Consiglio di Stato, Sezione Terza, sentenza 29 dicembre 2012 n. 6712

CONSIGLIO DI STATO, Sezione Terza, sentenza 29 dicembre 2012 n. 6712
Pres. ed Est. Lignani

L’omessa impugnazione del silenzio-diniego formatosi sul c.d. preavviso di ricorso ai sensi dell’art. 243-bis, comma 4, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, non corrisponde propriamente alla figura del silenzio-rigetto, giacché il testo dell’art. 243-bis lascia intendere che il legislatore non abbia voluto dar vita ad un procedimento contenzioso o para-contenzioso a tutela di una posizione giuridica soggettiva, ma solo offrire all’ente pubblico l’opportunità di un riesame in via di autotutela. Non a caso l’atto introduttivo non viene denominato formalmente "ricorso" ovvero "reclamo" o "opposizione", ma semplicemente "informativa dell’intento di proporre ricorso giurisdizionale" ed il silenzio non viene denominato "rigetto" o "rifiuto", ma semplicemente "diniego di (procedere in) autotutela". Dunque a maggior ragione (rispetto alla disciplina del silenzio-rigetto) pare quanto meno dubbio che il privato abbia l’onere di impugnare il silenzio-diniego quand’anche abbia (già) impugnato ritualmente l’atto di aggiudicazione.

 

 

PER ALCUNE BREVI ANNOTAZIONI SUL TEMA AFFRONTATO DAL CONSIGLIO DI STATO SI RINVIA A:

M. Giustiniani: Il preavviso di ricorso negli appalti pubblici: da non-condizione di procedibilità a condizione di ammissibilità. Tar Friuli Venezia Giulia, Sezione I, sentenza 26 novembre 2012, n. 431 / Tar Veneto, Sezione I, sentenza 16 ottobre 2012, n. 1278, pubblicato nel Settore Contratti Pubblici di questa rivista.
 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8458 del 2012, proposto da:

Servizi Ospedalieri S.p.A. in proprio e quale Capogruppo A.T.I., nonché da Tiesse Triveneta Servizi Srl in proprio e quale mandante dell’A.T.I., rappresentate e difese dagli avv. Enza Maria Accarino e Gaetano Di Giacomo, con domicilio eletto presso Gaetano Di Giacomo in Roma, via Cicerone 49;

contro

ISRAA Istituto per Servizi di Ricovero e Assistenza agli Anziani, rappresentato e difeso dagli avv. Gabriele Maso, Mario Ettore Verino, con domicilio eletto presso Mario Ettore Verino in Roma, via Barnaba Tortolini N. 13;

nei confronti di

Eureka Cooperativa Sociale, rappresentato e difeso dagli avv. Roberto Manservisi, Vittorio Miniero, con domicilio eletto presso Roberto Manservisi in Roma, via Antonio Bertoloni, 44;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE I n. 01278/2012, resa tra le parti, concernente affidamento servizio di lavanderia - mcp

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di ISRAA Istituto per Servizi di Ricovero e Assistenza agli Anziani, e di Eureka Cooperativa Sociale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2012 il Pres. Pier Giorgio Lignani e uditi per le parti gli avvocati Accarino, Di Giacomo, Maso e De Vergottini su delega di Marservisi;

Ritenuto di poter procedere alla definizione immediata della controversia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. L’ente ISRAA (ricovero e assistenza per anziani) di Treviso ha bandito una gara per l’affidamento del servizio di "lavanolo" di biancheria per cinque anni, rinnovabile per altri quattro. La gara si svolgeva con il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Hanno partecipato due competitori: la costituenda A.T.I. fra Servizi Ospedialieri s.p.a. e Tiesse Triveneta Servizi s.r.l., ed Eureka Cooperativa Sociale.

All’esito delle operazioni è risultata aggiudicataria la cooperativa Eureka. Con nota del 23 dicembre 2011, pervenuta il 27 dicembre, Servizi Ospedalieri s.p.a. ha inviato all’Istituto la "informativa" di cui all’art. 243-bis del codice degli appalti pubblici (d.lgs. n. 163/2006 e s.m.) segnalando alcuni supposti vizi dell’aggiudicazione. Con altro atto datato 27 dicembre 2011 (pervenuto il 29 dicembre), la comunicazione è stata rinnovata, questa volta a nome dell’intera A.T.I..

2. Il 29 dicembre 2011 Servizi Ospedalieri e l’associata Tiesse hanno notificato il ricorso giurisdizionale contro l’aggiudicazione in favore di Eureka.

Il 17 febbraio 2012 hanno notificato un atto di "motivi aggiunti" contenente una serie di nuove censure, correlate agli atti della procedura dei quali le ricorrenti avevano nel frattempo avuta visione. Vi era altresì l’impugnazione della nota 30 dicembre 2011 e dell’ordinanza n. 34 del 3 gennaio 2012 (erroneamente citata nella sentenza del T.A.R. con la data 30 dicembre 2012) ossia degli atti con i quali l’Istituto aveva risposto negativamente alla comunicazione "informativa" di cui all’art. 243-bis.

3. Contro l’impugnazione di questi ultimi atti dell’Istituto è stata sollevata un’eccezione (impropriamente qualificata dal T.A.R. "ricorso incidentale", con conseguente ma non pertinente richiamo alla decisione n. 4/2011 dell’Adunanza Plenaria, che si riferisce al tema della legittimazione a ricorrere).

In particolare veniva eccepita la tardività di tale impugnazione, in quanto si asseriva che la nota 30 dicembre 2011 fosse già conosciuta da Servizi Ospedalieri da non meno di trenta giorni anteriormente alla proposizione dei motivi aggiunti.

4. Con la sentenza n. 1278/2012 il T.A.R. Veneto ha disatteso l’eccezione, nei termini in cui era stata proposta.

Il T.A.R. ha affermato, invero, che la risposta negativa esplicita dell’ente era sopravvenuta oltre il termine di 15 giorni stabilito dall’art. 243-bis; si tratterebbe dunque di un atto irrilevante, e ugualmente irrilevante (oltre che non necessaria) sarebbe la sua impugnazione, tardiva o tempestiva che sia.

Nondimeno, il T.A.R. ha rilevato autonomamente una diversa preclusione processuale, derivante a suo giudizio dalla circostanza che le parti ricorrenti non hanno mai impugnato, né in termini né fuori termine, il silenzio-diniego formatosi ai sensi dell’art. 243-bis, comma 4, decorsi quindici giorni dalla presentazione della "informativa".

In proposito il T.A.R. si è così espresso: «una volta attivata tale procedura, il ricorrente è obbligato a contestare le negative determinazioni, espresse o tacite, al riguardo assunte dalla stazione appaltante, nel termine decadenziale di trenta giorni .... è obbligo del ricorrente quello di impugnare, contestualmente al ricorso principale, ovvero con motivi aggiunti, anche la tacita manifestazione di volontà nel consueto termini di trenta giorni che decorrono dalla comunicazione della determinazione, ovvero dallo spirare dei quindici giorni previsti dal comma 4 dell'art. 243 bis .... il ricorrente, che aveva già proposto il ricorso principale in data 29 dicembre 2011, aveva l’onere di impugnare, con motivi aggiunti, il silenzio significativo entro il giorno 13 gennaio 2012 [rectius: entro trenta giorni da quest’ultima data] (....). La mancata impugnazione, come nel caso in questione, della ulteriore determinazione, rectius dell’inerzia, della stazione appaltante comporta la inammissibilità [rectius: improcedibilità] del ricorso principale».

Conclusivamente, nel dispositivo della sentenza il T.A.R. ha così statuito: «accoglie il ricorso incidentale [rectius: la eccezione preliminare] e, pertanto, dichiara improcedibile, per carenza di interesse, il ricorso principale».

5. Tutte le considerazioni svolte dal T.A.R. relativamente all’applicazione dell’art. 243-bis sono state puntualmente investite dall’atto di appello di Servizi Ospedalieri s.p.a. e di Tiesse Triveneta Servizi s.r.l..

Ma fra tutte vi è una censura che appare assolutamente prioritaria, in quanto si riferisce ad un vizio di procedura tale da comportare non solo l’annullamento della sentenza, ma la rimessione al Giudice di primo grado, a norma dell’art. 105 c.p.a..

Si tratta dell’asserita violazione dell’art. 73, comma 3, c.p.a. a norma del quale il Giudice non può porre a base della sua decisione preclusioni processuali rilevabili d’ufficio, senza che le parti siano state poste in grado di difendersi sul punto, occorrendo anche mediante una esplicita segnalazione del Collegio in udienza o altrimenti mediante un’ordinanza interlocutoria.

Nella specie, la preclusione rilevata d’ufficio sarebbe quella derivante dalla mancata impugnazione del silenzio-diniego ex art. 243-bis del codice degli appalti pubblici (d.lgs. n. 163/2006 e s.m.); laddove l’eccezione sollevata dai resistenti riguardava semmai la tardività dell’impugnazione del diniego esplicito.

6. Questo Collegio ritiene che in effetti la preclusione rilevata d’ufficio dal T.A.R. - che si risolveva nell’improcedibilità del ricorso introduttivo - fosse oggettivamente diversa dall’eccezione prospettata, in quanto basata su una serie di presupposti autonomi, quali l’asserita irrilevanza della risposta esplicita comunicata dopo la scadenza del termine di quindici giorni, e l’onere di impugnare distintamente il silenzio-diniego, ancorché questo si fosse formato quando era ormai pendente il ricorso giurisdizionale contro l’aggiudicazione.

Non si può dire che questi concetti fossero già impliciti nella diversa eccezione sollevata dalla controparte. Non si può dire neppure (dato e non concesso che ciò rilevi ai fini dell’applicazione dell’art. 73, comma 3, c.p.a.) che si tratti di concetti pacifici e generalmente condivisi, tanto da rendere superflua una specifica contestazione.

7. Ed invero, l’irrilevanza del provvedimento esplicito di diniego, che sopravvenga dopo la formazione del silenzio-diniego (anzi, come in questo caso, formulato prima di quella scadenza, ma comunicato dopo) è un concetto tutt’altro che scontato. Se ne è discusso a lungo con riferimento alla figura del silenzio-rigetto sul ricorso gerarchico. La tesi recepita nella sentenza appellata rispecchia quella adottata dalla decisione n. 4/1978 dell’Adunanza Plenaria, ma questa è stata superata dalle decisioni A.P. n. 16 e n. 17 del 1989, le quali sono invece tornate all’orientamento anteriore al 1978, ossia a quello stabilito con la decisione A.P. n. 8/1960. Tale orientamento si può così riassumere: il cosiddetto silenzio-rigetto non equivale ad un provvedimento esplicito, ma è un semplice presupposto di fatto che consente all’interessato di rivolgersi al giudice amministrativo senza attendere oltre; esso non comporta dunque una consumazione del potere della p.a. né un venir meno dell’obbligo di provvedere; il provvedimento esplicito sopravvenuto alla formazione del silenzio determina la cessazione della materia del contendere, se favorevole, ovvero riapre il termine per ricorrere, se sfavorevole.

Peraltro, la fattispecie in esame non corrisponde propriamente alla figura del silenzio-rigetto, giacché il testo dell’art. 243-bis lascia intendere che il legislatore non abbia voluto dar vita ad un procedimento contenzioso o para-contenzioso a tutela di una posizione giuridica soggettiva, ma solo offrire all’ente pubblico l’opportunità di un riesame in via di autotutela. Non a caso l’atto introduttivo non viene denominato "ricorso" ovvero "reclamo" o "opposizione", ma semplicemente: "informativa dell’intento di proporre ricorso giurisdizionale"; e il silenzio non viene denominato "rigetto" o "rifiuto" ma semplicemente "diniego di (procedere in) autotutela". Dunque a maggior ragione (rispetto alla disciplina del silenzio-rigetto) pare quanto meno dubbio che il privato abbia l’onere di impugnare il silenzio-diniego quand’anche abbia (già) impugnato ritualmente l’atto di aggiudicazione. Anche il comma 5 dell’art. 243-bis sembra dare indicazioni nello stesso senso.

Queste considerazioni vengono qui svolte non al fine di pregiudicare la decisione che su questi punti dovrà essere formulata dal T.A.R. in sede di rinvio, ma solamente per dimostrare come vi fossero molteplici elementi di discussione sui quali, invece, le parti soccombenti in primo grado non hanno avuto modo di dedurre a causa della violazione dell’art. 73, comma 3, c.p.a. e dell’inerente violazione del diritto di difesa.

8. In conclusione, la sentenza appellata va annullata con rimessione al Giudice di primo grado, a norma dell’art. 105 c.p.a..

Il Giudice del rinvio si pronuncerà anche sulle spese della prima fase del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) accoglie l’appello per quanto di ragione e nei sensi di cui in motivazione, e per l’effetto annulla la sentenza impugnata, con remissione della causa ai sensi dell’art. 105 c.p.a. al giudice di primo grado, il quale si pronuncerà anche sulle spese della prima fase del giudizio.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Lignani, Presidente, Estensore

Salvatore Cacace, Consigliere

Angelica Dell'Utri, Consigliere

Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere

Pierfrancesco Ungari, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 29/12/2012