Consiglio di Stato – Sez. IV – sentenza 7 novembre 2012, n. 5671

Consiglio di Stato – Sez. IV – sentenza 7 novembre 2012, n. 5671
Presidente Trotta; Estensore Realfonzo

I bandi, i disciplinari, i capitolati speciali di gara, e le relative lettere di invito vanno di regola impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, in quanto solo in tale secondo momento diventa attuale, e concreta, la lesione della situazione soggettiva dell'interessato. In via di eccezione devono tuttavia essere impugnati immediatamente i bandi che sono idonei a generare una lesione immediata e diretta della situazione soggettiva dell'interessato, qualora contengano clausole c.d. “escludenti" (correlate cioè all’illegittima richiesta del possesso di determinati requisiti di qualificazione la cui mancanza inibisce o rende vana la partecipazione) nonché clausole che impediscano – indistintamente a tutti i concorrenti – una corretta, e consapevole, elaborazione della propria proposta economica (come nel caso in cui ricorrano regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile; disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell'offerta; condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente; imposizione di obblighi contra ius; gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell'offerta ovvero sia presenti formule matematiche del tutto errate; atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando dei costi della sicurezza "non soggetti a ribasso").

 

BREVI ANNOTAZIONI

L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA

Con la pronuncia in esame il Giudice amministrativo individua le ipotesi in cui i bandi di gara, in deroga alla regola generale, debbono formare oggetto di impugnazione immediata (a pena di irricevibilità del ricorso per decadenza), a cagione dell’attuale lesività delle clausole ivi contenute.

IL PERCORSO ARGOMENTATIVO

Il Collegio prende le mosse dall’enunciazione della regola per cui, a fronte di atti amministrativi a carattere generale (quale il bando di gara), l’interesse ad agire per l’annullamento dell’atto diviene attuale, legittimando all’introduzione del ricorso, solo con l’adozione del provvedimento che faccia applicazione della clausola illegittima.

Affermava infatti il Giudice amministrativo, con la decisione dell’Adunanza plenaria n. 1/2003, che, “a fronte, della clausola illegittima  del bando di gara o del concorso, il partecipante alla procedura concorsuale non è ancora titolare di un interesse attuale all’impugnazione, dal momento che egli non sa ancora se l’astratta e potenziale illegittimità della predetta clausola si risolverà in un esito negativo della sua partecipazione alla procedura concorsuale, e quindi in una effettiva lesione della situazione soggettiva, che solo da tale esito può derivare. D’altra parte, ove l’esito negativo della procedura concorsuale dovesse  effettivamente verificarsi, l’atto che chiude tale procedura facendo applicazione della clausola o della disposizione del bando di gara o di concorso, non opererà nel senso di rinnovare (con l’atto applicativo) una lesione già effettivamente prodottasi, ma renderà concreta ed attuale (ed in questo senso, la provocherà per la prima volta) una lesione che solo astrattamente e potenzialmente si era manifestata, ma che non aveva ancora attitudine (per mancanza del provvedimento conclusivo del procedimento) a trasformarsi in una lesione concreta ed effettiva

Tuttavia, poiché il bando di gara integra pur sempre un atto amministrativo, non può escludersi che questo già contenga delle clausole immediatamente lesive, incidenti sull’interesse all’aggiudicazione della commessa pubblica, in modo diretto, attuale e concreto.

Ciò avviene, secondo quanto sostenuto nella citata decisione del 2003, qualora il bando di gara contenga clausole che, prescrivendo requisiti soggetti di partecipazione, escludano dalla procedura alcune categorie di potenziali concorrenti (c.d. clausole “escludenti” o “impeditive”), oppure impongano oneri assolutamente incomprensibili o manifestamente sproporzionati ai caratteri della gara o della procedura concorsuale, e che comportino sostanzialmente l’impossibilità per l’interessato di accedere alla gara ed il conseguente arresto procedimentale.

La giurisprudenza successiva all’arresto del 2003 (passando per quanto incidentalmente affermato dall’Adunanza Plenaria n. 4/2011), facendo applicazione del criterio dell’immediata lesività, ha ampliato il novero delle clausole legittimanti un ricorso diretto contro il bando di gara, pur in assenza di atti di puntuale e concreta applicazione delle regole ivi contenute.

