Consiglio di Stato, Sezione III, sentenza 11 febbraio 2013, n. 738.

Consiglio di Stato, Sezione III, sentenza 11 febbraio 2013, n. 738.
Presidente Pier Luigi Lodi; Estensore Paola Alba Aurora Puliatti.


Nel processo degli appalti pubblici deve essere confermato l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale in presenza di un ricorso incidentale questo deve essere esaminato in via preliminare rispetto al ricorso principale; con l’effetto che – in caso di fondatezza dell’impugnazione fatta valere in via incidentale, per cui il ricorrente non risulti in possesso dei requisiti di partecipazione – deve essere dichiarata inammissibile l’impugnativa sollevata in via principale.

 

BREVI ANNOTAZIONI

L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA

La pronuncia del Consiglio di Stato n. 738/2013 si inserisce esattamente nel filone giurisprudenziale secondo cui l’esame del ricorso incidentale deve essere sempre anteriore a quello dell’impugnativa principale. Con la conseguenza che, qualora sia ritenuto fondato in diritto e in fatto il primo, la conseguenza è l’inammissibilità della seconda con impossibilità del giudice di un suo vaglio nel merito.

 

PERCORSO ARGOMENTATIVO E CONSIDERAZIONI

1. La sentenza in esame ( Cons. Stato 738/2013) si limita a recepire in modo acritico il noto orientamento, di recente affermato dall’A.P del Consiglio di Stato, secondo il quale , nelle procedure di evidenza pubblica, l’esame del ricorso incidentale è pregiudiziale rispetto all’esame del ricorso principale.

La sentenza non ritiene meritevole di alcun commento quanto in proposito sottolineato dalle SS.UU. della Cassazione,  secondo cui l’aggiudicazione “ può dar vita ad una posizione preferenziale soltanto se acquisita in modo legittimo”  ( SS.UU. n 10294/2012 ). Tradotto in soldoni ci sembra che in tal modo si è inteso sottolineare la necessità che il ricorso principale non possa ritenersi in ogni caso assorbito per effetto dell’accoglimento del ricorso incidentale, ma debba essere, quanto meno in alcuni casi, esaminato nel merito. 

Tale considerazione esprime l’esigenza di rendere compatibile il rapporto tra ricorso incidentale e ricorso principale, evitando che l’esame dei vizi di legittimità che inficiano il provvedimento impugnato con il ricorso principale sia precluso mediante una pretesa pregiudizialità logica riconosciuta al ricorso incidentale che ha ad oggetto l’ammissione alla gara della controparte.

L’orientamento dell’A.P. deve, perciò, a nostro avviso, trovare un giusto punto di equilibrio con  quello espresso dal giudice dei conflitti di giurisdizione, per l’assorbente rilievo che il compito primario del giudice amministrativo, desumibile dall’art. 1 del cod. proc. amm., è quello di assicurare l’effettività e la pienezza della tutela e, quindi, di accertare la legittimità del provvedimento amministrativo impugnato con il ricorso principale, in quanto l’interesse legittimo del ricorrente si sostanzia nella primaria esigenza che l’aspirazione al bene della vita possa essere sacrificata solo mediante l’adozione di un provvedimento legittimo..

L’interesse legittimo, infatti, non ha lo stesso contenuto del diritto soggettivo, nel senso che il bene della vita cui il privato aspira con il ricorso giurisdizionale non coincide necessariamente  con il riconoscimento  a suo favore di un rapporto di diretta titolarità con un determinato bene giuridicamente tutelato. Esso  può avere anche un diverso contenuto, quello cioè di ottenere l’annullamento del provvedimento, in quanto attributivo al relativo destinatario di una situazione soggettiva  cui non ha titolo e che perciò stesso si risolve nella lesione dell’interesse qualificato del contrapposto interesse di cui è portatore il ricorrente.

L’interesse legittimo, inteso come interesse alla legittimità del provvedimento emesso dall’amministrazione è una nozione mai revocata in dubbio sin dalla sua originaria configurazione teorica.

L’interesse che è a fondamento dell’impugnativa della licenza di commercio rilasciata ad un proprio concorrente o del permesso di costruire rilasciato illegittimamente al vicino non va identificato con la pretesa di divenire destinatario del provvedimento impugnato, bensì si sostanzia nella pretesa che  la situazione di diritto quo ante non venga modificata mediante un provvedimento illegittimo dell’amministrazione a favore del terzo:  l’illegittimità, al pari della illiceità dell’atto o comportamento, lede la sfera giuridica del terzo titolare di un interesse qualificato, se il provvedimento a favore del destinatario è contra legem.

2. Nelle procedure previste dal codice dei contratti pubblici gli interessi perseguiti dal concorrente sono perciò due e non uno: il primo di natura acquisitiva, espressione del diritto di iniziativa economica di cui è titolare il ricorrente, di essere dichiarato aggiudicatario della gara;  il secondo, che la gara in ogni caso non venga aggiudicata ad un suo concorrente che non ne abbia titolo, in quanto in tal modo si altera la par conditio all’interno del mercato dei lavori pubblici: il ricorrente, nella qualità di attivo protagonista all’interno di essa, ha perciò interesse che non si determinino in proposito ingiustificate alterazioni. La tutela della concorrenza è, dunque, il bene primario che l’amministrazione è tenuta in questi casi a perseguire, con la conseguenza che la sua violazione può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse.

Perciò l’interesse qualificato del ricorrente sussiste finché costui non viene escluso non per vizi attinenti alla domanda di partecipazione o all’offerta presentata, ma per la mancanza dei requisiti di partecipazione alla gara. Solo in tal caso, non essendo titolare di un interesse qualificato non è portatore di un interesse alla legittimità del provvedimento.

 Non a caso l’art.133 del cod. proc. amm. attribuisce  in materia al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva, a tutela sia del diritto di iniziativa economica spettante al partecipante alla gara che abbia i requisiti richiesti a tal fine dall’art. 38 dlg.vo 163/2006, sia a tutela del distinto ed autonomo interesse alla legittimità della procedura che la stazione appaltante è tenuta ad osservare nell’aggiudicazione della gara.

La prima di tali situazioni soggettive viene lesa nel caso di mancata ammissione alla gara dell’impresa in possesso degli elementi costitutivi della fattispecie acquisitiva del diritto di iniziativa economica disciplinata dall’ art. 38 del codice dei contratti pubblici. Infatti, solo dimostrando il possesso di tali requisiti l’impresa dimostra di far parte dell’ordinamento di settore del quale si discute.

La lesione dell’interesse alla legittimità del provvedimento si verifica se è dichiarato vincitore un concorrente che non ne ha titolo e che, in tal modo, acquisisce una posizione preferenziale che altera la parità di trattamento all’interno del mercato di riferimento dei lavori pubblici.

In mancanza del diritto di iniziativa economica, i cui elementi costitutivi, in base all’art.41 Cost., configurati dal legislatore ordinario, al pari di quanto accade in numerose altre ipotesi, non si ravvisa l’esistenza  di un interesse qualificato ( personale e diretto ) per poter contestare la legittimità della procedura di gara terminata con l’aggiudicazione al controinteressato.

La soluzione accolta dall’A.P. perviene, invece, al paradossale risultato che  il soggetto in possesso dei requisiti di ammissione per la partecipazione alle procedure di evidenza pubblica non può contestare, sulla base di una ingiustificata pregiudizialità logica, l’aggiudicazione ad altro concorrente che di tali requisiti manca del tutto, ovvero  che conseguirebbe tale posizione preferenziale sulla base di una domanda errata o di una offerta viziata: il che significa che anche l’aggiudicatario della gara privo della certificazione antimafia può paralizzare il ricorso del concorrente escluso per vizi attinenti alla domanda di partecipazione o all’offerta, così da consentire o all’ aggiudicatario privo di uno o più dei requisiti soggettivi previsti per la nascita del diritto di iniziativa economica, o al concorrente la cui offerta è viziata,  di rimanere aggiudicatario della gara con evidenti gravi alterazioni delle regole della concorrenza e della parità di trattamento.

3. La soluzione indicata dall’A.P. è evidentemente  valida solo se l’esclusione del concorrente si dimostri legittimamente adottata a seguito della constatata mancanza, da parte sua, di uno o più dei requisiti richiesti, nelle procedure di evidenza pubblica, dall’art.38 dei codice dei contratti  pubblici, vale a dire allorché il partecipante alla gara non dimostri di essere titolare del diritto di iniziativa economica, ovvero di essere un soggetto legittimato ad operare nel mercato dei lavori pubblici, conditio sine qua non per l’ammissione alla gara. In questo caso è corretto parlare di mera “ partecipazione di fatto “, come tale priva di qualsiasi tutela sul piano processuale. 

Il concorrente che sia privo del certificato antimafia o di uno o più dei requisiti costitutivi di professionalità, moralità ed economici i indicati nel citato art.38  non è portatore di alcuna legittimazione ad causam.

La soluzione accolta dall’A.P. con riferimento al rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale è valida, dunque, se l’esclusione  del concorrente sia avvenuta per mancanza della posizione qualificata che il concorrente deve dimostrare di possedere per poter partecipare alla procedura di evidenza pubblica. Infatti, la disciplina interna, dettata, in conformità e in attuazione delle direttive comunitarie, integra gli estremi di un ordinamento di settore, riservato alle sole imprese che posseggono i requisiti previsti nell’art.38 del dlg.vo 163/2006 e delle altre disposizioni rilevanti al riguardo. La mancanza anche di uno solo di tali requisiti  non consente la nascita del diritto di iniziativa economica. Il che dimostra che il concorrente non riveste in tal caso una posizione qualificata, conditio sine qua non per partecipare alla procedura di evidenza pubblica. 

In modo diverso deve concludersi allorché l’amministrazione accerti l’esistenza di tali requisiti, vale a dire che il concorrente è legittimo titolare di un diritto di iniziativa economica avente i requisiti richiesti dalla citata disposizione di legge e la sua esclusione è disposta o viene chiesta con ricorso incidentale per vizi relativi all’offerta presentata o alla domanda di partecipazione .

In questi casi non v’è ragione per ritenere pregiudiziale per il giudice amministrativo accertare se l’ ammissione del ricorrente principale alla gara sia stata o meno legittima, rispetto all’interesse  pubblico alla legittimità dell’aggiudicazione. Infatti, consentire ad un operatore economico di realizzare un’opera pubblica in mancanza dei prescritti requisiti, nella logica comunitaria, si risolve in una grave alterazione delle regole della concorrenza e può essere fatta valere da tutti i partecipanti alla gara, fino a prova contraria titolari del diritto di iniziativa economica ( Corte di Giustizia 24 giugno 2004 C/212/02). Nel bilanciamento degli opposti interessi la norma è stata correttamente  interpretata in tal senso dalla Corte di giustizia, il cui orientamento ha, peraltro, una portata integrativa dell’ordinamento comunitario e , di conseguenza, ha un valore vincolante per il giudice nazionale.

Il possesso dei requisiti ex art. 38 dianzi citato da parte del ricorrente sta a significare che l’operatore economico è titolare di una posizione differenziata nell’ordinamento di settore dei lavori pubblici, in virtù della quale ha un interesse qualificato, manifestato con la presentazione della domanda di partecipazione, affinché l’aggiudicazione ove non avvenga a suo favore, venga in ogni caso effettuata nel rispetto delle regole dettate a tutela della concorrenza in tale fondamentale settore dell’economia, in quanto in tal modo è salvaguardata anche la sua posizione soggettiva di operatore del settore ( Cfr. Varrone, Der Kampf ums recht: breve chiosa sull’interesse strumentale nelle procedure di evidenza pubblica, In Giust.amm, 2012, settembre). Tale posizione soggettiva, acclarata dal provvedimento di ammissione alla gara, permane finché il controinteressato non contesti la sua legittimatio ad causam sotto tale specifico profilo, vale a dire per mancanza del diritto di iniziativa economica, così come configurato dalla richiamata normativa di settore.

Il mancato rispetto di tale regola lede il suo diritto di iniziativa economica di cui si è dichiarato portatore con la presentazione della domanda di partecipazione. Interesse che rimane tale per le ragioni che saranno subito chiarite.

Nel caso, infatti, che la sua esclusione sia avvenuta  non per un vizio che attiene alla mancanza di uno o più dei suddetti requisiti costitutivi, che concorrono ad attestare l’esistenza di tale posizione qualificata, ma per un vizio relativo alla domanda di partecipazione o all’offerta, ciò non fa venir meno l’interesse  di costui alla legittimità del provvedimento impugnato, con la conseguenza che l’esame del ricorso principale non può essere paralizzato dall’esame pregiudiziale del ricorso incidentale.

 L’interesse al bene  della vita è, infatti, in questo caso quello di evitare che l’aggiudicazione avvenga illegittimamente a favore di un suo concorrente che, per il fatto stesso che acquisisce una posizione di favor cui non ha titolo, lede la sua sfera giuridica. La situazione è identica a quella che si riscontra allorché viene impugnata la licenza di commercio rilasciata ad altro concorrente o il permesso di costruire rilasciato al vicino . In tutti questi casi pacificamente si riconosce che il provvedimento illegittimo lede la sfera giuridica del ricorrente.

Al riguardo è, pertanto, necessario distinguere tra vizi attinenti al procedimento di gara e alla relativa documentazione allegata dal concorrente e mancanza dei requisiti che legittimano la partecipazione alla procedura di evidenza pubblica. Solo nel secondo caso ricorre un interesse di mero fatto nei sensi delineati dall’A.P., perché, nel primo caso, è agevolmente individuabile l’esistenza dell’interesse pretensivo alla legittimità del provvedimento amministrativo, in quanto solo in tal modo il suo interesse di natura patrimoniale che assume rilevanza, in quanto espressione del diritto di iniziativa economica, non viene leso dal provvedimento di aggiudicazione che altera ingiustificatamente le condizioni del mercato di riferimento in cui egli opera.

                Trattasi, perciò, giova ribadirlo, di un tipico interesse legittimo, della stessa natura di quello fatto valere da chi agisce per ottenere l’annullamento di un qualsiasi provvedimento a favore di un destinatario che non ne ha titolo.

4.  L’equivoco nella specie nasce dal fatto che erroneamente si è ritenuto che l’interesse che viene fatto valere è quello c.d. strumentale alla ripetizione della gara. Nulla di più errato, in quanto in questo caso ciò che il ricorrente pretende è che venga mantenuta inalterata la situazione giuridica, e non già di mero fatto, quo ante, mediante l’aggiudicazione della  gara ad un suo concorrente che non ne  ha diritto, allo stesso modo di ciò che pretende il proprietario limitrofo che impugna il permesso di costruire rilasciato al vicino.

Nelle ipotesi in cui l’esclusione del concorrente è fondata non sulla mancanza di uno o più dei requisiti costitutivi della posizione soggettiva fatta valere, ma per vizi che attengono all’offerta, l’assorbimento del ricorso principale si sostanzia in una omessa pronunzia e, quindi in un difetto di giurisdizione nei confronti del titolare della situazione soggettiva qualificata, qual è quella fatta valere, atteso il possesso da parte sua dei requisiti costitutivi per la partecipazione alla gara riscontrati positivamente dalla stessa amministrazione (  Cass. SS.UU. n 10294/2012).

Il pregiudizio da lui subito si sostanzia nel fatto che il suo diritto di iniziativa economica verrebbe altrimenti illegittimamente e definitivamente sacrificato attraverso l’aggiudicazione illegittima ad altro concorrente, in violazione delle regole poste a tutela della concorrenza. Infatti, sul mercato di riferimento, nel quale egli opera, il terzo verrebbe in questo modo ad acquisire una posizione privilegiata cui non ha diritto. Solo quando egli non fa parte dell’ordinamento di settore dei lavori pubblici e non ha partecipato alla gara non ha titolo per pretendere al riguardo una pronunzia del giudice amministrativo,. Solo in tal caso non opera il richiamato principio della pienezza ed effettività della tutela di cui al citato art.1 cod. proc. amm..

Negli altri casi, pertanto, il giudice amministrativo deve in via pregiudiziale esaminare anzitutto la legittimità del provvedimento di aggiudicazione definitiva contestato con il ricorso principale . Nel caso di sua fondatezza  esaminerà anche il ricorso incidentale e provvederà ad annullare la gara, se accerterà che anche l’offerta del ricorrente principale è viziata.

Diversamente il giudice amministrativo si limita a vedere la pagliuzza nell’occhio del ricorrente principale ed ignora la trave conficcata in quello dell’aggiudicatario, cosa che, dal punto di vista pubblicistico, è certamente maggiormente lesivo per l’interesse pubblico che la stazione appaltante deve perseguire.

Il mancato ripristino di tale situazione, illegittimamente modificata con l’aggiudicazione, viola i fondamentali principi in materia di par conditio, che sono a fondamento della normativa in materia di procedure di evidenza pubblica a tutela del mercato che è “luogo nel quale si esplica la pretesa di autoaffermazione economica della persona attraverso l’esercizio dell’impresa, è perciò stesso luogo della competizione, cosicché ogni comportamento di mercato che riduce tale competitività diminuisce la possibilità di chiunque di esercitare liberamente le proprie pretese di autoaffermazione “ ( SS.UU. n.2207/2005 cui adde, Giovagnoli, Atti amministrativi e tutela della concorrenza. Il potere di legittimazione a ricorrere dell’AGCM nell’art.1 bis legge n.287/1990, in Giust.amm., ottobre, 2012 )

La sentenza in esame ha, invece, fatto di tutt’erba un fascio ed ha omesso di pronunziarsi sul ricorso principale, nonostante che il vizio riscontrato non riguardava il diritto di iniziativa economica del ricorrente, bensì le modalità con le quali era stata formulata la sua domanda di partecipazione, dal momento che era stato indicato un numero di impianti per lo smaltimento dei rifiuti inferiore a quelli indicati nel bando.

E’ evidente in questo caso il suo interesse all’accertamento della presenza o meno dei vizi, analoghi, o ancora più gravi dedotti con il ricorso principale che, a suo dire, inficiavano l’aggiudicazione a favore del controinteressato. Nel caso di risposta positiva al riguardo, il provvedimento impugnato lede la parità di trattamento tra i concorrenti e, come tale, è manifestamente in contrasto con le regole della concorrenza poste a fondamento di tale disciplina di origine comunitaria.

E’ altresì evidente il contrasto di tale orientamento con i principi comunitari affermati dalla Corte di Giustizia nella richiamata decisione 24 giugno 2004 C/212/ che, nella specie, danno anche luogo al difetto di giurisdizione per omessa pronunzia.

 

PERCORSO BIBLIOGRAFICO

- C. Varrone, Der Kampf ums recht: breve chiosa sull’interesse strumentale nelle procedure di evidenza pubblica, in Giust.amm, settembre 2012;

- R. Giovagnoli, Atti amministrativi e tutela della concorrenza. Il potere di legittimazione a ricorrere dell’AGCM nell’art.1 bis legge n.287/1990, in Giust.amm., ottobre 2012;

- M. Giustiniani, Il potenziamento delle impugnazioni incidentali e la de quotazione dell’interesse strumentale: interesse al ricorso o interesse alla deflazione dei ricorsi?, in Il Diritto per i concorsi, Dike, n. 6/2011, pp. 89-108.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA


sul ricorso numero di registro generale 4052 del 2012, proposto da:
Mengozzi S.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Vittorio Biagetti, Alberto Gamberini e Cristina Amadori, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Vittorio Biagetti in Roma, via Antonio Bertoloni, 35;
 

contro
 

Estav Centro-Ente Per i Servizi Tecnico Amministrativi dell'Area Vasta Centro, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Domenico Iaria, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;
 

nei confronti di
 

Team Ambiente S.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Massimiliano Brugnoletti, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Antonio Bertoloni N. 26/B;
 

per la riforma
 

della sentenza del T.A.R. TOSCANA – FIRENZE, SEZIONE I, n. 745/2012, resa tra le parti, concernente aggiudicazione appalto per l’affidamento del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento rifiuti sanitari - risarcimento del danno
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Estav Centro-Ente per i Servizi Tecnico Amministrativi dell'Area Vasta Centro e di Team Ambiente Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 gennaio 2013 il Cons. Paola Alba Aurora Puliatti e uditi per le parti gli avvocati Gamberini, Marrone su delega di Iaria e Brugnoletti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
 

Con bando di gara del 30.11.2010, ESTAV Centro ha indetto la gara “per l’affidamento del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti sanitari prodotti nelle aziende dell’Area Vasta Centro”, suddivisa in tre lotti.
In esito alla gara, i lotti sono stati aggiudicati alla società Team Ambiente S.p.a., che nella graduatoria relativa al lotto 1 ha preceduto l’ATI capeggiata dalla società Mengozzi S.p.a. e l’ATI capeggiata dalla società Aimeri Ambiente S.r.l., mentre nelle graduatorie relative ai lotti 2 e 3 l’ATI facente capo ad Aimeri Ambiente s.r.l. si è classificata seconda, precedendo l’ATI capeggiata da Mengozzi S.p.a..
Avverso tale esito ha proposto ricorso la Mengozzi S.p.a., in proprio e quale mandataria dell’ATI con L’Arca soc. coop. a r.l., formulando censure di violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili.
Si sono costituite in giudizio ESTAV Centro e TEAM Ambiente S.p.a., la quale ha proposto ricorso incidentale tendente alla esclusione dell’ATI capeggiata da Mengozzi S.p.a..
Con atto depositato il 19.10.2011, Mengozzi S.p.a. ha proposto motivi aggiunti contro la nota di ESTAV Centro del 19.8.2011 prot. 1124682 di rigetto dell’istanza con cui la società predetta in data 11.8.2011 aveva chiesto l’annullamento della procedura in autotutela facendo riferimento alla sopravvenuta sentenza del C.d.S. Adunanza Plenaria 28 luglio 2011, n. 13, essendo avvenuta l’apertura delle buste contenenti l’offerta tecnica in seduta riservata.
Con sentenza n.745 del 18 aprile 2012, il TAR Toscana, Sez. I, rigettava sia il ricorso incidentale che il ricorso principale.
Con atto spedito il 23 maggio 2012, propone appello la Mengozzi S.p.a. denunciando l’ingiustizia ed illegittimità della sentenza e riproponendo i motivi rigettati in primo grado.
Propone altresì appello incidentale, notificato il 25 giugno 2012, la Team Ambiente S.p.a. impugnando la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto infondato il ricorso incidentale.
Si è costituita la ESTAV Centro.
A seguito di scambio di memorie e repliche, l’appello è stato trattenuto in decisione all’udienza del 18 gennaio 2013.
 

DIRITTO
 

Preliminarmente, va esaminato l’appello incidentale proposto da Team Ambiente S.p.a., in applicazione dei principi enunciati da C.d.S., A.P., 4 aprile 2011, n. 7, trattandosi di censure che tendono all’esclusione dalla gara dell’appellante-ricorrente principale in primo grado.
E’ fondato il motivo col quale si lamenta l’errore in cui è incorso il primo giudice ritenendo che l’offerta di Mengozzi S.p.a. non fosse in contrasto con le prescrizioni del capitolato, che imponeva l’utilizzo di contenitori “riutilizzabili” e a tal fine richiedeva, quale requisito tecnico per la partecipazione alla gara, la proprietà o disponibilità di due impianti per la disinfezione dei contenitori riutilizzabili, interni o esterni all’impianto di smaltimento.
Difatti, Mengozzi S.p.a. disponeva di un solo impianto di proprietà a Forlì, ancorché munito di due linee produttive, presso il quale i contenitori riutilizzabili sarebbero stati oggetto di disinfezione; offriva anche altri quattro impianti (GE.S.P.I. S.r.l., GEOFOR S.p.a, Paderno Energia S.r.l., FEA S.r.l. (pag. 38/39 dell’offerta tecnica). Di questi solo l’impianto GE.S.P.I. S.r.l. di Augusta, però, dispone all’interno di impianto per il trattamento di lavaggio e bonifica dei contenitori, ma è espressamente previsto nell’offerta tecnica che “si ricorrerà a tale impianto solo in caso di emergenza ed urgenza” (pag. 39).
Il TAR ha ritenuto che siffatta offerta fosse conforme al capitolato in quanto oltre ai “due impianti” di proprietà (così riferendosi all’impianto di Forlì, avente due linee produttive) è prevista la possibilità di utilizzare un “terzo impianto” di trattamento, lavaggio e sanificazione dei contenitori riutilizzabili, ubicato presso l’impianto di smaltimento di GE.S.P.I. ad Augusta, “senza che sia ostativa la previsione del ricorso ad esso solo in caso di emergenza”.
L’argomentazione sviluppata dal primo giudice non è condivisibile.
Va precisato, innanzitutto, che l’impianto di Forlì, di cui Mengozzi S.p.a. è proprietaria, deve ritenersi “unico”, alla luce della precisazione contenuta al punto III.2.3) del bando di gara, che chiarisce espressamente come “ l’impianto è definito rispetto all’autorizzazione e non al numero delle linee produttive”.
Pertanto, l’impianto di Forlì, come precisato anche nella sentenza n. 1693 del 23 marzo 2012 di questa Sezione concernente altra gara alla quale Mengozzi S.p.a. ha partecipato offrendo il medesimo impianto, va considerato “unico”, essendo irrilevante la duplicità delle linee produttive di “combustione e post-combustione a funzionamento alternato”, e così pure la presenza nell’area del termovalorizzatore di n. 2 impianti per la pulizia e la sanificazione dei contenitori riciclabili (come precisa l’appellante nella memoria conclusiva depositata il 2 gennaio 2013), atteso che le due linee non si identificano esse stesse in "impianti", intendendosi per tali quelli autonomi e scindibili, né due possono considerarsi gli accessori sistemi per la sanificazione dei contenitori, come conferma tra l’altro l’unicità dell’autorizzazione rilasciata dall’Amministrazione provinciale di Forlì-Cesena il 25 luglio 2006.
L’appellante sostiene, a tal proposito, che l’autorizzazione, in realtà, sarebbe un provvedimento a contenuto plurimo e conterrebbe due distinte autorizzazioni.
Le argomentazioni di tipo tecnico che la Mengozzi adduce a sostegno di tale affermazione (le due linee produttive sono destinate a funzionare in modo separato ed autonomo ed hanno formato oggetto di separate verifiche tecniche), non prova però che dal punto di vista giuridico esse abbiano formato oggetto di due distinti provvedimenti autorizzatori; anzi, la stessa parte ammette che il provvedimento autorizzatorio formalmente è unico e non è dimostrata la scindibilità in una pluralità di atti di identico o diverso contenuto per il solo fatto che il termovalorizzatore sia dotato di “due forni in esercizio l’uno alla volta in quanto costruiti per funzionare l’uno in sostituzione dell’altro e da camere di post combustione” (pagg. 18 e 19 dell’autorizzazione). Anzi, proprio la descritta alternatività nel funzionamento delle due linee lascia intendere un rapporto di collegamento-dipendenza funzionale tra le stesse, del tutto contrastante con la pretesa autonomia degli impianti.
Inoltre, l’impianto GE.S.P.I., l’unico tra quelli di cui dispone Mengozzi S.p.a. in forza di contratto, dotato di sistema interno di bonifica dei contenitori, può essere utilizzato solo in caso di emergenza (così risulta inequivocabilmente dall’offerta tecnica).
La prescrizione del bando, però, richiede “in via ordinaria” la disponibilità di due impianti autorizzati allo smaltimento dei rifiuti a rischio sanitario infettivo con le modalità descritte nel capitolato, ovvero ai sensi del D.M. Infrastrutture e trasporti del 23.9.2005, con disinfezione degli imballaggi pluriuso e mediante impianto di disinfezione interno (anche se con successivo chiarimento della stazione appaltante viene data la possibilità di utilizzare anche impianti di disinfezione esterni).
Alla luce di tali considerazioni deve, dunque, concludersi per la fondatezza del primo motivo di appello incidentale, per violazione della lex di gara, non essendo la ricorrente principale in possesso dei prescritti requisiti tecnici e non uniformando il servizio a quanto richiesto, ossia all’uso di contenitori riutilizzabili oggetto di disinfezione in almeno due impianti, con la conseguenza che il ricorso introduttivo di primo grado, in accoglimento del proposto motivo di ricorso incidentale, andava dichiarato inammissibile.
. Le spese di giudizio si compensano tra le parti, in considerazione della complessità delle questioni trattate.
 

P.Q.M.
 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando, accoglie l’appello incidentale e, per l’effetto, dichiara inammissibile il ricorso introduttivo di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 gennaio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Pier Luigi Lodi, Presidente
Roberto Capuzzi, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere
Alessandro Palanza, Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 11/02/2013