Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, Sentenza, 10 gennaio 2013, n. 1

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, Sentenza, 10 gennaio 2013, n. 1
Presidente Trovato; Estensore Saltelli

1. Ai sensi degli artt. 395, n. 4 c.p.c., 81, n. 4 del r.d. 17 agosto 1907, n. 642 e 106 c.p.a., l’errore di fatto idoneo a fondare la domanda di revocazione si sostanzia in un’errata percezione del contenuto degli atti del giudizio, derivante da svista o abbaglio dei sensi, così da indurre il giudicante a supporre l’inesistenza di un fatto decisivo che risulta invece positivamente accertato ovvero l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti di causa. Quindi l’errore di fatto che consente di rimettere in discussione la decisione del giudice con il rimedio straordinario della revocazione è solo quello che non coinvolge l’attività valutativa del giudice, ma tende, invece, ad eliminare un ostacolo materiale frappostosi tra la realtà del processo e la percezione che di questa il giudice abbia avuto, ostacolo promanante da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio. Pertanto, il fatto oggetto dell’asserito errore non deve aver costituito un punto controverso sul quale la sentenza impugnata per revocazione abbia pronunciato, dovendosi escludere che il giudizio revocatorio, in quanto rimedio eccezionale, possa essere trasformato in un ulteriore grado di giudizio.

2. Mentre l’errore di fatto revocatorio è configurabile nell’attività preliminare del giudice di lettura e percezione degli atti acquisiti al processo, quanto alla loro esistenza ed al significato letterale, esso non ricorre nelle ipotesi di erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali ovvero di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita, tutte ipotesi queste che danno luogo se mai ad un errore di giudizio, non censurabile mediante revocazione.

3. Nelle gare d’appalto, il metodo del “confronto a coppie”, lungi dall’essere un criterio di selezione dell’offerta, è invece soltanto un peculiare metodo attuativo proprio del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Detto metodo prevede che ogni elemento qualitativo dell’offerta sia oggetto di valutazione attraverso la determinazione di coefficienti all’interno di una tabella triangolare, nella quale le offerte di ogni concorrente sono confrontate a due a due e per ogni coppia di offerte ogni commissario indica l’elemento preferito, attribuendo un punteggio di uno (che esprime parità), due (che esprime la preferenza minima), tre (per l’ipotesi di preferenza piccola), quattro (che contraddistingue una preferenza media), cinque (che individua una preferenza grande) e sei (che indica la preferenza massima).

4. Nelle gare d’appalto, proprio la particolare caratteristica del confronto a coppie non sembra ostare in via di principio alla possibilità che un’offerta originariamente esclusa dalla valutazione possa essere poi effettivamente confrontata con le altre, stante la autonomia delle singole valutazioni a coppie.
 

BREVI ANNOTAZIONI

 

L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA

La prima pronuncia del Supremo Consesso della Giustizia Amministrativa inaugura il 2013 con peculiari tematiche: (i) da un lato, quella afferente la nozione e la configurabilità dell’errore di fatto, idoneo a fondare la domanda di revocazione; (ii) dall’altro, quella riguardante la natura e gli effetti del particolare metodo del “confronto a coppie” nell’ambito delle pubbliche gare; (iii) dall’altro, ancora, quella attinente alla rivalutazione dell’offerta originariamente esclusa, in relazione a gare da svolgersi con il criterio dell’o.e.p.v. (offerta economicamente più vantaggiosa) e in particolare con il metodo del “confronto a coppie”.

La connessione tra questi tre argomenti emerge dall’analisi fattuale e processuale della vicenda e dell’elaborazione della “suggestiva tesi” – così come definita dagli stessi Giudici – proposta dal ricorrente.

 

IL PERCORSO ARGOMENTATIVO

Un costituendo r.t.i. risultato terzo classificato ad una gara d’appalto per l’affidamento dei servizi di sicurezza e di vigilanza in ambito aeroportuale ha impugnato per revocazione la pronuncia dell’Adunanza Plenaria del 26 luglio 2012, n. 30.

Con questa quest’ultima pronuncia (resa nell’ambito della medesima vicenda in esame), il Consiglio di Stato nel suo Supremo Consesso si era occupato della problematica della rivalutazione dell’offerta originariamente esclusa, ossia se a seguito del definitivo annullamento dell’esclusione di un concorrente da una gara, da aggiudicarsi con il criterio dell’o.e.p.v., si dovesse procedere alla rinnovazione dell’intera gara, a partire dalla ripresentazione delle offerte (tesi prevalente) o se, invece, andasse rivalutata la sola offerta esclusa (tesi minoritaria).

L’Adunanza Plenaria n. 30/2012 ha aderito a quest’ultimo orientamento, pronunciando il seguente principio di diritto: “Nella gara per l’affidamento di contratti pubblici l’interesse fatto valere dal ricorrente che impugna la sua esclusione è volto a concorrere per l’aggiudicazione nella stessa gara; pertanto, anche nel caso dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in presenza del giudicato di annullamento dell’esclusione stessa sopravvenuto alla formazione della graduatoria, il rinnovo degli atti deve consistere nella sola valutazione dell’offerta illegittimamente pretermessa, da effettuarsi ad opera della medesima commissione preposta alla procedura”.

Ebbene, proponendo ricorso per la revocazione della pronuncia dell’Ad. Plen. n. 30/2012 e con una “suggestiva prospettazione”, il costituendo r.t.i. ha preteso di rinvenire nel principio di diritto ivi formulato un evidente errore di fatto, consistente nell’errata percezione delle peculiari modalità di svolgimento della gara in questione, come definite dalla sua lex specialis, ed in particolare della prescrizione secondo cui le offerte dei concorrenti dovevano essere valutate con il sistema del “confronto a coppie”.

In altri termini – secondo la tesi del r.t.i. ricorrente – il principio di diritto enunciato nella sentenza revocanda (secondo cui nelle predette situazioni il rinnovo degli atti deve consistere nella sola rivalutazione dell’offerta originariamente esclusa e non invece nella rinnovazione dell’intera gara), pur potendo in astratto giustificarsi per tutte le procedure di valutazione con il sistema dell’o.e.p.v., non avrebbe potuto invece trovare applicazione nelle gare in cui il metodo di attribuzione dei punteggi è quello del “confronto a coppie”.

E ciò perché, presupponendo il metodo del “confronto a coppie” una comparazione “a due a due”, non è possibile rivalutare, una volta esauritosi il confronto tra le offerte ammesse alla gara, la sola offerta pretermessa, senza interferire sulla valutazione delle altre offerte in gara.

In definitiva, secondo il r.t.i. ricorrente, i Giudici nell’enunciare quel principio di diritto sarebbero stati affetti da una svista o un abbaglio dei sensi, avendo considerato equivalenti il criterio di scelta dell’o.e.p.v. e il metodo del confronto a coppie, ed in tal modo ritenuto applicabili al metodo del confronto a coppie principi con esso incompatibili.

Con la pronuncia in commento (Ad. Plen. n. 1/2013) il Consiglio di Stato: (i) ha dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione; (ii) ha preso posizione della questione della natura del metodo del “confronto a coppie”; (iii) e ne ha analizzato gli effetti sulla offerta originariamente esclusa.

Quanto al preteso errore di fatto revocatorio, i Supremi Giudici, individuate le sue caratteristiche così come elaborate dalla giurisprudenza civile e amministrativa, ha ritenuto insussistente nel caso di specie un errore di fatto, idoneo a fondare la domanda di revocazione.

E ciò perché, innanzitutto, dallo stesso testo della sentenza revocanda emerge come quell’Adunanza Plenaria (n. 30/2012) era ben consapevole delle specifiche modalità di scelta del contraente previste dalla lex specialis (ossia il prescritto metodo del “confronto a coppie”): non possono, pertanto, ritenersi sussistenti i presupposti (abbaglio dei sensi o mancata esatta percezione degli atti di causa) che integrano gli estremi dell’errore di fatto revocatorio.

In secondo luogo e con specifico riguardo alla questione della natura giuridica del metodo del “confronto a coppie”, non sussiste un errore di fatto anche perché – a detta dei Giudici – il metodo del “confronto a coppie” non è un criterio autonomo di selezione dell’offerta, ma un mero metodo attuativo proprio del criterio dell’o.e.p.v.

In tal senso è richiamato l’art. 81 del Codice dei contratti (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), il quale prevede solo due criteri di selezione della migliore offerta: il criterio del prezzo più basso e quello dell’o.e.p.v.

Inoltre, secondo il Supremo Consesso, la particolare caratteristica del confronto a coppie (“in virtù del quale ogni elemento qualitativo dell’offerta è oggetto di valutazione attraverso la determinazione di coefficienti all’interno di una tabella triangolare, nella quale le offerte di ogni concorrente sono confrontate a due a due e per ogni coppia di offerte ogni commissario indica l’elemento preferito, attribuendo un punteggioche può andare da uno a sei) non impedisce affatto la possibilità di confronto dell’offerta originariamente esclusa con le altre, dato che le singole valutazioni a coppie sono autonome tra loro.

Infine, l’Ad. Plen. n. 1/2013 mette in risalto come le eventuali difficoltà che possono nascere dall’esecuzione di un giudicato o comunque, più in generale, dall’attuazione di un principio di diritto non possono ricondursi ad un errore di fatto revocatorio (che tutt’al più sarebbe un errore di giudizio ed in quanto tale non legittimante il ricorso per revocazione), quanto piuttosto sollecitare il corretto esercizio del potere di giudizio del giudice investito della problematica.

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

In sede di riflessioni conclusive, una particolare attenzione merita ognuna delle tre questioni trattate dalla nostra Adunanza: errore di fatto revocatorio; metodo del “confronto a coppie”; compatibilità tra quest’ultimo e la rivalutazione della (sola) offerta originariamente esclusa.

Iniziando dall’errore di fatto revocatorio, è da precisare quanto sottinteso – essendo indubbio –  nella pronuncia in commento: il ricorso per revocazione è possibile anche contro le decisioni dell’Adunanza Plenaria. Ciò risultava espressamente stabilito dall’art. 82 del r.d. 17 agosto 1907, n. 642 (il quale, al primo comma, affermava che la domanda di revocazione è diretta all’Adunanza Plenaria “se la decisione fu da questa pronunziata”) e ora confermato dall’art. 106, comma 2 c.p.a. (secondo cui “la revocazione è proponibile con ricorso dinanzi allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata”) (cfr. Cons. St., Ad. Plen., 17 maggio 2010, n. 2).

Inoltre, la pronuncia è da segnalare sull’argomento altresì per la sintesi effettuata sugli ormai pacifici principi che la giurisprudenza (civilistica e amministrativistica) nel corso degli anni ha elaborato in tema di errore di fatto revocatorio; emerge che quest’ultimo:

- si sostanzia in un’errata percezione del contenuto degli atti del giudizio, derivante da svista o abbaglio dei sensi, così da indurre il giudicante a supporre l’inesistenza di un fatto decisivo che risulta invece positivamente accertato ovvero l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti di causa;

- è solo quello che non coinvolge l’attività valutativa del giudice, ma tende, invece, ad eliminare un ostacolo materiale frappostosi tra la realtà del processo e la percezione che di questa il giudice abbia avuto, proprio a causa della svista o abbaglio dei sensi;

- non ricorre nelle ipotesi di erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali ovvero di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita, tutte ipotesi, queste, che danno luogo se mai ad un errore di giudizio, non censurabile mediante revocazione (cfr. gli ampi riferimenti giurisprudenziali riportati nella pronuncia in esame). In materia di verifica dell’errore di fatto revocatorio si confronti anche la più recente sentenza della Sezione V, 15 gennaio 2013, n. 183.

Passando alla seconda tematica affrontata in sentenza, sono ora da approfondirsi la natura, la funzione e gli effetti del metodo del “confronto a coppie”, metodo introdotto con il d.P.C.M. 27 febbraio 1997, n. 116, altrimenti noto come decreto Karrer, (abrogato con legge 1 marzo 2002, n. 39) e con il d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 (art. 61, allegato C ed A), e ora disciplinato dalle linee guida di cui all’Allegato G al d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207.

Quanto alla natura da attribuirsi a detto strumento di valutazione delle offerte, l’Adunanza Plenaria esaminata – come accennato – tra l’orientamento che gli attribuisce natura di autonomo criterio di selezione dell’offerta, diverso o alternativo rispetto a quello dell’o.e.p.v. e l’opposto orientamento, che invece lo considera un peculiare metodo attuativo proprio del criterio dell’o.e.p.v., aderisce a quest’ultimo indirizzo.

Quanto alla sua funzione ed ai suoi effetti, è da richiamare una recente pronuncia del giudice amministrativo, che l’Adunanza Plenaria in analisi non ha mancato di citare nella parte motiva: si deve, infatti, alla pronuncia del Cons. St., Sez. V, 28 febbraio 2012, n. 1150 il merito di aver complessivamente delineato i tratti caratteristici e funzionali del metodo del confronto a coppie, con ciò stabilendo una serie di punti fermi sulle modalità di utilizzo dello strumento in questione.

La Quinta Sezione individua in primo luogo il carattere della relatività delle valutazioni scaturenti dal suddetto metodo: “il metodo in questione esprime, pertanto, non già una valutazione assoluta, ma piuttosto una valutazione relativa delle offerte, finalizzata ad individuare quella che, in raffronto con le altre appare migliore, non potendosi peraltro applicare un giudizio transitivo (tra le offerte) (C.d.S., sez. IV, 16 febbraio 1998, n. 300); in particolare il confronto a coppie è imperniato su una serie di distinte e autonome valutazioni di ogni offerta con ciascuna delle altre che esprime una valutazione complessiva dell’offerta, rappresentata dalla sommatoria delle preferenze da essa riportate rispetto a quelle conseguite dalle altre offerte, con la conseguenza che la valutazione di ciascun progetto e di ogni offerta è indicata dal totale dei punteggi attribuiti per ogni elemento posto in comparazione (C.d.S., sez. V, 5 luglio 2007, n. 3814; 28 giugno 2002, n. 3586)”.

In secondo luogo, la pronuncia n. 1150/2012 chiarisce l’ampiezza dell’obbligo di motivazione delle valutazioni nel caso in cui si utilizzi detto metodo e del conseguente sindacato del giudice amministrativo sullo stesso: “una volta accertata la correttezza dell’applicazione del metodo del confronto a coppie ovvero quando non ne sia stato accertato l’uso distorto o irrazionale, non c’è spazio alcuno per un sindacato del giudice amministrativo nel merito dei singoli apprezzamenti effettuati ed in particolare sui punteggi attribuiti nel confronto a coppie, che indicano il grado di preferenza riconosciuto ad ogni singola offerta in gara, con l’ulteriore conseguenza che la motivazione delle valutazioni sugli elementi qualitativi risiede nelle stesse preferenze attribuiti ai singoli elementi di valutazione considerati nei raffronti con gli stessi elementi delle altre offerte (C.d.S., sez. V, 5 febbraio 2007, n. 458). L’attribuzione del punteggio secondo il delineato metodo fondato su un’indicazione preferenziale ancorata a indici predeterminati non richiede di per sé alcuna estrinsecazione logico – argomentativa della preferenza, giacché il giudizio valutativo deve ritenersi insito nell’assegnazione delle preferenze, dei coefficienti e di conseguenza del punteggio: quest’ultimo, tuttavia, deve essere considerato sufficiente a motivare gli elementi dell’offerta economicamente più vantaggiosa solo quando la lex specialis della gara abbia espressamente predefinito specifici, obiettivi e puntuali criteri di valutazione (C.d.S., sez, V, 30 agosto 2005, n. 4423; 4 giugno 2007, n. 2943; 31 agosto 2007, n. 4543; 17 settembre 2008, n. 4439)”.

In terzo luogo, con questa decisione il Consiglio di Stato già propendeva per l’attribuzione, al metodo valutativo in questione, della natura attuativa del criterio dell’o.e.p.v. (“il metodo del confronto a coppie costituisce uno strumento, sia pur del tutto peculiare, di individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, previsto direttamente dal legislatore”), natura definitivamente riconosciuta dall’Adunanza Plenaria in commento.

Alla luce di queste puntualizzazioni in ordine al metodo del “confronto a coppie”, si può conclusivamente considerare come l’aspetto sul quale l’Ad. Plen. n. 1/2013 sicuramente apporta un proprio contributo al panorama giurisprudenziale riguarda l’affermata compatibilità tra il suddetto metodo e la rivalutazione della (sola) offerta originariamente esclusa, “stante l’autonomia delle singole valutazioni a coppie (punto cui i Supremi Giudici hanno potuto accennare, ma non approfondire).

 

PERCORSO BIBLIOGRAFICO

Per un confronto sull’errore di fatto revocatorio si veda E. Tommasi, La revocazione, in F. Caringella, M. Protto, Manuale di diritto processuale amministrativo, Dike, 2012, pp. 991 ss.

Per un approfondimento sul metodo del “confronto a coppie” cfr. D. Gregori, W. Toniati, Le gare con l’offerta economicamente più vantaggiosa, Ed. Ipsoa, 2007, pp. 83 ss.

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA


sul ricorso numero di registro generale 35 di A.P. del 2012, proposto da: FIDELITAS S.P.A., LA RONDA SERVIZI DI VIGILANZA S.P.A., ISTITUTO DI VIGILANZA NUOVA POLNOTTE S.R.L., ISTITUTO DI VIGILANZA CITTA’ DI TREVIGLIO S.R.L., ognuna in persona del rispettivo legale rappresentante in carica, tutte rappresentate e difese dagli avv. Giorgio Orsoni, Angelo Clarizia e Bruna Lazzerini, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde N.2;
 

contro
 

SACBO S.P.A., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Franco Bertacchi, con domicilio eletto presso Stefano Di Meo in Roma, via G. Pisanelli, n. 2;
 

nei confronti di
 

ITALPOL VIGILANZA MILANO S.R.L., in proprio e quale mandataria del costituendo Rti con SICURITALIA S.P.A, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Giovanni Candido Di Gioia e Maurizio Zoppolato, con domicilio eletto presso Giovanni Candido Di Gioia in Roma, Piazza Mazzini, n. 27; SICUREZZA PROFESSIONALE S.R.L., NORTH EST SERVICE SPA (NES), CIVIS CENTRO ITALIANO DI VIGILANZA INTERNA E STRADALE SPA, tutti non costituiti in giudizio;
 

per la revocazione
 

della sentenza del CONSIGLIO DI STATO - ADUNANZA PLENARIA n. 30 del 26 luglio 2012, resa tra le parti, concernente affidamento servizi di vigilanza e sicurezza aeroporto di Bergamo - Orio al Serio;


Visti il ricorso per revocazione e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Sacbo Spa e di Italpol Vigilanza Milano Srl in proprio e quale mandataria del costituendo Rti con Sicuritalia S.p.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 novembre 2012 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Clarizia, Lazzerini, Orsoni, Bertacchi, Di Gioia, e Zoppolato.;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO
 

1. La società per l’aeroporto civile di Bergamo – Orio al Serio (S.A.C.B.O. S.p.A.), con bando spedito il 27 ottobre 2010, ha indetto una procedura aperta per l’affidamento triennale (dal 1° aprile 2011 al 31 marzo 2014) dei servizi di sicurezza e vigilanza in ambito aeroportuale per un importo annuo di €. 6.170.000,00, oltre ai costi per la sicurezza da rischi di interferenza pari a €. 5.933,00 all’anno, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, secondo quanto previsto nel disciplinare di gara.
Quest’ultimo, al punto 12 (“Criteri di aggiudicazioni”), ribadito che l’aggiudicazione sarebbe avvenuta secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’art. 83 del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, ha previsto che all’offerta economica sarebbero stati attribuiti al massimo 70 punti (secondo la formula Punti (i) = 70 x Ribasso % (i)/Ribasso % massimo), mentre a quella tecnica sarebbero stati attribuiti al massimo 30 punti, così distribuiti per i singoli elementi di valutazione: a) fino a 7,5 punti per il progetto tecnico; b) fino a 15 punti per le proposte migliorative e/o innovazione; c) fino a 7,5 punti per la precedente esperienza aeroportuale; è stato anche precisato che l’attribuzione dei punti all’offerta tecnica sarebbe avvenuta “…secondo il metodo del confronto a coppie di cui all’allegato A) del dPR 554/1999, con la precisazione che ogni commissario valuterà quale dei due elementi che formano ciascuna coppia sia da preferire e, tenendo conto che la preferenza tra un elemento e l’altro può essere più o meno forte, attribuirà un punteggio tra 1(pareggio), 2 (preferenza piccola) e 3 (preferenza grande)”.
Tra i requisiti di partecipazione è stato indicato il possesso dell’autorizzazione ex art. 137 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) rilasciata dalla Prefettura di Bergamo (ovvero dalla Prefettura delle Provincia ove ha sede il concorrente, se la stessa è rilasciata per l’esercizio dell’attività in più Province, inclusa quella di Bergamo), nonché una dichiarazione ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 contenente l’obbligo dei concorrenti di ottenere entro sessanta giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione una certificazione rilasciata dall’ENAC relativa al possesso di tutti i requisiti richiesti dal decreto ministeriale n. 85 del 29 gennaio 2000 (“Regolamento recante norme di attuazione dell’art. 5 del d.l. 18 gennaio 1992, n. 9, in materia di affidamento in concessione dei servizi di sicurezza”) per l’esercizio di attività di vigilanza in aeroporto.
All’esito della procedura di gara, nel corso della quale è stata disposta l’esclusione, oltre che della Union Delta s.r.l., anche del costituendo R.T.I. tra Italpol Vigilanza Milano e Sicuritalia S.p.A., in quanto l’autorizzazione ex art. 134 r.d. 18 giugno 1931, n. 773, alla Sicuritalia S.p.A. sarebbe stata limitata e non ne sarebbe stata chiesta l’estensione per il servizio oggetto di appalto ex art. 257 ter del regio decreto 6 maggio 1940, n. 635 (regolamento di esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), l’appalto è stato aggiudicato alla Sipro s.r.l.
2. La Fidelitas S.p.A., La Ronda S.V., l’Istituto di Vigilanza Nuova Polnotte s.r.l. e l’Istituto di Vigilanza Città di Treviglio, che avevano partecipato alla gara in costituendo R.T.I. (d’ora in avanti anche R.T.I. Fidelitas S.p.A.), classificandosi al secondo posto, hanno chiesto al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, l’annullamento dell’aggiudicazione (NRG. 166/2011).
Anche il costituendo R.T.I. tra Italpol Vigilanza Milano e Sicuritalia S.p.A. ha adito il predetto tribunale, impugnando la sua esclusione della gara (NRG. 168/2011): accolta la istanza cautelare di sospensione di detto provvedimento di esclusione (giusta ordinanza n. 211 del 25 febbraio 2011, confermata dalla VI sezione del Consiglio di Stato con ordinanza n. 1412 del 30 marzo 2011), l’amministrazione appaltante ha riammesso alla gara il costituendo R.T.I. tra Italpol Vigilanza Milano e Sicuritalia S.p.A. e, valutata la sua offerta, lo ha dichiarato aggiudicatario.
Tale nuova aggiudicazione è stata impugnata dal R.T.I. Fidelitas S.p.A. (NRG. 435/2011).
Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, sez. II, con la sentenza n. 1235 del 1° agosto 2011, riuniti i ricorsi NRG. 168/2011 (con cui il costituendo R.T.I. tra Italpol Vigilanza Milano e Sicuritalia S.p.A. aveva impugnato la propria esclusione dalla gara) e NRG. 453/2011 (con cui il R.T.I. Fidelitas S.p.A. aveva impugnato la aggiudicazione dell’appalto in favore del R.T.I. tra Italpol Vigilanza Milano e Sicuritalia S.p.A.), ha accolto il primo e respinto il secondo, ritenendo illegittima l’esclusione dalla gara del R.T.I. e corretta la sua riammissione in gara e la successiva aggiudicazione dell’appalto in suo favore; poi con la sentenza n. 1297 del 1° settembre 2011 è stato dichiarato in parte improcedibile ed in parte inammissibile il ricorso NRG. 166/2011 proposto dal R.T.I. Fidelitas S.p.A. avverso l’originaria aggiudicazione in favore della Sipro s.r.l.
3. Entrambe dette sentenze sono state impugnate da La Fidelitas S.p.A., La Ronda S.V., Istituto di Vigilanza Nuova Polnotte s.r.l. e Istituto di Vigilanza Città di Treviglio con due separati atti di appello, il primo (NRG. 9355/2011) rivolto contro la sentenza n. 1235 del 1° agosto 2011, il secondo (NRG. 9356/2011) contro la sentenza n. 1297 del 1° settembre 2011.
Il Consiglio di Stato, sez. VI, con sentenza parziale e ordinanza n. 2515 del 2 maggio 2012, riuniti gli appelli, esaminando il primo ricorso (NRG. 9355/2011), ha ritenuto infondati i primi due motivi di gravame (concernenti la asserita correttezza del provvedimento di esclusione dalla gara del R.T.I. tra Italpol Vigilanza Milano e Sicuritalia S.p.A. e la conseguente erroneità della sentenza che ne aveva statuito l’illegittimità), rimettendo invece all’Adunanza Plenaria la delibazione del terzo motivo di gravame, concernente le modalità di riedizione del potere di valutazione dell’offerta del candidato escluso dall’amministrazione appaltante e poi riammesso alla gara, in ragione del non univoco indirizzo giurisprudenziale al riguardo.
4. L’Adunanza Plenaria con la sentenza n. 30 del 26 luglio 2012, decidendo sulla questione controversa, ha affermato il seguente principio di diritto: “Nella gara per l’affidamento di contratti pubblici l’interesse fatto valere dal ricorrente che impugna la sua esclusione è volto a concorrere per l’aggiudicazione nella stessa gara; pertanto, anche nel caso dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in presenza del giudicato di annullamento dell’esclusione stessa sopravvenuto alla formazione della graduatoria, il rinnovo degli atti deve consistere nella sola valutazione dell’offerta illegittimamente pretermessa, da effettuarsi ad opera della medesima commissione preposta alla procedura”; ha pertanto respinto anche il terzo motivo di appello, rimettendo l’affare alla Sezione per la decisione sugli ulteriori motivi di gravame.
5. La Fidelitas S.p.A., La Ronda Servizi di Vigilanza S.p.A., l’Istituto di Vigilanza Nuova Polnotte s.r.l. e l’Istituto di Vigilanza Città di Treviglio s.r.l. hanno chiesto la revocazione della predetta sentenza dell’Adunanza Plenaria, deducendone l’erroneità alla stregua di un unico articolato motivo, rubricato “Errore di fatto risultante dagli atti e documenti di causa, rilevabile a sensi dell’art. 395, comma 1, n. 4 c.p.c. per il rinvio di cui all’art. 106 D. Lgs. n. 104/2010”.
Secondo le ricorrenti, la massima formulata dall’Adunanza Plenaria, che ha determinato il rigetto del terzo motivo di appello, sarebbe affetta da un evidente errore di fatto, consistente nella errata percezione delle peculiari modalità di svolgimento della gara in questione, come definite dalla sua lex specialis, ed in particolare della prescrizione secondo cui le offerte dei concorrenti dovevano essere valutate con il sistema del confronto a coppie.
A loro avviso, tale sistema, postulando che ogni singola offerta sia confrontata con ogni altra singola offerta in gara, che ogni singolo confronto dia luogo ad un risultato e che il complesso dei risultati determini una classifica finale di merito, è inconciliabile con il principio di diritto formulato che, predicando l’ammissibilità, peraltro da parte della medesima commissione di gara, della autonoma e separata valutazione della sola offerta del concorrente escluso e poi riammesso, senza che ciò implichi una nuova valutazione delle altre offerte già scrutinate, può riferirsi solo in modo generale e astratto alla selezione delle offerte secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e non a quello peculiare del confronto a coppie, violandosi altrimenti in maniera macroscopica i fondamentali principi di trasparenza e di imparzialità delle procedure ad evidenza pubblica.
Quanto alla fase rescissoria, le ricorrenti hanno insistito per l’accoglimento non solo del terzo motivo del primo ricorso in appello, ma anche degli altri motivi del secondo atto di appello, il cui esame era stato nuovamente rimesso alla Sesta Sezione.
Si è costituita in giudizio la S.A.C.B.O. S.p.A. che con apposita memoria, in data 26 ottobre 2012, ha dedotto l’inammissibilità e l’improcedibilità del ricorso per revocazione, negando innanzitutto che nel caso in esame sia configurabile un qualsiasi errore e tanto meno quello di fatto revocatorio (potendo tutt’al più essersi in presenza di un errore di giudizio o di valutazione) e negando altresì che il metodo del confronto a coppie sia di per sé ostativo alla valutazione dell’offerta presentata dal concorrente escluso e poi riammesso alla gara.
Si è costituita in giudizio, contestando le tesi revocatrie, anche la Italpol Vigilanza Milano Srl in proprio e quale mandataria del costituendo Rti con Sicuritalia S.p.A.
Le ricorrenti hanno replicato alle avverse controdeduzioni e difese, insistendo nelle conclusioni già formulate.
6. Alla pubblica udienza del 19 novembre 2012, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
 

DIRITTO
 

7. Il ricorso per revocazione è inammissibile.
7.1. La giurisprudenza del Consiglio di Stato e quella della Corte di Cassazione hanno pressoché univocamente individuato le caratteristiche dell’errore di fatto revocatorio, che, ai sensi rispettivamente dell’art. 81 n. 4 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, ora dell’art. 106 c.p.a., e dell’art. 395, comma 4, c.p.c., può consentire di rimettere in discussione il contenuto di una sentenza, ciò per evitare che il distorto utilizzo di tale rimedio straordinario dia luogo ad un inammissibile ulteriore grado di giudizio di merito, non previsto e non ammesso dall’ordinamento.
E’ stato più volte ribadito che l’errore di fatto, idoneo a fondare la domanda di revocazione ai sensi delle citate disposizioni normative deve essere caratterizzato: a) dal derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, facendo cioè ritenere un fatto documentalmente escluso ovvero inesistente un fatto documentalmente provato; b) dall’attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato; c) dall’essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione e la pronuncia stessa (C.d.S., A.P., 17 maggio 2010, n. 2; sez. III, 1° ottobre 2012, n. 5162; 24 maggio 2012, n. 3053; sez. IV, 24 gennaio 2011, n. 503, 23 settembre 2008, n. 4607; 16 settembre 2008, n. 4361; 20 luglio 2007, n. 4097; e meno recentemente, 25 agosto 2003, n. 4814; 25 luglio 2003, n. 4246; 21 giugno 2001, n. 3327; 15 luglio 1999 n. 1243; C.G.A., 29 dicembre 2000 n. 530; sez. VI, 9 febbraio 2009, n, 708; 17 dicembre 2008, n. 6279; C.G.A., 29 dicembre 2000, n. 530; Cass. Civ., sez. I, 24 luglio 2012, n. 12962; 5 marzo 2012, n. 3379; sez. III, 27 gennaio 2012, n. 1197); l’errore deve inoltre apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche (C.d.S., sez. VI 25 maggio 2012, n. 2781; 5 marzo 2012, n. 1235)
L’errore di fatto revocatorio si sostanzia quindi in una svista o abbaglio dei sensi che ha provocato l’errata percezione del contenuto degli atti del giudizio (ritualmente acquisiti agli atti di causa), determinando un contrasto tra due diverse proiezioni dello stesso oggetto, l’una emergente dalla sentenza e l’altra risultante dagli atti e documenti di causa: esso pertanto non può (e non deve) confondersi con quello che coinvolge l’attività valutativa del giudice, costituendo il peculiare mezzo previsto dal legislatore per eliminare l’ostacolo materiale che si frappone tra la realtà del processo e la percezione che di essa ha avuto il giudicante, proprio a causa della svista o abbaglio dei sensi (C.d.S., sez. III, 1° ottobre 2012, n. 5162; sez. VI, 2 febbraio 2012, n. 587; 1 dicembre 2010, n. 8385).
Pertanto, mentre l'errore di fatto revocatorio è configurabile nell'attività preliminare del giudice di lettura e percezione degli atti acquisiti al processo, quanto alla loro esistenza ed al significato letterale (senza coinvolgere la successiva attività d'interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande e delle eccezioni ai fini della formazione del convincimento, così che rientrano nella nozione dell'errore di fatto di cui all'art. 395, n. 4), c.p.c., i casi in cui il giudice, per svista sulla percezione delle risultanze materiali del processo, sia incorso in omissione di pronunzia o abbia esteso la decisione a domande o ad eccezioni non rinvenibili negli atti del processo, C.d.S., sez. III, 24 maggio 2012, n. 3053), esso non ricorre nell’ipotesi di erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali ovvero di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita, tutte ipotesi queste che danno luogo se mai ad un errore di giudizio, non censurabile mediante la revocazione (che altrimenti si trasformerebbe in un ulteriore grado di giudizio, non previsto dall’ordinamento, C.d.S., sez. III, 8 ottobre 2012, n. 5212; sez. V, 26 marzo 2012, n. 1725; sez. VI, C.d.S., sez. VI, 2 febbraio 2012, n. 587; 15 maggio 2012, n. 2781; 16 settembre 2011, n. 5162; Cass. Civ., sez. I, 23 gennaio 2012, n. 836; sez. II, 31 marzo 2011, n. 7488).
7.2. Ciò posto, nella fattispecie sottoposta all’esame di questa Adunanza Plenaria non si rinvengono affatto gli estremi dell’errore di fatto revocatorio, secondo le caratteristiche delineate dal ricordato indirizzo giurisprudenziale.
7.2.1. Come già ricordato nell’esposizione in fatto, le ricorrenti hanno sostenuto che il principio di diritto enunciato nella sentenza revocanda, pur potendo “…in astratto giustificarsi per tutte quelle procedure di valutazione con il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ove ai commissari sia attribuita la potestà di assegnare dei punteggi, esclusivamente sulla base di parametri precostituiti, da applicarsi singolarmente a ciascuna offerta in assoluto”, non avrebbe potuto invece trovare applicazione nella gara oggetto di controversia, in cui il metodo di attribuzione dei punteggi era quello del confronto a coppie.
In definitiva, secondo le ricorrenti, la svista o l’abbaglio dei sensi avrebbe riguardato proprio la peculiare modalità del sistema di individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa ed avrebbe comportato una inammissibile equivalenza tra il criterio di scelta dell’offerta economicamente più vantaggioso ed il metodo del confronto a coppie, rendendo applicabile a quest’ultimo principi che sono invece con esso incompatibili, già in punto di fatto, oltre che in diritto (determinando in particolare un’inammissibile macroscopica violazione dei fondamentali principi di trasparenza e di imparzialità in materia di gare ad evidenza pubblica.
7.2.2. Tale pur suggestiva prospettazione non è meritevole di favorevole considerazione, essendo smentita dalla semplice lettura della sentenza revocanda.
7.2.2.1. Essa infatti, al paragrafo 10, nel delineare le linee difensive assunte dalle parti in causa a seguito dell’ordinanza n. 2515 del 2 maggio 2012, con cui la VI Sezione aveva disposto la rimessione della controversia all’Adunanza Plenaria, a proposito della difesa spiegata dal raggruppamento facente capo proprio alla Fidelitas S.p.A. nella fase del giudizio di rinvio innanzi alla Adunanza Plenaria, ha espressamente evidenziato che detto raggruppamento nella memoria difensiva depositata aveva rilevato “…che la lex specialis di gara prevedeva che l’esame delle offerte tecniche avvenisse mediante il sistema del confronto a coppie (previsto dall’All. B del d.P.R. n. 554 del 1999”).
Diversamente da quanto prospettato dalle ricorrenti, emerge dunque per tabulas che l’Adunanza Plenaria ha enunciato il contestato (dai ricorrenti) principio di diritto contenuto nella sentenza revocanda, ben conoscendo il substrato fattuale della controversia ed in particolare con la consapevolezza delle specifiche modalità di scelta del contraente della gara in questione: ciò esclude in radice la sussistenza dell’abbaglio dei sensi o della mancata esatta percezione degli atti di causa che, come si è ricordato, integrano gli estremi dell’errore di fatto revocatorio.
Non può peraltro sottacersi che la tesi delle ricorrenti, così come formulata, si atteggia come mera apodittica affermazione di principio, non essendo suffragata da alcun elemento di prova o dal benché minimo elemento, anche solo indiziario, idoneo a mettere quanto meno in dubbio la genuinità della ricordata affermazione contenuta nella sentenza revocanda.
7.2.2.2. Ma anche sotto altro profilo è possibile apprezzare l’inesistenza del dedotto errore di fatto revocatorio.
Invero la domanda di revocazione in esame postula che il metodo del “confronto a coppie”, la cui peculiarità sarebbe sfuggita alla percezione del giudicante, costituisce un autonomo criterio di selezione dell’offerta, diverso o alternativo rispetto a quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa: ma tale postulato è errato in diritto.
Infatti, ai sensi dell’art. 81 del D. Lgs. n. 163 del 2006, i criteri per la scelta dell’offerta migliore sono solo due: quello del prezzo più basso e quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Il metodo del “confronto a coppie”, lungi dall’essere un criterio di selezione dell’offerta, è invece soltanto un peculiare metodo attuativo proprio del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (in virtù del quale, in particolare, ogni elemento qualitativo dell’offerta è oggetto di valutazione attraverso la determinazione di coefficienti all’interno di una tabella triangolare, nella quale le offerte di ogni concorrente sono confrontate a due a due e per ogni coppia di offerte ogni commissario indica l’elemento preferito, attribuendo un punteggio di 1, che esprime parità; 2, che esprime la preferenza minima; 3, per l’ipotesi di preferenza piccola; 4, che contraddistingue una preferenza media; 5, che individua una preferenza grande; 6, che indica la preferenza massima, C.d.S., sez. V, 28 febbraio 2012, n. 1150; 5 febbraio 2007, n. 458).
7.2.3. Né peraltro la sussistenza dell’errore di fatto revocatorio da cui sarebbe affetta la sentenza revocanda può ricavarsi dalla pretesa inapplicabilità del principio di diritto ivi formulato al metodo del confronto a coppie (non essendo possibile rivalutare, secondo la tesi della ricorrenti, una volta esauritosi il confronto tra le offerte ammesse alla gara, la sola offerta pretermessa, senza interferire sulla valutazione delle altre offerte in gara).
Anche a voler prescindere dalla considerazione che proprio la particolare caratteristica del confronto a coppie non sembra ostare in via di principio alla possibilità che un’offerta originariamente esclusa dalla valutazione possa essere poi effettivamente confrontata con le altre, stante la autonomia delle singole valutazioni a coppie, le eventuali difficoltà di fatto di esecuzione del giudicato (quanto al caso in esame) ovvero più in generale di attuazione (ad una specifica controversia) di un puntuale principio di diritto, sollecitano il corretto esercizio della potestas iudicandi del giudice investito della relativa problematica, ma non possono essere evidentemente considerate come manifestazione (o addirittura) prova del presunto errore di fatto revocatorio, tanto più che, a tutto voler concedere, esse sarebbero piuttosto il frutto o meglio la prova di un errore di giudizio o di valutazione che, com’è noto, non legittima il ricorso per revocazione.
8. In conclusione il ricorso per revocazione deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
 

P.Q.M.
 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Condanna le ricorrenti, in solido tra di loro, al pagamento in favore della S.A.C.B.O. S.p.A. e della ITALPOL VIGILANZA MILANO S.R.L., in proprio e quale mandataria del costituendo Rti con SICURITALIA S.P.A, delle spese e degli onorari di giudizio che liquida complessivamente in €. 7.500,00 (settemilacinquecento) per ciascuna delle parti resistenti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Trovato, Presidente
Paolo Numerico, Presidente
Luigi Maruotti, Presidente
Carmine Volpe, Presidente
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Aldo Scola, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore
Sergio De Felice, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere