., 4 maggio 2012, n. 8 (riguardante i diversi profili dei requisiti di carattere generale ex art. 38 del Codice), la quale sul punto sembrava essere più rigida, in quanto permetteva il cumulo dei requisiti di idoneità tecnica e finanziaria ai sensi dell’art. 35 (limitando, quindi, il cumulo ai casi ivi previsti). La sentenza che qui si commenta, invece, apre senz’altro la via ad una generalizzazione del cd. cumulo alla rinfusa.

 

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

La sentenza in questione è di interesse soprattutto per quanto riguarda la questione del c.d. cumulo alla rinfusa dei requisiti di carattere speciale nel caso dei soggetti di cui all’art. 34, comma 1, lett. b) e c). Si tratta di un’interpretazione che diverge, tra gli altri, dagli orientamenti espressi dall’AVCP nella determinazione n. 4/2012, nonché di una questione che, molto probabilmente, aprirà nuovi spazi di confronto in giurisprudenza.

 

 

PERCORSO BIBLIOGRAFICO

R. Damonte, M. Bersi, Commento agli artt. 34 ss., in F. Caringella, M. Protto (a cura di), Codice dei contratti pubblici, Dike, 2012, pp. 220 ss.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

 

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 8654 del 2012, proposto dalla soc. coop. a r.l. Services Facility Logistics - S.F.L., in proprio e quale mandante in A.T.I. con PVB Solutions s.p.a. (mandataria) e La Lucente s.p.a. (mandante), quest’ultima anche in proprio, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Saverio Sticchi Damiani e Maria Cristina Lenoci, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, via Cola di Rienzo, 271;

 

contro

 

la Consip s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo, in Roma, via Principessa Clotilde, 2;

 

nei confronti di

 

Romeo Gestioni s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Raffaele Ferola, Bianca Luisa Napolitano e Patrizio Leozappa, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18; Consorzio Stabile Romeo Facility Services 2010, non costituito in giudizio nel presente grado;

 

per la riforma

 

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA, SEZIONE III, n. 9993/2012, resa tra le parti, concernente gara per l’affidamento dei servizi di facility management per immobili adibiti ad uso ufficio dalle pubbliche amministrazioni - risarcimento danni;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 29 gennaio 2013, il Cons. Bernhard Lageder e uditi, per le parti, gli avvocati Lenoci, Saverio Sticchi Damiani, Clarizia, Ferola e Leozappa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

 

1. La presente controversia inerisce alla gara d’appalto, indetta (con bando pubblicato sulla G.U.U.E. il 15 luglio 2010 e sulla G.U.R.I. il 16 luglio 2010) dalla Consip s.p.a., “per l’affidamento dei servizi di facility management per immobili, adibiti prevalentemente ad uso ufficio, in uso a qualsiasi titolo alle Pubbliche Amministrazioni”, suddivisi in 12 lotti per area geografica su tutto il territorio nazionale, da aggiudicare con il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa; in particolare, la controversia si riferisce al lotto n. 11 (Molise e Puglia), con un prezzo base d’asta di euro 68.000.000,00.

All’esito della gara, prima classificata risultava l’A.T.I. capeggiata dalla Romeo Gestioni s.p.a. (con mandante il Consorzio stabile Romeo Facility Services 2010), mentre l’A.T.I. capeggiata dalla PVB Solutions s.p.a. (con mandanti le odierne appellanti Services Facility Logistics soc. coop. a r.l. e La Lucente s.p.a.) risultava classificata al secondo posto della graduatoria.

Giova altresì premettere, in linea di fatto, che la lex specialis  specificava l’oggetto dell’appalto come segue:

“A) Servizi di Governo;

B) Servizi Operativi suddivisi in:

B1) Servizi di Manutenzione (Impianti elettrici, Impianti Idrico Sanitari, Impianti di Riscaldamento, Impianti Elevatori, Impianti Antincendio, Impianti di Sicurezza e Controlli accessi, Reti, Reperibilità);

B2) Servizi di Pulizia ed Igiene Ambientale (Pulizia, Disinfestazione, Raccolta e Smaltimento rifiuti speciali, giardinaggio);

B3) Altri Servizi operativi (Reception, Facchnaggio interno, Facchinaggio esterno/Traslochi”.

2. Con la sentenza in epigrafe, il T.A.R. per il Lazio, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 5047 del 2012, proposto dalla seconda classificata A.T.I. PVB Solutions avverso l’aggiudicazione definitiva, in favore dell’A.T.I. Romeo, e gli atti di gara, provvedeva come segue:

(i) accoglieva il secondo motivo del ricorso incidentale proposto dalla controinteressata A.T.I. Romeo, col quale questa aveva censurato la mancata esclusione della ricorrente principale dalla gara, in quanto la mandataria PVB Solutions s.p.a., designata per l’esecuzione del 100% dei servizi di governo e dell’80% dei servizi di manutenzione, non era in possesso della certificazione di qualità richiesta, a pena di esclusione, per i c.d. servizi integrati agli immobili e/o agli impianti, rilevando, in particolare, che la PVB Solutions s.p.a. aveva prodotto un certificato UNI EN ISO 9001-2008, relativo alla “progettazione ed erogazione dei servizi energia. Riqualificazione tecnologica di impianti di riscaldamento e condizionamento. Progettazione, realizzazione e gestione reti telematiche applicate ad impianti tecnologici. Progettazione, realizzazione e gestione impianti elettrici, termoidraulici e di condizionamento”, che si riferiva unicamente ai servizi di cui al punto B1) della descrizione contenuta nel disciplinare di gara, ma non copriva tutte le tipologie di servizi correlate alla gestione degli impianti, e neppure i servizi di governo, con conseguente violazione del punto 4.2. del disciplinare di gara;

(ii) accoglieva il terzo motivo del ricorso incidentale proposto dalla stessa controinteressata, con il quale era stato dedotto che la mandante dell’A.T.I. seconda classificata, La Lucente s.p.a., non aveva reso la dichiarazione ex art. 38, comma 1, d.lgs. n. 163 del 2006 per il signor Mario Volpe, cessato dalla carica di componente del consiglio di amministrazione e consigliere delegato nel periodo compreso nel triennio precedente la pubblicazione del bando di gara;

(iii) dichiarava di conseguenza l’inammissibilità del ricorso principale (previa declaratoria di assorbimento del primo motivo del ricorso incidentale, col quale era stata dedotta l’invalidità della garanzia fideiussoria prestata a titolo di cauzione).

3. Avverso tale sentenza interponevano appello le due imprese mandanti dell’A.T.I. PVB Solutions s.p.a., ossia la soc. coop. a r.l. Services Facility Logistics e la s.p.a. La Lucente, deducendo i motivi d’impugnazione come di seguito testualmente rubricati:

a) “erroneità e ingiustizia della sentenza, nella parte in cui ha ritenuto il R.T.I. appellante carente del requisito di capacità tecnica per inidoneità del certificato UNI EN ISO 9001-2008 prodotto da PVB”;

b) “erroneità e ingiustizia della sentenza per aver ritenuto inammissibile la partecipazione delle appellanti per l’asserita omessa allegazione, da parte della società La Lucente, della dichiarazione ex art. 38 d.lgs. n. 163/2006 del sig. Mario Volpe”.

Per il resto, le appellanti riproponevano espressamente i motivi di primo grado, lamentando che il TAR li ha dichiarati inammissibili in conseguenza dell’erroneo accoglimento dei motivi di natura escludente dedotti col ricorso incidentale, e chiedevano dunque, in riforma dell’appellata sentenza, l’accoglimento del ricorso principale di primo grado, comprese le correlative domande reintegratorie e risarcitorie in forma specifica e, in subordine, per equivalente monetario.

4. Si costituiva tempestivamente in giudizio l’originaria controinteressata Romeo Gestioni s.p.a., contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone la reiezione.

L’appellata, inoltre, ai sensi dell’art. 101, comma 2, cod. proc. amm. riproponeva espressamente il primo motivo del ricorso incidentale di primo grado, col quale aveva dedotto l’ulteriore motivo escludente dell’originaria ricorrente principale, costituito dalla censura d’invalidità della cauzione provvisoria ex art. 75 d.lgs. n. 263/2006, per difetto di autentica notarile della polizza fideiussoria.

5. Si costituiva altresì l’originaria resistente Consip s.p.a., contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone la reiezione.

6. Nella memoria dell’11 gennaio 2013, l’appellata Romeo Gestioni s.p.a. eccepiva l’inammissibilità dell’appello per carenza di legittimazione ad appellandum ai sensi dell’art. 102 cod. proc. amm., in quanto l’impugnazione risultava proposta dalle sole due imprese mandanti dell’A.T.I. seconda classificata, e precisamente dalla soc. coop. a r.l. Services Facility Logistics e dalla s.p.a. La Lucente, mentre il ricorso di primo grado era stato proposto, oltre che dalle due mandanti, anche dalla mandataria PVB Solutions s.p.a. L’appellata sosteneva al riguardo che, qualora la sentenza di primo grado fosse stata pronunciata nei confronti di tutte le imprese componenti dell’A.T.I., la rinuncia all’appello, oppure la mancata partecipazione al ricorso in appello da parte di una di esse (e, segnatamente, della mandataria), precluderebbero, sul piano processuale, l’ingresso del merito dell’impugnazione e, sul piano sostanziale, la virtuale aspirazione all’aggiudicazione per il principio di immodificabilità soggettiva delle concorrenti.

Replicavano le appellanti, rilevando che secondo ormai consolidato principio giurisprudenziale sussisteva la legittimazione attiva, intesa come titolarità in astratto della posizione soggettiva azionata in giudizio, dell’impresa singola componente d’A.T.I., e che, in particolare, il conferimento del mandato collettivo irrevocabile gratuito all’impresa capogruppo non precludeva o limitava la facoltà delle singole imprese mandanti di agire in giudizio singolarmente. Esse, inoltre, rilevavano che, in caso di ricorso collettivo proposto in primo grado, doveva ritenersi ammissibile l’appello proposto da una sola (od alcune) delle originarie parti ricorrenti, attesa l’autonomia delle rispettive posizioni sostanziali e processuali.

7. All’udienza pubblica del 29 gennaio 2013 la causa veniva trattenuta in decisione.

8. Ritiene la Sezione che è infondata l’eccezione di inammissibilità dell’appello, in quanto:

- per il consolidato orientamento giurisprudenziale di questo Consiglio di Stato, nelle gare d’appalto, ciascun membro di un’associazione temporanea può impugnare a titolo individuale gli atti della procedura, atteso che il fenomeno del raggruppamento di imprese non dà luogo a un’entità giuridica autonoma che escluda la soggettività delle singole imprese che lo compongono (v., per tutte, Cons. St., Ad. Plen., 15 aprile 2010, n. 1);

- tale legittimazione – che si correla alla posizione sostanziale di interesse legittimo alla regolarità della procedura concorsuale, in relazione ai poteri autoritativi che fanno capo alla stazione appaltante nella fase di evidenza pubblica della selezione del contraente, ed alla consequenziale pretesa al risarcimento dei danni (in forma specifica e/o per equivalente monetario) – non viene meno, né trova limite quanto all’oggetto ed agli effetti della domanda di annullamento e della connessa domanda risarcitoria, ove taluno degli iniziali litisconsorti, individuati fra le imprese del raggruppamento costituito o costituendo, non impugni la sentenza sfavorevole di primo grado (oppure rinunzi al ricorso in corso di causa);

- le odierne appellanti, quali ricorrenti in primo grado (assieme alla mandataria) e dunque quali parti del giudizio di primo grado, a norma dell’art. 102, comma 1, cod. proc. amm. sono, anche formalmente, legittimate a proporre appello;

- né possono qualificarsi alla stregua di litisconsorti necessari nel giudizio di impugnazione le parti soccombenti che avrebbero potuto proporre l’impugnazione in via principale, qualora, come nel caso di specie, si verta in fattispecie di causa scindibile (quanto meno con riguardo all’azionata pretesa risarcitoria), sicché non s’impone neppure la necessità di disporre l’integrazione del contraddittorio;

- la scelta processuale dell’impresa in associazione, di non impugnare la sentenza di primo grado ad essa sfavorevole, è relegata al piano processuale del diritto d’azione e d’impugnazione, esplicando i suoi effetti all’interno del processo, e non comporta né la paventata modifica nella composizione soggettiva dell’A.T.I. concorrente, né l’estinzione degli obblighi reciprocamente assunti dalla imprese in associazione ai fini della congiunta esecuzione del contratto in caso di esito positivo della gara, che operano su un piano strettamente privatistico e restano esigibili da ciascuna impresa nei confronti dell’altra, con ogni conseguenza risarcitoria in caso di inadempimento.

In conclusione, il ricorso in appello proposto dalle imprese mandanti avverso la sentenza di rigetto del ricorso di primo grado proposto anche dall’impresa mandataria si sottrae all’eccezione di inammissibilità sollevata dall’appellata Romeo Gestioni s.p.a.

9. Posta con ciò la rituale instaurazione del rapporto processuale, si osserva che l’appello è, bensì, fondato, nella parte in cui è stato proposto avverso la statuizioni di accoglimento del secondo e del terzo motivo del ricorso incidentale e la conseguente declaratoria d’inammissibilità del ricorso principale, ma ciò non di meno il ricorso principale di primo grado deve essere disatteso perché infondato nel merito.

9.1. Fondate sono le censure mosse avverso la statuizione sub 2.(i).

La certificazione di qualità UNI EN ISO 9001:2008, prodotta in sede di gara da PVB Solutions s.p.a., datata 22 luglio 2010 – e dunque l’unica rilevante ai fini decisori, mentre non può attribuirsi rilevanza alcuna alla certificazione prodotta nell’ambito del presente giudizio, recante la data del 1 luglio 2011, successiva al termine di presentazione delle offerte di gara (8 novembre 2010) –, si riferisce all’intero settore di accreditamento EA:28 (Imprese di costruzione, installatori di impianti e servizi), il quale deve ritenersi comprensivo delle capacità dell’impresa certificata di governare le caratteristiche del servizio e dei prodotti forniti, in modo da erogare effettivamente la qualità attesa, e dunque comprende anche i c.d. servizi di governo, senza che all’uopo occorresse anche la certificazione relativa al settore EA:35 (Servizi professionali d’impresa).

Pertanto, contrariamente a quanto ritenuto nell’impugnata sentenza, la mandataria dell’A.T.I. seconda classificata, PVB Solutions s.p.a., indicata quale esecutrice del 100% dei servizi di governo, deve considerarsi munita del requisito di capacità tecnica previsto al punto III.2.3) del bando di gara (dove manca una specificazione esatta del settore di accreditamento, discorrendosi genericamente di “certificazione UNI EN ISO 9001:2000 per l’attività di servizi integrati agli immobili e/o agli impianti”), e il correlativo motivo di ricorso incidentale deve dunque essere disatteso.

Resta assorbita ogni questione processuale riguardante la tempestività e ritualità delle produzioni documentali delle odierne appellanti, attinenti la certificazione di qualità.

9.2. Merita, altresì, accoglimento il motivo d’appello mosso avverso la statuizione sub 2.(ii).

Il T.A.R. ha accolto il terzo motivo di ricorso incidentale – con il quale l’originaria controinteressata aveva dedotto che la mandante dell’A.T.I. seconda classificata, La Lucente s.p.a., non aveva reso la dichiarazione ex art. 38, comma 1, d.lgs. n. 163 del 2006 per il signor Mario Volpe, cessato dalla carica di rappresentante della società e consigliere delegato nel triennio precedente la pubblicazione del bando di gara – sulla base del seguente iter argomentativo:

- dalla certificazione camerale emergeva che il 18 maggio 2007 si erano dimessi due dei tre componenti del consiglio di amministrazione, tra cui il signor Mario Volpe;

- essendo venuta meno la maggioranza del consiglio di amministrazione, secondo l’art. 2385 cod. civ. le dimissioni avevano effetto solo dal momento in cui la maggioranza del consiglio si fosse ricostituita in seguito all’accettazione dei nuovi amministratori;

- il 31 maggio 2007 era, bensì, stato nominato quale nuovo amministratore unico il signor Giuseppe Volpe, ma l’iscrizione delle modifiche societarie nel registro delle imprese era avvenuta solo il 24 agosto 2007;

- poiché a norma del secondo comma del citato art. 2385 cod. civ. la cessazione degli amministratori dalla carica deve essere iscritta entro trenta giorni nel registro delle imprese, l’accettazione del nuovo amministratore unico, comportante la cessazione dalla carica del signor Mario Volpe, doveva ritenersi avvenuta solo in data successiva al 15 luglio 2007, sicché lo stesso aveva rivestito la carica, seppure per soli pochi giorni, nel periodo ricadente nel triennio antecedente la pubblicazione del bando (avvenuta il 15 e 16 luglio 2010), con conseguente necessità di rendere la dichiarazione ai sensi art. 38, comma 1, d.lgs. n. 163/2006, nella specie mancante.

Premesso che la motivazione del T.A.R. si risolve nel ragionamento inferenziale, secondo cui l’iscrizione nel registro delle imprese (avente comunque efficacia meramente dichiarativa, salva l’inopponibilità della causa di cessazione non pubblicizzata ai terzi di buona fede) era stata eseguita il 24 agosto 2007, sicché, a fronte dell’obbligo, sancito dall’art. 2385 cod. civ., di provvedere all’iscrizione entro trenta giorni dalla data dell’evento, la cessazione dalla carica non poteva essere avvenuta prima del 25 luglio 2007, si osserva che, a prescindere dall’inconcludenza del richiamo al menzionato termine dei trenta giorni, sulla base dalla documentazione acquisita al giudizio emergono elementi tali da far escludere che la cessazione del signor Mario Volpe dalla carica di consigliere delegato della La Lucente s.p.a. si fosse perfezionata in data successiva al 15 luglio 2007, in quanto:

- è in atti il verbale di assemblea del 31 maggio 2007, da cui risulta la nomina a nuovo amministratore unico (in seguito alle dimissioni, in data 18 maggio 2007, della maggioranza dei componenti del consiglio di amministrazione) del signor Giuseppe Volpe (titolare di una quota azionaria del 98% e presente all’assemblea, mentre i consiglieri dimissionari erano rimasti assenti);

- le intervenute variazioni dell’organo amministrativo risultano essere state comunicate dalla società al registro delle imprese presso la C.C.I.A.A. Bari con comunicazioni protocollate al n. 34120/2007 del 30 maggio 2007 e rispettivamente al n. 39274/2007 del 19 giugno 2007 (v. visure camerali storiche, in atti), con la conseguenza che i tempi dell’iscrizione, eseguita solo il 24 agosto 2007, non appaiono comunque ascrivibili alla società (a prescindere dalla questione dell’efficacia prenotativa della comunicazione alla C.C.I.A.A., ai fini dell’opponibilità – degli eventi segnalati – ai terzi di buona fede);

- risultano prodotti in giudizio atti, stipulati dal nuovo amministratore unico in rappresentanza della società in data anteriore al 15 luglio 2007 (v., ad es., contratto d’appalto stipulato il 4 luglio 2007 con l’Acquedotto Pugliese s.p.a.), a dimostrazione dell’effettivo esercizio delle nuove funzioni da parte del nuovo amministratore;

- non risultano, per contro, acquisiti elementi probatori indicativi della continuazione dell’esercizio delle funzioni di consigliere delegato da parte del signor Mario Volpe, in data successiva al 31 maggio 2007.

Alla luce di quanto sopra, deve pervenirsi alla conclusione che quest’ultimo sia cessato dalla carica in data anteriore al triennio calcolato a ritroso dalla data di pubblicazione del bando (15 luglio 2007), con la conseguente insussistenza del correlativo obbligo di dichiarazione ex art. 38 d.lgs. n. 163/2006.

Le esposte considerazioni, in parte qua di natura assorbente, impongono la riforma della statuizione di accoglimento del motivo escludente in esame.

9.3. Scendendo in ordine logico alla disanima del primo motivo del ricorso incidentale di primo grado (costituito dalla censura d’invalidità della cauzione provvisoria ex art. 75 d.lgs. n. 263/2006, per difetto di regolare autentica notarile della polizza fideiussoria), dichiarato assorbito dal T.A.R., ma espressamente riproposto dall’appellata Romeo Gestioni s.p.a. ai sensi dell’art. 101, comma 2, cod. proc. amm. e d’ipotetica valenza escludente, si osserva che anche il motivo in esame è infondato, non essendo ravvisabile alcuna violazione delle previsioni del disciplinare di gara.