La decisione in commento rinviene nell’ampia casistica giurisprudenziale un tratto comune: si tratterebbe infatti di clausole che, pur consentendo formalmente la partecipazione alla gara, impediscono indistintamente a tutti i concorrenti una corretta, e consapevole, elaborazione della propria proposta economica (con vulnus effettivo all’intero confronto concorrenziale)

Tra queste:

- regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile (ipotesi già contemplata dalla decisione del 2003);

- disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell'offerta;

- condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente;

- imposizione di obblighi contra ius (es. cauzione definitiva pari all'intero importo dell'appalto);

- gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell'offerta (come ad es. quelli relativi al numero, qualifiche, mansioni, livelli retributivi e anzianità del personale destinato ad essere assorbiti dall'aggiudicatario), ovvero siano presenti formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il punteggio di "0" pt.);

- atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza "non soggetti a ribasso".

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

La decisione in commento opera una ragionevole distinzione fra ipotesi di immediata impugnabilità e casi in cui è necessario attendere l’adozione dell’atto attuativo, facendo applicazione di una giurisprudenza che, seppur in evoluzione, rimane fedele al principio della tendenziale non lesività diretta degli atti amministrativi a carattere generale.

Tuttavia il Collegio non si pronuncia sul tema dell’onere della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, più precisamente sul se, pur a fronte di un’impugnabilità diretta del bando, sia comunque necessario presentare la domanda per la procedura concorsuale.

La decisione del 2003, con evidente illogicità, da un lato consentiva l’immediata impugnazione (a determinate condizioni), dall’altro comunque imponeva l’onere di presentazione della domanda, quale requisito di emersione dell’interesse concreto al ricorso.

La successiva giurisprudenza di legittimità, tuttavia, in accordo anche ai dicta comunitari, ha escluso che l’immediata impugnazione del bando, ove consentita, sia subordinata alla presentazione della domanda di partecipazione alla gara: ciò appare ragionevole, in quanto tale adempimento nulla aggiunge ad una lesione già in atto (unico requisito fondante legittimazione ed interesse ad agire).

PERCORSO BIBLIOGRAFICO

C. Fraticelli, “Art. 64 – Sull’impugnabilità del bando” in “Codice dei Contratti Pubblici”, a cura di F. Caringella – M. Protto, Dike, 2012, pag. 524 – 525;

L.R. Perfetti, “Interesse a ricorrere e confini dell’azione di annullamento. Il problema dell’impugnazione del bando di gara”, in Dir. Proc. Amm., 2003, pag. 792;

P. Pizza, “L’Adunanza Plenaria e l’impugnazione diretta dei bandi”, Foro Amm. – CDS, 2003, 1, 79.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
 

SENTENZA
 

sul ricorso numero di registro generale 3043 del 2012, proposto da:
Artco Servizi Soc. Coop., rappresentato e difeso dall'avv. Roberto Paviotti, con domicilio eletto presso Roberto Paviotti in Roma, via Luigi Canina, 6;
contro
Autostrada Brescia Verona Vicenza Padova Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Claudio Guccione, con domicilio eletto presso Claudio Guccione in Roma, via Flaminia N. 135;
nei confronti di
Società Icarus Servizi Srl (Ex Gs 2000 Srl), rappresentato e difeso dagli avv. Angelo Clarizia, Francesca Idone, Maria Ida Leonardo, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde N.2;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE I n. 00415/2012, resa tra le parti, concernente affidamento servizio di pulizia, disinfezione e derattizzazione dei propri beni
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Autostrada Brescia Verona Vicenza Padova Spa e di Società Icarus Servizi Srl (Ex Gs 2000 Srl);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 ottobre 2012 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti gli avvocati Claudio Guccione, Angelo Clarizia e G. Pesce su delega di Roberto Paviotti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
 

Con il presente gravame la società ricorrente, nona classificata su 23 partecipanti, impugna la decisione di rigetto del ricorso di primo grado, con cui aveva chiesto l’annullamento di tutti gli atti della gara d’appalto, indetta dalla Società "Autostrada Brescia- Verona- Vicenza –Padova S.p.A." per l’affidamento biennale dei servizi di pulizia dei caselli, piazzali, fabbricati ed aree pertinenziali, da aggiudicarsi con il criterio del prezzo più basso.
L’appellante, senza l’intestazione di formali rubriche di gravame,deduce la violazione dell'articolo 81, comma 3-bis, del Codice dei contratti pubblici (allora vigente, e poi abrogato con il D.L. 6.12.2011, n.201), in quanto il bando di gara non avrebbe indicato il costo del lavoro come voce "non sottoponibile a ribasso".
Si è costituita in giudizio l’Autostrada appellata che, con memoria, ha rilevato l’inammissibilità dell’appello rispettivamente: per la mancata richiesta di annullamento della sentenza di primo grado; per la mancata impugnativa del bando; e per non aver dimostrato il superamento della c.d. "prova di resistenza".
A sua volta la società ICARUS Servizi, con la memoria di costituzione e con gli scritti difensivi per la discussione ha rilevato: -- l’irricevibilità del ricorso per tardività della domanda, -- l’inammissibilità dello stesso per carenza di interesse; l’inesistenza dei presupposti processuali, e la mancata dimostrazione di una posizione legittimante.
Nel merito le parti appellate hanno altresì sottolineato l’infondatezza del gravame, chiedendone il rigetto.
Chiamata all'udienza pubblica, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.
 

DIRITTO
 

___ 1.§. La società appellante, precedente affidataria dell’appalto dei servizi di pulizia per cui è causa, assume l’erroneità della sentenza con cui è stata ritenuta legittima una procedura aperta, e rigettato la censura per cui la Società Autostrada avrebbe violato l'articolo 81, comma 3-bis, del Codice dei contratti pubblici (vigente al momento del bando, e poi abrogato), in base al quale "l'offerta migliore è altresì determinata al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, e delle misure di adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro".
L’amministrazione nel fissare la base d’asta in € 2.373.425,16 -- di cui € 120.000 come corrispettivo fisso ed invariabile per i costi per la sicurezza -- illegittimamente avrebbe omesso di indicare separatamente l’ammontare delle spese di personale.
Di conseguenza l’offerta aggiudicataria non sarebbe stata individuata, come previsto dalla legge, al netto delle spese relative al costo del personale. Al riguardo l’ArtCo sottolinea che, sulla base della propria esperienza, e tenendo conto di un numero congruo di ore di lavoro, aveva offerto il 21,2% sul prezzo base d’asta, mentre l’aggiudicataria aveva presentato un ribasso incredibile del 42,48%, che avrebbe giustificato con l’asserita maggiore professionalità del proprio personale.
Contrariamente a quanto interpretato dal TAR, l’appellante non avrebbe affatto richiesto l’integrazione automatica di una lex specialis lacunosa, bensì aveva affermato l’erroneità di una regola di gara formulata in termini tali da porsi in patente violazione di una norma che non consentiva l’inclusione degli oneri per il fattore lavoro nella base di gara.
Erroneamente il Tar avrebbe quindi affermato che la disposizione de quo non poteva "… essere letta come vincolante la stazione appaltante a includerla nella lex specialis, trattandosi di norma di legge che mira alla individuazione dell'offerta da preferirsi, e non all'inclusione diretta nel bando di gara" .
Per la società appellante in sintesi:
-- le relative possibili difficoltà applicative non potevano giustificare la totale disapplicazione delle norme;
-- neppure la sua rapida abrogazione poteva portare ad equiparare il regime successivo a quello della sua precedente vigenza;
-- la norma era ripetitiva di un’analoga previsione di cui all’articolo 23 della l.r. Umbria 21 gennaio 2010 n.3, in materia di lavori pubblici; ed era stata applicata dal Comune di Ferrara e dalla Consip.
Non sarebbe quindi convincente il rilievo del Tar per cui l’interpretazione proposta dalla società ArtCo si "sarebbe posta in conflitto diretto con la disposizione postulante l'inammissibilità dell'esclusione automatica, atteso che risponde ai principi comunitari invece quello di verifica della congruità dell'offerta".
La società appellante non aveva ritenuto che si trattasse di una disposizione c.d. "escludente", ma di una clausola la cui lesività avrebbe potuto verificarsi solamente in esito alla conclusione della gara.
A nulla rilevando l’intervenuta successiva abrogazione della disposizione, la società appellante conclude che, in ogni caso, avrebbe avuto un interesse strumentale alla sua rinnovazione, potendo ben aspirare a risultare aggiudicataria.
___ 2. Nell’ordine logico delle questioni devono essere esaminate unitariamente, per il loro carattere assorbente, le eccezioni preliminari di inammissibilità del ricorso di primo grado.
___2.§.1. Con un’eccezione, già introdotta in primo grado, sostanzialmente analoga, le difese di entrambe le appellate lamentano la tardività del gravame di primo grado per l’immediata lesività del bando (nonché del disciplinare e del capitolato di gara) che non avrebbe necessitato dell’aggiudicazione finale della gara.
In primo grado l’ArtCo non avrebbe impugnato una clausola asseritamente lesiva delle sue posizioni in relazione ad un eventuale, futuro ed incerto esito della gara, ma avrebbe invece contestato la modalità stessa di richiesta dell’offerta. La questione della lesività immediata del bando non avrebbe potuto essere circoscritta allo stretto ambito dei requisiti richiesti per partecipare alla gara, ma sarebbe propria di ogni situazione nella quale è certo che l’applicazione della clausola non potrà che essere fatta in un unico senso, cioè quello che presenta con evidenza il carattere di asserito pregiudizio (cfr. Cons. Stato, sezione IV, 26 novembre 2009 n.7441).
___2.§.2. Con una seconda eccezione, l’impresa appellata rileva inoltre l’inammissibilità per difetto di interesse in primo grado della ricorrente, la quale afferma il suo interesse strumentale alla ripetizione del procedimento ed alla partecipazione alla gara, senza tuttavia dimostrare la sua probabilità di ottenere l’appalto. L’abolizione del comma 3-bis dell’art. 81 del d.lgs. n. 163/2012 Cod. Contratti, impedirebbe infatti di rifare la gara con la regola che l’appellante ritiene violata.
L’interesse azionato dalla ArtCo, che all’epoca, era l’affidataria del servizio, avrebbe assunto un rilievo di mero fatto, in quanto evidentemente collegato a proseguire il servizio nelle more della ripetizione della gara.
In ogni caso l’impugnativa sarebbe dunque inammissibile per difetto di un interesse giuridicamente tutelabile.
___2.§.3. Le eccezioni possono essere condivise nei sensi, e nei limiti che seguono.
Come è noto (cfr: Consiglio Stato A. Plen., 24 giugno 2002, n. 3) i bandi, i disciplinari, i capitolati speciali di gara, e le relative lettere di invito vanno di regola impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, in quanto solo in tale secondo momento diventa attuale, e concreta, la lesione della situazione soggettiva dell'interessato. In via di eccezione, il predetto orientamento ha poi coerentemente affermato che debbano essere impugnati immediatamente i bandi che sono idonei a generare una lesione immediata e diretta della situazione soggettiva dell'interessato, qualora contengano clausole c.d. escludenti", correlate cioè all’illegittima richiesta del possesso di determinati requisiti di qualificazione la cui mancanza inibisce o rende vana la partecipazione.
Tuttavia né l’indirizzo ricordato, e né la giurisprudenza che si è successivamente formata, si pongono in senso contrario con la necessità di procedere all’impugnativa immediata degli atti di indizione della gara quando le clausole impediscano -- indistintamente a tutti i concorrenti -- una corretta, e consapevole, elaborazione della propria proposta economica.
In tali casi infatti si pregiudica il corretto esercizio della gara, in violazione dei cardini procedimentali della concorrenza e della par condicio tra tutti i partecipanti alla gara.
Ciò avviene in particolare quando ricorrono:
-- regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile (così proprio la A.P. n. 3 cit.).
-- disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell'offerta (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 24/2/2003, n. 980);
-- condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V 21 novembre 2011 n. 6135);
-- imposizione di obblighi contra ius (es. cauzione definitiva pari all'intero importo dell'appalto: Cons. Stato, Sez. II, 19/2/2003, n.2222/01);
-- gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell'offerta (come ad es. quelli relativi al numero, qualifiche, mansioni, livelli retributivi e anzianità del personale destinato ad essere assorbiti dall'aggiudicatario), ovvero sia presenti formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il punteggio di "0" pt.);
-- atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza "non soggetti a ribasso" (cfr. Consiglio di Stato, sez. III 03 ottobre 2011 n. 5421).
Proprio a tale ultima fattispecie deve essere ragguagliata l’ipotesi in esame.
Qui l’impugnazione è infatti diretta a rivendicare l’applicazione del disposto dell'articolo 81, comma 3-bis, del Codice dei contratti pubblici, nel testo allora vigente (e successivamente abrogato con il D.L. 6.12.2011, n.201), in base al quale "l'offerta migliore è altresì determinata al netto delle spese relative al costo del personale".
La clausola andava però tempestivamente impugnata nel relativo termine decadenziale di cui all’art. 120 c.p.a. perché era esclusivamente basata sulla denuncia della sostanziale erroneità della base d’asta. La lesione dell’interesse si sarebbe manifestata immediatamente a prescindere dall’esplicazione dell’intero procedimento d’appalto, proprio in quanto si lamentava l’illegittimità di un bando, che si assumeva erroneamente indetto su un illegittimo termine di comparazione economica tra le diverse offerte.
Si tratta di una censura strutturalmente diretta da minare ab origine l’intero procedimento concorsuale, perché la mancata applicazione dell’indicazione dei costi del lavoro "non ribassabili", si risolveva nell’impossibilità di una corretta esplicazione dell’offerta da parte di tutti i concorrenti, e quindi determinava immediatamente un vulnus effettivo all’intero confronto concorrenziale.
Quando si persegue solo la ripetizione della gara con una differente regolazione negoziale, l’interesse ha natura esclusivamente strumentale e come tale deve essere tempestivamente azionato.
Nel caso in esame, l’impresa non aveva dunque alcuna reale necessità di attendere l'esito della gara, ma avrebbe dovuto azionarsi contro una disciplina, asseritamente illegittimamente, della struttura economica, tecnica e funzionale dell’offerta.
In realtà, contrariamente a quanto dichiarato del ricorrente in primo grado, nel caso in esame l’intento realmente perseguito era quindi quello, di mero fatto, diretto all’ulteriore continuazione nella gestione del servizio in conseguenza dell’impossibilità della società, nona classificata, di conseguire giudizialmente l’attribuzione dell’appalto.
In definitiva, in accoglimento delle eccezioni delle appellate, il gravame di prime cure deve essere dichiarato irricevibile ex art. 35 c.p.a.m, perché tardivo ai sensi del 5° co dell’art.120 c.p.a. .
Il ricorso di primo grado è stato infatti proposto solo il 20 dicembre 2011, ben oltre il termine dei 30 gg. decorrente dalla pubblicazione degli atti di gara avvenuta il 2 agosto 2011.
___3.§. La natura pregiudiziale ed assorbente delle considerazioni che hanno portato all’accoglimento dell’eccezione, consente di prescindere dall’esame dei restanti profili di censura di merito dedotti dall’appello.
In conseguenza, la sentenza di primo grado deve essere confermata, sia pure con l’integrale sostituzione della motivazione con le considerazioni di cui sopra.
Le spese, secondo le regole generali di cui all’art. 26 del c.p.a., seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
 

P.Q.M.
 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:
___ 1. respinge l'appello, come in epigrafe proposto e per l’effetto, confermando la sentenza di primo grado con differenti motivazioni, dichiara irricevibile il ricorso di primo grado.
___ 2. Condanna l’appellante alle spese del presente giudizio che, vengono partitamente liquidate in ragione di rispettivamente in € 3000,00 oltre ad IVA e CPA in favore di ciascuna delle parti appellate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Gaetano Trotta, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Fulvio Rocco, Consigliere
Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 07/11/2012