Consiglio di Stato, Sezione Quinta, sentenza 5 dicembre 2012, n. 6223

Consiglio di Stato, Sezione Quinta, decisione 5 dicembre 2012, n. 6223
Presidente Barra Caracciolo; Estensore Lotti

Il c.d. falso innocuo non può trovare applicazione nel sistema degli appalti pubblici, nel cui ambito la completezza delle dichiarazioni (rese ai fini della partecipazione) è già di per sé un valore da perseguire perché consente, anche in ossequio al principio di buon andamento dell’Amministrazione e di proporzionalità, la celere decisione in ordine all’ammissione dell’operatore economico alla gara. Conseguentemente una dichiarazione inaffidabile (perché falsa o incompleta) è già di per sé stessa lesiva degli interessi considerati dall’art. 38 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici) a prescindere dal fatto che l’impresa meriti sostanzialmente di partecipare alla gara.

 

BREVI ANNOTAZIONI

 

L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA

Il Consiglio di Stato, tornando ad occuparsi della dibattuta questione della utilizzabilità della categoria del falso innocuo nelle gare d’appalto, con questa decisione si pone nel solco dell’indirizzo interpretativo che esclude in toto l’ammissibilità della tesi del falso innocuo nell’ambito degli affidamenti pubblici.

 

IL PERCORSO ARGOMENTATIVO

Nel caso affrontato dalla sentenza in esame, il Tar Puglia aveva accolto il ricorso presentato da un Consorzio in costituenda a.t.i., escluso da una gara d’appalto in ragione della presentazione di una non veritiera dichiarazione sostitutiva ai sensi dell’art. 38, comma 2 del d.lgs. n. 163/2006. In particolare, quest’ultima attestava l’assenza di qualsiasi condanna in capo al legale rappresentante e socio accomandatario dell’impresa mandante. La veridicità di detta dichiarazione è risultata però smentita dalla verifica operata dall’Amministrazione sul casellario giudiziario, dalla quale emergevano una serie di condanne tra cui, in particolare, quella per reati fiscali.

Nell’accogliere le pretese del Consorzio escluso, i Giudici di primo grado avevano condiviso e fatto proprio quell’orientamento giurisprudenziale che adottava un approccio sostanzialistico con riguardo alle omesse, false o incomplete dichiarazioni relative alla moralità professionale. In altre parole, l’eventuale ‘falsità’ della dichiarazione avrebbe rilevato a fini amministrativistici (esclusione o non esclusione) solo a seguito della valutazione dell’oggetto della dichiarazione medesima; ossia se il reato non dichiarato (ovvero se il legale rappresentante, in carica o cessato, la cui esistenza era stata taciuta avesse commesso un reato che) comportasse ex se l’esclusione dalla procedura. In caso contrario, la partecipazione del concorrente restava legittima, trattandosi – per il resto – di un mero falso innocuo, appunto.  

Il Consiglio di Stato, ribaltando la sentenza di primo grado, aderisce invece ad un opposto orientamento più rigoroso che si sta recentemente affermando in giurisprudenza. Secondo tale orientamento, infatti, è del tutto esclusa l’ammissibilità del falso innocuo nell’ambito del sistema degli appalti pubblici. Difatti, sulla scia di un recentissimo arresto della Terza Sezione (Cons. St., Sez. III, 16 marzo 2012, n. 1471), il Consiglio giunge ad affermare che “in tema di gare d’appalto il carattere non veritiero della dichiarazione resa non può che comportare l’illegittimità dell’ammissione alla gara del concorrente non avendo cittadinanza nel sistema degli appalti pubblici, il c.d. falso innocuo”.

A sostegno di questo assunto viene esaltato il valore della completezza delle dichiarazioni di cui all’art. 38 del Codice, le quali non svolgono un’utilità meramente strumentale, ma racchiudono un valore fine a se stesso, consentendo alla stazione appaltante di assumere tempestivamente la decisione in ordine all’ammissione dell’operatore economico alla gara, in ossequio al principio di buon andamento dell’Amministrazione e di proporzionalità.

Di conseguenza, le attestazioni false o incomplete in ordine al possesso dei requisiti di moralità, si traducono in una lesione degli interessi tutelati dall’art. 38, indipendentemente da un accertamento tanto sulla sostanziale meritevolezza a partecipare alla gara, quanto sull’elemento soggettivo sottostante.

In sostanza, la difformità delle dichiarazioni sostitutive dal vero o la loro incompletezza non possono essere sanate ricorrendo alla categoria del falso innocuo.

Nella medesima ottica formalistica e restrittiva, si pone la stessa giurisprudenza penale, la quale nel suo Supremo Consesso ha ritenuto che il reato di falso ideologico si concreti già per il solo fatto che il soggetto attesti falsamente i dati richiesti per accedere al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni previste per l’ammissione al beneficio (Cass. pen., Sez. un., 27 novembre 2008, n. 6591).

Per di più, ad avviso del Consiglio, il Consorzio avrebbe dovuto essere escluso anche nella sostanza: lo stesso era di fatto carente dei requisiti di affidabilità e quindi, in sede di controllo dell’eventuale aggiudicazione non avrebbe potuto firmare il contratto e, anzi, sarebbe stato destinatario di un vincolato e obbligato provvedimento di decadenza dell’aggiudicazione.

D’altronde, si precisa in sentenza, la necessità di presentare dichiarazioni complete e fedeli emerge dalle stesse modifiche apportate all’art. 38, comma 2 del Codice dal d.l. 13 maggio 2011, n. 70, conv. in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge12 luglio 2011, n. 106.

Da ultimo, la Quinta Sezione ha reputato irrilevante, nel caso di specie, l’eventuale depenalizzazione del reato fiscale, oggetto di mancata dichiarazione, in quanto detto reato è stato reintrodotto negli artt. 10 bis (Omesso versamento di ritenute certificate) e 10 ter (Omesso versamento di IVA) in continuità normativa con la previgente legge n. 516/1982, per cui non vi è mai stata alcuna estinzione del reato.

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Il falso innocuo, figura nata e sviluppatasi ad opera della dottrina e giurisprudenza penalistica, è stato diffusamente invocato nello specifico settore degli appalti pubblici, al fine di contestualizzare in un approccio sostanzialistico la valutazione della partecipazione a gare pubbliche dei soggetti privati. In altri termini, la dottrina del falso innocuo è il frutto di un tentativo di arginare le esclusioni meramente formali dalle gare di appalto che costituisce – in certo modo – lo specchio pretorio della tendenza legislativa segnata – ad esempio – dal nuovo art. 46, comma 1-bis, del Codice. In altri termini ancora, se un soggetto è in possesso del requisito, perché doverlo escludere per un 'mero errore' nella dichiarazione sostitutiva in cui lo attesti (anche se ciò costituisce un falso)?

Il dibattito in materia è stato comunque accesso nel corso degli ultimi quattro anni, sino al delinearsi di ben tre indirizzi interpretativi: favorevole o sostanzialistico, intermedio e, infine, negativo o formalistico.

L'orientamento propenso ad una valutazione sostanzialistica della sussistenza delle cause ostative si basa sulla considerazione che il comma 1 dell'art. 38 ricollega l'esclusione dalla gara al dato sostanziale del mancato possesso dei requisiti, mentre il comma 2 non prevede analoga sanzione per l'ipotesi della mancata o non perspicua dichiarazione. Da ciò discende che solo l'insussistenza, in concreto, delle cause di esclusione previste dall'art. 38 comporta l'effetto espulsivo. Quando, al contrario il partecipante sia in possesso di tutti i requisiti richiesti e la lex specialis non preveda espressamente la pena dell'esclusione per la mancata osservanza delle puntuali prescrizioni sulle modalità e sull'oggetto delle dichiarazioni da fornire, l'omissione si sostanza in un'ipotesi di "falso innocuo", insuscettibile a fondare l'esclusione (cfr. T.A.R. Lazio, Roma Sez. III, 12 dicembre 2011, n. 9696; Cons. Stato, Sez. V, 24 novembre 2011, n. 6240; Sez. V, 9 novembre 2010, n. 7967; Sez. VI, 15 giugno 2011, n. 3655; Sez. V, 13 febbraio 2009, n. 829; Sez. VI, 4 agosto 2009, n. 4906; Sez. VI, 22 febbraio 2010, n. 1017).

Altro filone giurisprudenziale aderisce ad una posizione intermedia secondo la quale il falso può considerarsi innocuo solo qualora sia in concreto inidoneo a ledere l'interesse tutelato dalla genuinità dei documenti e cioè quando non abbia la capacità di conseguire uno scopo antigiuridico, non attribuendo una posizione di vantaggio, neanche sotto il profilo morale. Si specifica, inoltre, che nell’ambito dei rapporti amministrativi ed in particolare in materia di gare pubbliche di appalto, la valutazione del carattere innocuo del falso deve essere compiuta “ex ante”, con la conseguenza che non può essere considerato innocuo il falso potenzialmente in grado di incidere sulle determinazioni dell’Amministrazione (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 1 marzo 2011, n. 599; Cons. Stato, Sez. VI, 8 luglio 2010, n. 4436).

Ultimo indirizzo interpretativo è quello che bandisce il falso innocuo dal sistema degli appalti pubblici cui, come si è detto, aderisce appieno la sentenza annotata (cfr. Cons. St., Sez. V, 22 maggio 2012, n. 2946; Sez. III, n. 1471/2012 cit.; Sez. III, 3 marzo 2011, n. 1371).

Accanto all’argomentazione predicativa della completezza delle dichiarazioni come valore in sé, in ossequio ai principi di buon andamento e proporzionalità, utilizzata dalla nostra decisione, detto orientamento formalistico pone in adeguata considerazione anche il motivo del rispetto della par condicio competitorum. Difatti, il falso innocuo si risolverebbe in una potenziale violazione della par condicio nei confronti di quelle imprese concorrenti che abbiano, invece, puntualmente rispettato la disciplina prevista dalla legge di gara (cfr. Tar Veneto, Sez. I, 6 giugno 2012, n. 778).

E ancora, in talune decisioni viene sottolineata la finalità antielusiva: difatti, spingendo alle estreme conseguenze la tesi sostanzialistica, si consentirebbe ai candidati interessati all’affidamento dell’appalto di rendere nel corso del procedimento dichiarazioni non veritiere, con la possibilità di disconoscerle una volta accertato che le stesse sono inutili allo scopo di conseguire il risultato sperato (Cons. St., Sez. VI, n. 4436/2010 cit.). In sostanza, dalla consistenza di questi interessi (non aggravamento del procedimento amministrativo; buon andamento della p.a. e proporzionalità; par condicio di tutti gli operatori economici) può intuirsi quanto sia esiguo l’effettivo spazio di autonomia e ambito di operatività a favore del falso innocuo nel sistema degli appalti pubblici, ossia quel genere falsità che non incide neppure minimamente sugli interessi tutelati.

Si è certi, tuttavia, che il dibattito descritto troverà ancora voci che si esprimeranno sul punto cercando di tracciare un difficile confine tra la necessaria tutela della par condicio tra i concorrenti e un approccio sostanzialistico (e non formalistico) alla verifica dei requisiti di partecipazione.

 

PERCORSO BIBLIOGRAFICO

C. Commandatore, Il “falso innocuo” nelle gare per l’affidamento degli appalti pubblici (nota a Cons. St., Sez. III, 16 marzo 2012, n. 1471), in www.lexitalia.it;

L. Ieva, Le “falsità” amministrative irrilevanti nelle procedure di gara (nota a Cons. St., Sez. VI, 8 luglio 2010, n. 4436), in Urb. e Appalti, 2010, 11, 1325;

A. Larussa, Dal settore penale a quello amministrativo: la rilevanza del falso innocuo nell’ordinamento giuridico, in www.giustamm.it;

F. Mascia, Il c.d. “falso innocuo”, in Il nuovo Diritto Amministrativo n. 4/2012, pp. 66 ss.;

E. Zampetti, Falso innocuo nelle gare per l’affidamento di appalti pubblici (nota a T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 01 marzo 2011, n. 599), in Corriere Merito, 2011, 8-9, 889.

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA


sul ricorso numero di registro generale 8016 del 2011, proposto da: Acquedotto Pugliese Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Nicolò De Marco, con domicilio eletto presso l’avv. Sandro De Marco in Roma, via Cassiodoro, 1/A;
contro
Consorzio fra Cooperative di Produzione e Lavoro Conscoop S.C.R.L., rappresentato e difeso dagli avv. Luca Alberto Clarizio e Antonia Molfetta, con domicilio eletto presso l’avv. A. Placidi in Roma, via Cosseria, 2;
nei confronti di
Faver S.p.A., rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Paparella, con domicilio eletto presso il Consiglio di Stato, Segreteria V Sez., in Roma, p.za Capo di Ferro 13; Agrisald S.a.s., rappresentato e difeso dagli avv. Mario Sanino e Renato Docimo, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Sanino in Roma, viale Parioli, 180;


sul ricorso numero di registro generale 8017 del 2011, proposto da: 
Acquedotto Pugliese Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Nicolò De Marco, con domicilio eletto presso l’avv. Sandro De Marco in Roma, via Cassiodoro, 1/A;
contro
Agrisald S.a.s., rappresentato e difeso dagli avv. Renato Decimo e Mario Sanino, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Sanino in Roma, viale Parioli, 180;
nei confronti di
Faver S.p.A., rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Paparella, con domicilio eletto presso il Consiglio di Stato, Segreteria V sez., in Roma, p.za Capo di Ferro, 13;
sul ricorso numero di registro generale 8018 del 2011, proposto da: 
Acquedotto Pugliese Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Nicolò De Marco, con domicilio eletto presso l’avv. Sandro De Marco in Roma, via Cassiodoro, 1/A;
contro
Consorzio fra Cooperative di Produzione e Lavoro Conscoop S.C.R.L., rappresentato e difeso dagli avv. Luca Clarizio e Antonia Molfetta, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;
nei confronti di
Agrisald S.a.s., rappresentato e difeso dagli avv. Renato Decimo e Mario Sanino, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Sanino in Roma, viale Parioli, 180;


sul ricorso numero di registro generale 8019 del 2011, proposto da: 
Acquedotto Pugliese Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Nicolò De Marco, con domicilio eletto presso l’avv. Sandro De Marco in Roma, via Cassiodoro, 1/A;
contro
Agrisald S.a.s., rappresentato e difeso dagli avv. Mario Sanino e Renato Docimo, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Sanino in Roma, viale Parioli, 180;
nei confronti di
Faver S.p.A., rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Paparella, con domicilio eletto presso il Consiglio di Stato, Segreteria V sez., in Roma, p.za Capo di Ferro, 13;


sul ricorso numero di registro generale 8114 del 2011, proposto da: 
Società Faver P.A., rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Paparella, con domicilio eletto presso la Segreteria Sezionale del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
contro
Agrisald S.a.s., rappresentato e difeso dagli avv. Mario Sanino e Renato Docimo, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Sanino in Roma, viale Parioli, 180;
nei confronti di
Consorzio fra Cooperative di Produzione e Lavoro Conscoop S.r.l.;Acquedotto Pugliese S.p.A.;


sul ricorso numero di registro generale 8117 del 2011, proposto da: Società Faver P.A., rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Paparella, con domicilio eletto presso la Segreteria Sezionale del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
contro
Agrisald Sas, rappresentato e difeso dagli avv. Renato Decimo e Mario Sanino, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Sanino in Roma, viale Parioli, 180;
nei confronti di
Consorzio fra Cooperative di Produzione e Lavoro Conscoop Srl; Acquedotto Pugliese Spa;


sul ricorso numero di registro generale 8119 del 2011, proposto da: Società Faver P.A., rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Paparella, con domicilio eletto presso la Segreteria Sezionale del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
contro
Consorzio fra Cooperative di Produzione e Lavoro Conscoop Società Cooperative Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Antonia Molfetta e Luca Alberto Clarizio, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;
nei confronti di
Acquedotto Pugliese Spa; Agrisald Sas;
 

per la riforma
quanto al ricorso n. 8016 del 2011:
della sentenza del TAR Puglia, Bari, Sezione I, n. 01014/2011, resa tra le parti, concernente esclusione gara appalto servizio sorveglianza tecnica e pronto intervento e per i lavori di manutenzione ordinaria e a guasto degli acquedotti di adduzione primaria del lotto centro sud
quanto al ricorso n. 8017 del 2011:
della sentenza del TAR Puglia, Bari, Sezione I, n. 01021/2011, resa tra le parti, concernente esclusione gara appalto servizio sorveglianza tecnica e pronto intervento e per i lavori di manutenzione ordinaria e a guasto degli acquedotti di adduzione primaria del lotto centro sud
quanto al ricorso n. 8018 del 2011:
della sentenza del TAR Puglia, Bari, Sezione I, n. 01015/2011, resa tra le parti, concernente esclusione gara appalto servizio sorveglianza tecnica e pronto intervento e per i lavori di manutenzione ordinaria e a guasto degli acquedotti di adduzione primaria del lotto centro sud
quanto al ricorso n. 8019 del 2011:
della sentenza del TAR Puglia, Bari, Sezione I, n. 01020/2011, resa tra le parti, concernente esclusione gara appalto servizio sorveglianza tecnica e pronto intervento e per i lavori di manutenzione ordinaria e a guasto degli acquedotti di adduzione primaria del lotto centro sud
quanto al ricorso n. 8114 del 2011:
della sentenza del TAR Puglia, Bari, Sezione I, n. 01021/2011, resa tra le parti, concernente affidamento servizio di sorveglianza tecnica, pronto intervento e lavori di manutenzione ordinaria acquedotti
quanto al ricorso n. 8117 del 2011:
della sentenza del TAR Puglia, Bari, Sezione I, n. 01020/2011, resa tra le parti, concernente affidamento servizio di sorveglianza tecnica, pronto intervento e lavori di manutenzione ordinaria acquedotti
quanto al ricorso n. 8119 del 2011:
della sentenza del TAR Puglia, Bari, Sezione I n. 01014/2011, resa tra le parti, concernente affidamento servizio di sorveglianza tecnica, pronto intervento e lavori di manutenzione ordinaria acquedotti.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consorzio fra Cooperative di Produzione e Lavoro Conscoop S.C.R.L., di Faver S.p.A. e di Agrisald S.a.s.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 luglio 2012 il Cons. Paolo Giovanni Nicolo' Lotti e uditi per le parti gli avvocati De Marco, Clarizio, Paparella e Sanino;

FATTO


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Bari, sez. I, con la sentenza n. 1014 del 5 luglio 2011 ha accolto il ricorso proposto dall’appellato Agrisald s.a.s. e, conseguentemente, ha annullato gli atti impugnati in riferimento alla procedura di gara per l'appalto del servizio di sorveglianza tecnica, pronto intervento e lavori di manutenzione ordinaria e guasto per gli acquedotti di adduzione primari, nonché dei lavori di centinatura, la cui aggiudicazione era avvenuta in favore della Faver S.p.a.
Il TAR, per l’effetto, ha altresì annullato l’atto di aggiudicazione definitiva di cui alla nota 27 ottobre 2009, prot. 135589 e ha dichiarato inammissibile la domanda di inefficacia del contratto d’appalto.
Il TAR fondava la sua decisione rilevando, sinteticamente, che in base alla decisione del Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 agosto 2009, n. 4907, in relazione all’ipotesi concreta in cui il bando predisposto dalla medesima Stazione appaltante non preveda espressamente una dichiarazione di tutti i precedenti penali, a prescindere dalla loro natura o gravità, la valutazione di gravità implica un apprezzamento che può essere compiuto diversamente dal concorrente e dalla stazione appaltante.
Pertanto, per il TAR, se il bando indica genericamente di dichiarare l’insussistenza di una causa di esclusione, il medesimo legittima il concorrente che abbia riportato condanne penali, o commesso violazioni in materia contributiva, a compiere una valutazione di gravità/non gravità.
Il TAR si è posta conseguentemente la questione se possa considerarsi falsa una dichiarazione del concorrente, con cui si afferma di non aver riportato condanne per gravi reati incidenti sulla moralità professionale, ovvero di non aver commesso gravi violazioni in materia contributiva, laddove sussistano condanne o violazioni in materia contributiva, ma esse si prestino a una valutazione opinabile di gravità/non gravità.
Per il TAR, laddove il bando richiede genericamente una dichiarazione di insussistenza delle cause di esclusione dell’art. 38 Codice Appalti, esso giustifica una valutazione di gravità/non gravità compiuta dal concorrente, sicché questo non può essere escluso per il solo fatto dell’omissione formale, cioè di non aver dichiarato tutte le condanne penali o tutte le violazioni contributive; andrà escluso solo ove la stazione appaltante ritenga che le condanne o le violazioni contributive siano gravi e definitivamente accertate: la dichiarazione del concorrente, in tale caso, non può essere ritenuta falsa.
Con successiva sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Bari, sez. I, n. 1015 del 5 luglio 2011, appellata dall’Acquedotto Pugliese spa, è stato accolto il ricorso proposto dal Consorzio fra Cooperative di Produzione e Lavoro e, conseguentemente, sono stati annullati gli atti impugnati, con specifico riferimento alla segnalazione all’Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici, in relazione alla medesima questione di diritto sopra evidenziata.
Sempre in relazione alla stessa questione di diritto, con successiva sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Bari, sez. I, n. 1020 del 6 luglio 2011, appellata dall’Acquedotto Pugliese spa e da Faver spa, è stato accolto il ricorso proposto dall’appellato Agrisald s.a.s. e, conseguentemente, sono stati annullati gli atti impugnati in riferimento alla procedura di gara per l'appalto del servizio di sorveglianza tecnica, pronto intervento e lavori di manutenzione ordinaria e guasto per gli acquedotti di adduzione primari, nonché dei lavori di centinatura, la cui aggiudicazione era avvenuta in favore della Faver spa, odierna appellante.
Infine, con sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Bari, sez. I, n. 1021 del 6 luglio 2011, appellata dall’Acquedotto Pugliese spa e dalla Faver spa, è stato accolto il ricorso proposto dall’appellato Agrisald s.a.s. e, conseguentemente, sono stati annullati gli atti impugnati in riferimento alla procedura di gara per l'appalto del servizio di sorveglianza tecnica, pronto intervento e lavori di manutenzione ordinaria e guasto per gli acquedotti di adduzione primari, nonché dei lavori di centinatura, la cui aggiudicazione provvisoria era avvenuta in favore della Faver S.p.a., odierna appellante.
All’udienza pubblica del 10 luglio 2012 la causa veniva trattenuta in decisione.
 

DIRITTO
 

Preliminarmente devono essere riuniti gli appelli contro le medesima sentenze, ai sensi dell’art. 96, comma 1, c.p.a., e devono essere riuniti tutti gli appelli in epigrafe indicati, che riguardano la medesima questione e sono afferenti alla stessa gara d’appalto.
Il Collegio rileva, in punto di fatto, che l’esclusione disposta dall’Amministrazione convenuta in primo grado e la successiva aggiudicazione traggono origine dalla difformità, riscontrata tra la dichiarazione sostitutiva resa dal legale rappresentante e socio accomandatario dell’impresa ausiliaria Agrisald s.a.s. e la verifica operata dalla Amministrazione sul casellario giudiziario.
Detto legale rappresentante, infatti, nella sua dichiarazione ha asserito l’inesistenza a suo carico di qualsiasi condanna ancorché assistita dal beneficio della non menzione; l’Amministrazione ha invece constatato che lo stesso era stato condannato: per inosservanza dei limiti di velocità nel 1967; dichiarato fallito nel 1986; condannato per la violazione delle norma per la repressione dell’evasione in materia di imposta sui redditi e sul valore aggiunto (ex art. 2, comma 2, legge n. 516-1982) con sentenza di applicazione della pena su richiesta, irrevocabile il 7 dicembre 1991.
Il Consorzio in costituenda ATI con Coget scarl, Mucafer soc. per azioni e Agrisald s.a.s., è stato perciò escluso dalla gara con il provvedimento impugnato.
Il Collegio rileva, inoltre, che questa Sezione, con l’ordinanza cautelare d’appello, aveva già al riguardo precisato che, anche a prescindere dal contenuto e dagli effetti dell’avviso contenuto nel profilo di committenza in relazione al contenuto delle dichiarazioni di cui all’art. 38 d. lgs. 163 del 2006, nondimeno il definitivo accertamento delle violazioni in materia di pagamento di imposte e tasse connesso alla sentenza irrevocabile del dicembre 1991 risultava ex se idoneo a rendere attualmente rilevante la questione della complessiva affidabilità del partecipante alla gara, sotto l’aspetto della correttezza e della lealtà nei rapporti con gli organi dell’Amministrazione preposti alla riscossione dei tributi.
La tesi svolta nella sentenza del TAR appellata, in contrasto con tale spunto argomentativo già esposto da questo Consiglio, muove da un orientamento che, pur sussistente nel passato è stato ritenuto successivamente non condivisibile da questo stesso Consiglio.
Tale orientamento faceva leva sul fatto che l’art. 38 in esame, individuando quale presupposto generale per la partecipazione alle gare d’appalto l’inesistenza di un “reato grave” in danno dello Stato e della comunità ed incidente sulla responsabilità professionale, ovvero consistente nella violazione di norme su contribuzioni assistenziali o previdenziali, legittimasse che la valutazione di gravità potesse essere compiuta dal concorrente in sede di dichiarazione sostitutiva.
Pertanto, l’eventuale falso nella dichiarazione doveva essere trattato quale una delle ipotesi esimenti di cd. “falso innocuo”.
Questa Sezione (Consiglio di Stato, Sez. V, 22 maggio 2012 n. 2946) ha già perentoriamente escluso la sussistenza di tale istituto nell’ambito degli appalti pubblici, stabilendo che in tema di gare d’appalto il carattere non veritiero della dichiarazione resa non può che comportare l’illegittimità dell’ammissione alle gara del concorrente non avendo cittadinanza nel sistema degli appalti pubblici, il cd. falso innocuo.
Già in precedenza, questo Consiglio (Consiglio di Stato, sez. III, 16 marzo 2012, n. 1471 e Consiglio di Stato, sez. III, 3 marzo 2011, n. 1371) aveva sostenuto, in modo pienamente condivisibile, che nelle procedure di evidenza pubblica la completezza delle dichiarazioni è già di per sé un valore da perseguire perché consente, anche in ossequio al principio di buon andamento dell'Amministrazione e di proporzionalità, la celere decisione in ordine all'ammissione dell'operatore economico alla gara.
Conseguentemente, secondo questo Collegio, una dichiarazione inaffidabile perché (al di là dell’elemento soggettivo sottostante) falsa o incompleta è già di per sé stessa lesiva degli interessi considerati dalla norma a prescindere dal fatto che l'impresa meriti sostanzialmente di partecipare alla gara.
In altri termini, nel diritto degli appalti occorre poter fare affidamento su una dichiarazione idonea a far assumere tempestivamente alla stazione appaltante le necessarie determinazioni in ordine all'ammissione dell'operatore economico alla gara o alla sua esclusione; la dichiarazione ex art. 38 cit., dunque, è sempre necessaria nella sua completezza, perché l'Amministrazione, sulla base di essa, ha il potere-dovere di decidere adeguatamente e secondo i parametri legali di cui gli è affidato l’apprezzamento, sulla legittima ammissione alla gara.
Conseguentemente la sua difformità dal vero o la sua incompletezza non possono essere sanate ricorrendo alla categoria del falso innocuo.
A tal proposito va ricordato che le S.U. penali (Cass. Sez. Un. penali 27 novembre 2008, n. 6591) hanno affermato la rilevanza penale del falso compiuto da chi si trovava effettivamente nelle condizioni per accedere al beneficio del patrocinio a spese dello Stato perché bisogna avere riguardo alla funzione che l'atto svolge per l'ordinamento giuridico (porre subito nelle condizioni il decidente di ammettere o meno al gratuito patrocinio).
Nella decisione in questione le S.U. ritengono, tra l'altro, non applicabile la tesi del falso innocuo, muovendo proprio dalla considerazione che la dichiarazione ex articolo 95 d.P.R. 115-02 è prevista in ragione della necessità della compiuta ed affidabile informazione del destinatario che, a fronte della complessità del tenore dell'istanza cui è speculare la valutazione da svolgere, ha urgenza di decidere.
Peraltro, si osserva che anche nella sostanza il concorrente era carente dei requisiti e, quindi, in sede di controllo dell’eventuale aggiudicazione non avrebbe potuto firmare il contratto e, anzi, sarebbe stato destinatario di un vincolato e obbligato provvedimento di decadenza dall’aggiudicazione.
Infatti, si deve ribadire che il definitivo accertamento delle violazioni in materia di pagamento di imposte e tasse connesso alla sentenza irrevocabile del dicembre 1991 risultava ex se idoneo a far dubitare della complessiva affidabilità del partecipante alla gara, sotto l’aspetto della correttezza e della lealtà nei rapporti con gli organi dell’Amministrazione preposti alla riscossione dei tributi.
Infine, a giudizio del Collegio, occorre ricordare che a seguito delle modifiche apportate dal legislatore nel 2011 all'art. 38, comma 2, Codice Appalti, tale norma è adesso così formulata: “Il candidato o il concorrente attesta il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva in conformità alle previsioni del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in cui indica tutte le condanne penali riportate, ivi comprese quelle per le quali abbia beneficiato della non menzione. Ai fini del comma 1, lettera c), il concorrente non è tenuto ad indicare nella dichiarazione le condanne per reati depenalizzati ovvero dichiarati estinti dopo la condanna stessa, né le condanne revocate, né quelle per le quali è intervenuta la riabilitazione. Ai fini del comma 1, lettera g), si intendono gravi le violazioni che comportano un omesso pagamento di imposte e tasse per un importo superiore all'importo di cui all'articolo 48-bis, commi 1 e 2-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (…).
L'intenzione del legislatore, dunque, con riferimento alle condanne penali, è stata quella di indicare ai partecipanti ciò che deve essere dichiarato e ciò che può non essere dichiarato proprio muovendo, a giudizio del Collegio, dalla necessità di presentare dichiarazioni complete e fedeli, quindi sulla base di un’identica e continuativa ratio che già permeava le disposizioni antecedenti.
A nulla rileva, infine, l’eventuale depenalizzazione del reato fiscale, oggetto di mancata dichiarazione, che è stata operata solo formalmente, in quanto detto reato è stato reintrodotto negli artt. 10-bis e 10-ter del D. Lgs. 74-2000, dovendosi fare riferimento, in proposito, al principio della continuità normativa per il quale un reato che sopravviva, nella sua sostanza, in una diversa disposizione normativa subentrata non può ritenersi oggetto di abolitio criminis.
E’ pacifico, in ogni caso, che non vi sia mai stata alcun estinzione del reato.
Pertanto, alla luce delle predette argomentazioni, gli appelli RG nn. 8016 e 8114 del 2011 devono essere accolti e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado deve essere respinto, in quanto infondato.
Parimenti, per le stesse ragioni, devono essere accolti gli appelli RG nn. 8019 e 8117 del 2011.
Gli appelli RG nn. 8017 e 8114 del 2011, in quanto la mancata impugnazione dell’aggiudicazione definitiva in questi giudizi rende improcedibile il ricorso di primo grado.
L’appello RG n. 8018 del 2011 deve, invece, essere dichiarato improcedibile, in quanto l’appellante non è sicuramente il destinatario della segnalazione all’AVCP e, dunque, non ha interesse ad appellare la sentenza in oggetto (Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Bari, sez. I, n. 1015 del 5 luglio 2011).
Le spese di lite del doppio grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
 

P.Q.M.
 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),
definitivamente pronunciando sugli appelli RG nn. 8016, 8019, 8114 e 8117 del 2011, li accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado;
definitivamente pronunciando sugli appelli RG nn. 8017 e 8114 del 2011, li accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara improcedibile il ricorso di primo grado;
definitivamente pronunciando sull’appello RG nn. 8018 del 2011, lo dichiara improcedibile.
Condanna Agrisald s.a.s. alla rifusione delle spese di lite del doppio grado di giudizio, spese che liquida in euro 5000,00 oltre accessori di legge a favore di ciascuna delle seguenti parti: Acquedotto Pugliese spa, Faver spa.
Compensa le spese tra le restanti parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 luglio 2012 con l'intervento dei magistrati:

Luciano Barra Caracciolo, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere, Estensore
Antonio Amicuzzi, Consigliere