Infatti, quest’ultimo, al punto 2.h) (p. 15), prevede testualmente “Si precisa che, ove la cauzione contenga anche degli allegati, l’autentica notarile dovrà essere apposta in calce all’intero documento comprensivo degli allegati”, senz’altra previsione di forma.

La polizza fideiussoria (con relativo allegato), prodotta in gara dall’A.T.I. PVB Solutions s.p.a., composta da più pagine, reca, in calce all’intero documento (comprensivo dell’allegato), all’ultima pagina, l’autentica notarile, con ciò conformandosi alla citata previsione della lex specialis .

Risulta dunque infondata, anche in applicazione del principio della tassatività delle cause di esclusione, la censura d’invalidità della garanzia fideiussoria per la mancata apposizione, sulle pagine e sui fogli intermedi, di timbri di congiunzione o della c.d. autentica minore, non espressamente richiesta dalla lex specialis .

9.4. All’infondatezza del ricorso incidentale consegue l’ammissibilità del ricorso principale, dichiarato inammissibile in primo grado (per effetto dell’accoglimento dei motivi incidentali di natura escludente) ed espressamente riproposto dalle odierne appellanti.

Il qui riproposto ricorso principale è affidato ai seguenti motivi che, secondo l’assunto delle odierne appellanti, avrebbero dovuto comportare l’esclusione dell’A.T.I. aggiudicataria capeggiata dalla Romeo Gestioni s.p.a. (con mandante il Consorzio stabile Romeo Facility Services 2010):

a) la violazione e l’erronea applicazione degli artt. 41 e 37 d.lgs. n. 163 del 2006 e del principio della necessaria corrispondenza, in tema di A.T.I., tra quote di esecuzione e requisiti di qualificazione, nonché la violazione dei punti III.2.2.B) e III.1.3 del bando e del punto 2.2. del disciplinare di gara, poiché l’impresa mandante, Consorzio Stabile Romeo Facility Services 2010, non era in possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria stabiliti dalle citate previsioni della lex specialis , in misura corrispondente alla quota di esecuzione dei servizi indicata dallo stesso Consorzio nella domanda di partecipazione, con conseguente mancata corrispondenza tra quota di qualificazione e quota di esecuzione;

b) la violazione e l’erronea applicazione dell’art. 35 d.lgs. n. 163/2006, del punto 4.2.C) del disciplinare di gara e dei punti III.2.2.B) e III.3. del bando di gara, sotto il duplice profilo della violazione del divieto di cumulo dei requisiti di capacità economico-finanziaria delle singole imprese consorziate in capo al consorzio stabile, nonché del mancato possesso del requisito di capacità tecnica costituito dall’iscrizione nel registro delle imprese o all’albo delle imprese artigiane di cui alla l. 25 gennaio 1994, n. 82, e al D.M. n. 274/97 alla fascia “F”.

9.4.1. Privo di pregio è il primo motivo sub 9.4.a).

Giova premettere, in linea di fatto, che l’A.T.I. aggiudicataria ha indicato la mandataria Romeo Gestioni s.p.a. quale esecutrice al 100% dei servizi di governo ed al 30% dei servizi di manutenzione impiantistica e di pulizia, mentre la mandante Consorzio Stabile Romeo è stata indicata quale esecutrice della quota del 70% dell’attività di manutenzione impiantistica e di pulizia.

Occorre, altresì, rimarcare che il bando di gara, per un verso, precisa che, in caso di associazione temporanea d’impresa, i requisiti di capacità economico-finanziaria di cui al punto III.2.2.B) del bando di gara vanno riferiti all’A.T.I. nel suo complesso, e che, per altro verso, secondo l’orientamento di questo Consiglio di Stato, formatosi sulla disciplina degli artt. 37 e 41 d.lgs. n. 163/2006 (nel testo applicabile ratione temporis alla presente procedura di gara, il cui bando è stato pubblicato il 15 e 16 luglio 2010), questa, nel settore dei servizi e delle forniture, prevede solo che, in caso di A.T.I. orizzontale, devono essere specificate nell’offerta le parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dalle singole imprese associate o associande, ma non impone una rigida corrispondenza tra quota di qualificazione e quota di esecuzione, essendo rimessa alla stazione appaltante la determinazione dei requisiti di qualificazione con riguardo ad ogni singola gara (v. Cons. St., Ad. Pl. 5 luglio 2012, n. 26; Cons. St., Ad. Pl. 13 giugno 2012, n. 22).

Ciò premesso, si osserva che la censura delle odierne appellanti si basa su un calcolo del fatturato minimo richiesto, scorporato secondo le percentuali delle parti di servizio che le componenti dell’A.T.I. aggiudicataria avevano dichiarato di eseguire, e pertanto lesivo del principio, enunciato dallo stesso bando di gara, che il fatturato rilevante ai fini dell’integrazione del requisito economico doveva riferirsi all’A.T.I. nel suo complesso; fatturato complessivo, che supera i fatturati minimi stabiliti dalle disposizioni della lex specialis , di cui ai punti III.2.2.B) e III.1.3. del bando e al punto 2.2. del disciplinare di gara.

Si aggiunga – come puntualmente eccepito dall’appellata Consip s.p.a. – che nessuna disposizione della lex specialis  imponeva di attenersi ad un’unica tipologia di fatturato (ossia, solo alla colonna B, oppure solo alle colonne C+D), ponendo come unica condizione che fossero garantiti gli importi minimi indicati per ogni singolo lotto, sicché anche sotto tale profilo l’approccio metodologico adottato per il calcolo del fatturato minimo rilevante ai fini l’integrazione del requisito economico-finanziario, posto a base della censura in esame, non trova un proprio appiglio nella disciplina, generale e speciale, applicabile alla gara de qua.

9.4.2. Infondato è, infine, il (complesso) motivo sub 9.4.b).

9.4.2.1. Quanto al primo profilo di censura, si rileva che appare legittima l’indicazione in sede di gara, da parte del Consorzio stabile Romeo, del fatturato minimo richiesto attraverso la sommatoria dei fatturati specifici delle imprese consorziate designate quali esecutrici dei servizi, in quanto, già nella disciplina previgente l’entrata in vigore dell’art. 277, comma 3, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, dal combinato disposto degli artt. 35 e 36, comma 7, prima proposizione (“Il consorzio stabile si qualifica sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate”), d.lgs. n. 163 del 2006, in materia di qualificazione del consorzio stabile nel settore dei servizi e delle forniture, doveva ritenersi operativo il criterio del c.d. cumulo alla rinfusa, in capo al consorzio stabile, dei requisiti dei consorziati, attesa le peculiarità, strutturali e funzionali, del consorzio stabile, delineate dalle altre disposizioni contenute nell’art. 36 d.lgs. n. 263/2006, rispondenti alla ratio normativa di dare maggiori possibilità di sviluppo alle imprese sprovviste di sufficienti requisiti per accedere a determinate gare (rispetto a quanto sia già consentito con lo strumento delle A.T.I.), attraverso l’accrescimento delle facoltà operative, ottenibile non imponendo al consorzio di avere i requisiti in proprio, soprattutto nella fase iniziale dell’attività, né prescrivendo quote minime in capo alle consorziate portatrici dei requisiti, anche perché, altrimenti, si riprodurrebbe inutilmente il modulo organizzativo delle A.T.I., già, peraltro, replicato con l’aggregazione cui dà luogo il consorzio ordinario.

In tale ottica, la disposizione sulle attrezzature, mezzi d’opera e organico contenuta nell’art. 35 d.lgs. n. 263/2006 – che testualmente statuisce: “I requisiti di idoneità tecnica e finanziari per l’ammissione alle procedure di affidamento dei soggetti di cui all’articolo 34, comma 1, lettere b) e c) (tra cui, appunto i consorzi stabili; n.d.e.), devono essere posseduti e comprovati dagli stessi secondo quanto previsto dal regolamento, salvo che per i requisiti relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo, che sono computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese” – non può essere interpretata restrittivamente argomentando a contrariis, ma deve essere interpretata in modo estensivo, nel senso che essa sancisce l’applicazione, in ogni caso e in qualsiasi periodo di vita del consorzio stabile, del criterio del cumulo alla rinfusa per i requisiti da essa specificamente menzionati, e dunque non contraddice, in un’ottica d’interpretazione sistematica, la sopra richiamata, prima proposizione normativa contenuta nel comma 7 dell’art. 36, affermativa del principio del cumulo dei requisiti.

Inoltre, sul piano dell’interpretazione letterale, la locuzione “posseduti e comprovati dagli stessi” è suscettibile di essere interpretata come meramente ricognitiva della facoltà, in capo al consorzio stabile, di decidere come provare il possesso dei requisiti, se, cioè, con attribuzioni proprie e dirette del consorzio, oppure con quelle dei consorziati.

Tale approccio interpretativo s’impone sulla base del rilievo, di natura sistematica, che il modulo del consorzio stabile, quale delineato dagli artt. 34 e 36 d.lgs. n. 163 del 2006, concretizza un’impresa operativa che fa leva sulla causa mutualistica e realizza, nella sostanza, una particolare forma di avvalimento che poggia direttamente sul patto consortile e sulla causa mutualistica. Tali connotati del modulo organizzativo e gestionale in esame consentono al consorzio di avvalersi di qualsiasi contributo (in termini di requisito) dei consorziati, senza dover ricorrere allo strumento dell’avvalimento ex art. 49 d.lgs. n. 163/2006, fermo restando che, in alternativa, il consorzio può qualificarsi con requisiti posseduti in proprio e direttamente.

Identiche considerazioni valgono con riguardo all’interpretazione da fornire al punto 4.2.1)c. del disciplinare di gara, in parte qua riproduttiva della citata disposizione di legge, e da leggersi in combinazione con il punto III.1.3) del bando di gara, richiamante gli artt. 34, 35, 36 e 37 d.lgs. n. 163 del 2006.

Per le esposte ragioni, va respinto il profilo di censura del motivo in esame, teso a contestare la possibilità della sommatoria dei fatturati specifici delle imprese consorziate designate quali esecutrici dei servizi, al fine di comprovare il requisito di capacità economico-finanziaria.

9.4.2.2. In reiezione del secondo profilo di censura del motivo in esame, va rilevato che, quanto alle imprese consorziate del Consorzio stabile Romeo indicate dalle odierne appellanti come carenti dei certificati camerali ed abilitativi di cui al D.M. n. 274/1997 – disciplinante le fasce di classificazione per la partecipazione a gare d’appalto bandite da pubbliche amministrazioni per servizi di pulizia, disinfezione, disinfestazione, derattizzazione e sanificazione –, l’appellata Romeo, già nel giudizio di primo grado, ha prodotto i certificati camerali, dai quali risulta che trattasi di imprese di costruzione generale o di impiantistica, non deputati, nell’ambito del consorzio stabile, alle prestazioni di pulizia e igiene ambientale, a prescindere dal rilievo (con riguardo alle produzioni documentali delle odierne appellanti in data 8 gennaio 2013) che il possesso del requisito in capo al consorzio deve ritenersi soddisfatto con il possesso dello stesso da parte di una delle imprese esecutrici, e che, nel caso di specie, numerose imprese tra quelle dichiarate come esecutrici ne erano in possesso, mentre difetta qualsiasi prova, che quelle indicate dalle odierne appellanti, prive di abilitazione, avrebbero svolto i servizi medesimi.

9.5. Conclusivamente, va accolto l’appello proposto avverso le statuizioni di accoglimento del ricorso incidentale e di inammissibilità del ricorso principale, ed entrambi i ricorsi di primo grado (sia quello incidentale, sia quello principale) devono essere respinti, perché infondati.

10. Considerate le vicende alternanti connotanti la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate fra tutte le parti

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (ricorso n. 8654 del 2012), lo accoglie e, per l’effetto, respinge nel merito sia il ricorso incidentale sia il ricorso principale proposti in primo grado; dichiara le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Maurizio Meschino, Consigliere

Gabriella De Michele, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore